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1 - INQUADRAMENTO AMBIENTALE
Nonostante il mio non sia uno studio riguardante specificatamente la geomorfologia del
territorio, è necessario individuare le caratteristiche generali dell’area in cui è stato
fatto. Tale identificazione territoriale si delinea introducendo alcune nozioni generali, a
partire dalle definizioni di “valle fluviale”, “terrazzo fluviale” e “sorgente”, in quanto
è proprio in quest’ambito che sono state condotte le osservazioni.
1.1 - Le valli fluviali
Figura 1.1 - La valle della Vernavola e i suoi ambiti geomorfologici: a) Livello Fondamentale
della Pianura; b) pianure alluvionali attuali e recenti; c) terrazzi fluviali (Regione Lombardia
- SIT)
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Una valle fluviale è il risultato di due processi, che interagiscono tra loro: l’azione
fluviale, nel letto, e i processi di denudazione, sui versanti. L’azione fluviale è
condizionata dagli apporti d’acqua e di detrito provenienti dai versanti; i processi di
denudazione degli stessi sono a loro volta influenzati dall’efficienza del lavoro di
allontanamento dei detriti, o di scalzamento dal basso per erosione, che il fiume opera al
loro piede.
All’interno della sua valle si può distinguere la golena, cioè l’area posta tra la riva di un
corso d’acqua ed il suo argine naturale. Spesso si tratta di un’area molto ampia, che può
ricevere saltuariamente le acque del fiume durante eventi alluvionali, svolgendo così
l’importante funzione idraulica d’invaso d’emergenza.
La capacità della golena di essere sommersa dal proprio corso d’acqua, e quindi di
raccogliere gran parte del suo materiale limoso, è all’origine della sua elevata fertilità.
1.2 - I terrazzi fluviali
Sono definiti in generale terrazzi le superfici pianeggianti delimitate da scarpate; i
terrazzi fluviali rappresentano vecchi piani d’origine del fiume e le scarpate risultano
dal successivo intaglio. Essi sono ben individuabili come elementi di discontinuità
altimetrica tra il livello della pianura e il fondovalle. La loro presenza è relazionata alle
modificazioni intervenute nel profilo regolarizzato, almeno in parte, di un corso
d’acqua.
Tali variazioni si manifestano in processi di sedimentazione o d’incisione prolungata,
lasciano tracce evidenti nei terrazzi stessi e ne spiegano la genesi.
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Figura1.2 - Alternanza delle fasi d’erosione e sedimentazione che porta alla formazione di un terrazzo
fluviale
Le fasi d’erosione si alternano a fasi di deposizione. Il loro succedersi con intensità
decrescente nel tempo, consente la sovrapposizione di coltri di depositi più recenti su
quelle precedenti, all’interno del solco aperto dall'erosione fluviale (Fig.1.2).
In seguito all’analisi del rapporto tra deposizione ed erosione è possibile una
classificazione in:
• terrazzi a ripiani (Fig.1.3a), in cui l’erosione è prevalsa sulla sedimentazione,
provocando la completa incisione del substrato alluvionale e della roccia in posto, il
cui affioramento permette il riconoscimento di questa categoria.
• terrazzi inscatolati (Fig.1.3b), in cui la deposizione è stata più intensa dell’erosione e
quindi il fiume ha inciso solo parte dei sedimenti alluvionali, senza portare allo
scoperto la roccia in posto.
La cronologia relativa delle forme terrestri si basa spesso sulla presunta successione
cronologica dei sistemi di terrazzi posti a livelli diversi, quindi apparirà chiaro che i
terrazzi più elevati sono i più antichi e saranno definiti di I ordine, viceversa i più bassi
sono i più recenti e sono detti di II, III, IV ordine fino al letto attuale del corso d’acqua.
Il tipico paesaggio a "gradoni" (terrazzo alluvionale) della pianura ha avuto origine dalla
grande attività dei meandri fluviali, condizionata dal succedersi dei periodi glaciali ed
interglaciali.
1.3- Le sorgenti di terrazzo
Si definiscono acque sotterranee le acque che si trovano al di sotto della superficie
terrestre.
Le acque sotterranee che si trovano a profondità poco elevate entrano a far parte del
ciclo idrologico affiorando in superficie come sorgenti oppure attraverso gli scambi con
i corsi d’acqua superficiali.
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Figura 1.3 - Ordini di terrazzi fluviali,
a ripiani (a) e inscatolati (b).
L’andamento della freccia posta a
sinistra indica i periodi di
sedimentazione (↑ ) e di erosione (↓ )
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Una sorgente è, quindi, la via attraverso la quale avviene l’emersione di un acquifero e
può perciò essere definita come un “punto della superficie terrestre in cui viene a giorno
una miniera naturale, una portata apprezzabile d’acqua sotterranea” (fonte: USGS
1
).
Ci sono varie situazioni geologiche che possono generare una sorgente. E’ possibile
attuare una distinzione in categorie in conformità a fattori diversi, come gli elementi
geologici (permeabilità, composizione dei terreni), o idrologici, o distinte in base alla
loro portata.
Nei terrazzi fluviali è frequente incontrare delle sorgenti situate lungo le scarpate, dette
“sorgenti di terrazzo”, dove il letto argilloso della falda freatica del livello fondamentale
della pianura (LFdP) si trova ad una quota superiore a quella della valle (Fig.1.4).
Spesso le lenti di argilla hanno una leggera pendenza verso il fiume, che convoglia
l'acqua verso l’esterno a formare sorgenti di vario tipo.
La falda acquifera può alimentare la sorgente in modo continuo, formando minuscole
valli che incidono il terrazzo e si dirigono verso la valle fluviale sottostante.
La risalita in superficie delle acque sotterranee (sorgenti di terrazzo) è favorita dal
minimo dislivello esistente tra il piano dell'alveo fluviale e i territori circostanti, e dalle
barriere impermeabili del suolo, che indirizzano l'acqua verso la superficie.
Le precipitazioni che avvengono nel bacino che alimenta le sorgenti ne influenzano la
portata, provocando variazioni della stessa nel tempo.
Figura 1.4 - Sorgente di terrazzo
1
US Department of interior, in US Geoloical Survey, Stati Uniti (2000), www.usgs.gov
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1.4 - I terrazzi fluviali e la valle della Vernavola
Il Ticino ha una valle in alcuni punti ampia anche più di 5 Km e un percorso costituito
talvolta da canali intrecciati. Nel fondovalle sono presenti fenomeni di sorgiva, aree
umide, torbiere e molte tracce di meandri abbandonati e paleoalvei. Il tratto pavese è
caratterizzato da terrazzi alluvionali inscatolati, i cui depositi vengono chiamati
“alluvioni”, costituiti da sabbia e ghiaietto fine, intercalati da strati d’argilla e limo, la
cui presenza è la causa del discreto apporto che il fiume riceve da emergenze idriche.
Il fenomeno diventa particolarmente evidente in una zona a ridosso del terrazzo
golenale di interfaccia tra il fiume Ticino e la roggia Vernavola, suo affluente di
sinistra, dove l’emergenza idrica diffusa si concentra a formare minuscoli rivoli, di
portata modesta ma costante, per i quali era già stata osservata una forte peculiarità a
livello ecologico.
La Vernavola si forma appena a nord di Pavia e con un percorso di circa 15 Km
attraversa diversi ambiti naturali e urbani, sviluppando tutti gli aspetti caratteristici del
corso d’acqua planiziale. Questa roggia forma una vera e propria valle fluviale di circa
400 ettari, incisa nei sedimenti alluvionali del sistema Ticino-Po (Fig.1.1), la quale
presenta in alcune zone interessanti aspetti di naturalità.
Dal punto di vista geomorfologico è possibile dividere il territorio in cui scorre la
Vernavola in due tratti: nel primo il corso d’acqua solca il Livello Fondamentale della
Pianura con una stretta valle di origine olocenica; il secondo tratto procede verso sud,
dove l’incisione valliva progressivamente scompare man mano che il corso d’acqua
passa dai terreni wurmiani del Livello Fondamentale della Pianura alle alluvioni
oloceniche del Ticino.
Uno degli ambiti in cui i terrazzi sono particolarmente accentuati è rappresentato dalla
vasta area a sud dei quartieri di San Pietro in Verzolo e Montebolone, corrispondente
alla golena del Ticino.
L’area di studio è appunto un terrazzo fluviale ai piedi del quartiere di Montebolone
(Fig.1.5).
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In questa zona, dopo l’attraversamento della città di Pavia, la roggia Vernavola si
inserisce in un antico meandro fluviale di Ticino e lambisce un marcato terrazzo di circa
15 metri, da dove sgorgano diffuse sorgenti (precedentemente citate) originata da falda
sospesa, vale a dire rialzata rispetto a quella principale.
Per la particolare conformazione geomorfologica di questo sito, la falda acquifera
alimenta le sorgenti in modo continuo.
Figura 1.5 - Area di studio ai piedi del quartiere di Montebolone
In questo ambito di emergenze idriche diffuse e di terreno torboso intriso d’acqua sono
distinguibili ben sei ruscelli sorgivi, ciascuno con una propria valletta incisa nel piano
terrazzato, tre dei quali sono stati scelti come area di studio.
Essi hanno una portata inferiore a 10 l/m e velocità intorno a 30 cm/s; il substrato varia
da ghiaioso-sabbioso a sabbio-limoso, ed è spesso ricco di detrito vegetale. La
temperatura delle acque sorgive ha modeste escursioni annue, da 11-12°C invernali a
14-15°C estivi.
La flora è quella caratteristica di zone umide e di ambienti paludosi.
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La zona delle sorgenti si colloca in un ambiente vegetazionale dominato dalle robinie,
in cui trovano spazio poche altre specie arboree, come pioppi neri, salici e querce e un
sottobosco con prevalenza di rovi.
All’interno di questo bosco, tuttavia, attorno alle sorgenti si sviluppa una vegetazione
fortemente igrofila, dominata da praterie di equiseti e muschi. Il suolo ricco d’acqua non
consente un adeguato sostegno per le piante, che perciò spesso si trovano cadute al
suolo con l’apparato radicale esposto.
Lungo i ruscelletti sorgivi la vegetazione ha una connotazione peculiare, caratterizzata
da Ranunculus ficaria, qualche muschio, piccole chiazze di crescione e il Leucojum
aestivum (Fig.1.6). La fauna macroinvertebrata che popola le sorgenti è rappresentata
principalmente da Ditteri, Tricotteri, Coleotteri, Gasteropodi e pochi altri ordini con
numeri esigui di presenze.
A B
D E
Figura 1.6 - (A) Leucojum aestivum; (B) una delle sei sorgenti; (C) equiseti; (D) alberi sradicati
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2- IL CAMPANELLINO ESTIVO LEUCOJUM AESTIVUM
LINNEO
Figura2.1- Jacob Sturm, Johann Georg Sturm - Deutschlands Flora in Abbildungen (1796)
Regno: Plantae
Phylum: Magnoliophyta
Classe: Liliopsida
Ordine: Asparagales
Famiglia: Amaryllidaceae
Genere: Leucojum
Specie: Leucojum aestivum
Autore: Linneo
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2.1 – Descrizione
Leucojum è un piccolo genere con circa 10-20 o più specie (a seconda delle varie
classificazioni), tutte molto precoci nel fiorire a primavera, cinque delle quali
appartengono alla flora spontanea del nostro territorio. Tra queste è compreso Leucojum
vernum (Fig.2.2), molto simile all’oggetto di studio Leucojum aestivum, popola gli
stessi habitat, ma ha foglie bitaglienti più brevi dello scapo fiorale ed è più precoce nella
fioritura che va da febbraio ad aprile secondo l'altitudine e l'esposizione al sole del
terreno.
Figura 2.2 – Lucojum vernum
Leucojum, dal greco leukos, bianco e ion, viola, (viola bianca) aestivum (riferendosi
probabilmente alla fioritura) è una specie appartenente alle Amaryllidaceae, famiglia di
piante monocotiledoni. Si tratta di una geofita bulbosa, ovvero fa parte di quella
categoria di piante perenni erbacee dotate di bulbo, organo di riserva sotterraneo in cui
si trovano le gemme, che produce annualmente nuovi fusti, foglie e fiori.
Ha dimensioni che si aggirano attorno ai 40-60 cm.
Lo scapo spugnoso e fortemente trigono, è avvolto da una guaina tubulosa; le foglie
sono tutte basali; i fiori sono generalmente in numero di 2-8, disposti ad ombrella, più o
meno penduli ed avvolti alla base da una spata membranosa; i tepali sono bianchi; le
antere
sono aranciate e lo stilo
cilindrico; il frutto è una capsula carnosa subsferica di
colore verde; i semi, 5-7 mm, sono neri, privi di strofiolo ed in numero variabile, fino
a5-6 per frutto; l’ovario è infero, ovvero posto al di sotto dell’inserzione del perianzio.
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2.2 – Biologia
Si tratta di una cespitosa-bulbosa, perciò sviluppa dalla radice numerosi fusti.
Il bulbo, ingrossandosi e formando nuovi bulbilli annuali di rinnovazione, forma un
organismo complesso che disfacendosi, in seguito al naturale processo di senescenza,
origina individui clonali, dai quali si sviluppano più metapopolazioni, con strategia
occupazionale a “falange”. Tale sistema coloniale è organizzato in ramet, definito come
singola unità multifunzionale, connesso al genet
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o indipendente.
La riproduzione è gamica (sessuale, per seme) e agamica tramite bulbilli, da gemme
ascellari, che si sviluppano lateralmente al disco basale (vegetativa).
L’impollinazione può essere affidata al vento, anemofila, ma è soprattutto entomofila,
per la maggioranza da parte di imenotteri. Risulta inoltre, da recenti studi (Rossi 2009),
che la produzione di semi sia fortemente correlata con la densità della popolazione, tale
affermazione si basa sull’ipotesi che meno densa è la popolazione e meno attrattiva è
per gli impollinatori.
Si disperde per autocoria, genere di disseminazione autonoma, e per idrocoria.
Leucojum aestivum emette i primi germogli ad ottobre, bloccando poi la crescita fino a
gennaio-febbraio, in attesa di condizioni ambientali favorevoli; la fioritura comincia ad
aprile, proseguendo fino a maggio, laddove cresca in competizione con essenze arboree;
successivamente la pianta entra in una fase di quiescenza, che prevede la morte delle
parti aeree e la sopravvivenza all’aridità estiva sottoterra (Fig.2.3).
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insieme di ramet dovuti ad accrescimento vegetativo, connessi o no tra loro
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Figura 2.3 – Nascita, gemmazione, fioritura e fruttificazione di Leucojum aestivum
2.3 – Corologia
Il tipo corologico è centroeuropeo-caucasico; lo si ritrova in varie zone geografiche,
come in Nord America e in Asia, in Europa centro-meridionale e, in particolare in Italia,
ha un areale di distribuzione che comprende tutto il settentrione, ad eccezione del
Piemonte, in Toscana e in Sardegna (Fig.2.4).
Figura 2.4 - Distribuzione del Leucojum aestivum in Europa e in Italia
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2.4 – Ecologia
Predilige zone umide, lungo i corsi d’acqua, parzialmente inondate ma secche nel
periodo estivo, sia planiziali, che di bassa montagna, popola prati umidi torbosi, sponde
di canali e boschi igrofili. Realizza il suo optimum ecologico in substrati neutro-basofili.
Uno studio sull’autoecologia di Leucojum aestivum (KUTBAY H.G., KLINÇ M.,
1991), rivela che durante la crescita generativa le concentrazioni di azoto, potassio e
fosforo sono maggiori a livello ipogeo, contrariamente a ciò che accade durante la fase
vegetativa, quando le concentrazioni degli stessi elementi sono superiori in superficie.
2.5 - Rischio e grado di protezione
Come altre piante ad ecologia analoga, Leucojum, ha assistito negli ultimi anni ad una
forte deframmentazione del proprio areale distributivo, indotta da fattori antropici. La
rarefazione degli ambienti umidi sembra infatti dovuta ad errate tecniche agricole e di
gestione dei canali, bonifiche, distruzione e riutilizzo a fini agricoli o di regimazione
idraulica degli habitat e riscaldamento climatico. In Europa il genere è protetto dalla
Direttiva Habitat 92/43 CEE e rientra negli allegati II e IV. In particolare la specie in
esame compare nelle liste IUCN (International Union for Conservation of Nature), nelle
liste rosse regionali (Fig.2.5) rientra nella categoria LR, a basso rischio, ed in Emilia-
Romagna è protetta a livello regionale, in quanto considerata localmente rara, con un
indice di rarità pari a 96.2 su 100 (Alessandrini e Bonafede 1996).
Figura 2.5 - Struttura delle categorie e i cinque criteri delle Liste Rosse
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In Lombardia, Leucojum aestivum, fa parte dell’Elenco regionale delle specie della flora
spontanea protetta e in provincia di Pavia il decreto del Presidente della Giunta
Provinciale del 28 novembre 1989 ne stabilisce il divieto assoluto di raccolta. Le misure
di conservazione e gestione adottate prevedono l’incremento di progetti di introduzione
e reintroduzione in siti idonei, raccolta e conservazione in banche del germoplasma,
divieto di uso di erbicidi e sfalcio in prossimità di canali, fossi e zone umide, corrette
tecniche di regimazione idraulica e pratiche agricole a basso impatto ambientale.
Nota
L’ovario di Leucojum aestivum contiene l’alcaloide fenandrina, una sostanza ad azione
colinergica che opera sul sistema nervoso. Dal bulbo è invece estratta sinteticamente, la
galantamina, alcaloide che agisce come inibitore della colinsterasi, aumentando la
concentrazione nel cervello dell’acetil-coleina, neurotrasmettitore che attiva i muscoli.
Per questo motivo tale sostanza è usata talvolta nella cura di Alzheimer e deficit di
memoria e la sua assunzione, induce, durante pratiche meditative, ad esperienze come
l’“out of body”.
Inoltre, insieme alla Lycorina, è utilizzata nella famacopea tradizionale turca contro la
poliomelite ed è riconosciuta dalla medicina internazionale per gli effetti antitumorali,
antibatterici, antifungini ed insetticidi.
Nonostante ciò, le stesse sostanze sono sconsigliate nell’uso domestico, sia in cucina sia
nella“farmacia popolare”, in quanto possono provocare vomito, capogiri, brividi, ma
anche avvelenamento di una certa gravità.