6
La componente ludica presente all’interno dei consumi culturali dei
più giovani è piuttosto alta. Questo non vuol dire, però, però, che un
“contenitore” - qual è il bambino - così attento e suscettibile agli stimoli
provenienti dal mondo esterno - non venga toccato da tanta attualità gridata
in televisione. Piuttosto quello che appare è che la sua competenza nel
campo gli conferisce un ruolo di fruitore “attivo”. A tal proposito, si vuole
ricordare che studiosi quali Aimeé Dorr e Barrie Gunter riconoscono ai
bambini, già dall’età di sette, otto anni, la capacità di utilizzare il mezzo
televisivo in modo critico e attivo. Questi ultimi si dimostrano consapevoli
delle caratteristiche tecniche e di contenuto del mezzo televisivo e
soprattutto del limite esistente tra realtà e finzione
1
.
Da quanto detto finora, oggi ancor di più, un prodotto informativo
confezionato specificatamente per una fascia d’età più giovane può tornare
utile a quelle che saranno le generazioni adulte di domani.
Per illustrare l’esigenza di un telegiornale per ragazzi, si analizzino gli
esiti di un’indagine Rai condotta alcuni anni fa
2
. La sintesi dei suoi
principali risultati esclude la visione della tv quale oggetto da considerare
“buono” o “cattivo” per lo sviluppo del bambino. Piuttosto, è il modo in cui
essa viene gestita che le conferisce un’immagine più o meno costruttiva.
“La tivù”, riporta l’indagine, “possiede elevatissime potenzialità come:
• modello di interazione transgenerazionale;
• mezzo che incentiva lo sviluppo, nel bambino, di alcune modalità di
pensiero;
• strumento di scambio tra coetanei;”
1
Capecchi S. e Ferrari M. G., L’immaginario tra “iper – ordinario” e “stra – ordinario”, in
Problemi dell’informazione, n.3, settembre 1997.
2
Rai: Servizio Opinioni, Indagini qualitative, Bambini e tv, Ricerca motivazionale, giugno 1993.
7
ma soprattutto,
• “mezzo che informa ed istruisce sulle cose, sul mondo e sulla vita.”
E’ per l’appunto dall’ultima delle “potenzialità” su indicate che prende
spunto il tema di questa tesi. Infatti, proprio dalla necessità di migliorare il
rapporto di bambini e ragazzi con la realtà, nasce l’idea di un notiziario
raccontato e pensato per il pubblico dei più giovani. Con il fine ultimo di
creare un’offerta televisiva ancora più su misura dell’ “uomo”
contemporaneo e più attenta alla domanda odierna soggettiva e
diversificata.
Alcuni paesi europei già da parecchi anni hanno realizzato un
telegiornale specifico per bambini e adolescenti. E, senza dubbio, lo studio
analitico di questi notiziari - forti di un’esperienza consolidata, di un
pubblico fedele e interattivo - può essere punto di riferimento nella
realizzazione italiana di un analogo programma informativo.
Se, spesso frettolosamente, si attribuisce alla tivù il ruolo di
usurpatrice della comunicazione familiare e la colpa di non rispettare le
molteplici necessità dei minori , l’introduzione nei palinsesti di un notiziario
per ragazzi potrebbe essere fonte di nuovi dialoghi e conversazioni che
prenderebbero forma, prima di tutto, all’interno della famiglia e del gruppo
dei pari.
Infine, una particolare attenzione nella stesura di questo lavoro sarà
data all’impegno redazionale con cui la Rai ha proceduto alla realizzazione
del TG RAGAZZI. Il telegiornale italiano, il cui esordio è datato 2 febbraio
1998, ha visto la nascita grazie all’opera congiunta di rete e testata
giornalistica del TG1. Un lavoro a più mani, quindi, nel quale ciascuno ha
portato il contributo di un’esperienza consolidata in settori collegati o
limitrofi a quello verso il quale si andava a porre mano.
8
Questi gli argomenti che verranno trattati nell’analizzare un prodotto
diretto ad un pubblico che, non solo per antonomasia, è ritenuto dinamico e
ricettivo. Lavorare a tale prodotto implica particolare professionalità e
sensibilità. Infatti, non perché ci si rivolge ad un pubblico di bambini, non a
conoscenza di certi argomenti, ci si può permettere di agire con
superficialità ed approssimazione.
Se, come Tullio De Mauro
3
ci rammenta, la tv ha contribuito
all’alfabetizzazione degli italiani, oggi essa potrebbe far ancora di più.
Occuparsi di mostrare un’immagine del mondo meno edulcorata ad un
utente spesso ignaro di appartenere così tanto a fatti di “cronaca” non come
spettatore, bensì come attore.
I bambini non chiedono di venire al mondo. Pertanto chiamati a
parteciparvi è giusto che vengano guidati con tutti i “mezzi” di cui la società
dispone.
3
De Mauro T., Storia linguistica dell’Italia unita, Laterza, Bari 1967
9
CAPITOLO I
LA GRANDE DISILLUSIONE:
IL GRADUALE “DECLINO”
DELLA SOCIALIZZAZIONE TRADIZIONALE
1.1 Non piu’ “cattiva maestra televisione”
La realtà di oggi mostra uno stravolgimento e un’accelerazione delle
tappe di crescita del bambino. Si assiste, in un certo senso, ad un’alterazione
di quelli che erano una volta chiamati i cosìddetti “passi obbligati”.
A colpo d’occhio questo potrebbe essere vissuto come l’innescarsi di
un processo potenzialmente “pericoloso”. Ma non è corretto dare a ciò
un’accezione coercitivamente negativa. Se tale stato di cose fosse più
semplicemente visto come frutto di quella famosa evoluzione della specie
chiamata in causa da Darwin, forse sarebbe più semplice liberarsi dell’alone
di paura e mistero che le sorti di una realtà troppo tecnologica ci
impongono.
Facendo un passo indietro, quello che viene descritto anche da Mario
Morcellini in un suo testo
4
, dei primi anni novanta, è una crisi non
occasionale della socializzazione. “L’offerta istituzionale di socializzazione
4
Morcellini M., Passaggio al futuro. La socializzazione nell’età dei mass media, Franco Angeli,
Milano 1992.
10
- scriveva il docente universitario – “finisce per apparire ‘eccessiva’ e
retorica rispetto alle domande soggettive ed è comunque minata alla radice
da una difettosa incomunicabilità fra gli attori tradizionali del processo
formativo… ”
5
. Infatti, il ruolo delle agenzie tradizionali di socializzazione
(la scuola e la famiglia, prima di tutto) dovrebbe essere riletto alla luce dei
cambiamenti promossi dalla comunicazione dei mass-media.
Di fronte a quanto offerto dalla contrapposizione tra “apocalittici” ed
“integrati”
6
c’è chi sostiene una tesi più riflessiva ed attenta alle
ambivalenze della situazione attuale. La “potenza” dei media, dice Stefano
Martelli, “[…] è tale perché in realtà oggi è ‘debole’ l’intera società [….] Il
passaggio da una socializzazione ‘forte’ all’attuale leggerezza dell’azione
educativa consente ai media di apparire i ‘nuovi educatori’ delle giovani
generazioni”.
7
Soprattutto oggi che una migliore accessibilità fisica,
economica e funzionale (con il progresso la funzionalità degli strumenti si
fa più facile) lo permettono.
Quello che necessita essere sottolineato è che “ […] la vita e le
relazioni sociali odierne non possono trascendere le trasformazioni del
passaggio d’epoca; esse devono convivere con il mutamento e adattarsi allo
stesso capovolgimento di cui l’uomo è investito”
8
. Quel capovolgimento che
Tomasi di Lampedusa aveva chiamato stupefacente accelerazione della
storia.
Altro aspetto caratterizzante di quest’epoca è uno spostamento di
responsabilità sull’individuo. Oggi è l’utente che gestisce il proprio stile di
5
Ibidem.
6
I primi sostengono la tesi che i media possano manipolare le coscienze, i secondi postulano
un’ottica molto più ottimistica.Questi ultimi, in merito ai processi educativi, enfatizzano le
oppportunità di auto-socializzazione offerte dai nuovi media.
7
Martelli S., Videosocializzazione, Franco Angeli, Milano 1996.
8
Morcellini M., Passaggio al futuro, Franco Angeli, Milano 1992.
11
vita ed è il ragazzo che decide con sempre più autonomia le fonti del
proprio apprendimento: i mezzi di cui servirsi attingere a nuove
informazioni. Insomma egli dispone di tutte le potenzialità per “farsi da sé”.
Nel prospetto di una situazione simile si inseriscono i media che
sembrano svolgere un ruolo conoscitivo e comunicativo dotato di maggior
influenza. Essi impiegano un linguaggio particolarmente immediato e
accattivante, riescono a raggiungere contemporaneamente quote assai estese
di individui e consentono l’interattività. Offrono un sapere comune alla
popolazione infantile in termini di conoscenza del “mondo dei grandi”. Così
facendo tv e nuovi media consentono che a soggetti in via di sviluppo, quali
i bambini e gli adolescenti, sia dischiuso un mondo tramite un processo di
esplorazione a distanza.
Resta comunque il fatto che l’elemento decisivo, per orientare l’azione
formativa, risulta essere la qualità delle relazioni sociali che si stabiliscono
nei diversi luoghi educativi.
In famiglie disgregate, infatti, come anche in ambienti sociali
frammentati dove i rapporti sono poco approfonditi e il dialogo è
un’abitudine inconsueta, la televisione non può far altro che svolgere una
funzione di custodia del bambino. Essa diventa un’alternativa alla realtà
sicuramente migliore.
E’ in questi casi che gli effetti dello schermo vengono
inopportunamente additati quali causa di grandi disagi psicologici. Quando
le reali colpe, invece, andrebbero rintracciate nei profondi vuoti creati da
genitori troppo impegnati a svolgere la propria professione, la propria
realizzazione economica e non affettiva.
In famiglie disunite, quindi, la televisione può alimentare nei bambini
lasciati soli per lunghe ore di fronte al video effetti omologanti.
12
Diversamente in famiglie unite e in ambienti scolastici molto attenti
all’educazione, l’esposizione al mezzo televisivo può diventare occasione di
dialogo, di stimolo alla curiosità di bambini e di adolescenti.
Di qui la rilevanza tutt’altro che marginale della situazione contestuale
in cui si trova il bambino davanti allo schermo televisivo ed esposto ai
contenuti del messaggio televisivo.
13
1.2 Il fine giustifica il “mezzo”
Una recente ricerca dell’Istat pubblicata su Il Messagero del 14
febbraio 1998 ha tracciato un’analisi dei consumi culturali degli italiani in
cui la famiglia sarebbe così rappresentata: il papà con un quotidiano in
mano, la mamma assorta nella lettura di un romanzo, i figli piccoli e la
nonna davanti allo schermo.
La televisione sembrerebbe una costante in tutte le case, perennemente
accesa, ma non più sola, visto che a far concorrenza alla fruizione televisiva
c’è la libreria. La ricerca “Tempo libero e cultura” condotta dall’Istat su
ventunomila famiglie italiane rivela una novità: si legge di più e ci si
informa in tutti i modi anche se solo tre persone su cento rinunciano alla
televisione.
Seduti davanti alla tv, dunque, ci sono tutti, e la percentuale più
elevata la raggiungono i bambini
9
(99%). Le punte più alte riguardano quelli
tra i sei e i dieci anni e i ragazzi tra gli undici e i quattordici anni. Sempre i
bambini sono gli individui più sovraesposti al mezzo, rimanendo davanti al
video anche più di quattro ore al giorno (18,3% tra i tre e i cinque anni,
22,6% tra i sei e i dieci anni). Ma non sono da soli, con loro ci sono le
donne anziane che fanno registrare valori notevolmente al di sopra della
media.
9
Come ricorda Mario Morcellini in Passaggio al futuro “Si delinea un netto trend evolutivo dai sei
anni all’adolescenza, secondo il quale il minore passa da una, ed ‘unilaterale’, forte dipendenza
dalla tv ad un ricco menu dei consumi audiovisivi, di cui la tv è solo il capofila”.
14
Per quanto riguarda i ragazzi e i giovani
10
sembra che facciano della
radio il mezzo da essi privilegiato. Essa è seguita infatti dall’80,7% dei
maschi e dall’89,1% delle femmine tra i quattordici e i ventiquattro anni. Il
77,8 ascolta musica leggera, il 43,5% il giornale radio e il 23,7% altri tipi di
musica.
Questo è il quadro generale, relativo all’universo delle nuove
generazioni, dei consumi culturali italiani, fornito dall’Istat. Un primo
sguardo al bilancio delle percentuali fin qui elencate fa intendere che il
consumo è sicuramente diversificato. Anzi, come compare nel numero dello
scorso settembre di “Problemi dell’informazione”, la lettura sui consumi
culturali dei giovani alla metà degli anni ’90 “mostra un universo tutt’altro
che schiacciato sul consumo audiovisivo ed incapace di differenziare le
proprie pratiche culturali, come spesso frettolosamente si tende ad
affermare”.
Se come si è visto - usando l’espressione del professor Morcellini –
“la tv è per il bambino una cattedrale nel deserto” ci sarebbe da chiedersi se
i più piccoli non siano le persone più sovente trascurate dal resto della
società. E questa non è una novità, visto che per anni il bambino non ha
conosciuto diritti, anzi, come ci rammenta la letteratura inglese, i bambini,
prima di acquisire il riconoscimento di persone giuridiche, sono stati per
anni giudicati nei tribunali per gli animali
11
.
Oggi le cose andrebbero molto meglio se i ragazzi venissero coinvolti
maggiormente nelle conversazioni e nei passatempo dei più grandi. Forse
10
Si specifica che l’universo del minore è suddiviso a sua volta nella fascia dei ‘bambini’ (dai 6 ai
10 anni di età), dei ragazzi (dagli 11 ai 13 anni di età) e dagli adolescenti (oltre i 13 anni).
Sottoclassificazione fatta dall’Istat, Indagine sulla lettura e su altri aspetti dell’impiego del tempo
libero, 1984.
11
Convegno “Progetto infanzia: il Bambino, il domani”, Roma, 16 luglio 1998.
15
all’interno di molte famiglie viene “regalato” troppo spazio al silenzio, alla
solitudine e non allo stimolo di altre attività creative. E poi, portare un figlio
fuori di casa relegando a qualcun altro il compito di accudirlo, non è la
soluzione migliore. Sicuramente meglio sarebbe dedicargli una
chiacchierata, un momento insieme per insegnargli ad esprimersi con le
figure a lui più vicine.
Sempre nell’impossibilità che questo accada, per esigenze economiche
che vede i genitori impegnati nella loro attività professionale, la situazione
non è poi così preoccupante, anzi.
La tv non fa male, la tv può andare incontro alla solitudine
maggiormente avvertita dal bambino contemporaneo. Occorre, come
sostiene anche lo studioso Luigi Secco, insegnare al minore un giusto
utilizzo del mezzo, visto che una migliore gestione dello schermo favorisce
la capacità dei soggetti, anche più piccoli, a “farsi da sé”.
A tale proposito spiega sempre Luigi Secco, “imparare l’uso degli
strumenti non vuol dire necessariamente conoscere le tecniche secondo cui
avviene il montaggio di un film, o rendersi conto della condizione ipnoide
in cui si può cadere come spettatore
12
.” E quando il discorso si fa educativo
è bene che il soggetto sia messo in grado di riportare i messaggi alla
coerenza richiesta dai criteri pedagogici. Questo significa impartire una
sensibilità, una capacità di giudizio con precisi riferimenti ai valori, unica
possibilità per interpretare e dare coerenza alle spesso contradditorie notizie
e valutazioni che si colgono dai mezzi di comunicazione.
La televisione, essendo un potente e consolidato mezzo di
comunicazione, acquisterà nel futuro prossimo sempre più importanza e si
12
Martelli S., Videosocializzazione, Franco Angeli, Milano, 1996. Contributo di Luigi Secco “La
pedagogia di fronte ai mass media”.
16
dimostrerà sempre più necessaria. Per tale motivo, però, sarà un imperativo
imparare ad usarla di modo che l’esperienza televisiva risulterà proficua,
non solo come mezzo di intrattenimento, ma anche come strumento per
l’informazione e l’insegnamento a tutti i livelli di età.
1.3 Consumo culturale e panorama tipologico
Il comportamento del minore davanti ai grandi mezzi di
comunicazione quali tv, radio e cinema mette in evidenza due aspetti molto
importanti. Il primo punto conferisce all’ universo giovanile il ruolo di più
attento e disponibile interlocutore sociale dei messaggi di massa. Il secondo
aspetto propone un’interessante correlazione tra le scelte di consumo
culturale e le fasi esistenziali che il ragazzo incontra nella sua crescita.
Sicuramente il mondo dei mezzi di comunicazione incentiva nuovi
stimoli ed è responsabile dell’elaborazione di nuovi dati nelle menti dei
bambini e degli adolescenti. Ma sono questi stessi attori che con il loro
consenso e con la loro dinamicità forniscono un’essenziale appoggio
all’industria culturale.
13
In altre parole il pubblico dei minori racchiude in sè abitudini, tali da
condizionare fortemente la fortuna e la penetrazione sociale dei canali
comunicativi della cultura moderna.
Un’indagine non troppo recente dell’Eurisko condotta per conto del
Servizio Opinione Rai sui comportamenti di consumo dei teen-agers, ha
fornito una segmentazione tipologica precisa dell’universo minorile.
13
Morcellini M., Passaggio al futuro. La socializzazione nell’età dei mass media, Franco Angeli,
Milano 1992.
17
L’indagine ha individuato sei diversi profili le cui caratteristiche sono
state racchiuse in denominazioni metaforiche che ben efficacemente le
riassumono.
La tipologia - iniziando dal gruppo con minore consumo culturale -
comprende innanzitutto il gruppo degli amorfi. Con questo termine si
identificano tutti quei ragazzi con poche disponibilità monetarie, poche
opportunità sociali, di conseguenza con scarsa attenzione agli stimoli esterni
e ai consumi.
I travoltini invece sono tutti quei ragazzi più grandi, per lo più maschi,
che hanno una visione spensierata della vita e investono i loro guadagni in
quei consumi che li avvicinano al mondo degli adulti.
La tipologia delle curiose racchiude la versione al femminile dei
travoltini per quanto riguarda la visione disimpegnata della vita. Esse però,
essendo meno facoltose economicamente, non possono essere protagoniste
nella vetrina dei consumi quindi restano assidue seguaci dei loro beniamini
della tv.
Gli onnivori, poi, oltre ad esibire un’attenzione maniacale verso la
cura del corpo e del benessere fisico, usufruiscono di quei consumi che
sappiano far esaltare la loro “forma”, fruendo quindi appunto di quei
consumi che siano in grado di identificarli.
Per ultimo ci sono le antenne e i bravi ragazzi che rappresentano i
giovani con condizioni economiche medie e alte. Le prime sono vere e
proprie spugne capaci di rielaborare qualsiasi stimolo e messaggio esterno.
Sono persone vivaci, autonome e con una ricchissima agenda di interessi.
Il secondo gruppo, invece, grazie all’equilibrata educazione impostagli
dai genitori, possiede molti valori e punti di riferimento. Gode di grande
autocontrollo ed è attenta alle spese.
18
Entro ognuno di questi gruppi la tv regna quale incontrastata
protagonista tra i consumi culturali. Ma anche in questa indagine – come già
constatato nelle pagine precedenti - si descrive un comportamento di
consumo in cui avviene una commistione di mezzi. Alla tv, infatti, si
integrano altri mezzi comunicativi quali radio, cinema, concerti, lettura.
Attività che servono per la crescita, e che diventano filtro per la costruzione
di una visione più globale della realtà. Questo è il “media-mix”
comportamento che acquista un posto importante nella processo di ricerca
d’identità del minore.
1.4 L’evoluzione secondo l’identità di genere
A metà degli anni novanta la segmentazione tipologica dell’Eurisko
14
,
precedentemente descritta, ha subito un’evoluzione. Le nuove figure che
rappresentano l’universo giovanile contemporaneo sono le seguenti:
• lista d’attesa;
• ragione e sentimento,
• realizzazione;
• vivere alla grande;
• mucchio selvaggio;
• apatia.
La categoria vivere alla grande comprende individui distribuiti in tutta
Italia ed in tutta le fasce d’età; essa è distribuita da persone che hanno in
14
Rai – Servizio Opinioni, Pianeta teen-agers, Indagine Eurisko 1989, 1990, 1992, 1994 e Rai –
Analisi, studi e ricerche, Pianeta teen-agers. Rapporto conclusivo, Indagine Eurisko 1996.
19
comune di essere maschi e studenti, liceali ed universitari. Vivono in
famiglie alto borghesi, dove la libertà d’azione viene intensamente sfruttata.
Rappresenta il gruppo più attivo in tutte le aree del tempo libero e della vita
di gruppo, da quelle più impegnate a quelle più evasive. Vanno molto in
discoteca ma anche al cinema, a teatro, ai concerti. Praticano molti sports e
partecipano molto sia alla vita politica che a quella sociale, leggono libri
fumetti e danno molta importanza all’abbigliamento. Infine, la loro rosa dei
valori è illumimamte: si vogliono affermare con i propri meriti, desiderano
una vita attiva, i piaceri della vita, l’impegno politico e quello sociale.
Nel profilo ragione e sentimento confluiscono ragazze di estrazione
sociale alta, colte (quasi tutte studentesse), di buona famiglia, residenti in
grandi città del Nord-Ovest e del Centro. In casa hanno un contesto
familiare piuttosto tradizionale, la loro vita è piena di stimoli e di
opportunità. Frequentano mostre, musei, teatri ed ognitanto partecipano alla
vita politica e sociale. Fanno una vita tranquilla; escono quasi
esclusivamente il sabato e quando escono la meta è la discoteca. Divorano
libri e musica. Ma, comunque, la cosa più importante è l’amore certo, mai
sottovalutando studio, impegno e cultura. Sono poco interessate alla
pubblicità ed alla moda. Sono ragazze con molti progetti, interessi, vivacità
e senso critico.
Nel mucchio selvaggio sono presenti ragazzi di condizione sociale
bassa, per tre quarti maschi, con una forte presenza di lavoratori. La vita in
famiglia è spinosa, i ragazzi hanno idee diverse dai genitori, in casa parlano
poco e non vanno d’accordo con gli altri. Un’esistenza precocemente dura
ha creato in loro bisogni evasivi orientati al non pensare. frequentano bar,
birrerie e discoteche. Preferiscono restare poco in casa ma quando lo fanno
guardano in tv solo ciò che li fa ridere.