L’intervento umanitario nel diritto internazionale
5
La prima ipotesi si verifica qualora uno Stato, un gruppo di Stati od una
organizzazione internazionale, anche non governativa, interviene con
operazioni di soccorso non implicanti l'uso della forza armata, allo scopo di
rimediare a gravi situazioni di emergenza umanitaria di qualsiasi natura.
L’intervento è sempre lecito nel caso in cui l’autorità di governo, nel cui
territorio si è realizzata l’emergenza, fornisce il suo consenso all’intervento.
Si discute se tale consenso sia dovuto e se in sua assenza l’intervento
costituisca o meno una violazione del principio di non ingerenza negli affari
interni di uno Stato.
La seconda ipotesi si verifica qualora uno Stato, un gruppo di Stati od
una organizzazione internazionale utilizza la forza contro un altro Stato allo
scopo di intervenire per porre fine alle violazioni dei diritti umani che si
verificano in tale ultimo Stato. Si tratta certamente di una situazione più
grave rispetto a quella precedente, dato che l’intervento si verifica mediante
l’utilizzo della forza armata, senza il consenso dell’autorità di governo e
contro di essa, se responsabile delle violazioni. La legalità dell’intervento
umanitario è in questo caso dubbia, poiché potrebbe costituire una
violazione del divieto di uso della forza previsto nell’art. 2 § 4 della Carta
delle Nazioni Unite.
Lo scopo che si propone questo lavoro è quindi di valutare se e a quali
condizioni l’intervento umanitario sia da considerarsi lecito nel diritto
internazionale, ponendo in modo particolare l’attenzione all’ipotesi sopra
esposta di intervento umanitario armato e analizzandolo alla luce del
principio di divieto dell’uso della forza, con riferimento alla pratica degli
Stati e delle Nazioni Unite.
E' durante il periodo della guerra fredda, data l'incapacità di
funzionamento del Consiglio di Sicurezza, causata dai veti incrociati
esercitati dai suoi Membri permanenti, che si sono verificate ipotesi di
intervento unilaterale armato per fini umanitari.
L’intervento umanitario nel diritto internazionale
6
A titolo esemplificativo si ricordi l'intervento tanzanese in Uganda nel
1969, l'intervento indiano nel Pakistan orientale nel 1971, l'intervento
francese nell'Africa Centrale nel 1979, l'intervento statunitense a Grenada
nel 1983 e a Panama nel 1989. Il problema della liceità di tali operazioni
diede vita ad un vivace dibattito in dottrina, in relazione soprattutto al
divieto dell'uso della forza contenuto nell'art. 2 § 4 della Carta delle Nazioni
Unite.
La fine della guerra fredda ha anche segnato la fine del limite della
competenza domestica per quanto riguarda i diritti umani. La risoluzione
688 (1991) a protezione dei curdi iracheni e i successivi interventi umanitari
in Iugoslavia (1992), Somalia (1992), Ruanda (1994) e a Haiti (1994)
sembravano aver assegnato al Consiglio di Sicurezza il potere di autorizzare
gli Stati membri o le organizzazioni regionali ad intervenire all'interno di
uno Stato sovrano, qualora la violazione dei diritti umani qui perpetrata
costituisse una minaccia alla pace internazionale ai sensi dell'art. 39 della
Carta delle Nazioni Unite. I problemi relativi alla liceità dell’intervento
(armato) di umanità sembravano dunque potersi risolvere e stemperare
nell’ambito del sistema di sicurezza collettiva della Carta.
Tuttavia, l'intervento della NATO in Kosovo, avvenuto nel marzo del
1999 senza una formale autorizzazione del Consiglio di Sicurezza, ha
riaperto il dibattito. E' necessario, infatti, stabilire se tale intervento rientri o
meno nel quadro del sistema di sicurezza collettiva facente capo al
Consiglio di Sicurezza, e, nell'ipotesi negativa, accertare se si stia formando
una nuova e apposita norma internazionale consuetudinaria con il
contestuale ritorno ad una situazione simile a quella precedente alla Carta
ONU, situazione che permetta a singoli Stati o a gruppi di Stati di
intervenire per ragioni umanitarie, non avvalendosi della copertura del
Consiglio di Sicurezza. Questa analisi deve essere condotta anche in
relazione al non intervento, nel settembre del 1999, a Timor Est. La
L’intervento umanitario nel diritto internazionale
7
missione umanitaria è stata qui condotta sotto l'egida delle Nazioni Unite e
solo successivamente all'autorizzazione del governo indonesiano.
Un’ulteriore precisazione deve essere fatta prima di affrontare in modo
specifico gli argomenti sopra proposti: in questo lavoro i termini
“ingerenza“ e “intervento” sono utilizzati come sinonimi, secondo
l’indicazione già fornita dalla sentenza della Corte Internazionale di
Giustizia relativa al caso delle attività militari e paramilitari in e contro il
Nicaragua (27 giugno 1986). In tale occasione, la Corte ha definito il
principio di non intervento come il diritto dello Stato sovrano di condurre i
propri affari senza ingerenze esterne.
4
Poiché tale opinione è largamente
condivisa in dottrina, i due termini sono qui utilizzati come sinonimi.
5
4
Affaire des activités militaires et paramilitaires au Nicaragua et contre celui-ci (Nicaragua c.
Etats-Unis d’Amérique), in Recueil des arrêts, avis consultatifs et ordonnances, 1986, p. 106.
5
A titolo esemplificativo, si veda CONFORTI, Le principe de non-intervention, in
BEDJAOUI (a cura di), Droit international-Bilan et prespectives, volume I, Parigi, 1991, p. 627;
RONZITTI, Non ingerenza, cit., p. 159. Una parte minoritaria della dottrina ritiene, invece, che si
deve parlare di ingerenza qualora l’interferenza esercitata dallo Stato avvenga mediante misure
coercitive non implicanti l’uso della forza armata, mentre si deve parlare di intervento qualora si
utilizza la forza armata. A titolo esemplificativo in questo senso si veda TANJA, Humanitarian
Intervention and Humanitarian Assistance: An Echo from the Past and a Prospective for the
Future, in EUROPEAN COMMISSION (a cura di), Law in Humanitarian Crises, volume II,
Lussemburgo, 1995, p. 74.
L’intervento umanitario nel diritto internazionale
8
CAPITOLO I
L'INTERVENTO D' UMANITA': PROBLEMATICA
GENERALE
1. IL PRINCIPIO DI NON-INGERENZA NEGLI AFFARI
INTERNI DI UN ALTRO STATO.
In base alle norme internazionali vigenti, gli Stati devono astenersi
dall'intervenire in tutte quelle materie rientranti nei cosiddetti affari interni
ed esterni di ogni altro Stato.
1
Il principio del non intervento, che si
giustifica nella necessità di proteggere la sovranità e la personalità
internazionale degli Stati, affonda le proprie radici nel XIX° secolo contro
le tendenze espansionistiche delle Potenze europee. Tuttavia esso si
presentava nel diritto internazionale classico come un'aspirazione ed un
argomento politico e non come una realtà giuridica, dato che l'intervento da
parte di uno Stato era ammesso non solo come mezzo per difendersi contro
violazioni dei propri diritti, ma anche per rivendicare interessi nazionalisti
ed egoistici.
2
L'affermazione del divieto di ingerenza si pone oggi in termini differenti,
data la tendenza del diritto internazionale contemporaneo a perseguire una
1
Per l’individuazione di quali materie siano da considerarsi rientranti negli “affari interni ed
esterni” di uno Stato, si vedano le p. 11 e ss.
2
CONFORTI, Le principe de non-intervention, cit., p. 489.
L’intervento umanitario nel diritto internazionale
9
più ampia giustizia tra i popoli, sulla base del principio della eguale
sovranità degli Stati sancito nell'art. 2 § 1 della Carta delle Nazioni Unite.
3
Bisogna tuttavia rilevare che tale divieto di ingerenza non è mai stato
codificato in norme chiare, così che appaiono incerte sia la nozione di
competenza domestica che quella di intervento. Per cercare di dare loro una
definizione è necessario ricorrere ai diversi strumenti internazionali in cui il
divieto di ingerenza è stato formulato. La delimitazione della portata di tale
nozione, infatti, si rivela assai utile per determinare l'ammissibilità o meno
dell'intervento a fini umanitari; bisogna, comunque, tener presente che ciò
deve essere verificato anche alla luce del principio del divieto dell'uso della
forza.
Un'ulteriore precisazione va aggiunta: il termine “intervento” ha una
diversa portata a seconda che si riferisca ai rapporti tra gli Stati o ai rapporti
tra Stato membro e organi delle Nazioni Unite così che, in relazione al
limite dell'intervento stesso, nel primo caso si parla di “affari interni ed
esterni” dello Stato mentre nel secondo si parla di “competenza
domestica”.
4
Si definisce "competenza domestica" quell'insieme di materie che cadono
nella giurisdizione esclusiva di uno Stato.
Il riferimento alla competenza domestica è formulato nell'art. 2 § 7 della
Carta delle Nazioni Unite; si tratta di una norma che costituisce l'unico
limite generale per materia all'attività delle Nazioni Unite.
5
Essa riprende
3
Art. 2 § 1 Carta delle Nazioni Unite:
" The Organization is based on the principle of the sovereign equality of all its Members."
4
Si parla di “affari interni ed esterni” nelle risoluzioni dell’Assemblea Generale delle Nazioni
Unite relative ai rapporti tra gli Stati (per la citazione delle risoluzioni si vedano le note n. 10 e
11), si parla invece di “competenza domestica” nella Carta delle Nazioni Unite (si veda la nota n.
5). In questo senso CONFORTI, Le principe de non-intervention, cit., p. 489.
5
Art. 2 § 7 Carta delle Nazioni Unite:
L’intervento umanitario nel diritto internazionale
10
l'art. 15 § 8 del Patto della Società delle Nazioni, nel quale la competenza
domestica era definita come quell'insieme di materie che, secondo il diritto
internazionale, appartenevano esclusivamente alla competenza interna dello
Stato.
6
Nell'art. 2 § 7 si parla, invece, di materie che appartengono
essenzialmente alla competenza interna.
L'interpretazione di entrambi gli articoli non è stata uniforme e ha dato
vita, in dottrina, a due scuole di pensiero. Secondo il primo orientamento vi
sono materie che necessariamente rientrano nella competenza domestica
degli Stati, poiché esse costituiscono l'essenza stessa della sovranità. Si
tratta, in particolare, delle materie relative alla politica interna che, quindi,
sono sottratte all'attività delle organizzazioni internazionali. Il concetto di
competenza domestica, così formulato, non dipende di conseguenza dallo
sviluppo del diritto internazionale, poiché è un concetto fisso e non
relativo.
7
Il secondo orientamento, che ottiene maggiori adesioni rispetto al
precedente, ritiene, invece, che la nozione di competenza domestica è
mutevole nel tempo e dipende dallo stato del diritto internazionale, dato che
rientrano nel dominio riservato tutte quelle materie che non sono oggetto di
obblighi internazionali derivanti dal diritto comune consuetudinario o dal
diritto pattizio. E' possibile così spiegare il mutamento terminologico
dell'art. 2 § 7 della Carta delle Nazioni Unite rispetto all'art. 15 § 8 del Patto
della Società delle Nazioni. Esso troverebbe la propria giustificazione
nell'evitare che materie che normalmente rientrano nella sfera di libertà
" Nothing contained in the present Charter shall autorize the United Nations to intervene in
matters which are essentially within the domestic jurisdiction of any state or shall require the
Members to submit such matters to settlement under the present Charter; but this principle shall
not prejudice the application of enforcement measures under Chapter VII. "
6
Art. 15 § 8 Patto della Società delle Nazioni:
" If the dispute between the parties is claimed by one of them, and is found by the Council, to
arise out of the matter which by international law is solely within the domestic jurisdiction of the
party, the Council shall so report and shall make no recommendation as to its settlement. "
7
TESON, Humanitarian Intervention: an Inquiry into Law and Morality, New York, 1997, p.
137.
L’intervento umanitario nel diritto internazionale
11
degli Stati siano ad essi sottratte perché oggetto, in via eccezionale, di
convenzioni internazionali. Si è voluto così considerare come sottoposto al
limite della competenza domestica tutto ciò che in linea di principio non è
regolato da norme internazionali.
8
A conferma del principio della relatività della competenza domestica,
basta considerare che vi sono materie che tradizionalmente rientravano in
essa e che oggi invece sono oggetto dell'attività delle Nazioni Unite. Si
tratta, più precisamente, del settore inerente i diritti umani e quello relativo
al diritto di autodeterminazione dei popoli.
Si è così stabilita la nozione di competenza domestica. E’ necessario ora
individuare la portata del termine “intervento” nei rapporti tra gli Stati ed in
base ad essa stabilire la nozione di “intervento” nei rapporti tra Stato
membro ed organi delle Nazioni Unite.
A questo scopo è possibile far riferimento anche ad altri strumenti
internazionali, oltre che alla Carta delle Nazioni Unite. L'art. 2 § 7, infatti,
fornisce ben poche informazioni riguardanti il termine intervento mentre
l'art. 2 § 4 proibisce la minaccia e l'uso della forza armata, salvo l'ipotesi
della legittima difesa. E' chiaro, tuttavia, che il significato di intervento non
è limitato al solo uso della forza armata, perché ricomprende tutti quei
comportamenti, provenienti da uno Stato o da un'organizzazione
internazionale, che sono volti ad interferire ed a condizionare l'esercizio
della sovranità di un altro Stato. Bisogna sottolineare, inoltre, la tendenza
degli Stati latino-americani e afroasiatici a dilatare il principio del non
intervento, sino a qualificare illecite azioni che costituiscono la normale
attività di relazione esterna di uno Stato, quali ad esempio le critiche rivolte
da un governo nei confronti di un altro governo.
9
8
CONFORTI, Le Nazioni Unite, Padova, 1996, p. 135.
9
RONZITTI, Non-ingerenza, cit., p. 159.
L’intervento umanitario nel diritto internazionale
12
Alcune risoluzioni delle Nazioni Unite, più precisamente la risoluzione
2131 (XX) del 21 dicembre 1965, la risoluzione 2225 (XXI) del 19
dicembre 1966 e la risoluzione 2625 (XXV) del 24 ottobre 1970,
soccorrono al fine di individuare gli atti che costituiscono una violazione
del principio di non intervento.
Più precisamente la risoluzione 2131 (XX) del 1965, che enumerando gli
strumenti giuridici in cui il principio del non intervento è proclamato non fa
alcun riferimento alla Carta delle Nazioni Unite, afferma che tutte le forme
di intervento, sia dirette sia indirette, costituiscono una violazione della
Carta delle Nazioni Unite.
10
La successiva risoluzione 2625 (XXV) del
1970 riprende i paragrafi della precedente risoluzione elencanti gli atti che
violano il principio di non intervento.
11
Si può quindi desumere da tale testo
che il termine intervento ricorre:
- ogni qualvolta vi sia un'interferenza coercitiva o una minaccia alla
sovranità e alla personalità di uno Stato o ai suoi elementi politici,
economici e culturali;
10
Ris. 2131 § 8 (XX) 21 dicembre 1965 “Dichiarazione sull’inammissibilità dell’intervento
negli affari interni degli Stati e protezione della loro indipendenza e della loro sovranità”:
" (L'Assemblée Générale) considérant en outre que l'intervention directe, la subversion ainsi
que toutes les formes d'intervention indirecte sont contraires à ces principes et constituent, par
conséquent, une violation de la Charte des Nations Unies".
11
Ris. 2625 (XXV) 24 ottobre 1970 “Dichiarazione relativa ai principi di diritto internazionale
riguardanti le relazioni amichevoli e la cooperazione tra gli Stati conformemente alla Carta delle
Nazioni Unite”. Terzo principio § 1, 2, 3:
" Aucun Etat ni groupe d'Etats n'a le droit d'intervenir, directement ou indirectement, pour
quelque raison que ce soit, dans les affaires intérieures ou extérieures d'un autre Etat. En
conséquence, non seulement l'intervention armée, mais aussi toute autre forme d'ingérence ou
toute menace, dirigées contre la personnalité d'un Etat ou contre ses éléments politiques,
économiques et culturels, sont contraires au droit international.
Aucun Etat ne peut appliquer ni encourager l'usage de mesures économiques, politiques ou de
toute autre nature pour contraindre un autre Etat à subordonner l'exercice de ses droits souverains
et pour obtenir de lui des avantages de quelque ordre que ce soit. Tous les Etats doivent aussi
s'abstenir d'organiser, d'aider, de fomenter, de financer, d'encourager ou de tolérer des activités
armées subversives ou terroristes destinées à changer par la violence le régime d'un autre Etat ainsi
que d'intervenir dans les luttes intestines d'un autre Etat.
L'usage de la force pour priver les peuples de leur identité nationale constitue une violation de
leurs droits inaliénables et du principe de non-intervention".
L’intervento umanitario nel diritto internazionale
13
- nel fatto di organizzare, assistere, finanziare o più semplicemente
tollerare attività sovversive o terroristiche volte a rovesciare il regime di un
altro Stato;
- nel fatto di utilizzare la forza al fine di privare i popoli, in lotta per la
realizzazione del proprio diritto all'autodeterminazione, della loro identità
nazionale;
- nel fatto di usare o incoraggiare misure coercitive dirette e indirette,
incluse quelle economiche e politiche.
Si può dunque affermare che il termine intervento è strettamente
connesso al termine coercizione: solo questo tipo di azioni sono in linea di
principio idonee a realizzare una violazione del dovere di non-ingerenza.
12
Bisogna inoltre sottolineare che in base alla risoluzione 2625 (XXV) del
1970 si deve ritenere che l’intervento possa verificarsi sia mediante la
coercizione armata sia anche senza l’utilizzo della forza: essenziale è,
infatti, l’imposizione della volontà dello Stato interveniente,
indipendentemente dalla forma mediante cui essa si realizza.
Anche la Corte Internazionale di Giustizia, nella sentenza sul caso delle
attività militari e paramilitari in e contro il Nicaragua del 27 giugno 1986,
sottolinea come la coercizione sia l'elemento essenziale della proibizione
dell'intervento.
13
Nella medesima sentenza la Corte precisa che il principio
di non intervento è norma di diritto internazionale consuetudinario e come
esso non sia enunciato nell'art. 2 § 7 della Carta delle Nazioni Unite. La
Corte rinvia, invece, alla risoluzione 2625 (XXV) del 1970 e al VI Principio
del decalogo dell'Atto Finale di Helsinki della Conferenza sulla Sicurezza e
12
Il principio di non intervento è sancito anche negli art. 18 e 19 della Carta
dell'Organizzazione degli Stati Americani, nell'art. 3 della Carta dell'Organizzazione dell'Unità
Africana e nel VI Principio dell'Atto Finale di Helsinki della Conferenza sulla Sicurezza e
Cooperazione in Europa.
13
Affaire des activités militaires et paramilitaires, cit., p. 124.
L’intervento umanitario nel diritto internazionale
14
Cooperazione in Europa (1975)
14
, precisando che tali atti hanno comunque
natura esemplificativa dato che non individuano in modo esauriente tutte le
ipotesi di intervento.
15
La Corte, quindi, conclude affermando che l'azione
proibita deve avere per oggetto materie rientranti negli affari interni ed
esterni di uno Stato, e cioè la scelta del sistema politico, economico,
sociale, culturale e la formulazione della politica estera.
16
Anche nei rapporti tra gli Stati, come nei rapporti tra Stato membro e
Nazioni Unite, quindi, la nozione di affare interno è una nozione dinamica e
soggetta a modificazioni in relazione allo svolgimento della politica estera
condotta dai governi degli Stati in un determinato momento storico.
17
Riassumendo, dunque, l'intervento è un'interferenza esercitata da uno
Stato negli affari interni ed esterni di un altro Stato con il proposito di
condizionare l’esercizio della sovranità di tale ultimo Stato. In ogni modo
l'interferenza deve essere caratterizzata dall'elemento della costrizione e
della imposizione della volontà dello Stato interveniente.
18
In dottrina si
14
Atto Finale di Helsinki VI Principio "Non-intervention in internal affairs":
“ The participating States will refrain from any intervention, direct and indirect, individual or
collective, in the internal or external affairs falling within the domestic jurisdiction of another
participating State, regardless of their mutual relations.
They will accordingly refrain from any form of armed intervention or threat of such
intervention against another participating State.
They will likewise in all circumstances refrain from any other act of military, or of political,
economic or other coercion designed to subordinate to their own interest the exercise by another
participating State of the rights inherent in its sovereignty and thus to secure advantages of any
kind.
Accordingly, they will, inter alia, refrain from direct or indirect assistance to terrorist activities,
or to subversive or other activities directed towards the violent overthrow of the regime of another
participating State”.
The Conference on Security and Co-operation in Europe-Analysis and Basic Documents 1972-
1993, in BLOED (a cura di), Dordrecht, 1993, p. 146.
15
Affaire des activités militaires et paramilitaires, cit., p. 107 e 108.
16
Affaire des activités militaires et paramilitaires, cit., p. 108.
17
PEASE, FORSYTHE, Human Rights, Humanitarian Intervention, and World Politics, in
Human Rights Quarterly, 1993, p. 290.
18
DAVID, Portée et limite du principe de non-intervention, in Revue Belge de Droit
International, 1990, p. 350.
L’intervento umanitario nel diritto internazionale
15
suole affermare che si ha intervento quando lo Stato esterno domanda
all'altro Stato di compiere un atto che, non costretto, non avrebbe compiuto
o di astenersi dal compiere un atto che, non costretto, avrebbe compiuto.
19
Ne deriva quindi che le misure utilizzate potranno anche non implicare la
minaccia o l’uso della forza armata, potendo consistere in coercizioni di
natura politica ed economica atte a condizionare l’esercizio della sovranità
dello Stato, secondo quanto desunto dalla risoluzione 2625 (XXV) del
1970.
Un breve cenno deve essere ora riservato alla nozione di intervento nei
rapporti tra gli organi delle Nazioni Unite e gli Stati membri. Come è già
stato sopra affermato, l'art. 2 § 7 stabilisce il limite ratione materiae
dell'attività delle Nazioni Unite. Il termine intervento ha in questo caso una
portata molto più ampia rispetto a quella stabilita nei rapporti tra gli Stati.
Esso non ricomprende solo le misure di natura coercitiva: è considerato
intervento anche una semplice raccomandazione, proveniente
dall'Assemblea Generale e indirizzata ad un singolo Stato avente ad oggetto
una questione rientrante nella competenza domestica. Anche la fase della
discussione è preclusa. E' ovvio che l'organo può discutere per stabilire se
una questione rientri o meno nella competenza domestica, ma il dibattito
deve contenersi entro i limiti necessari a tale scopo. Non costituisce
intervento, invece, una raccomandazione formulata in termini generali e
diretta a tutti gli Stati.
20
Vi sono, tuttavia, due eccezioni al principio
stabilito dall'art. 2 § 7. La prima è costituita dal consenso dello Stato che
legittima le Nazioni Unite ad intervenire in una questione rientrante nella
competenza domestica. La seconda è stabilita nell'ultima parte dell'art. 2 §
7: qualora il Consiglio di Sicurezza ritenga che vi sia una situazione
19
DAVID, Portée et limite, cit., p. 350.
20
CORTEN, KLEIN, Droit d'ingérence ou obligation de réaction?, Bruxelles, 1992, p. 18;
CONFORTI, Le Nazioni Unite, cit., p. 148.
L’intervento umanitario nel diritto internazionale
16
comportante una rottura o una minaccia alla pace, e quindi si rientri nelle
ipotesi previste dall'art. 39 della Carta delle Nazioni Unite,
21
potranno
essere applicate le misure coercitive contenute dal Capitolo VII, anche se la
questione rientra nel dominio riservato dello Stato.
22
Dopo aver individuato la portata del principio di non ingerenza negli
affari interni di uno Stato, è possibile ora esaminare la prima ipotesi in cui
si può verificare l’intervento umanitario. Si tratta, infatti, di stabilire quale
soggetto può fornire soccorso ed assistenza alla popolazione civile nel caso
in cui si verificano gravi situazioni di emergenza umanitaria di qualsiasi
natura, ed in che modo tali operazioni devono essere condotte. Occorre poi
determinare se questo tipo di intervento necessiti del consenso dello Stato
nel cui territorio l’emergenza si è verificata e se tale consenso sia dovuto o
possa essere arbitrariamente negato.
21
Per un esame della portata dell'art. 39, si veda il Cap. III, paragrafo 1 del presente lavoro.
22
RONZITTI, Non-ingerenza, cit., p. 163.
L’intervento umanitario nel diritto internazionale
17
2. L'EMERGENZA UMANITARIA E IL DIRITTO-DOVERE
DI ASSISTENZA.
Il problema inerente la liceità dell'intervento umanitario in assenza del
consenso del Sovrano si inserisce nel più vasto ambito riguardante le
modalità con cui la comunità internazionale affronta le situazioni di grave
emergenza umanitaria. Esse sono delle più varie: catastrofi naturali e
tecnologiche, epidemie, carestie, conflitti armati.
In tutte queste ipotesi, il dovere di assistenza umanitaria grava, in primo
luogo, sullo Stato nel cui territorio tale situazione di emergenza si è
verificata. Idealmente, questo Stato dovrà fornire direttamente l'assistenza
necessaria a tutte le persone che si trovano sotto la sua giurisdizione.
Questo ruolo prioritario assegnato al sovrano territoriale è ampiamente
riconosciuto dal diritto internazionale generale, dal sistema convenzionale
di Ginevra del 1949, da stipulazioni di accordi speciali
23
e da alcune
risoluzioni approvate dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite
24
che si
occupano dell'assistenza umanitaria in situazioni di emergenza
25
.
Il suo fondamento giuridico deriva da una nozione relativa di sovranità.
Gli Stati sovrani, infatti, non hanno solo dei diritti, ma anche dei doveri e
degli obblighi giuridici derivanti dalla sovranità medesima. Nella società
internazionale contemporanea il numero e la precisa indicazione degli
obblighi che si impongono agli Stati si sono notevolmente accresciuti negli
ultimi anni in relazione al progressivo sviluppo del diritto internazionale. La
23
Si tratta degli accordi che sono stipulati in base all'art. 3 comune alle Convenzioni di
Ginevra e conclusi dalle parti in conflitto.
24
Si tratta delle ris. 43/131 dell'8 dicembre 1988, 45/100 del 14 dicembre 1990 e 46/182 del
19 dicembre 1991.
25
LATTANZI, Assistenza umanitaria e intervento di umanità, Torino, 1997, p. 6 e 7.
L’intervento umanitario nel diritto internazionale
18
sovranità non è più un potere incondizionato e assoluto, ma funzionale e
relativo. Poiché nel diritto internazionale contemporaneo gli Stati sovrani
hanno un obbligo di rispettare la vita e la dignità della persona umana,
secondo quanto proclamato dalla Carta delle Nazioni Unite e dalla
Dichiarazione Universale dei Diritti dell'Uomo, si può affermare che in una
situazione di necessità la mancata fornitura dei soccorsi comporta una
minaccia alla vita. Ne deriva, quindi, l'obbligo dello Stato di fornire i
necessari aiuti.
Anche nelle risoluzioni 43/131 e 45/100, adottate nel 1988 e nel 1990,
l'Assemblea Generale ha confermato il principio della responsabilità
primaria del Sovrano territoriale nell'assistenza umanitaria alle vittime di
catastrofi naturali e di situazioni di urgenza del medesimo ordine, non
accogliendo, tuttavia, nel testo finale la menzione, prevista nel progetto
iniziale, di un diritto delle vittime a beneficiare effettivamente
dell'assistenza umanitaria. La successiva risoluzione 46/182 del 17
dicembre 1991 stabilisce, inoltre, che lo Stato deve farsi carico
dell'iniziativa, dell'organizzazione, del coordinamento e della messa in
opera dell'aiuto umanitario.
26
Questo ruolo implica, conseguentemente, l'obbligo di permettere una
assistenza umanitaria straniera. Lo Stato sovrano non può rifiutare
arbitrariamente l'offerta di invio di soccorsi sul proprio territorio
proveniente da altri Stati, da organizzazioni internazionali e da
organizzazioni non governative.
27
26
Ris. 46/182 del 1991 ("Rafforzamento del coordinamento dell’assistenza delle Nazioni
Unite nelle emergenze umanitarie") § 4:
" Each State has the responsibility first and foremost to take care of the victims of natural
disasters and other emergencies occurring on its territory. Hence, the affected State has the
primary role in the initiation, organization, coordination, and implementation of humanitarian
assistance within its territory".
27
LATTANZI, Assistenza umanitaria, cit., p. 6.