6
Proprio per questo nasce la risposta che il sistema moda ha rielaborato, ripensando le tradizionali
logiche strategiche e cercando così di avvicinarsi alle esigenze del pubblico.
La distribuzione assume un ruolo essenziale in questo scenario: influenza, tramite le proprie
soluzioni commerciali, il rapporto contrastante tra le differenti realtà che fanno da cornice al diretto
contatto tra domanda ed offerta. L‟outlet online, e prima ancora l‟outlet offline, è il risultato della
politica adottata negli ultimi anni dalla stessa per andare incontro alle esigenze di questa nuova
realtà; questa è stata la chiave del grande successo ottenuto. Questo nuovo canale distributivo
permette di avvicinarsi rapidamente e comodamente all‟offerta delle aziende più prestigiose, il tutto
a prezzi molto convenienti. Ma i vantaggi non interessano solo i consumatori: infatti attraverso il
canale digitale le aziende produttrici hanno la possibilità di aumentare le proprie vendite e riescono
a smaltire a costi bassi la merce in magazzino e ad ingrandire il proprio bacino di utenza.
Questo lavoro si propone di descrivere gli aspetti importanti su cui un‟azienda si deve focalizzare
quando intende avviare in Rete questa specifica attività; attraverso l‟analisi di alcuni esempi di
outlet online già ben avviati, ci aiuterà ad orientarci nel mondo del commercio online e a capire
quali siano le incombenze tecniche, normative e organizzative necessarie per avviare un sito e-
commerce.
Il capitolo I ci introduce alla questione attraverso l‟analisi quanto più dettagliata della recente crisi
economica globale e dei problemi che questa ha portato al settore moda; in un secondo momento ci
aiuterà a capire in che modo si sono organizzati i consumatori per evitare di farsi travolgere dagli
eventi precedentemente illustrati. In particolare saranno evidenziate, in quanto dimostrative degli
assunti seguenti, le due strategie principali che i consumatori adottano per mantenere inalterati i
propri consumi.
Il capitolo II introduce quindi il tema del commercio elettronico, descrivendo i procedimenti
dell‟acquisto online e confrontando i livelli raggiunti dall‟e-commerce in Italia con quelli raggiunti
invece nel resto dell‟Europa. Viene in seguito dimostrata l‟incidenza della crisi economica sul
successo del commercio elettronico. Infine si vuole far luce sullo stato di diffusione della banda
larga in Italia e metterlo a confronto con quello degli altri paesi industrializzati del mondo.
Il capitolo III narra la storia del progetto „outlet‟ e della seguente evoluzione che ha portato alla
nascita di questo punto vendita online; prosegue con la elencazione dei vantaggi che questo canale
offre agli utenti e alle aziende. Infine vengono presentate le diverse tipologie di outlet che si sono
sviluppate in Rete.
Il capitolo IV propone uno studio delle fasi e degli aspetti principali a cui si deve prestare attenzione
quando si intende avviare un outlet di abbigliamento online. Il modello presentato sarà generico in
7
funzione alla comprensione, oltre ad una possibile critica, delle diverse strutture scelte dalle società
che saranno presentate nei capitoli successivi.
Il capitolo V invece ci consente di visionare e di analizzare da vicino uno dei maggiori e più
conosciuti siti e-commerce : “Yoox.com”, first mover nel Paese in questo settore. Seguitamente alla
presentazione della società (italiana) che ne fa capo, verrà descritto il modello di business, le
strategie di marketing adottate, la tecnologia e la logistica; infine verranno esposti i risultati che fino
ad ora sono stati conseguiti dalla suddetta.
Il capitolo VI è dedicato all‟analisi di un ulteriore caso pratico di outlet online, ovvero quello
proprio dell‟ azienda veronese “Franklin & Marshall”.
Il capitolo VII descrive un ultimo caso, quello dello shopping club “Buyvip”. Dopo una breve
introduzione al modello dei club outlet, si descriverà la società presentandone la storia, le strategie
di comunicazione adottate ed altri elementi fondamentali che distinguono la sua struttura dagli altri
modelli di outlet presentati.
Il capitolo VIII analizza le prospettive che si stanno sviluppando per il settore dell‟e-commerce e in
maniera più particolare per il canale dell‟outlet online.
Le riflessioni finali ci daranno infine la possibilità di prendere in mano brevemente le fila della tela
che fin qui è stata tessuta e di condurci così alle sue conclusioni.
8
9
Capitolo I
La crisi dei consumi
1.1 La crisi
La crisi economica ha raggiunto in pochi mesi tutti i Paesi del mondo. Tutto ha avuto inizio con lo
scoppio della bolla del mercato immobiliare americano nel 20042, dopo un lungo periodo in cui i
prezzi delle case erano cresciuti costantemente. Era stata data l‟opportunità di accendere un mutuo
ad un numero crescente, quasi incontrollato, di famiglie attraverso uno strumento finanziario
chiamato dei “prestiti subprime” con cui i creditori concedevano finanziamenti a persone ad alto
rischio insolubilità, persone a cui normalmente non sarebbe mai stato accordato un mutuo per
comprar casa. Nel periodo 2004-2006 giunse il momento di ripagare, ma poiché molti debitori non
riuscirono a rispettare gli impegni contratti, i tassi d‟interesse sui mutui aumentarono a dismisura.
La crisi sarebbe rimasta confinata agli Stati Uniti se non fosse stato che le banche e i creditori di
questi prestiti, senza prima considerare attentamente le possibili conseguenze, avevano venduto i
debiti ad altri investitori. I debiti suddivisi in azioni erano stati venduti a investitori stranieri e ad
istituti bancari di tutto il mondo sotto forma di intricati pacchetti finanziari, indecifrabili per la gente
comune. Nel 2007, 1,3 milioni di proprietà immobiliari furono messe all‟asta per insolvenza, il 79%
in più rispetto al 2006. Tutti gli Stati furono colpiti dal panico perché nessuno sembrava sapere a chi
appartenessero questi debiti “senza valore”, sparsi nel sistema finanziario a tutte le latitudini del
globo. Improvvisamente le banche non erano più disposte a farsi prestiti a vicenda e tale diffidenza
condusse al cosiddetto “credit crunch”, ossia una restrizione di liquidità (soldi contanti) nel sistema
perché nessuno prestava denaro. Le perdite cominciarono in questo modo ad accumularsi. A luglio
2008, grandi banche e istituzioni finanziarie a livello mondiale accusarono perdite per circa 435
miliardi di dollari. Oggi, banche e istituti finanziari faticano ad ottenere crediti e sono in fase di
stallo con valori negativi nei loro libri contabili. Molti sono stati costretti a dichiarare fallimento o
sono sul punto di farlo. I governi hanno dovuto intervenire per soccorrere questi istituti e per
scongiurare un collasso dell‟economia dalle conseguenze disastrose.
2
Il paragrafo è stato scritto consultando: www.ec.europa.eu “Fin-focus” Commissione Europea, Dicembre 2007 e
www.cafebabel.com , di Dave Keating , 2008
10
1.1 La crisi del settore moda
A partire dalla metà degli anni ‟70 e fino alla prima metà degli anni ‟90, la crescita che ha
interessato il Sistema Moda italiano ha permesso all‟Italia di ottenere un‟indiscussa posizione di
leadership a livello internazionale. Tra il 1975 ed il 1995 l‟incremento del valore aggiunto è stato
decisamente considerevole, passando dai 2,9 miliardi di euro ai 27,4 miliardi di euro. L‟incidenza
del settore sull‟industria manifatturiera nazionale è molto significativa (11,1%), soprattutto se
confrontata con quella registrata da altre realtà europee come Spagna (4,9%), Francia (3,6%),
Regno Unito (2,9%) e Germania (1,7%). La filiera tessile-abbigliamento ricopre
approssimativamente poco più dei due terzi del totale, con il 37,8% del tessile ed il 33,8%
dell‟abbigliamento, mentre la filiera della concia pelletteria-calzatura copre l‟altro terzo, con un
peso rilevante del comparto calzaturiero (pari al 16,7% del Sistema Moda totale).
Figura 1.1- Valore aggiunto manifatturiero italiano (2008)
Fonte: rielaborazione The European House-Ambrosetti su dati Eurostat, 2010
L‟industria della moda assicura alti livelli occupazionali: 1.080.000 le persone occupate, 620mila
delle quali nell‟industria e 460mila nel commercio. Considerando gli addetti occupati
complessivamente in Italia nel comparto manifatturiero e nel commercio, 1 occupato su 8 lavora
nelle imprese del tessile. Ancora più importante risulta il dato sull‟occupazione femminile che mette
in luce come addirittura il 61% degli occupati nel Sistema Moda siano donne. In sintesi, tra le
donne che lavorano nell‟industria e nel commercio, una su 4 è impiegata all‟interno di questo
settore. Il 4 febbraio 2010 le Camere di Commercio con l‟IFT3 hanno pubblicato i numeri del
3
www.fismo.it M2:Meridiano Moda, Rapporto strategico promosso da Italian Textil Fashion (IFT) insieme a
Unioncamere con il supporto operativo di The European House-Ambrosetti , luglio 2009-febbraio 2010. Nato nel 2005,
ITF è l‟organismo intercamerale per la Filiera Moda che riunisce Unioncamere, quattro Unioni regionali (Abruzzo,
Molise, Toscana e Veneto) ed oltre 20 Camere di Commercio italiane in cui opera il settore Moda, interessate a
valorizzare il ruolo e l‟importanza del comparto, stimolando il confronto tra i distretti e cercando soluzioni condivise
per la crescita del settore.
11
Sistema Moda italiano nel 2008. Sono emerse cifre considerevoli che fanno del Made in Italy,
all‟interno del quale operano quasi 70.000 aziende4 del tessile, abbigliamento, concia, pelletteria e
calzature, uno dei settori primari dell‟economia nazionale. In questo settore l‟Italia ha ancora una
assoluta posizione di rilievo nel mondo, ma negli ultimi due anni ha subito fortemente l‟impatto
della crisi economica, che ha prodotto, tra il 2008 e il 2009, una riduzione del fatturato, del saldo
commerciale e degli ordinativi dell‟ordine del 30-40%, un forte ricorso alla Cassa integrazione
guadagni e ha costretto alla chiusura 1.900 imprese.
Stando a quanto riportato dal Vice Ministro dello Sviluppo Economico Adolfo Urso, il Sistema
Moda nel suo complesso, seppur con qualche difficoltà, ha giocato un ruolo fondamentale
all‟interno della bilancia commerciale del Paese anche nel periodo peggiore della crisi. La bilancia
commerciale del settore ha fatto registrare un attivo di 16,5 miliardi di euro, classificandolo al
secondo posto, dietro alla meccanica industriale e specialistica, e contribuendo sensibilmente alla
crescita complessiva della ricchezza italiana. In termini di export, il Sistema Moda nel 2008, ha
complessivamente realizzato esportazioni per 41,9 miliardi di Euro, pari all‟11,5% del totale (365,7
miliardi di Euro). Nei singoli comparti emerge il ruolo trainante dell‟abbigliamento (40%
dell‟export complessivo), seguito dal tessile (26%) e dal comparto calzaturiero (18,2%). Incide in
misura minore l‟export della concia (7,56%) e della pelletteria (7,46%).
Per il settore, la crisi economico-finanziaria globale è iniziata nell‟ultimo quadrimestre del 2008.
Una dettagliata analisi su una serie di indicatori finanziari relativi ad un campione di oltre 2.700
imprese del settore – redditività, patrimonializzazione, indebitamento, capacità di generazione del
valore e livello degli investimenti - evidenzia che la situazione di maggiore criticità interessa i
comparti della concia e del tessile (in particolare la filatura, che pare essere il sotto-settore in
maggiore difficoltà). Entrambi sono considerati asset strategici del settore Moda italiano. Le
difficoltà sono dovute ad un progressivo calo dei volumi causato (al di là della difficile congiuntura
economica attuale) da un progressivo spostamento di produzione delle fasi “a monte” in altre aree
del mondo (come, ad esempio, la Cina). I settori “a monte” della filiera italiana manifestano
notevoli difficoltà competitive su scala globale, determinate dagli elevati investimenti fissi necessari
per alimentare l‟attuale modello di business, dai differenti parametri di costo del lavoro e dalle
normative di sicurezza. La pelletteria e le calzature, invece, rappresentano i settori più sani e solidi
all‟interno delle industrie del Sistema Moda. Il perno portante dell‟intero sistema rimane tuttavia il
settore dell‟abbigliamento, che però presenta diversi punti di debolezza, tra cui il livello di
indebitamento e un elevato fabbisogno di capitale circolante. Un aspetto che mette ancor più in
mostra la differenza di performance tra le aziende del settore è quello relativo alle diverse classi
4
Fonte Eurostat
12
dimensionali. Considerando la redditività delle imprese, il livello di indebitamento, la
patrimonializzazione e la loro dimensione, i dati rivelano che le imprese più piccole sono
mediamente meno redditizie, più indebitate, meno patrimonializzate di quelle grandi e le loro
prestazioni sono molto più scarse. Per quanto riguarda la vulnerabilità delle imprese nei diversi
comparti è inoltre emerso che la scarsa “salute” finanziaria delle imprese del settore, tra cui alcune
in situazioni di alto rischio di fallimento, è anche qui caratteristica delle aziende più piccole, specie
quelle attive nei comparti “a monte” delle filiere.
1.2 La crisi dei consumi
Domanda e offerta da sempre sono in stretto rapporto e i problemi che soffre l‟una colpiscono
velocemente anche l‟altra. Così, in poco tempo, i consumatori si sono ritrovati a dover modificare i
propri comportamenti. La recessione dei consumi è un dato di fatto, attestato dalle più autorevoli
fonti (Istat e Censis), ed è tanto più evidente nel percepito quotidiano dei consumatori.
Nel 2008, a causa degli aumenti generalizzati dei prezzi, la spesa per generi alimentari e bevande ha
rappresentato, in media, il 19,1% della spesa mensile totale, mentre nel 2007 questi beni pesavano
solo il 18,8%. Parallelamente, si è registrato un continuo aumento della percentuale di famiglie che
acquistano generi alimentari presso gli hard-discount (dall‟8,6% del 2006 si è passati al 9,7% del
2007e al 10,9% del 2008). Questi dati dimostrano che le famiglie italiane hanno cercato di reagire ai
fenomeni in corso, ma non sono riuscite ad evitare che almeno parzialmente gli effetti si
riversassero sulla loro quotidianità. E‟ diminuita perciò la quota di spesa per abbigliamento e
calzature (anche a seguito della contrazione del numero di famiglie che effettua questo tipo di
acquisto) e quella per arredamenti, elettrodomestici e servizi per la casa (diminuisce la percentuale
di famiglie che acquista mobilio, oggetti di arredamento ed elettrodomestici). Più contenuta, rispetto
al 2007, anche la quota di spesa per sanità (diminuisce la spesa per dentista, analisi cliniche ed
esami radiologici), trasporti (in diminuzione la spesa per acquisto di mezzi di trasporto e per l‟uso
dei trasporti pubblici, a fronte di un aumento della spesa per carburanti) e tempo libero e cultura
(oltre a quella per giornali, libri non scolastici, CD e DVD, diminuisce la spesa per beni durevoli e
quella per biglietti e abbonamenti a spettacoli e manifestazioni,). Rispetto al 2007, le quote di spesa
totale che risultano stabili sono quelle che le famiglie destinano all‟istruzione, alle comunicazioni e
ai tabacchi (pari rispettivamente all‟1%, al 2% e allo 0,9% della spesa totale). La sostanziale
stabilità della percentuale di spesa si verifica, a fronte dell‟aumento dei prezzi, soprattutto per i
tabacchi, a seguito della leggera diminuzione della percentuale di famiglie che effettua l‟acquisto di
tali prodotti.
L‟anno successivo non ha visto molti miglioramenti sul fronte dei consumi.
13
Nel 2009, le spese delle famiglie italiane sono rimaste contenute, anche se in leggero miglioramento
rispetto alla fase più acuta della crisi economica. L‟Indicatore dei consumi di Confcommercio, nel
mese di ottobre 2009, ha segnalato +0,4% rispetto allo stesso mese del 2008, registrando il segno
più per il quinto mese consecutivo, considerando sempre i confronti con il precedente anno.
Secondo le rilevazioni dell‟Isae5 per Confindustria, sta migliorando la fiducia delle famiglie e delle
imprese e inoltre la produzione industriale è lievemente cresciuta a novembre 2009 rispetto al mese
precedente. Esaminando in dettaglio la spesa mensile in quantità delle famiglie per beni e servizi,
tutti i settori rimangono in rosso: i prodotti alimentari, le bevande e i tabacchi mostrano una
flessione contenuta (-0,8%), così come la spesa per gli alberghi e i pasti fuori di casa, mentre il dato
peggiore spetta all'abbigliamento e calzature (-2,2%), che conferma pienamente le sue difficoltà nel
risalire la china, giacché a settembre la caduta era superiore al cinque per cento rispetto all'analogo
mese del 2008. Seguono i beni e servizi ricreativi (-1,7%) e quelli per la casa (-1,3%); il settore
delle comunicazioni cala dell'uno per cento. In risalita si scopre, invece, la spesa (+11,6%) nel
settore della mobilità che, insieme a quella nella cura della persona (+1,4%), consente ai consumi
complessivi di ottobre di segnare quel modesto +0,4% rispetto allo stesso mese di un anno fa.
Confcommercio, infine, ha stimato gli effetti delle tredicesime sui consumi di dicembre: questi
ultimi hanno superato quelli del 2008 per una percentuale piuttosto ridotta (+0,6%). La metà delle
famiglie ha dovuto mantenere le spese natalizie sui medesimi ed esigui livelli dell‟ anno precedente,
concentrate su abbigliamento, libri e alimentari, mentre circa un terzo vi ha rinunciato parzialmente.
Nel 2010, stando alle previsioni di Confcommercio, si dovrebbe tornare a livelli di Pil e consumi
paragonabili a quelli del 2000, a conferma che c‟è molta strada da percorrere per recuperare il
terreno bruciato.
1.2.1 I giovani e la crisi
Un fenomeno molto particolare che interessa l‟attuale crisi dei consumi in Italia è quello che
coinvolge i giovani. Il Dipartimento di Scienza della Politica e Sociologia dell‟Università degli
Studi di Firenze ha realizzato un‟indagine sulla percezione che i giovani hanno della crisi e
sull‟influenza di questo fenomeno nei loro consumi e stili di vita. La ricerca, dal titolo “Minori,
Mass Media e Crisi Economica”, ha coinvolto 1235 ragazzi e ragazze tra i 15 e i 20 anni di 17
scuole medie superiori, appartenenti a 13 città italiane di 9 regioni. Il gruppo di ricerca ha raccolto i
dati attraverso un questionario, grazie alla collaborazione dei presidi e dei docenti delle scuole. I
risultati ottenuti sono stati sorprendenti. Si è così scoperto che solo la metà dei genitori cerca di
5
Istituto di Studi e Analisi Economiche
14
coinvolgere i figli, responsabilizzandoli sui problemi che la crisi economica pone alla famiglia. Due
ragazzi su 10 non sanno se la crisi economica pone problemi alla famiglia: ciò dimostra che vi è una
tendenza da parte dei genitori a cercare di proteggere i figli, anche nel caso in cui la crisi economica
ponga problemi gravi alla famiglia. La crisi economica pone problemi alla famiglia nel 60% dei casi
e, in conseguenza di ciò, i genitori acquistano in minor quantità vestiti e oggetti elettronici, riducono
i viaggi e le vacanze, vanno meno a pranzo o a cena fuori. Tuttavia, analizzando i dati, si scopre che
la crisi economica ha invece avuto poche o nessuna conseguenza sullo stile di vita dei ragazzi
intervistati: solo il 6% ha dichiarato di aver avuto un grosso cambiamento nel proprio stile di vita.
Mettendo in relazione la percezione delle conseguenze della crisi sullo stile di vita con la zona
geografica di residenza si nota una maggior incidenza della crisi sugli studenti che vivono al Sud.
Incrociando le variabili „la crisi economica pone problemi alla famiglia?‟ e „la crisi economica ha
già avuto conseguenze sul tuo modo di vivere?‟ si è constatato che tra le due c‟è associazione, ma
anche che solo il 30% dei ragazzi la cui famiglia ha problemi gravi ha avuto un grosso
cambiamento nel suo stile di vita. Per quanto riguarda le attività ricreative e i consumi individuali i
giovani hanno visto diminuire di poco le proprie disponibilità: solo il 6% dei ragazzi intervistati ha
dichiarato che la paghetta che ricevono dai genitori gli è stata ridotta parecchio o addirittura tolta.
Incrociando la riduzione o meno della paghetta con i maggiori o minori problemi che la famiglia del
giovane ha avuto in seguito alla crisi economica, accade che, anche in caso di problemi gravi, ai
giovani non viene quasi mai negata la propria liquidità. Per quanto riguarda le attività ricreative -la
discoteca, lo sport e il mangiare fuori- una percentuale molto piccola dei giovani intervistati ha
rinunciato ad esse. Quasi tutti i giovani intervistati continueranno come prima ad andare alle gite
scolastiche e/o a fare le vacanze studio all‟estero. L‟aspetto più interessante dei risultati della
ricerca ai fini del presente lavoro riguarda gli acquisti. Per meglio analizzare la riduzione degli
acquisti da parte dei giovani, è stato costruito un indice dando un valore da 0 a 4 alle risposte da
„per niente‟ a „molto‟ date per ciascun bene proposto: scarpe, vestiti, libri, riviste e fumetti, musica,
ricariche del cellulare, oggetti elettronici. La riduzione dei consumi è stata molto contenuta: infatti
l‟83% del campione ha ridotto poco o per niente l‟acquisto dei beni proposti.
1.2.2 Le strategie dei consumatori
All‟aumento dei prezzi e alla diminuzione delle entrate mensili, le famiglie italiane hanno reagito
modificando le proprie abitudini e inventando ingegnosi sistemi per soddisfare i propri bisogni e per
far quadrare nel contempo i conti.
15
Le strategie messe in atto dai consumatori per far fronte alla contrazione dei propri budget di spesa
sono svariate e hanno investito innanzitutto l‟approccio verso le diverse formule distributive. La
famiglia non effettua più la spesa in un solo punto vendita, quello di fiducia sottocasa, ma visita più
negozi alla ricerca del prezzo più conveniente per ciascun bene di necessità. Parallelamente, si è
assistito allo sviluppo di nuove tipologie di store, che coniugano ricchezza dell‟offerta e
convenienza dei prezzi. Inoltre, i diversi tipi di punto vendita non sono più alternativi ma, al
contrario, convivono pacificamente. “Il consumatore è diventato cioè trasversale: mixa luoghi
d‟acquisto e prodotti diversi per stile, prezzo e posizionamento. La stessa persona acquista capi di
abbigliamento e accessori da Zara, nell‟outlet, nella boutique e on-line. Vola Ryanair e, poi, mangia
nel ristorante stellato Michelin. Il risultato più evidente di questo processo di contaminazione è il
rimescolamento di alto e basso, chic e popolare6”.
Una seconda strategia messa in pratica da una sempre più grande fetta della popolazione colpita
dalla crisi è quella di comperare merce in sconto. Le famiglie italiane sentono di dover tenere il
portafogli ben chiuso ancora per diverso tempo, ma sono disposte ad aprirlo davanti a particolari
offerte che fino a qualche anno fa erano impensabili. Per questo motivo, sconti ed offerte speciali
sono diventati, per i conti delle aziende, le armi con cui combattere ogni giorno la resistenza agli
acquisti dei clienti. La conferma di questa tendenza arriva da una ricerca realizzata con dati
Infoscan Census®7, inviati a Iri da un sistema di oltre 7mila tra ipermercati, supermercati e grandi
negozi, un campione che rappresenta in buona sostanza una proiezione affidabile dell‟ intera
distribuzione italiana. Secondo questi dati, nel bimestre marzo-aprile 2009 i volumi delle vendite di
largo consumo confezionato sono per la prima volta saliti, anche se di un timido 0,3%. Rispetto all‟
anno precedente, i prodotti in offerta acquistati da ogni famiglia sono aumentati del 5% ed
attualmente un quarto del “carrello” è riempito con questi tipi di prodotti. Lo studio sottolinea che l‟
Italia è ancora immersa in una fase di acuta debolezza dei consumi «e che gli attesi segnali di
ripresa si fanno ancora attendere». Rispetto, però, al pesante crollo registrato nel novembre 2008
(meno 2,5%), il volume degli acquisti ha progressivamente tenuto le posizioni, senza registrare
flessioni tanto vistose; i consumi sono sì fermi a livelli di puro “galleggiamento”, ma questo
rappresenta un segnale di tenuta e fiducia molto importante. Analizzando i dati, si scopre che la crisi
che ha costretto a cambiare le scelte dei consumatori, che mai come in questi ultimi mesi, si
concentrano, oltre che sulla loro convenienza, anche sulla tipologia dei prodotti da mettere nel
carrello della spesa.
6
“Low cost, Vivere alla grande spendendo poco”, Marina Martorana, 2008, A. Villardi, pagg.29-30-31
7
Infoscan Census® è l‟innovativo servizio di Retail Tracking di IRI che ,su base dati scanner, raccoglie, legge e
analizza i dati di vendita provenienti dai codici a barre dei prodotti di Largo Consumo acquistati in Italia.
16
1.2.3 I consumi di abbigliamento
Il consumo di abbigliamento e calzature registra da tempo dei cambiamenti. Secondo i dati Eurostat,
in Italia si destina circa l‟8% del budget spendibile annuo nell‟abbigliamento, mentre in Europa la
media è circa il 6%. Nel 2008 la spesa procapite in questi generi è stata di 1.194€.
Approfondiamo ora con l‟analisi dei dati le tendenze che hanno preso piede negli italiani nel corso
degli ultimi anni per quanto riguarda l‟acquisto di questi prodotti. La Confcommercio, nel dicembre
2007, ha commissionato un sondaggio su un campione rappresentativo della popolazione italiana di
età superiore ai 18 anni per ottenere alcune previsioni sull‟andamento delle vendite durante i saldi
invernali 2008. In questo documento si trovano importanti informazioni sulle scelte di fare acquisti
da parte degli italiani. Da notare che il periodo di riferimento di questo sondaggio è precedente alla
diffusione tra la popolazione della crisi economica in Italia. Si è chiesto agli intervistati se essi
fossero stati propensi ad attendere i saldi per acquistare un articolo al quale stavano pensando da
tempo e il 63,9% di questi ha risposto in modo affermativo. Nell‟ambito di coloro che si sono
dichiarati “molto” o “abbastanza” propensi ad attendere i saldi, il 49% attendeva per acquistare
qualsiasi tipo di prodotto, mentre il 51% attendeva solo per acquistare prodotti griffati o comunque
di marca.
Figura 1.2- Propensione all’acquisto in saldo (2008)
Fonte: Confcommercio.
A distanza di due anni è stata commissionata la stessa indagine sui consumatori, per quanto riguarda
la tendenza ad approfittare dei saldi invernali 2010. Attualmente, i consumatori propensi ad
acquistare prodotti in sconto sono il 69,3% , ossia il 5,4% di popolazione in più rispetto a due anni
fa. Il 67,4% dei consumatori propensi all‟acquisto in saldo attende questo periodo per comperare
27,60%
36,30%
19,50%
16,60%
molto propenso abbastanza propenso poco propenso per nulla propenso
Propensione all'acquisto in saldo (2008)
17
“qualsiasi tipo di prodotto”, mentre il rimanente 32,6% acquista in ribasso perlopiù prodotti griffati
o comunque di marca. La tendenza ha quindi visto lo spostamento di ben il 16,4% di favorevoli agli
sconti da coloro che acquistano solo prodotti griffati a quelli che acquistano un po‟ di tutto purché a
prezzo di saldo.
Figura 1.3- Confronto propensione all’acquisto in saldo per tipologia di prodotto
Fonte: Confcommercio.
Osservando i dati nella Tabella 1.1, i risultati delle vendite nel periodo saldi del 2009 confermano la
tendenza che era stata registrata a fine 2007: predisposizione crescente all‟acquisto in saldo ma
diminuzione della cifra media spesa da ciascuna famiglia. Altro dato di estremo interesse è quello
riguardante l‟incidenza delle vendite durante i saldi sul fatturato annuale: le svendite si confermano
ogni anno di più un periodo fondamentale per le attività dei commercianti.
Si osservino i dati della tabella. Per quanto riguarda la stagione invernale, facendo un confronto tra i
dati relativi agli anni 2008, 2009 e 2010, le famiglie coinvolte negli acquisti in saldo son aumentate
di un milione e mezzo. La spesa per famiglia è invece diminuita: 500€ nel 2008, 432€ l‟anno
successivo e 418€ nel 2010. Il fatturato, infine, è diminuito passando da 6,5 a 6,1 miliardi di euro
nel 2010, ma la sua incidenza sul fatturato annuale è cresciuta passando dal 18% nel 2008 al 21%
nel 2010.
Gli stessi risultati si ottengono osservando i dati relativi al periodo saldi estivo: nel 2008 le famiglie
coinvolte erano 13,5 milioni, l‟anno successivo sono state 14, 7 milioni. La spesa per famiglia è
diminuita, passando da 280€ a 243€. Anche qui, l‟incidenza del fatturato dei saldi su quello annuale
è aumentato passando da 11,2% a 12%.
49%
51%
Tra i propensi e gli
abbastanza propensi
nel 2007 (63,9 %)
acquistare
qualsiasi
prodotto
acquistare solo
prodotti
griffati
67,40
%
32,60
%
Tra i propensi e gli
abbastanza propensi nel
2009 (69,3%)
acquistare
qualsiasi
prodotto
acquistare solo
prodotti griffati
18
Tabella 1.1- Dati sui periodi di saldo
Stagione Fatturato
Spesa media
famiglia
Famiglie
coinvolte
Incidenza
vendite del
periodo sul
fatturato
annuale
Spesa media
per persona
Inverno 2008 6,5 miliardi 500 € 13 milioni 18% 213€
Estate 2008 3,8 miliardi 280 € 13,5 milioni 11,2% 122€
Inverno 2009 6,8 miliardi 432 € 15.740.740 19,5% 188€
Estate 2009 3,6 miliardi 243 € 14.784.720 12% 106€
Inverno 2010 6,1 miliardi 418 € circa 14.500.000 21% 174€
Elaborazione a cura di Marta Panato con dati Confcommercio
Tornando ai sondaggi fatti da Confcommercio, alla richiesta di esplicitare la tipologia di prodotti
che sarebbero stati prevalentemente acquistati in sconto, nell‟ambito di coloro che avrebbero
approfittato dei saldi 2008, il 93,4% era interessato a capi di abbigliamento, il 69,4% alle calzature,
il 57,7% ad articoli sportivi, il 54,6% ai capi di biancheria intima.
Figura 1.4- Risultato sondaggio su tipologia dei beni che si desidera acquistare durante saldi
invernali 2008
Fonte: Confcommercio
Due anni dopo, la stessa domanda è stata posta ai consumatori interessati ad acquistare nel corso dei
saldi del gennaio 2010: nell‟ordine, hanno risposto capi d‟abbigliamento (97,1%), calzature
93,4%
69,4%
57,7%
54,6%
51,4%
42,1%
33,1%
0% 20% 40% 60% 80% 100%
capi d'abbigliamento
calzature
articoli sportivi
biancheria intima
accessori
biancheria per la casa
pelletteria