X
• La descrizione di tutte le fasi di cui si compone un processo decisionale
d’acquisto, definendo, così, in che modo e con che intensità i fattori interni di
natura psicologica e variabili esterne di natura ambientale condizionano le
scelte e i comportamenti dei consumatori.
• Il “consumer advantage” come il vero vantaggio competitivo e produttivo sul
quale le aziende devono puntare, ovvero una delle strategie di crescita ed
innovazione postmoderne che ripone proprio nella conoscenza dell’individuo e
nell’importanza della relazione tra azienda e consumatore il proprio oggetto di
indagine.
• La carica simbolica ed emotiva degli oggetti di culto, presenti anche nel campo
automobilistico di cui “500” ne è un esempio. Gli oggetti icona sono merci
intramontabili che vanno oltre la loro funzione primaria di tipo utilitario
elevandosi ad un livello superiore, trasmettendo cioè ai loro possessori
emozioni e sensazioni.
Nel capitolo uno si ritrova il primo dei temi sopra esposti. Il lavoro si apre, infatti,
con l’analisi di alcune delle numerose definizioni di consumer behavior mettendo in
evidenza la sua interdipendenza con il marketing. Oltre a ciò, si approfondiscono le
diverse fasi di sviluppo della materia fornendo così una panoramica delle diverse teorie
che vanno dai primi approcci pionieristici degli anni Venti del secolo scorso a quelli
emergenti della contemporaneità.
Il capitolo due approfondisce una parte del secondo tema descrivendo come i
fattori psicologici del consumatore, come la motivazione, il sistema percettivo, la
capacità di apprendimento e i precedenti atteggiamenti del singolo nei confronti del
prodotto o del marchio possano influenzare ciascuno dei cinque stadi di cui il processo
si compone. L’approfondimento procede, poi, illustrando come la percezione del
bisogno insorga da una dissonanza tra la condizione attuale e quella ottimale ricercata,
uno stato di tensione che induce l’individuo ad agire e a ricercare informazioni sul
prodotto che intende acquistare. È proprio il quadro informativo a permettere al
soggetto di valutare prima, e individuare, poi, tra le diverse alternative di scelta: tra di
XI
esse, infatti, solo una verrà realmente acquistata. Con l’acquisto si entra nello stadio
decisivo del processo, una fase che può essere considerata sotto due punti di vista. Da
un lato l’acquisto diventa sempre più un’esperienza da vivere che un semplice atto di
consumo, mentre dall’altro è il momento della verità in cui il consumatore è in grado di
testare concretamente il prodotto e verificare così se il bene o il servizio acquistato
corrisponde alle sue aspettative o se esso sia veramente il mezzo giusto per
soddisfazione del bisogno, considerazioni che vengono fatte nell’ultimo stadio del
processo.
Il capitolo tre esplora gli agenti esterni che influenzano o deviano il consumatore
nelle sue scelte d’acquisto. Vengono elencate le componenti situazionali e i fattori
ambientali, tra i quali si includono la cultura, la sub‐cultura, la classe sociale e i gruppi
di riferimento, indagando poi tra esse il ruolo dei leader di opinione e della famiglia. Si
approfondisce, quindi, come l’individuare le potenzialità di ciascuno di questi milieu
sociali nei quali rientra il singolo sia cruciale per i nuovi approcci di marketing
nell’epoca della postmodernità. Si pone l’accento, quindi, su come in questa nuova
società complessa e turbolenta il vantaggio competitivo delle aziende sia il consumer
advantage, che deriva dalla conoscenza delle caratteristiche psicologiche del contesto
socio‐culturale nel quale il consumatore si inserisce e attua le sue scelte di consumo.
L’individuo post‐moderno, un soggetto dalle mille identità sempre più informato, e in
un certo senso potente, grazie all’avvento del web e delle nuove tecnologie digitali,
deve essere coinvolto dall’azienda per la produzione di prodotti la cui funzione d’uso
aspira a diventare un’esperienza memorabile.
Come si metta in pratica la dimensione partecipativa nella creazione di un prodotto
viene esemplificata nel caso FIAT “500” con il quale si apre la seconda parte di questo
elaborato. Nel capitolo quattro il lettore viene introdotto nel mondo di “500”,
definendo così la storia e le origini di un’auto che oltre ad essere un’icona del design
made in Italy è diventata a tutti gli effetti un cult, ovvero un oggetto che riporta nella
contemporaneità i valori di quell’Italia del “boom economico”, di cui l’utilitaria ne fu
un simbolo del benessere conquistato, un segno d’indipendenza dalla dittatura e
indirettamente, un atto di emancipazione dalla povertà. Il quarto tema si sviluppa qui,
XII
dove si mette in evidenza come FIAT abbia fatto leva si questa componente simbolico‐
evocativa per lanciare cinquant’anni più tardi il restyling della “500”. Si arriva quindi a
descrivere le tappe e le strategie di marketing e comunicazione che la casa
automobilistica torinese ha messo in atto per contestualizzare l’utilitaria storica
secondo i trend di consumo e le esigenze dettate dalla postmodernità, esigenze che
hanno incluso qui la partecipazione dei consumatori nella progettazione e nella
creazione dell’auto, lo sfruttamento delle grandi potenzialità del web e del sistema
community e ultimo, ma non meno, importante il far leva sulle emozioni.
Il capitolo cinque ruota attorno all’indagine empirica di tipo quantitativo svolta su
un campione di 122 possessori di “500”. Partendo dall’osservazione del fatto
compiuto, ovvero il successo delle vendite che ha fatto registrare la city‐car della FIAT
dal suo anno di lancio, si inizia, grazie all’interpretazione dei dati, un percorso a ritroso
che esplora le modalità di svolgimento del processo decisionale di acquisto ricercando
e analizzando il ruolo influente dei fattori psicologici e delle variabili, oltre alle
componenti immateriali che il campione intervistato attribuisce al prodotto “500”. Si
delinea così uno spaccato estremamente interessante, che illustra come il campione
selezionato giovane, colto, in coppia ma senza figli, dinamico, attento alla componente
estetica dei prodotti e consapevole dei valori e dei significati provenienti dalla cultura
nella quale è inserito abbia intrapreso un processo decisionale d’acquisto sui generis,
orientato alla soddisfazione di necessità estetiche e di ostentazione sociale,
dimostrando e confermando ancora una volta come l'acquisto vada ben oltre l'utilità
pratica e funzionale del bene acquistato.
1
PARTE I:
LO STUDIO DEL BACKGROUND
3
1.
CONTRIBUTI PER L’INTRODUZIONE ALLO STUDIO
DEL COMPORTAMENTO D’ACQUISTO DEL CONSUMATORE
1.1 Funzione e origini degli studi del comportamento d’acquisto del
consumatore
Dallo studio e dalla disamina dei testi si arriva ad affermare che allo stato attuale
non esiste una definizione di consumer behavior che sappia qualificare la materia
secondo una comune interpretazione. Questa prima riflessione è da ricondurre alla
vastità del campo di studio che, soprattutto negli ultimi cinquant’anni, si è arricchito di
teorie e concetti provenienti da diversi ambiti disciplinari.
All’inizio di questo lavoro si ritiene quindi opportuno cercare di fornire alcuni punti
di riferimento che aiutino a definire cos’è e di cosa si occupa il consumer behavior
1
,
analizzando in seguito quali sono state le tappe principali del suo sviluppo.
Come afferma l’economista norvegese Arndt nel suo saggio Paradigms in consumer
reasearch: a review of perspectives and approaches
2
, nonostante le origini del CB
risalgano agli anni antecedenti la seconda guerra mondiale, il posizionamento della
disciplina come orientamento di ricerca indipendente all’interno degli studi di
marketing avvenne solamente nella prima metà degli anni Sessanta del secolo scorso,
quando Howard mise in luce, per la prima volta, quanto fosse decisivo a fini strategici
creare un’interdipendenza tra marketing e CB
3
. Di fatto, nel suo libro Theory of buyer
1
D’ora in avanti sarà definito con la sigla CB.
2
ARNDT J., “Paradigms in consumer research: a review of perspectives and approaches”, in European Journal of
Marketing, Vol. 20, n. 8, 1986, pp. 23‐40.
3
Si deve questa affermazione agli autori Dalli e Demirdjian. L’autore Dalli vede Howard come colui che ha
contribuito a fondare e a sviluppare la disciplina del CB. Demirdjian, lo annovera, invece, tra i pionieri del CB. Cfr.
4
behavior
4
, pubblicato nel 1968, egli sottolineò che una perfetta conoscenza del
comportamento del consumatore sarebbe servita alle aziende per definire in maniera
efficace le strategie commerciali e le scelte riguardanti le quattro leve del marketing
mix, in particolare, le politiche di prodotto, il prezzo, la comunicazione e la
distribuzione. Contemporaneamente a quanto dimostrato e teorizzato da Howard, altri
due episodi importanti concorsero a rafforzare il riconoscimento del ruolo chiave del
CB nel marketing e a dare un’impostazione accademica alla disciplina: la costituzione
nel 1969 dell’Association for Consumer Research e la fondazione del Journal of
Consumer Research avvenuta nel 1974
5
. La prima associazione si poneva e si pone
tuttora come scopo principale mantenere, rafforzare e sviluppare le conoscenze del
CB. L’ Association for Consumer Research si definisce, infatti, come una piattaforma per
lo scambio di tesi ed idee tra tutti gli interessati alla materia, tra i quali si annoverano
oltre a ricercatori accademici, membri dei management aziendali e soggetti privati
6
. Il
Journal of Consumer Research, invece, a differenza dell’ Association for Consumer
Research, ha un approccio più accademico e meno manageriale. Di fatto, in questa
rivista venivano e vengono ancor oggi pubblicati solamente ricerche e tesi teoriche
avvalorate da metodi empirci
7
.
L’ampiezza e l’interdisciplinarità del CB non sono visibili solamente quando ci si
confronta con le numerose definizioni esistenti, ma anche quando si cerca di dare un
ordine storico‐cronologico agli eventi e agli influssi che hanno contribuito a forgiare il
campo di studi in oggetto.
Per iniziare, si vedano qui di seguito alcune definizioni in lingua originale che sono
state scelte perché riassumono, in poche righe, i temi del comportamento del
consumatore che questo elaborato si pone di affrontare:
DALLI D., La ricerca sul comportamento del consumatore: lo stato dell'arte in Italia e all'estero, Franco Angeli,
Milano, 2004 e DEMIRDJIAN A., A pavilion for the pioneers of consumer behavior: a petition presented to St. Peter,
Academy of Business and Administrative Sciences conference, 12‐14 June, Montreux, Svizzera, 2004.
4
HOWARD J., SHETH J., Theory of buyer behavior, Wiley & Sons, New York, 1968.
5
L’affermazione esposta si deve al contributo di Ekström. Cfr. EKSTRÖM K., “Revisiting the family tree: historical and
future consumer behavior research”, in Academy of Marketing Science Review, Vol. 1, 2003, p. 6.
6
Dal sito http://www.acrwebsite.org, 2009.
7
Dal sito http://jcr.wise.edu, 2009.
5
“Consumer behavior can be defined as the behavior that consumers
display in searching, purchasing, using, evaluating, and disposing of
products, services and ideas which they expect they satisfy their needs”
8
.
“Consumer behavior is the process and activities people engage in when
searching for, selecting, purchasing, using, evaluating, and disposing of
products and services so as to satisfy their needs and desires”
9
.
“Unter Konsumentenverhalten im engeren Sinne versteht man das
beobachtbare “äußere” und das nicht beobachtbare “innere” Verhalten
von Menschen beim Kauf und Konsum wirtschaftlicher Güter”
10
.
Le prime formulazioni riportate dagli autori Schiffman, Kanuk
9
e G. e M. Belch
10
individuano entrambe il CB come il comportamento che il consumatore è solito tenere
quando cerca, valuta, acquista, usa e addirittura elimina beni e servizi, inizialmente
acquistati per poter soddisfare determinati bisogni o desideri. La terza definizione,
evidenzia, invece, un aspetto ulteriore: secondo gli autori Kroeber‐Riehl et al.
11
per CB
si intende sia quel comportamento “esterno”, visibile, che i consumatori tengono
quando acquistano beni e servizi, ma anche quello “interno”, nascosto, che muove i
consumatori verso determinate scelte di consumo. Il processo decisionale d’acquisto,
riportato nelle prime due formulazioni e i fattori interni, invisibili che stanno alla base
dei comportamenti umani verranno ripresi e approfonditi nel secondo capitolo di
questo elaborato.
Il motivo per cui la disciplina del CB è diventata, nel corso dei decenni, oggetto di
studio di molti accademici e ricercatori è racchiuso in quello che già affermava Howard
nel 1968: osservare il consumatore e comprendere i processi che lo portano ad
effettuare scelte d’acquisto è cruciale per il perseguimento di scopi commerciali. I dati
e le informazioni che le aziende raccolgono sul comportamento del loro gruppo di
consumatori diventa un vantaggio competitivo che permette di pianificare e migliorare
8
SCHIFFMAN L.G., KANUK L.L., Consumer behavior, Prentice Hall, Englewood Cliffs, 1987, p. 6.
9
BELCH G.E., BELCH M.A., Advertising and promotion: an integrated marketing communications perspective,
McGraw‐Hill, New York, 2007, p. 15.
10
KROEBER‐RIEL W., WEINBERG P., GRÖPPEL KLEIN P., Konsumentenverhalten, Vahlen, München, 2009, p. 3.
6
strategie di vendita atte a raggiungere il consumatore nella maniera più veloce ed
efficace possibile
11
.
Come accennato all’inizio del paragrafo, la vastità del campo di studio del
comportamento del consumatore è dovuta all’apporto che la ricerca ha dato al CB fin
da quando la disciplina ha mosso i suoi primi passi. I principi teorici che più l’hanno
influenzato provengono da campi di studio quali la sociologia, la psicologia,
l’antropologia culturale e l’economia, che hanno inciso sulla disciplina in momenti
storici ben precisi, inscrivibili in sei fasi di sviluppo. La distinzione per stadi che si sta
per dare, raggruppa le classificazioni date da Arndt, per il periodo che va dal 1930‐
1979
12
e gli approfondimenti degli autori Dalli, Romani
13
e Ekström
14
per quanto
riguarda l’epoca successiva (che va dal 1980 ai giorni nostri). Si giunge così a definire il
seguente spaccato temporale:
a. Approcci pionieristici e teorie comportamentiste (1925‐1939)
15
.
b. Fase della ricerca motivazionale (1950‐1959).
c. Fase cognitivista (1960‐1969).
d. Fase dell’elaborazione dell’informazione (1970‐1979).
e. Fase della ricerca di tipo naturalistico (1980‐1989).
f. Fase interpretivista o degli approcci emergenti (dal 1990 a oggi).
Oltre alla ripartizione in fasi appena esposta, risulta opportuno a parere di chi
scrive, fornire una visione d’insieme anche del panorama teorico del CB, che travalichi
la distinzione cronologico‐temporale. Nella figura 1.1, infatti, sono state raggruppate
11
D’altro canto il conoscere troppo i consumatori può far sì che il CB si carichi di connotazioni negative nel
momento in cui se ne prende in considerazione l’aspetto etico. Come sostengono gli autori Schiffman e Kanuk,
infatti, la minuziosa conoscenza delle caratteristiche degli individui, come quella posseduta da responsabili
marketing grazie alle ricerche di mercato eseguite ad hoc sui consumatori, permette di mettere a punto strategie
commerciali che fanno leva sulla vulnerabilità umana. Può succedere, infatti, che questo porti al perseguimento da
parte delle aziende di pratiche di mercato sleali che si ritorcono nei confronti dei consumatori finali. Cfr.
SCHIFFMAN L.G., KANUK L.L., Consumer behavior, op. cit., p. 25.
12
Con la fase dell’elaborazione dell’informazione Arndt termina la sua disamina sullo sviluppo della storia del CB.
Cfr. EKSTRÖM K.M., “Revisiting the family tree: historical and future consumer behavior research”, op. cit., p. 7.
13
DALLI D., ROMANI S., Il comportamento del consumatore: acquisti e consumi in una prospettiva di marketing,
Franco Angeli, Milano, 2001.
14
EKSTRÖM K.M., “Revisiting the family tree: historical and future consumer behavior research”, op. cit.
15
E’ una scelta di chi scrive affiancare le teorie comportamentiste ai primi approcci pionieristici. L’inserimento del
comportamentismo in questa fase è dettato da motivi di tipo cronologico.
7
tutte le teorie che, dai primi anni Venti del Novecento ad oggi, hanno cercato di
interpretare e spiegare il comportamento del consumatore alla luce del contesto
temporale che le ha concepite. La ricostruzione cronologica e le teorie riportate
nell’illustrazione saranno approfondite nei prossimi paragrafi dove, inoltre, verrà resa
evidente la misura in cui ciascuna delle discipline precedentemente citate ha
contribuito all’ampliamento del campo di studi del comportamento del consumatore.
Fig. 1.1 – Lo spaccato delle teorie presenti nella materia del CB
Fonte: nostra elaborazione
1.1.1 Gli approcci pionieristici e le teorie comportamentiste
Attorno al 1930 negli Stati Uniti e in alcuni Paesi dell’Europa centrale esperti
provenienti da diversi ambiti disciplinari
16
cercarono di capire, attraverso metodi di
ricerca empirici
17
, cosa si celasse dietro l’approvvigionamento dei prodotti di uso
16
Mentre negli Stati Uniti il comportamento del consumatore era oggetto di studio da parte di studiosi di economia
domestica come Kyrk e di sociologi come R. e H. Lynd, in Europa si occupavano di CB la GFK (l’acronimo sta per
“Gesellschaft für Konsumforschung”) di Norimberga e l’Istituto di Psicologia Economica dell’Università di Vienna, cui
massimo esponente fu Lazarsfeld. Cfr. KYRK H., A theory of consumption, Houghton Mifflin, Boston, 1923; LYND R.S.,
LYND H.M., Middletown: a study in contemporary American culture, Harcourt Brace and Company, New York, 1929;
LAZARSFELD P., “Psychological aspect of market research”, in Harvard Business Review, Vol. 13, n. 3, 1934, pp. 54‐
71.
17
I metodi di ricerca empirici si basavano sulla raccolta e sull’analisi di dati quantitativi e studiavano essenzialmente
i benefici che beni e servizi potevano portare agli individui che li acquistavano.
8
quotidiano. Erano i primi approcci pionieristici allo studio del comportamento
d’acquisto del consumatore.
Agli inizi degli anni Trenta del secolo scorso, gli studiosi di CB erano dell’opinione
che il consumatore, essendo in possesso di tutte le informazioni necessarie per
arrivare ad una scelta, compisse i suoi acquisti in condizioni di perfetta razionalità.
Oltre a ciò, essi erano soliti imputare le scelte d’acquisto all’individualità dei soggetti e
non all’influenza di fattori esterni: si era, infatti, ben lontani dal pensare che l’ambiente
circostante e le operazioni di marketing potessero avere un impatto influente sui
motivi e sulle decisioni di consumo
18
.
La visione che il CB aveva del consumatore in quegli anni mostrava una forte
dipendenza da alcune teorie provenienti dalla macroeconomia e dalla microeconomia,
rispettivamente: la teoria dell’homo economicus e il suo approfondimento circa mezzo
secolo più tardi, nella teoria neoclassica del consumatore.
Il concetto di homo economicus
19
, introdotto dall’economista britannico Mill, si
riferiva al solo profilo economico dell’uomo e metteva in luce un soggetto
estremamente razionale, che aveva come unico scopo la realizzazione dei propri
interessi materiali. Egli, infatti, era colui che, come afferma Mill in Essays on some
unsetteled questions of political economy, “is concerned with him solely as being who
desire to possess wealth, and who is capable of judging of the comparative efficacy of
means for obtaining that end”
20
. Dagli ultimi decenni del diciannovesimo secolo fino
agli anni Quaranta del Novecento, gli studiosi neoclassici, passando attraverso diversi
approcci di ricerca
21
, formalizzarono la teoria di homo economicus di Mill cambiandone
18
La considerazione esposta è ispirata al contributo di Belk. Cfr. BELK W.R., “Studies in the new consumer
behavior”, in Miller D. (a cura di), Acknowledging consumption: a review of new studies, Routledge, London, 1995,
p. 59.
19
Mill (1806‐1873) è stato il primo a sviluppare il concetto di homo economicus nel saggio MILL J.S., Essays on some
unsettled questions of political economy, J.W. Parker, London, 1844 per poi approfondirlo quattro anni più tardi nel
suo libro MILL J.S., Principles of political economy, C.C. Little & J. Brown, Boston, 1848.
20
MILL J.S., Essays on some unsettled questions of political economy, op. cit., p. 321.
21
Di fatto il criterio della razionalità del consumatore è stato sostenuto nella teoria neoclassica attraverso tre diversi
approcci: il primo in ordine cronologico è stato sviluppato dagli studiosi della scuola soggettivista come Jevons,
Menger e Wieser, il secondo è stato portato avanti da Pareto e Slutsky e il terzo ha visto i suoi massimi esponenti
negli autori Samuelson e Houthakker. Cfr. JEVONS S., The theory of political economy, Macmillan, London, 1888;
MENGER C., Principles of Economics, Ludwig von Mises Institute, Auburn, 2007; WIESER F., Theorie der
gesellschaftlichen Wirtschaft, JCB Mohr Paul Siebeck, Tübingen, 1924; PARETO V., Manuale di economia politica con
un’introduzione alla scienza sociale, Società Editrice Libraria, Milano 1919; SLUTSKY E., “Sulla teoria del bilancio del
consumatore”, in Giornale degli Economisti e Rivista di Statistica, Vol. 51, n. 3, pp. 1‐26; SAMUELSON P.,
9
il focus di analisi: il concetto di razionalità veniva trasferito, infatti, dal soggetto
economico al soggetto consumatore. La scuola neoclassica partiva dal presupposto che
il consumatore, analogamente all’uomo economico, adottasse un comportamento
meramente razionale nel momento in cui si trovava a scegliere tra alternative di
prodotti. Egli, infatti, faceva ricadere la scelta sul bene che era in grado di fornirgli la
maggiore utilità o il maggior grado di soddisfazione
22
. Mentre per l’homo economicus
era l’aumento del patrimonio finanziario la giustificazione di ogni azione intrapresa,
per il consumatore della scuola neoclassica, era un beneficio non economico, ovvero
l’utilità del prodotto, l’obiettivo perseguito dai comportamenti umani.
Contemporaneamente alla teoria neoclassica del consumatore, nacquero altri tipi di
approcci che consideravano il comportamento del consumatore come la risposta
naturale a stimoli ambientali. Di fatto, a partire dai primi anni Venti del Novecento si
svilupparono, le teorie comportamentiste, che ponendo il loro oggetto di analisi su
procedimenti oggettivamente rilevabili e indagando come gli individui si
comportassero in reazione a determinate sollecitazioni, negarono indirettamente che
processi cognitivi o affettivi potessero influenzare o intervenire sull’atto d’acquisto.
Secondo i behavioristi
23
era, infatti, il concetto di apprendimento la chiave di volta per
spiegare i comportamenti umani. Tali ricercatori erano convinti, infatti, che le azioni
soggettive, ovvero l’esito comportamentale derivante dall’interazione di più stimoli, si
modificassero a seguito delle conoscenze e delle esperienze che l’individuo acquisiva e
apprendeva nel tempo. In altre parole, si faceva strada qui l’ipotesi che le azioni del
Foundations of economic analysis, Harvard University Press, Cambridge, 1947; HOUTHAKKER H., “Revealed
preference and the utility function”, in Economica, Vol. 17, n. 66, pp. 159‐174.
22
Questa ipotesi è presa dalla teoria utilitaristica, cui padre fondatore fu il giurista e filosofo inglese Bentham (1748‐
1832). Poiché il termine “utilità” si riferisce alla soddisfazione che il consumatore trae dalla scelta effettuata, questa
teoria assume che il consumatore scelga in base al principio massimizzatore dell’utilità. Secondo questo principio, la
miglior scelta effettuata è quella che fornisce all’individuo la soddisfazione (o utilità) maggiore. Cfr. BENTHAM J., An
introduction to the principles of morals and legislation, Claredon Press, Oxford, 1789.
23
Tra i maggiori esponenti del behaviorismo si nominano Skinner, Watson, Pavlov, Bandura, Mischel e Hull. Cfr.
SKINNER B.F., The behavior of organisms, Appleton Century, New York, 1938 e SKINNER B.F., Science and human
behavior, Free Press, New York, 1965; WATSON J.B., “Psychology as a behaviorist view”, in Psychological review,
Vol. 2, n. 2, 1913, pp. 158‐177 e WATSON J.B., Behaviorism, Chicago University Press, Chicago, 1925; PAVLOV I., I
riflessi condizionati, Bollati Boringheri, Torino, 1994; BANDURA A., Social learning theory, Prentice Hall, Englewood
Cliffs, 1977; MISCHEL W, “Toward a cognitive social learning reconceptualization of personality”, in Psychological
Review, Vol. 80, n. 4, 1973, pp. 252‐283; HULL C.L., “The conflicting psychologies of learning: a way out”, in
Psychological Review, Vol. 42, n. 6, 1935, pp. 491‐516. Per ulteriori approfondimenti sui contributi della scuola
comportamentista si veda inoltre FOXALL G.R., Consumer psychology in behavioral perspective, Routledge, London,
1990.
10
consumatore non fossero altro che la risultante di un processo automatico basato sulla
relazione stimolo‐risposta. Di fatto, secondo questa visione, determinate sollecitazioni
(S) provocavano e preludevano il realizzarsi di certi tipi di comportamenti o reazioni
(R)
24
. L’automatismo comportamentale delle concettualizzazioni behavioriste era
supportato da un’ulteriore considerazione di base. Secondo i comportamentisti, infatti,
tutto quello che avveniva nella mente dell’individuo, quindi tutti i processi cognitivi, la
funzione della memoria, l’elaborazione delle informazioni, (in sintesi quanto teorizzato
dall’approccio cognitivista trent’anni più tardi), era qualcosa di completamente ignoto
ed oscuro.
Il comportamentismo, che trova i suoi fondamenti nelle ipotesi appena descritte,
conserva ancora oggi, quasi novant’anni dopo le prime teorizzazioni, la propria
attualità, rientrando, come si vedrà in seguito, nelle prospettive di ricerca perseguite
dal CB nel panorama di studio odierno.
1.1.2 La fase della ricerca motivazionale
La disciplina del CB si lasciò alle spalle gli influssi provenienti dall’economia e dal
comportamentismo, al principio degli anni Cinquanta del Novecento, quando spostò il
proprio oggetto di studio, dalla razionalità economica e dalle modalità di
apprendimento, alla psiche umana. Questo cambio di prospettiva introdusse nella
materia le tecniche della ricerca motivazionale, un tipo di indagine portato avanti in
primis dagli psicologi ed esperti di marketing Haire e Dichter
25
. Di fatto, in quegli anni,
gli studiosi della materia iniziarono ad applicare nelle loro analisi i nuovi metodi
provenienti dalla psicanalisi
26
. Nel campo delle ricerche di mercato furono quindi
24
Le teorie che si basano sulla relazione stimolo‐risposta, si trovano in letteratura sotto l’abbreviazione S‐R. Cfr.
KROEBER‐RIEL W., WEINBERG P., GRÖPPEL KLEIN P., Konsumentenverhalten, op. cit., p. 376.
25
Cfr. HAIRE M., “Projective techniques in marketing research”, in Journal of Marketing, Vol. 14, n. 5, 1950, pp. 649‐
656. DICHTER E., Handbook of consumer motivations. The psychology of the world of objects, McGraw Hill, New
York, 1964.
26
Secondo gli studiosi di psicologia Lombardo e Foschi, la psicanalisi è un metodo di ricerca psicologica, cui oggetto
di studio è costituito da quei processi psichici che svolgendosi al di fuori della coscienza, sono definiti inconsci. Oltre
che un metodo di ricerca, la psicanalisi è anche un approccio terapeutico basato sull’analisi dei fenomeni psichici
latenti e sui rapporti tra questi fenomeni e le loro manifestazioni coscienti. Cfr. LOMBARDO G.P., FOSCHI R., La
psicologia italiana e il Novecento: le prospettive emergenti nella prima metà del secolo, Franco Angeli, Milano, 1997,
pp. 233‐234.
11
introdotti diversi procedimenti esplorativi, come le interviste profondamente
soggettive, i focus group e le tecniche proiettive
27
, il cui obiettivo era scoprire i
significati latenti che si celavano dietro le scelte dei beni consumo.
Un esempio di come i beni si facessero carico per i consumatori di significati che
andavano ben oltre le caratteristiche fisiche dei prodotti stessi, fu dato in quel periodo,
dallo studio portato avanti da Haire sulla marca di caffè solubile Nescafè. Tale studio fu
condotto per capire quali associazioni venissero attribuite al prodotto sopra citato e
alle signore che lo compravano
28
. I risultati della ricerca tracciarono uno scenario
molto chiaro: questa tipologia di caffè istantaneo, che non sembrava presentare
differenze di gusto rispetto a quello classico, veniva comprata principalmente da
casalinghe pigre, poco capaci di programmare gli acquisti e poco parsimoniose.
Preparare il caffè nella maniera classica era, infatti, uno dei compiti “sacri” portati
avanti dalle casalinghe parche, giudiziose, attente nella programmazione della spesa e
rispettose della famiglia
29
. La singolarità degli esiti dell’indagine di Haire mise in luce
per la prima volta come, a livello inconscio, i valori trasferiti ai prodotti acquistati,
esercitassero una grande influenza sulle decisioni d’acquisto delle casalinghe e, in
generale, dei consumatori.
Dal canto suo, Dichter, psicologo ed esperto di marketing, condusse diversi studi
specializzandosi invece sugli obiettivi d’acquisto del consumatore. Egli fu il primo ad
applicare al CB e alle attività commerciali i concetti e le tecniche psicoanalitiche di
Freud, concentrandosi in particolare nell’attività di ricerca tramite focus group. Il suo
27
Seguendo gli autori Mucciarelli et al., le tecniche proiettive sono test usati per l’indagine della personalità. Il
termine proiezione indica un processo mediante in quale il paziente proietta esternamente le immagini del proprio
mondo interno, attribuendo un significato soggettivo agli stimoli o alle sollecitazioni alle quali è sottoposto.
Nonostante esistono varie tipologie di tecniche soggettive, se ne citano qui solo alcune come: il test narrativo, per
cui il soggetto è chiamato a raccontare delle storie a fronte di stimoli raffiguranti situazioni; le tecniche basate sulle
immagini, in cui al soggetto viene chiesto di scrivere delle frasi in merito a situazioni presentate sotto forma di
vignette, e le tecniche espressive che prevedono l’uso del disegno da parte del paziente. Cfr. MUCCIARELLI G.,
CHATTAT R., CELANI G., Teoria e pratica dei test, Piccin Nuova Libraria, Padova, 2002, pp. 241‐243.
28
Lo studio di Haire, chiamato “Shopping list”, è uno degli studi più citati nelle ricerche di mercato. Tale studio
condotto nel 1950 si è basato sulla conduzione di interviste personali effettuate a 100 casalinghe residenti nella
zona di Boston. Quello che veniva chiesto loro era di immedesimarsi nella situazione di un acquisto cercando di
definire le caratteristiche principali della donna che portava a casa i prodotti citati nella lista della spesa loro
sottoposta. Per approfondimenti sullo studio si veda: HAIRE M., “Projective techniques in marketing research”, op.
cit.
29
ANTIL J.H., “Consumer perceptions of convenience food users”, in Advances in Consumer Research, Vol. 14, 1987,
pp. 558‐561.