2
Le cause dell’erompere della crisi sono ormai individuate e vanno ricondotte
non ad un fattore, bensì ad un cumularsi di fattori, l’ultimo dei quali -
aggiungendosi agli altri - ha generato un effetto deflagrante.
Scopo di questa tesi è individuare le cause della crisi e analizzare gli effetti
sulla regione asiatica prima, sul resto dell’economia mondiale poi, esaminando
il ruolo svolto dagli organismi internazionali nella risoluzione della crisi.
3
CAPITOLO 1
LE CRISI FINANZIARIE
1.1. Introduzione
Le crisi finanziarie sono un fenomeno antico, che ha interessato l’economia capitalistica
fin dalle prime fasi della sua storia, per ciò sono da tempo al centro della riflessione di
tutte le scuole di pensiero economico. Come diceva Kindleberger, grande studioso di
crisi finanziarie internazionali a partire da quella dei tulipani olandesi, la pianta che le
produce è sempre verde.
Le crisi finanziarie sono solitamente associate ai punti più alti del ciclo economico e
rappresentano i punti di svolta superiori. In questa sede non verrà analizzato il ciclo
economico in quanto tale, vale a dire il ritmo dell’espansione e della contrazione
economica, ma soltanto la crisi finanziaria come culmine di un periodo di espansione
che preannunzia la fase discendente.
1.2. Il modello
Hyman Minsky ha elaborato un modello che si presta efficacemente all’interpretazione
della storia economica e finanziaria. Il suo scopo è quello di spiegare il funzionamento
delle moderne economie finanziarie e di mostrare come, dal comportamento spontaneo
di queste, la crisi scaturisca come fenomeno endogeno
1
.
Secondo l’approccio proposto da Minsky l’equilibrio e la stabilità economica
contengono in sé i presupposti per una successiva fase di turbolenza e instabilità
finanziaria proprio per il libero operare delle forze di mercato. Quest’ultima fase, dal
punto di vista analitico, si configura come un processo in cui si verificano variazioni
positive e crescenti dei prezzi delle attività reali e finanziarie più rapide di quelle che si
verificano nei prezzi dei beni correntemente prodotti
2
.
Tale concezione è opposta a quella dei pensatori liberisti che vedono nell’operare libero
dei mercati finanziari l’unica via possibile all’efficiente allocazione delle risorse. Prima
di addentrarci nella genesi delle crisi, bisogna definire alcuni aspetti circa la struttura
dei sistemi finanziari, caratteristiche che rendono tali sistemi più o meno vulnerabili.
1
Altri illustri economisti sostengono che il processo capitalistico sia endogenamente instabile, tra i quali
vanno ricordati John Maynard Keynes, Karl Marx, Irving Fisher.
2
G. MARTINENGO, P.C. PADOAN, Le crisi finanziarie, il Mulino, Bologna, 1985, pag. 215.
4
Per Minsky gli operatori principali di un sistema capitalistico sviluppato sono le
imprese, gli intermediari finanziari non bancari e quelli bancari. Dall’interazione delle
decisioni di questi scaturisce l’evoluzione complessiva del sistema. Gli operatori
vengono classificati in base alla loro posizione finanziaria che Minsky suddivide in
posizione “coperta”, “speculativa” e ultraspeculativa o “Ponzi”
3
.
Un operatore economico si trova in una posizione di finanza “coperta” quando contrae
dei debiti contro flussi di cassa relativamente certi, finanza “speculativa” quando non è
coperta da entrate accertabili e dovrà fare affidamento sul rinnovo dei vecchi debiti
oppure dovrà contrarne dei nuovi. Infine un operatore si trova in una posizione di
finanza ultraspeculativa o “Ponzi”, quando i debiti possono essere estinti solo se
vengono vendute delle attività e realizzate delle plusvalenze di prezzo. Naturalmente la
fragilità del sistema è crescente al crescere del peso relativo delle posizioni speculative
e ultraspeculative rispetto a quelle coperte
4
.
Nel modello Minsky attribuisce molta importanza alla qualità del debito come causa di
difficoltà finanziarie, specialmente se si tratta di debiti contratti per speculare
sull’acquisto di beni o attività finanziarie da rivendere successivamente. Il suo modello
evidenzia come la qualità del debito si deteriori nei periodi di euforia.
Gli eventi che conducono ad una crisi iniziano con uno “spostamento”, uno “scossone
esterno” (Kindleberger 1991)
5
, il quale è un qualche evento esterno che fa mutare le
prospettive, le aspettative, le opportunità di profitto, provocando un aumento di fiducia
negli operatori economici. L’origine di tale spostamento può essere varia ma
necessariamente dev’essere di proporzioni significative e deve permeare l’intera
economia. L’evento apre nuove opportunità di profitto e spinge i soggetti economici a
indirizzare le risorse finanziarie verso queste.
La fase espansiva inizia dopo un periodo caratterizzato da una struttura finanziaria
solida, nella quale sono bassi i tassi d’interesse e gli operatori economici operano per lo
più in una posizione di finanza coperta.
Con l’inizio del boom, l’ottimismo prende il sopravvento. Fiduciose aspettative di lauti
profitti e di uno stabile flusso di prosperità, che appare illimitato, favoriscono gli
investimenti sia di portafoglio che reali.
3
Il nome di Charles Ponzi di Boston è da sempre associato ad operazioni d’investimento che pagano lauti
dividendi ai primi investitori attingendo dal denaro proveniente dagli investitori successivi. J.K.
GALBRAITH, Breve storia sull’euforia finanziaria, Rizzoli, Mi, 1991, cit. pag. 71.
4
H.P.Minsky, Potrebbe ripetersi ? Instabilità e finanza dopo la crisi del ‘29, Einaudi, Torino, 1984.
5
Lo spostamento può essere una guerra, mutamenti politici di vasta portata, mutamenti istituzionali o
spostamenti monetari che difficilmente possono essere considerati esogeni al sistema se si considera un
sistema aperto alle relazioni internazionali.
5
Condizione necessaria affinché si sviluppi la fase di boom è un’offerta di denaro
infinitamente elastica che si verifica solo se “ il sistema bancario è disposto ed è in
grado di finanziare qualsiasi ammontare di investimenti allo stato embrionale e a tassi
d’interesse costanti”
6
.
Inizia la spinta alla speculazione, che si traduce in domanda effettiva di beni e di attività
finanziarie oggetto di speculazione. Per uno sviluppo equilibrato all’aumento della
domanda deve corrispondere un aumento dell’offerta di beni e di attività finanziarie
esistenti. Se ciò non avviene i prezzi cominceranno a lievitare, dando luogo a nuove
opportunità speculative di profitto e attraendo altre imprese e investitori. Le istituzioni
finanziarie accettano di concedere nuovi prestiti che fanno diminuire la loro liquidità e
che in un momento diverso sarebbero stati respinti. In questo momento si verifica il
passaggio verso una finanza speculativa e “Ponzi”.
La speculazione spesso si sviluppa in due stadi. Nel primo, gli investimenti sono
moderati, le famiglie, le imprese, gli investitori o gli altri operatori reagiscono allo
spostamento in modo limitato e razionale. Nel secondo stadio, i guadagni di capitale
svolgono un ruolo determinante, aumenta l’attività speculativa, si acquista con un unico
scopo la successiva vendita a prezzi più alti, che permette di incrementare i profitti. La
speculazione in cerca di maggiori profitti modifica il comportamento degli operatori
economici, che da razionale diventa irrazionale, arrivando a perdere ogni contatto con la
realtà. Questo comportamento molti lo definiscono “maniacale” proprio per evidenziare
l’irrazionalità dei soggetti.
L’esistenza di due stadi ha sollevato il problema della presenza di due gruppi di
speculatori, un primo gruppo - gli “insider”- che sta dentro il mercato e che dispone di
informazioni maggiori e migliori rispetto al secondo gruppo - gli “outsider” - che sta
fuori. Gli insider intervengono destabilizzando il sistema, esagerando le fasi ascendenti
e discendenti, facendo crescere i prezzi e vendendo quando questi sono al massimo agli
outsider, le vittime dell’euforia, che comprano al massimo e vendono al minimo quando
gli insider spingono i mercati al ribasso. Le perdite degli outsider sono pari ai guadagni
degli insider e in questo senso da un punto di vista meramente contabile, si realizza una
compensazione e il mercato resta in una posizione equivalente.
Alcuni economisti si sono serviti di questa suddivisione degli speculatori in insider e
outsider, per ribattere la teoria di Milton Friedman, il quale nega l’esistenza della
speculazione destabilizzante, sostenendo che la razionalità degli agenti conduce alla
compensazione degli errori, con il trend che tende alla stabilità. Infatti, in caso
contrario, gli outsider dovrebbero far fronte a perdite illimitate per cui nel lungo periodo
non potrebbero sopravvivere.
6
H. MINSKY, Stabilizing an Ustable Economy”, Yale University Press, trad. it., “Governare la crisi :
l’equilibrio in un’economia instabile”, Edizioni Comunità, Milano, 1989, pp. 268.
6
L’oggetto della speculazione può essere molto diverso da un boom all’altro. Può
investire prodotti primari, specialmente se si tratta di prodotti importati, ovvero prodotti
della manifattura, titoli o azioni, beni immobili e così via.
Con il procedere del boom speculativo continua ad aumentare la velocità di circolazione
monetaria, i prezzi e i tassi d’interesse nominali (quelli reali rimangono più contenuti).
Questa fase euforica aumenterà la capacità di indebitamento complessiva conducendo il
sistema verso una maggiore instabilità.
L’espansione viene interrotta nel momento in cui alcuni insider decidono di vendere
incassando i profitti, a causa dell’inversione del senso delle loro aspettative.
In questo stadio la crescita dei prezzi incomincia a rallentare fino al ristagno vero e
proprio. Ne può seguire un periodo di “disagio finanziario”
7
, che indica la fine
dell’euforia e lascia intravedere i sintomi del crollo e/o del panico. In questo lasso di
tempo una parte consistente degli speculatori prevede l’eventualità che si possa
verificare una corsa alla liquidità, una conversione in moneta delle attività reali e
finanziarie, con serie ripercussioni sui prezzi dei beni e dei titoli e che alcuni
speculatori, che hanno giocato allo scoperto, non saranno in grado di onorare i debiti
contratti per speculare.
Se il disagio finanziario dovesse perdurare gli speculatori prendono coscienza del fatto
che il mercato non può più salire. Comincia la fuga. Tutti disinvestono, i prezzi
incominciano a diminuire, aumentano i fallimenti, soprattutto di imprese che si erano in
precedenza indebitate e che non riescono ad onorare i loro debiti. La liquidazione, non
appena si comprende la gravita della situazione, degenera in vero e proprio panico
8
.
Il panico, come la speculazione, si autoalimenta e può essere interrotto solo se 1) si
invertono le aspettative dei soggetti dopo che i prezzi raggiungono dei livelli molto
bassi; 2) l’attività di vendita viene arrestata limitando la diminuzione dei prezzi,
chiudendo le Borse o interrompendo le contrattazioni
9
; 3) interviene un prestatore di
ultima istanza in grado di aumentare la liquidità del sistema e soprattutto ripristinare la
fiducia.
7
Inizialmente il termine “disagio finanziario” venne riferito alle società per azioni, e contemplava,
l’eventualità anche solo remota, che non potesse essere in grado di far fronte agli impegni futuri. M.J.
GORDON, Toward a Theory of Financial Distress”, Jurnal of Finance, 26 maggio 1971, pp. 347-56.
8
Esiste differenza tra il crollo e il panico. Il primo termine si riferisce alla caduta dei prezzi oggetto della
speculazione, il secondo al timore improvviso e, alcune volte, immotivato che possa verificarsi sul
mercato una corsa per convertire le attività meno liquide in quelle liquide. Non sempre i due fenomeni si
verificano nella stessa crisi. C.P. Kindleberger, Storia delle crisi finanziarie, cit. pp 129.
9
Dopo il crollo di Wall Street nel famosissimo 19 ottobre 1987, è stato introdotto un sistema noto con il
nome di “interruttore di circuito” che impone un blocco di mezz’ora delle contrattazioni nel caso in cui
l’indice della Borsa cede oltre 350 punti e di un’ora se dovesse cedere più di 550 punti. S.CARRER,
“Wall Street più forte 10 anni dopo”, in Il sole 24 ore, 26 agosto 1997, pag. 3