II
Concepire, creare e trasferire valore al cliente sono i punti cardine
delle attività di marketing1. Soprattutto in un momento di grandi
trasformazioni economiche come quello che stiamo vivendo. La
globalizzazione, la tendenza alla liberalizzazione dei mercati, la diffusione
pervasiva di tecnologie informatiche, i mutamenti sociali e demografici, i
significativi flussi migratori, costituiscono solo alcuni dei fenomeni in atto
nel nostro ambiente economico.
In un’arena competitiva sempre più esacerbata da conflitti tra il trade
e i produttori, per conquistare anche un solo centesimo di marginalità su
ogni prodotto, investire sul reparto Ricerca & Sviluppo appare l’unica via di
uscita; lanciare innovazioni per spiazzare la concorrenza e trarre tutti i
vantaggi derivanti dallo sfruttamento dei benefici derivanti dall’innovazione.
Questo è il caso di Ferrero, fiore all’occhiello del comparto dolciario
italiano, capace di imporsi in tutto il mondo e di essere riconosciuta come
l’azienda con la migliore reputazione del globo. Sfruttando il suo potere
distributivo, la sua inimitabile capacità di lanciare prodotti (unici) di
successo (alzi la mano chi ricorda un “flop” dell’azienda piemontese!),
l’azienda ha creato, sulla fiducia riposta dai consumatori, la sua roccaforte
per l’affermazione di azienda leader nel proprio settore.
L’ultimo nato, nel 2007, è Gran Soleil gusto Limoni di Sicilia. Nel giro
di tre anni gli sono stati affiancati ben sette “fratelli”: Frutto della Passione,
Mandarino, Vaniglia, Caffè, Ananas, Cioccolato e Cappuccino, divenendo il
brand più esteso sotto il marchio Ferrero. Risultato, questo, di una
formidabile intuizione: la creazione di un segmento che non esisteva; il
1
R. J. BEST – Market- Based Management – ed. Prentice Hall, New York, 2000
III
“prêt à geler” degno di rientrare nei manuali di marketing come esempio di
market push. Tutto ciò apre le porte a nuovi mercati: l’introduzione di un
prodotto d’eccellenza, come il gelato italiano, fatto in Italia, con materie
prime italiane e vendibile in mercati lontanissimi (come quello asiatico),
senza l’incombenza di sostenere costi distributivi esorbitanti derivanti dal
mantenimento della catena del freddo. Assicurando, di conseguenza, un
prezzo competitivo ed una qualità garantita, senza rinunciare a giuste
marginalità.
Ferrero vuole comunicare questa rivoluzionaria novità direttamente ai
propri clienti anche nel quotidiano. Con il lancio della nuova categoria
merceologica, dei “pronti a gelare”, ha dimostrato la volontà di distaccarsi
dai comuni dessert e dai gelati, rinunciando a figurare tra esse. Questo è il
motivo per il quale l’azienda ha voluto adottare un nuovo atteggiamento
distributivo, lontano dai consueti scaffali e sfruttando i vantaggi derivanti
dal presidio del punto vendita, facendo leva sulla componente impulsiva ed
emozionale del comportamento d’acquisto. Ribaltando i tradizionali concetti
dello shelf marketing e puntando sulla comunicazione diretta attraverso una
fortissima azione di samling.
Il lavoro si articola in tre parti.
La prima illustra i rapporti tra il trade e il produttore, mettendo l’accento
sulle peculiarità di quella branca del marketing che si occupa dell’allocazione
perfetta dei prodotti sullo scaffale: lo shelf marketing.
La seconda parte tratta dell’azienda Ferrero: i suoi punti di forza, la
strategia distributiva e i rapporti che tiene con la moderna distribuzione,
analizzando la disposizione dei prodotti all’interno dei punti vendita.
IV
La terza parte analizza l’introduzione del nuovo prodotto Gran Soleil, del suo
marketing mix e la conseguente rivoluzione al livello distributivo che lo
caratterizza.
Per lo sviluppo della trattazione di fondamentale importanza sono stati i dati
e i materiali forniti dalla Ferrero, affiancati da spunti bibliografici dei
“classici” della letteratura specialistica, e da ricerche compiute in rete.
1
parte prima
Storia ed evoluzione del rapporto Produttore-Distributore
Più che un buon amico direi che sono il dottore
a cui piace sistemarti la schiena ogni settimana.
[…]Più che un buon amico direi che sono il tuo
salvatore che vuole essere adorato in eterno.
[..]Più che un buon amico direi che sono
il genitore che in realtà non vuole che tu cresca.
O il pusher che ti vende l’eroina.
“Parassita” non è la parola esatta, ma è la prima che mi viene in mente.
(CHUCK PALAHNIUK)
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I. La Grande Distribuzione
1. L’azienda commerciale e il servizio commerciale
All‟interno del sistema economico l‟azienda commerciale svolge un
servizio di intermediazione tra la funzione di produzione e quella di
consumo.
Tale ruolo di collegamento si compone di due elementi essenziali: da
un lato l‟attività di distribuzione fisica delle merci, che ha per oggetto la
trasformazione dei bene nello spazio e nel tempo; dall‟altro l‟erogazione di
vari servizi accessori, che vengono ceduti al consumatore congiuntamente
ai beni.1
Per studiare le caratteristiche ed il comportamento dell‟azienda
commerciale è, dunque, imprescindibile definire innanzitutto la natura e le
caratteristiche dei beni da essa distribuiti. La dottrina ha elaborato
numerose classificazioni a tal fine, su alcune delle quali, peraltro, non vi
unanimità di vedute tra gli autori:
ξ Beni durevoli e non durevoli: questa classificazione è basata sulla
capacità del bene di fornire utilità al consumatore più volte o con
un unico atto di consumo.
ξ Beni alimentari e non alimentari: tale distinzione è incentrata sulla
diversa natura del bisogno che il bene è destinato a soddisfare;
ξ Beni banali e problematici: in questa prospettiva si guarda alle
seguenti caratteristiche essenziali dei beni distribuiti: quelli
chiamati banali, che generalmente sono durevoli e non durevoli,
vengono acquistati frequentemente, hanno un valore unitario
basso e sono ben noti al consumatore, il quale dunque è
ampiamente informato sulle loro caratteristiche, sui prezzi, sui
prodotti sostitutivi; quelli problematici al contrario sono quei beni,
soprattutto durevoli, il cui atto d‟acquisto è saltuario, il cui valore
unitario è alto, le cui caratteristiche intrinseche sono complesse e
1
A. SPRAZI – Economia del commercio e della politica commerciale – Franco Angeli, Milano, 1985
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per le quali, di conseguenza, il consumatore necessita di
informazioni a supporto delle sue valutazioni di convenienza e
delle sue decisioni di acquisto. Essi sono caratterizzati da scarsa
frequenza di acquisto, margini elevati, numerosi servizi richiesti
dal consumatore;
ξ Beni grocery e non grocery: con tale distinzione si guarda non solo
alle caratteristiche dei beni oggetto di scambio, ma anche alla
modalità di vendita: i beni grocery sono in prevalenza beni non
problematici, di largo e generale consumo, che vengono
commercializzati nell‟ambito di assortimenti non specializzati; i
beni non grocery hanno invece caratteristiche opposte. I primi
posso essere identificati nei beni alimentari e non alimentari di
largo e generale consumo, offerti ai consumatori attraverso
formule di vendita riassumibili nella tipica e ben nota tipologia del
supermercato.
Queste ultime due classificazioni sono in buona parte coincidenti, dato che i
beni grocery sono compresi nel più ampio insieme dei beni banali e di esso
costituiscono parte preponderante.2
Classificazione simile è quella di Aspinwall (1962), che classifica i
prodotti in base ad alcune caratteristiche particolarmente significative per
giustificare, a scopi normativi, le differenze in termini distributivi. Il
principale criterio di classificazione è individuato nella frequenza del
riacquisto del prodotto. Esso è inversamente correlato ad altre quattro
caratteristiche: il margine lordo, la quantità di servizi richiesti dal
consumatore con riferimento al prodotto, il tempo di consumo del bene
(ovvero il tempo nel quale è in grado di fornire le utilità desiderate) e il
tempo che il consumatore impiega per acquisire informazioni e procedere
all‟acquisto (searching time). In base a questi fattori Aspinwall costruisce il
suo modello classificando i prodotti lungo un continuum, i cui estremi
possono essere facilmente individuati nelle categorie dei beni estremamente
banali (elevata frequenza d‟acquisto, margini di redditività ridotti, pochi
servizi richiesti dal cliente e ricerca assai ridotta) e beni assai problematici
(scarsa frequenza di acquisto, margini elevati, numerosi servizi richiesti dal
2
A. INCOLLINGO – Il reporting direzionale nelle imprese della grande distribuzione grocery – ed. G.
Giampichelli, Torino, 2004
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consumatore e durata dei processi di consumo e di ricerca assai estesa).
Pur se con inevitabile arbitrarietà, la classificazione viene trasformata da
continua a discreta, individuando, in base alle caratteristiche suddette, tre
classi di prodotti:
ξ Red goods: caratterizzati da un tasso di riacquisto elevato e da livelli
ridotti degli altri fattori;
ξ Orange goods: con tutte le caratteristiche su valori medi;
ξ Yellow goods: connotati da una bassa frequenza di acquisto e
ovviamente margini elevati per tutti i livelli.
Tale classificazione consente di individuare uniformità nei termini delle
politiche distributive e promozionali. La categoria dei red goods è
caratterizzata da una distribuzione estensiva, da canali lunghi e da mezzi
promozionali di massa. Al contrario gli yellow goods sono commercializzati
in maniera selettiva, mediante canali brevi e contatti diretti (closed
circuits)con la domanda finale.3
L‟azienda commerciale, quindi, svolge un servizio indissolubilmente
legato alla cessione delle merci. Anche in questo caso, come già visto nei
beni, esistono varie modalità con cui possono essere classificati i servizi e
più precisamente gli attributi elementari del servizio commerciale. Si prenda
ad esempio la classificazione del Pellegrini, il quale, per definire il servizio
commerciale offerto dall‟azienda di distribuzione al consumo, sostiene che
questo vada tenuto distinto dal processo di produzione del servizio stesso
(attività di gestione dei flussi logistici, di prezzatura, ecc.) e dalle funzioni
integrate, ovvero quelle attività che devono necessariamente essere svolte
all‟interno del canale per portare i prodotti nella sfera di disponibilità del
consumatore finale e che possono essere esercitate sia dalle aziende
commerciali sia da quelle di produzione (come, ad esempio, le attività di
trasporto dai magazzini dell‟impresa manifatturiera al punto vendita). Nel
momento in cui un‟azienda commerciale decide di sostituirsi all‟azienda
industriale nelle operazioni di trasporto, ritirando la merce presso gli
stabilimenti industriali, tale operazione non viene a costituire un servizio
commerciale, bensì semplicemente l‟integrazione a monte di una funzione
3
S. CASTALDO – Analisi e gestione dei canali distributivi – ed. Il Mulino, Bologna, 2005
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distributiva, tipica del canale distributivo.4 Infine è opportuno distinguere il
servizio commerciale offerto al consumo da quelli che Pellegrini definisce
servizi congiunti, ovvero le prestazioni offerte dalle imprese a monte nel
canale e ottenibili come sottoprodotto dell‟attività commerciale (come, ad
esempio, la concessione di spazi pubblicitari all‟interno del punto vendita).
Pellegrini continua affermando che all‟interno servizio commerciale è
distinguibile il servizio commerciale in senso stretto al quale si affiancano i
servizi aggiuntivi, ovvero tutti i servizi offerti dalle imprese commerciali in
modo non esclusivo, frutto di un‟integrazione orizzontale rispetto ad
imprese specializzate operanti in altri campi di attività (ad esempio, nel
settore dei servizi finanziari e del credito al consumo). Il servizio
commerciale in senso stretto è costituito da altri attributi elementari definiti
logistici, informativi ed altri servizi.
I servizi logistici definiscono sostanzialmente la natura dell‟attività
commerciale: essi sono connotati in primis dal servizio di prossimità, che
identifica la dimensione spaziale della funzione commerciale, grazie alla
quale l‟azienda mette a disposizione del consumatore un bene prodotto in
un altro luogo, e in seguito dal servizio di stoccaggio che identifica la
dimensione temporale, grazie al quale il bene viene reso disponibile con
certezza in un dato punto dello spazio.5 Un terzo servizio logistico è dato
dall‟estensione dell’orario di apertura del punto vendita: considerando che il
costo del tempo si configura come un valore soggettivo, tale attributo
influenza la frequenza di rifornimento da parte del consumatore. Un ultimo
servizio logistico è costituito dall‟ampiezza dell’assortimento: un punto
vendita che offre un assortimento molto ampio consente di ridurre il numero
di “shop expedition” degli acquirenti, evitando che questi siano costretti, per
approvvigionarsi di un determinato paniere di beni, a recarsi presso più
punti vendita distanti tra loro.
I servizi informativi offerti dall‟azienda commerciale possono
assumere una duplice valenza: vi è un servizio informativo implicito, legato
al processo di preselezione dell‟assortimento realizzato dal distributore
(selezionando, nel ambito della numerosa ed articolata offerta delle imprese
4
L. PELLEGRINI – Economia della distribuzione commerciale – ed. Egea, Milano, 1990
5
I due servizi di prossimità e di stoccaggio rappresentano la cosiddetta “trasformazione nel tempo” e
“conservazione nello spazio”.
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manifatturiere, un set di prodotti limitato che va a comporre
l‟assortimento), il quale avrà identificato determinati caratteri di profondità
dello stesso (alternative in termini di marca, colore, formato e così via,
offerte dall‟impresa per ogni singola categoria merceologica). Tale servizio
diviene via via più importante con la moltiplicazione dei beni disponibili in
commercio (sia in quanto beni differenti sia in quanto beni differenziati).
Esiste inoltre il servizio informativo esplicito, costituito dalle informazioni
sulle caratteristiche del prodotto fornite direttamente al consumatore6 e
generato dallo stesso personale di vendita o da altri media informativi
presenti nel punto vendita. Saranno questi i dati a disposizione del
consumatore per portare a compimento il proprio processo di scelta.
Il servizio commerciale presenta, oltre a quelli di carattere logistico
ed informativo, vari importanti attributi che possono essere classificati come
altri servizi. Tra questi spicca la velocità del servizio, cioè il tempo di attesa
che in media un cliente deve affrontare per compiere l‟intera operazione di
acquisto: in tal senso possiamo pensare non solo al tempo di permanenza
nel punto vendita (determinato a sua volta dalla percorribilità degli spazi,
dalla visibilità, dall‟accessibilità e dall‟ordine della merce sugli scaffali, dal
tempo di attesa alle casse), ma anche al tempo complessivamente
impiegato per raggiungerlo e per lasciarlo (in tale ottica la presenza, la
vicinanza e l‟accessibilità del parcheggio rivestono un ruolo decisivo,
soprattutto nelle grandi città). Un secondo attributo classificabile in questa
categoria è il confort implicito nelle condizioni in cui avviene l‟atto di
acquisto. Tale carattere risulta dall‟insieme di tutti i fattori da cui può
dipendere il grado di piacevolezza della shopping experience nel punto
vendita, come ad esempio la gradevolezza dell‟ambiente, la cortesia e la
professionalità de personale, la pulizia, la sicurezza (effettiva o percepita)
sia all‟interno che all‟esterno del punto vendita. Il terzo attributo comprende
tutte quelle modalità attraverso le quali si cerca di personalizzare la
prestazione, fornendola “su misura” al singolo consumatore: forniture su
ordinazione, consegne a domicilio e assistenza post vendita.7
6
Per i beni problematici, o yellow goods, tali servizi informativi (specialmente la preselezione) sono più
importanti rispetto a quelli per i red goods o beni banali.
7
A. INCOLLINGO – Il reporting direzionale nelle imprese op. cit.
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2. Dinamica Evolutiva e caratteri strutturali del settore
Il settore commerciale ha attraversato negli ultimi decenni un periodo di
intenso cambiamento, comunemente identificato come “rivoluzione
commerciale”. Il termine rivoluzione evidenzia l‟entità e la rapidità del
cambiamento, in contrapposizione a una normale evoluzione, che identifica
invece un trend più lento e graduale. Il commercio, in particolare in Italia,
ha subìto negli ultimi anni una repentina trasformazione, che ha
determinato una radicale modifica di vari assetti competitivi,
dall‟organizzazione aziendale alle formule distributive prevalenti. Il processo
rivoluzionario ha interessato l‟Italia in tempi più recenti rispetto agli altri
paesi industrializzati. In termini generali è possibile affermare che il
processo di modernizzazione della distribuzione si è avviato negli Stati Uniti,
dove già durante la prima metà del secolo scorso iniziò a diffondersi la
formula del supermercato nell‟ambito del comparto grocery e quella del
departement store per gli altri beni di consumo.
Durante gli anni ‟60 e ‟70 il processo di modernizzazione interessò il
Regno Unito, tipica porta d‟ingresso nel vecchio continente delle innovazioni
sviluppate negli USA. In Gran Bretagna si sviluppò principalmente la
formula distributiva del supermercato, evolutasi in tempi più recenti in
quella del superstore, un ibrido tra il concetto di supermercato e quello di
ipermercato. Gli anni ‟70 e ‟80 hanno segnato lo sviluppo della distribuzione
moderna in Francia, dove in quel periodo si diffonde massicciamente la
formula dell‟ipermercato e delle grandi superfici specializzate (Gss). In tal
senso la Francia costituisce la “culla” europea delle grandi superfici. Gli anni
‟90 rappresentano certamente il momento di più intensa modernizzazione
del nostro paese. Tale processo si fonda soprattutto sulla diffusione della
formula del supermercato, che vede un rapido sviluppo proprio durante
questo decennio. La Germania costituisce un contesto distributivo assai
particolare, che vede lo sviluppo di superfici medio-grandi congiuntamente
alla formula del discount. Questa forma distributiva si è diffusa in modo
significativo fin dall‟inizio degli anni ‟60. 8
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E. COLLA – La grande distribution européenne. Nouvelle stratégies de differenciation et de croissance
internazionale – Librarie Vuilbert, Paris, 2001
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'70 '80 '90 '70 '80 '90
Regno Unito 4.400 5.900 7.000 30 280 640
Francia 1.400 4.000 7.000 75 420 800
Germania 2.700 5.500 8.000 700 1.800 2.600
Italia 400 1.300 4.400 - - 100
Supermercati Iper + Superstore
Tab. 1.1 L’evoluzione dei principali sistemi distributivi in Europa: diffusione dei supermercati e
degli ipermercati dagli anni ’70 agli anni ’90.9
Super Iper Discount
Piccole
Superfici
Regno Unito 38 46 4 12
Francia 36 51 8 5
Germania 22 25 32 21
Italia 43 13 7 37
Tab 1.2 Le quote di mercato delle diverse formule distributive nei principali paesi europei nel
2000 (%)10
Dall‟analisi di questi dati si può evincere che la formula del supermercato e
quella del superstore si sono sviluppate principalmente nel Regno Unito.
L‟ipermercato si è diffuso soprattutto nel contesto francese, mentre il
discount nasce e si sviluppa in Germania. Non a caso le maggiori imprese
specialiste delle singole formule distributive nascono proprio in Germania
per il discount – ad esempio, Aldi e Lidl -, in Francia per gli ipermercati –
Carrefour e Auchan, ad esempio -, e nel Regno Unito per la formula del
supermercato e superstore, con imprese come Tesco, Asda e Sainsbury, che
rappresentano i leader europei nel segmento.
Nel nostro paese, agli inizi del nuovo millennio, i tre formati
convivono, seppur con netta prevalenza del supermercato, insieme a una
quota significativa di piccole superfici. Un‟altra peculiarità del nostro settore
commerciale è rappresentata dalle forme aziendali più diffuse. A differenza
degli altri paesi più avanzati sul fronte distributivo, anche per via dei vincoli
normativi esistenti sino a qualche anno fa, la forma aziendale della
cooperazione (con imprese come COOP) e dell‟associazionismo (la cosiddetta
9
S. CASTALDO – Analisi e gestione dei canali distributivi – ed. Il Mulino, Bologna, 2005
10
ibidem
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distribuzione organizzata DO) ha assunto un fondamentale ruolo di traino
nel processo di modernizzazione del settore commerciale. Oggi la grande
distribuzione (detta GD), in seguito a strategie di sviluppo interno ma anche
ad acquisizioni e fusioni, ha indubbiamente accresciuto il proprio peso nel
mercato.
A partire dagli anni ‟70, le aziende del dettaglio tradizionale vengono
via via affiancate e poi sostituite dalla cosiddetta grande distribuzione.
Prima di tale avvento, il tipico canale di vendita è costituto da un negozio,
generalmente a conduzione familiare, con una superficie di vendita inferiore
ai duecento metri quadri e un assortimento limitato e poco profondo,
caratterizzato dal cosiddetto “pieno servizio”. Tale forma ha i suoi punti di
forza nel contatto umano con il cliente, nella localizzazione del punto
vendita inserito nel pieno centro urbano e nella varietà dei servizi resi,
primo fra tutti la vendita assistita. I suoi limiti, messi inesorabilmente in
evidenza dalla moderna distribuzione, sono rintracciabili nello scarso livello
di cultura imprenditoriale e manageriale dei suoi gestori, nel basso livello
delle vendite, nella scarsa rotazione delle scorte, nell‟elevato livello dei
prezzi di acquisto e quindi di vendita al consumatore e nell‟assortimento
ridotto.
Le aziende commerciali della grande distribuzione entrano in questo
settore caratterizzandosi in primis per l‟aspetto dimensionale, cioè
perseguono la crescita dei volumi per sfruttare le economie di costo, anche
se in un primo tempo svolgono una mera funzione logistica a causa dello
strapotere del marketing delle aziende industriali, secondo una strategia di
tipo pull, che porta i consumatori a richiedere fondamentalmente i prodotti
di marca perché più conosciuti.
Successivamente, sovrapponendo i propri punti vendita negli stessi
bacini territoriali, le diverse imprese della moderna distribuzione cominciano
a competere fra loro e non più solo nei confronti del settore tradizionale.
Proponendo assortimenti centrati sugli stessi prodotti di marca ed erogando
servizi pressoché identici, nell‟ambito di tale competizione le imprese della
grande distribuzione non possono fare altro che ricorrere alla leva del
prezzo. Ma inevitabilmente la competizione interna alla grande distribuzione
tende a caratterizzarsi per la ricerca della differenziazione: dalla produzione
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di servizi commerciali standardizzati inizia un percorso che porta le aziende
alla produzione di servizi differenziati e identificati con insegne che si
avviano a svolgere funzioni analoghe a quelle delle marche industriali. È a
questo punto, verso la fine degli anni ‟80, che possiamo far risalire la
nascita delle diverse forme distributive (o canali o prodotti commerciali): la
grande distribuzione, identificata finora sul territorio dal solo supermercato,
inizia ad articolare la sua offerta. I prodotti commerciali che la moderna
distribuzione propone sul mercato, sono riassumibili, sostanzialmente, nei
seguenti in tre macrocategorie: canale self service, canale discount, canale
grocery.11
Il canale self service
Lo sbocco self service è dato dalla combinazione dei formati distributivi del
supermercato, dell‟ipermercato e dei negozi a libero servizio.
ξ L’ipermercato: ha una superficie di vendita di almeno
duemilacinquecento metri quadri, presenta un assortimento di
prodotti molto ampio, vario e profondo, comprensivo sia di prodotti
alimentari che non alimentari12; si caratterizza per il livello contenuto
dei prezzi di vendita praticati, per un ampia gamma di servizi forniti13
e, in genere, per una ubicazione extraurbana: tutte queste
caratteristiche ne fanno un tipico punto vendita oggetto di acquisti
molto concentrati (frequenza settimanale, quindicinale o anche
mensile).
ξ Il Supermercato: è un esercizio di vendita al dettaglio operante nel
campo alimentare, organizzato a libero servizio e con il pagamento
all‟uscita. Ha una superficie di vendita di almeno quattrocento metri
quadri. Presenta un vasto assortimento di prodotti di largo consumo,
ma anche articoli no food di uso ricorrente14. I servizi offerti sono
11
Secondo la classificazione del AcNielsen. Sull’argomento l’aggregazione dei canali di vendita è
discordante tra le varie fonti (IRI, FAID, Ministero Attività Produttive).
12
Prodotti non alimentari generalmente presenti sono: quelli per il bucato e la pulizia della casa,
calzature, abbigliamento, biancheria, elettrodomestici, cartoleria, libri, riviste, articoli per fotografia,
prodotti per il “fai da te”, ed il giardinaggio, casalinghi, ecc.
13
Per servizi accessori forniti, nel caso degli ipermercati, possono intendersi anche attività commerciali
annesse come ristorazione, bar, tabaccheria, edicola, lavanderia, calzoleria, oreficeria, sportello bancario,
stazione di rifornimento carburante con annessa officina, ecc.
14
Prodotti per l’igiene e la cura della persona, prodotti per il bucato e la pulizia della casa.
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solitamente limitati15 e il livello dei prezzi è molto competitivo,
l‟ubicazione è generalmente periferica e la frequenza di acquisti è
relativamente concentrata (settimanale).
ξ Il Negozio a libero servizio (o superette): è il tipico negozio che si
prefigge di servire la clientela del quartiere e si pone in una posizione
intermedia tra il negozio grocery e il supermercato. È però più
grande, rispetto al negozio tradizionale, (dai duecento ai quattrocento
metri quadrati), presenta un assortimento più ampio e profondo e
una gamma di servizi ristretta. Il livello dei prezzi è ovviamente più
elevato del supermercato, ma più competitivo rispetto alla “Sora
Maria16”.
Il canale discount
ξ Il discount: ha una superficie di vendita che va dai trecento ai mille
metri quadrati, presenta la caratteristica distintiva nei prezzi di
vendita aggressivi, praticati grazie al massiccio contenimento dei
costi di gestione, e all‟assortimento (contenuto) basato sui prodotti
unbranded. L‟allestimento è spartano, con merce presentata
prevalentemente su pallet o direttamente su cartoni d‟imballaggio. Il
personale di vendita è limitato e i servizi accessori pressoché
inesistenti.
Il canale grocery
ξ Il punto di vendita grocery: è definito tale se ha una metratura
inferiore ai cento metri quadri. Anche se superiore per dimensioni,
manca di una delle caratteristiche fondamentali per appartenere alla
categoria libero servizio. È molto presente in Italia, dove è
comunemente chiamato “alimentari”, ma anche nel mercato francese,
dove è conosciuto con il nome di “épicerie” e svolge spesso la
funzione di drugstore aperto fino a tardissima notte, (nel panorama
britannico sotto forma di “corner shop”). Caratterizzato per l‟elevato
livello dei prezzi e per la gestione familiare del punto vendita.
15
Fra i servizi accessori il parcheggio è, sicuramente, uno dei più ricorrenti.
16
Espressione dialettale romana per definire il punto vendita grocery.