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Capitolo 1
Nascita e diffusione degli asili nido in Italia
Introduzione
Il presente capitolo è stato pensato come strumento di introduzione all’analisi della nascita e dello
sviluppo dei servizi alla prima infanzia in Italia.
Essi nascono come mero servizio di supporto a quelle donne e madri che nel primo Novecento
entrano nel mondo delle fabbriche. In quest’epoca i “nidi” rappresentano luoghi nei quali i due
aspetti ritenuti più importanti sono, da una parte, quello dell’igiene personale dei bambini e degli
spazi ad essi dedicati, dall’altra, quello di semplice custodia del minore durante la permanenza delle
madri nei luoghi di lavoro.
Filosofia di educazione comprensibile se si tengono presenti le caratteristiche sociali e culturali
dell’epoca nella quale queste strutture sorgono: momento storico dove la medicina è ancora agli
albori, dove la povertà è dilagante e dove esiste un alto tasso di abbandono dei bambini.
Solo negli anni Settanta viene approvata una normativa nazionale – ancora oggi in vigore – che
nonostante la sua ricchezza di lacune, ha permesso l’evolversi del concetto di servizi per la prima
infanzia: la legge n°1044/71 ha segnato il passaggio da servizi di supporto per le donne lavoratrici a
servizi pensati per il bambino nella sua globalità.
Dall’approvazione di questa legge a oggi sono molteplici le problematiche sociali, economiche e
politiche emergenti relative a questi servizi.
Come si leggerà nei prossimi paragrafi, tali servizi fino agli anni Novanta rimangono soggetti ad
una scarsa attenzione/diffusione in tutto il Paese. Poi iniziano a espandersi ma in maniera
disomogenea: attraverso l’ausilio di diverse fonti statistiche e di ricerca si potranno notare
molteplici differenze territoriali. Al Nord la presenza di nidi è maggiore ma il loro costo è molto
elevato; al Sud il servizio è meno diffuso mentre i costi sono inferiori. Numerose poi sono le
diversità di diffusione e di tipologia di servizio anche tra Comuni di una stessa regione. Queste
differenze sono dovute a molteplici fattori riconducibili anche alle politiche condotte durante le
diverse legislature. Verranno affrontate nel paragrafo finale.
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1. L’avvio del servizio – cenni storici
In Italia, l’asilo nido è un servizio relativamente giovane: le prime opere di cura dei bambini si
diffondono nel primo ventennio del Novecento, mentre in Europa, in particolare, Austria,
Germania, Francia, Inghilterra e Scozia possedevano già un sistema di cura e vigilanza
istituzionalizzato a partire dalla fine dell’Ottocento1.
Questa tipologia di sevizi si sviluppa parallelamente all’arrivo dell’industrializzazione, infatti, se le
donne nelle precedenti società contadine, erano esclusivamente dedite alle cure della casa e
all’educazione dei figli, una volta entrate anch’esse nel mondo del lavoro, tale sistema venne
stravolto. È in questo contesto sociale e culturale che nasce l’esigenza di poter affidare i bambini a
qualcuno durante l’assenza da casa dei genitori2. Sempre in relazione al fenomeno
dell’industrializzazione, nel Paese si stava dilagando una piaga sociale dovuta proprio all’entrata
delle donne nelle fabbriche: i figli non più accuditi erano lasciati a se stessi per molte ore della
giornata o, peggio, abbandonati fin dalla nascita. Di frequente questi piccoli orfani vivevano in
strada col rischio di essere raccolti dalla malavita e diventare così piccoli delinquenti.
Per tentare di sanare il quadro sociale che si era ormai delineato e che rischiava di degenerare, nel
1925, viene emanata la legge del 10 dicembre n°2277 istituente l’ONMI – Opera Nazionale per la
protezione della Maternità e dell’Infanzia -.
Le ONMI rappresentano per l’epoca due importanti conquiste per la donna: da una parte, nasce un
servizio di consulenza, prevenzione e tutela rivolto sia alle gestanti che ai neonati, e dall’altra, è
istituito a livello nazionale un servizio di vigilanza dei bambini in età tra gli 0 e i 3 anni.
Parallelamente alla diffusione delle prime strutture assistenziali per i bambini che sorgono a Milano,
Roma e Napoli, nascono le prime scuole di puericultura.
Le ONMI offrono ai loro piccoli ospiti un servizio basato esclusivamente su cure di tipo igienico e
di semplice vigilanza. Ai genitori non viene permesso di entrare nei locali destinati ai propri figli, i
giocattoli sono inesistenti come le attività ricreative; i bambini che restavano durante tutte le ore di
permanenza in queste strutture erano confinati nei lettini di legno distanziati tra loro.
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A Parigi, per opera dello statista Marbeau, vengono aperte le prime crèches - “case di paglia”,
“mangiatoie”, nidi - nel 1844 (nel 1849 saranno aperte a Vienna).
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Diversamente che nel resto d‟Europa,in Italia, i primi servizi di vigilanza dedicati ai bambini sorgono per
iniziativa privata, spesso a carattere religioso. Si pensi, ad esempio, alle proposte dell‟abate cremonese
Ferrante Aporti (1791-1858), grazie al quale venne aperto Il primo “asilo di carità per l‟infanzia” a Cremona
nel 1828. A Milano nel 1850 fu aperto, sempre per opera di Ferrante Aporti, il primo “Pio ricovero per
bambini lattanti e slattati”.
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Dal 1925 e per cinquant’anni in Italia restano attive le ONMI. Durante questi anni sono emanate tre
leggi molto rilevanti a favore della tutela delle donne e parallelamente anche dei minori.
La prima importante legge da ricordare è quella del 26 aprile 1934, n. 653 sulla “Tutela del lavoro
delle donne e dei fanciulli”, (poi abrogata dall'art. 27, L. 17 ottobre 1967, n. 977), nella quale, per la
prima volta, viene data una definizione di lavoro minorile, ovvero svolto sotto i 15 anni di età, e il
lavoro svolto da donne minorenni, ovvero sotto i 21 anni di età; secondariamente, con la stessa si
circoscrivono i termini entro cui questi soggetti non ancora maggiorenni potevano svolgere dell’
attività lavorativa.
Sedici anni più tardi, è la legge n°860 del 26 agosto 1950 sulla “Tutela fisica ed economica delle
lavoratrici madri” che introduce due importantissime novità nel mondo del lavoro femminile.
Infatti, attraverso gli articoli XI, XII e XIII, oltre a fissare confini entro cui le donne potevano
lavorare e le modalità di assenza dal lavoro per maternità, vengono istituite le “camere di
allattamento” presso le fabbriche e gli asili nido aziendali. Due servizi che prima di allora non
esistevano e che avviarono la diffusione delle future istituzioni assistenziali per la prima infanzia.
Bisognerà però aspettare gli anni Settanta - anni di risveglio politico3 e di entusiasmo per i servizi
sociali – e in particolare il 1971 per l’emanazione di una legge ad hoc rivolta esclusivamente ai
servizi per la prima infanzia.
1.2 La realizzazione del sevizio
Il 6 dicembre 1971, con la legge n°1044, il Parlamento approva il primo “Piano quinquennale per
l’istituzione di asili nido comunali con il concorso dello Stato”, normativa che permetterà la nascita
degli asili nido così come oggi vengono intesi: servizi rivolti alla prima infanzia fondati sui principi
di cura e di educazione.
Le ONMI però rappresentano un servizio molto radicato nel Paese e ci vorranno quattro anni, dal
1971 al 1975, per il loro definitivo scioglimento. Questo perché le prime opere di assistenza a
bambini si basavano sui vecchi sistemi presenti ancora nei brefotrofi ottocenteschi in cui i piccoli
ospiti erano, come detto, esclusivamente sorvegliati, nutriti e tenuti puliti, dove il personale era
qualificato solo in termini sanitari e dove, soprattutto, il servizio offerto era destinato a sostenere le
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Negli anni Settanta si susseguirono numerose approvazioni di leggi dedicate alla donna, ai bambini e, in
generale, al benessere della famiglia. Per citare qualche esempio, si pensi alla Legge del 30 dicembre
1971, n°. 1204 sulla "Tutela delle lavoratrici madri", o alla Legge del 19 maggio 1975 n°151 sulla “Riforma
del diritto alla famiglia”, o la Legge del 9 dicembre 1977 n°903 sulla “Parità di trattamento tra uomini e donne
in materia di lavoro” .
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madri lavoratici appartenenti a famiglie povere e bisognose. Il servizio non era quindi pensato per
il benessere e lo sviluppo globale del bambino. Per questi motivi le ONMI non sono mai state
sensibili ad accogliere le teorie psico-pedagogiche che da ormai un secolo si stavano diffondendo
anche in Italia.
Con la legge n°1044/71, gli asili nido comunali, invece, sono pensati come servizi per il bambino.
Soprattutto oggi essi sono visti come strutture finalizzate al sostegno della prima infanzia e
prescindono dalla condizione socio-economica in cui versano le famiglie dei piccoli ospiti. Il nido
oggi è pensato per tutti i bambini.
Il passaggio da un servizio all’altro fu difficoltoso anche per il diverso bagaglio culturale che
dovevano possedere i nuovi operatori: se prima il personale qualificato possedeva un diploma ad
indirizzo sanitario4, la nuova legge introduce figure con studi a carattere psico-pedagogico. I vecchi
assistenti, per lavorare nei nuovi nidi dovettero fare una completa rilettura dei proprio ruolo e delle
proprie mansioni.
La legge n°1044/71 spiega che “l‟assistenza negli asili nido ai bambini di età fino ai 3 anni nel
quadro di una politica per la famiglia, costituisce un servizio sociale di interesse pubblico. Gli asili
nido hanno lo scopo di provvedere alla temporanea custodia dei bambini, per assicurare
un‟adeguata assistenza alla famiglia e anche per facilitare l‟accesso della donna al lavoro nel
quadro di un sistema di sicurezza sociale”.
Secondo questa normativa dunque, i nidi rientrano nel contesto più generale delle politiche per la
famiglia ma, risentendo ancora dell’influenza dei motivi della nascita delle ONMI, vengono
collocati nell’ambito del sistema della sicurezza sociale. Un ulteriore influenza del passato la si
riscontra quando si legge che i nidi favoriscono il permanere delle mamme nel mondo del lavoro.
Oggi, nonostante non esista ancora una nuova legge nazionale a superamento di questa, il nido è
sentito dalla Istituzioni e dagli stessi utenti come un servizio del bambino e per il bambino. Prova ne
è che i Comuni nell’accettare un’iscrizione, pur lasciando sempre la precedenza ai bambini disagiati
o provenienti da famiglie disagiate, lasciano aperto il proprio servizio a tutti i possibili utenti,
indipendentemente che le madri del bambini lavorino o meno.
La legge assegna poi allo Stato il compito di fissare i punti principali che le Regioni dovranno
seguire per la costruzione e la gestione dei nidi. Più precisamente, questa legge prevedeva la
costruzione di 3800 nidi comunali in tutto il Paese nel quinquennio 1972-76: “Al fine di realizzare,
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Nelle ONMI le lavoratrici possedevano un diploma nato dall‟approvazione della legge n°1098/404, legge
voluta dall‟allora Ministero della Sanità.
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nel quinquennio 1972-76, la costruzione e la gestione di almeno 3.800 asili-nido, lo Stato assegna
alle regioni fondi speciali per la concessione di contributi in denaro ai comuni.
I contributi sono di due tipi. Il primo, pari ad una cifra fissa una tantum di lire 40 milioni di lire,
viene erogato quale concorso alle spese relative alla costruzione, l'impianto e l'arredamento
dell'asilo-nido. Il secondo, pari ad una cifra fissa annuale di lire 20 milioni di lire, viene erogato
quale concorso alle spese di gestione, funzionamento e manutenzione dell'asilo-nido medesimo.
Questo ultimo contributo viene erogato con preferenza a quegli asili-nido per i quali è stato
erogato il primo contributo, nonchè per quelli gestiti da enti locali. Tali contributi, possono essere
integrati dalle regioni direttamente o attraverso altre forme di finanziamento da esse stabilite.”
In Italia, però, livello di diffusione previsto negli anni Settanta è stato raggiunto solo negli ultimi 2
anni.
Da ultimo la legge si interessa di assicurare ai piccoli utenti un personale adeguatamente
qualificato, in grado di accudire il bambino nella sua globalità ponendo molta attenzione allo
sviluppo psicologico, fisico, cognitivo, sociale del piccolo e coinvolgendo sempre la famiglia nei
processi di crescita di quest’ultimo.
Il rinnovo del “Piano quinquennale per l’istituzione degli asili nido comunali con la partecipazione
dello Stato” è stato attuato un’unica volta attraverso la legge n°891/775 ma con minori stanziamenti
monetari lasciando tutto il peso dell’implementazione delle strutture ai singoli Comuni.
1.3 La diffusione degli asili nido e dei servizi alla prima infanzia dal 1971 a oggi6
Nonostante la legge n°1044/71 avesse previsto la realizzazione di 3800 asili nido comunali entro il
1976, con una previsione di aprire circa 760 asili ogni anno per 5 anni, in Italia questa copertura è
stata da poco raggiunta.
In vent’anni, dal 1972 al 1992 sono stati resi disponibili sul territorio 2280 asili comunali, con una
media annua di 114 strutture; dal 1992 al 2000 aumentano di 124 unità raggiungendo 2404 con una
copertura corrispondente al 5% della popolazione compresa tra 0 e 3 anni. Dal 2000 in poi
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Legge del 29 novembre 1977 n°891: Norme per il rifinanziamento del piano degli asili nido e modifica della
legge istitutiva 6 dicembre 1971, n. 1044
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Si ricorda che, a causa della mancanza di azioni di raccolta coordinata dei dati relativi alla diffusione, ai
costi, alle domande e all‟offerta potenziale e in atto, dei servizi alla prima infanzia, i dati contenuti in questo
lavoro potrebbero non essere perfettamente aggiornati.
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l’incremento degli asili nido è notevole: nel 2003 erano 3008 strutture e nel 2007 hanno raggiunto le
4885 unità che corrispondono a una copertura di circa il 10% dei bambini da 0 a 3 anni7.
Se in trent’anni dall’approvazione della legge 1044/71 gli asili nido costruiti sono stati circa 2000,
che significa aver aperto circa 66 asili nido comunali ogni anno, dal 1992 a 2007 il numero degli
asili nido pubblici è poco più che raddoppiato passando da 66 a 165 nuove strutture ogni anno.
È importante notare che l’incremento dei complessi messi a disposizione per i servizi alla prima
infanzia8, avvenuto negli ultimi 10 anni, è dovuto essenzialmente a due motivi. Il primo di questi è
da relazionarsi a finanziamenti economici giunti a Regioni e Comuni che hanno permesso a questi
ultimi di incrementare il numero delle strutture presenti sul territorio e/o ad aumentare i posti
disponibili per i piccoli utenti. Il secondo motivo è da ricondursi all’aumento dei soggetti privati
offerenti questi tipi di servizi. Si stima, infatti, che l’incidenza percentuale degli asili nido privati sul
totale dei nidi presenti sul territorio è passata dal 20,1% nel 2000 al 38,9% nel 2005.
Grafico 1 - Nidi di infanzia a titolarità pubblica e privata in Italia per gli anni 1992,2000,2005
N.B. Per gli ultimi dati relativi al 2005, non è possibile stabilire la titolarità a 177 asili nido.
Fonte: CNDA “I numeri italiani. Infanzia e adolescenza in cifre” Quaderni del Centro nazionale di
documentazione e analisi per l‟infanzia e l‟adolescenza n°43/2007
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Fonte: “I numeri italiani. Infanzia e adolescenza in cifre” Quaderni del Centro nazionale di documentazione
e analisi per l‟infanzia e l‟adolescenza n°43/2007
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Con il termine “servizi alla prima infanzia” si comprendono tutti i servizi rivolti alla fascia di età 0-3 anni: asili
nido, micro-nidi, nidi famiglia. Con il termine “servizi integrativi” si considerano invece tutti quei servizi
trasversali dove l‟affidamento del minore avviene con modalità diverse, come ad esempio i servizi offerti da
ludoteche.