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trova il suo presupposto nel verificarsi di fenomeni di infiltrazione e
radicamento delle organizzazioni criminose in più vasti contesti sociali.
Ma è rispetto all‟associazione di tipo mafioso che l‟applicazione della figura
del concorso eventuale assume particolare importanza, con riferimento alle
situazioni di c.d. “contiguità” all‟organizzazione criminale, le quali,
rafforzando l‟apparato strumentale ed agevolando la realizzazione del
programma criminoso dell‟illecito sodalizio, possono contribuire in misura
rilevante e, dunque, non insignificante, ad esporre a pericolo i beni giuridici
protetti dalla norma incriminatrice (l‟ordine pubblico generale, l‟ordine
economico, l‟ordine democratico, il corretto funzionamento della pubblica
amministrazione) e presentano, pertanto, un notevole disvalore.
Il problema che, dunque, si vuol far emergere è innanzitutto quello del rispetto
del principio di legalità e di tassatività. Per ora infatti esso, è solo delineato o
talvolta sostanziato dalla giurisprudenza, poiché il legislatore non ha deciso di
tipizzare la figura del concorso esterno, forse anche volutamente, lasciando
così il giudice libero di ammetterlo o meno e di deciderne la misura2.
Le esigenze politico-criminali che hanno spinto la giurisprudenza ad elaborare
questa fattispecie sono evidenti: siamo negli anni ottanta, periodo in cui
fervono i maxi processi di mafia ed in cui emergono in maniera sempre più
preoccupante i legami di questa organizzazione con qualunque ambiente
politico, economico ed istituzionale della nostra società; e siamo anche nel
periodo della lotta al terrorismo e dei processi alle brigate rosse. E‟ quindi
necessario dotarsi di strumenti giuridico-penali capaci di consentire un
controllo penale il più possibile esteso e duttile e, nel contesto delineato, la
figura del concorso eventuale sembra prospettarsi come quella più adatta allo
scopo.
Ma l‟incertezza dei confini ha provocato una potenziale ed incontrollata
espansione dell‟ambito del concorso esterno nell‟associazione di tipo mafioso
o in altri reati associativi. Ciò è dipeso anche e soprattutto
2
Mentre nelle altre scienze “si vanno sempre più semplificando le procedure rispetto al passato, nella
giurisprudenza si vanno sempre più complicando. E mentre tutte le arti progrediscono moltiplicando i
risultati con l‟impiego di mezzi più ridotti, la giurisprudenza regredisce moltiplicando i mezzi e
riducendo i risultati” FERRAJOLI, Diritto e ragione: teoria del garantismo penale, Bari, 2000, 35.
6
dall‟indeterminatezza e dall‟eccessiva estensione della sfera della tutela penale
che caratterizza la clausola di cui all‟art. 110 c.p.3.
Occorre, tuttavia, premettere che la controversia sull‟ammissibilità del
concorso esterno nei reati associativi riguarda soprattutto il concorso
materiale. Difatti, la sua configurabilità è, invero, del tutto pacifica con
riferimento invece al concorso morale e, in proposito, concordano sia dottrina
che giurisprudenza. A riguardo è del resto ricorrente l‟esempio del padre, ex
capomafia, che istiga il figlio ad entrare nell‟organizzazione criminosa,
ravvisando concordemente, in questa ipotesi, a carico del padre, un concorso
eventuale di carattere morale nel reato di cui all‟art. 416 bis c.p., reato
materialmente commesso dal figlio4.
Si può, dunque, partire dallo studio del concorso esterno nell‟associazione
mafiosa, perché è in questo ambito che troviamo una maggior produzione
giurisprudenziale e perché forse è più semplice affrontare questo problema
rispetto ad una fattispecie come questa, molto diffusa nel nostro Paese e che,
penetrando a più livelli nei gangli e nei meccanismi della nostra Società, ha
fatto sì che molti soggetti siano potuti o possano entrare in vario modo in
contatto con essa, rafforzandola o favorendola e, quindi, che per questi si
potesse ipotizzare un concorso esterno.
Partendo dallo studio di questa fattispecie dovrebbe quindi essere, poi,
possibile applicare lo stesso ragionamento analitico anche ad altre fattispecie,
come il 270 c.p. o il 270 bis c.p., nelle quali l‟organizzazione è sì più rigida,
nel senso che esistono ruoli ben determinati al loro interno per cui è più
difficile ipotizzare un concorso esterno (nel senso che o si sta dentro o si sta
fuori), ma è pur vero che con il mutamento della nostra società e con i nuovi
fenomeni di terrorismo sia nazionale che internazionale è possibile entrare in
contatto con forme di criminalità organizzata, per esempio di carattere
politico, dando ad esse un contributo, talvolta anche essenziale, senza essere
parte dell‟associazione. E‟, tuttavia, difficile riuscire ad immaginare lo
3
Art. 110 c.p. «Quando più persone concorrono nel medesimo reato, ciascuna di esse soggiace alla
pena per questo stabilita, salve le disposizioni degli articoli seguenti».
4
Cass., Sez. I, sent. N. 2348 del 1994, Clementi.
7
schema di tutte queste figure che ruotano attorno ad un‟associazione criminale
e soprattutto riuscire ad individuare esattamente i confini che delimitano le
aree di intervento di ognuna di esse. Appunto per questa ragione si potrebbe
immaginare di costruire una fittizia figura geometrica composta da cerchi
concentrici, da orbite, che ci aiuti a memorizzare più facilmente la relazione e
la posizione di ognuna di queste figure.
Partiamo dal cerchio più interno, dall‟intraneo, da colui che è dentro
l‟associazione a tutti gli effetti, che è organico ad essa, che ne fa parte, come
può essere un capo, un promotore o un organizzatore o colui che stabilmente è
legato all‟organizzazione e ne condivide le finalità e gli obiettivi. Poi ecco il
primo confine labile, quello tra il partecipe e il concorrente eventuale
materiale, un‟area interessante da studiare, la quale infervora e fa scontrare la
dottrina perché, forse giustamente, si obietta che colui che concorre
materialmente, altri non è che il partecipe5; ancora, sopra troviamo il
concorrente eventuale morale, la quale figura, come già accennato, è più
pacificamente accettata6. Infine ci si imbatte in un‟altra debole barriera, quella
che distingue il concorso eventuale materiale dalla condotta dell‟estraneo che
non costituisce reato. Anche qui è fortemente avvertita l‟esigenza di fissare dei
limiti comportamentali certi, chiari, che assicurino il rispetto dei principi di
legalità e tassatività, in modo tale da non punire chi, anche occasionalmente e
inconsapevolmente, entri in relazione con un‟organizzazione criminosa: ed
ecco l‟ultimo cerchio.
Per ricostruire il cammino del concorso esterno si impone, per così dire, come
passaggio obbligato quello di ripercorrere lo sviluppo della giurisprudenza,
attraverso la quale molte delle obiezioni dogmatiche sono state via via
superate. Ebbene, una prima pronuncia sui rapporti tra concorso esterno e le
5
INSOLERA, Problemi di struttura del concorso di persone nel reato, Milano, 1986,147 ss. e 150 ss.
Per il concorso morale: ID., Diritto penale e criminalità organizzata, Bologna, 1996,
108;FIANDACA-MUSCO, Diritto penale. Parte generale, 4^ ed., Bologna 2001, 492 – 493.
6SPAGNOLO, L’associazione di tipo mafioso, Padova, 1997, 135, che ammette il concorso morale
anche in rapporto alle condotte associative qualificate; ID., Reati associativi, in Enc. Giur.,
Aggiornamento, V, Roma, 1996, 9; TURONE, Il delitto di associazione mafiosa, Milano, 1995, 327-
328;FIANDACA-MUSCO, Diritto penale. Parte generale, 4^ ed., Bologna, 2001, 492.
8
figure dei reati associativi si ebbe già nel 19697, laddove, con specifico
riguardo alla cospirazione politica mediante associazione, si esplicitò che
l‟appartenente all‟associazione è colui che, conoscendone l‟esistenza e gli
scopi, vi aderisce e ne diviene con carattere di stabilità membro e parte attiva;
mentre, il concorrente eventuale è colui che, pur non essendo membro del
sodalizio, contribuisce all‟associazione mercè un apprezzabile e fattivo
apporto personale; senza, per altro, trascurare che, così come fatto osservare
da Costantino Visconti, può parlarsi di una prima apparizione del problema del
concorso esterno già con riferimento a due sentenze della Cassazione di
Palermo del lontano 1875.
Ma senza dubbio una delle principali pronunce che, ai fini di questo lavoro,
merita la nostra attenzione è la sentenza Demitry del 1994 delle Sezioni Unite
della Corte di Cassazione8. Tale pronuncia si impone alla nostra attenzione in
quanto consacra il principio della configurabilità del concorso eventuale nel
reato di associazione di tipo mafioso, ponendo in evidenza la diversità di
condotta e di atteggiamento psichico che sussiste tra il partecipe (individuato
in colui che entra nell‟associazione e ne diventa parte) e il concorrente
eventuale materiale (individuato, invece, in colui che non vuole far parte
dell‟associazione, e che l‟associazione non chiama a far parte, ma al quale si
rivolge nel momento in cui la fisiologia del sodalizio entra in “fibrillazione”).
Proseguendo nel cammino tra le pronunce giurisprudenziali, è poi significativa
la sentenza Villecco del 20019, con cui si esprime l‟esigenza di verificare la
“tenuta” della decisione delle Sezioni Unite nel procedimento Demitry. E‟
l‟espressa enunciazione della tesi negazionista del concorso esterno. Con la
Villecco si è prodotto un contrasto giurisprudenziale, emerso in occasione del
processo Carnevale, che ha fatto sì che la soluzione giuridica fosse rimessa
nuovamente al giudizio delle Sezioni Unite penali: si può forse dire che la
sentenza Carnevale10 rappresenti, in un certo senso, la sintesi delle due
precedenti pronunce. In essa, infatti, si ammette sì il concorso esterno, ma
7
Cass., Sez. I, sent. N. 1569 del 1969, Muther.
8
Cass., Sez. Un., 5 ottobre 1994, Demitry.
9
Cass., Sez. VI, 23 gennaio 2001, Villecco.
10
Cass. pen., Sez. Un., 30 ottobre 2002, Carnevale.
9
distinguendolo in due punti fondamentali: la non necessarietà dello stato di
“fibrillazione” della associazione, da un lato, e proponendo, dall‟altro, una
nuova struttura del dolo, attraverso l‟ introduzione della categoria del dolo
diretto – diversamente da quanto prospettato nella sentenza Demitry, in cui si
ammetteva il concorso con dolo generico nei reati a dolo specifico -.
Si arriva così, nell‟ambito di questo iter giurisprudenziale, all‟ultimo e, forse,
più compiuto arresto delle Sezioni Unite in materia: la sentenza Mannino11.
Con tale pronuncia si afferma l‟opportunità che il contributo dell‟extraneus
assurga a condizione necessaria ai fini del rafforzamento e del consolidamento
del sodalizio, attraverso l‟esplicazione di una reale efficienza causale del
contributo, da accertarsi ex post; sul versante dell‟elemento soggettivo, in
linea di continuità con la sentenza Carnevale, si sottolinea poi l‟esigenza che
l‟extraneus sia consapevole dell‟efficacia causale della sua condotta e intenda
contribuire, anche parzialmente, alla realizzazione del programma criminoso.
L‟analisi giuridica che si seguirà nel presente lavoro terrà, quindi, in estrema
considerazione le argomentazioni dei giudici della Suprema Corte per
ricostruire la fattispecie del concorso esterno al fine di ammetterne o meno la
configurabilità.
11
Cass., Sez. Un., 12 luglio 2005, Mannino.
10
CAPITOLO PRIMO.
Il concorso di persone nel reato
§ 1. Il concorso di persone nel passaggio dal Codice Zanardelli al Codice
Rocco.
Al caso della commissione di un reato da parte di una pluralità di agenti può
corrispondere una diversa regolamentazione normativa. E, difatti, diverse sono
le soluzioni che si possono rinvenire volgendo uno sguardo all‟evoluzione
storica dell‟istituto ovvero alle codificazioni europee contemporanee. In
particolare, la scelta di definire le varie tipologie in cui può esprimersi
l‟apporto dei singoli concorrenti può condurre ad una diversificazione delle
conseguenze sanzionatorie - c.d. modello differenziato, seguito dal Codice
Zanardelli del 1889 negli artt. 63 e 64 -; ad una loro equiparazione - scelta che
caratterizza l‟ordinamento francese negli artt. 59 e ss. -; ovvero, ad un regime
unitario, indifferenziato, laddove si prescinde da qualsiasi differenziazione tra
i singoli apporti e, quanto alla sanzione, si rimette all‟operare delle
circostanze ed alla concreta commisurazione della pena il compito di
distinguere il significato dei vari contenuti – ed è questo il regime vigente nel
nostro codice agli artt. 110-119 -.
Ai fini della nostra indagine occorre innanzitutto cercare di comprendere le
cause che influenzarono il brusco passaggio dal sistema previgente,
caratterizzato da un‟accurata descrizione delle condotte concorsuali e da una
loro differenziazione quanto agli effetti sanzionatori, all‟attuale art. 110.
Sotto questo profilo si impone però una particolare cautela nello stabilire i
nessi tra le correnti teoriche e la disciplina normativa. Un simile accertamento
sarebbe infatti fondato rispetto alla Germania, ove l‟evoluzione dottrinale
manifesta la presenza di una salda matrice filosofica in grado di conferire
omogeneità e compattezza a quel sistema dogmatico, la cui nascita può farsi
11
risalire all‟apparizione del Lehrbuch di von Liszt. Per contro, tale tentativo di
ricostruzione non presenta serie possibilità di successo rispetto all‟Italia, ove,
ancora fino all‟inizio del secolo scorso, la dottrina era caratterizzata dalla
presenza di correnti positivistiche, in prevalenza di tipo sociologico, carenti di
quell‟impostazione rigorosamente dogmatica propria del corrispondente
movimento tedesco12. Non è certamente irrilevante che, in questa prospettiva,
il primo intervento di carattere marcatamente dogmatico all‟interno della
nostra dottrina sia rappresentato da una monografia di Arturo Rocco del 1913,
che segna una vigorosa reazione contro la scuola positiva e, al contempo, si
attesta su un indirizzo tecnico-giuridico dichiaratamente antifilosofico13.
Apparendo, pertanto, fortemente problematica la possibilità di rinvenire un
preciso collegamento tra l‟evoluzione della nostra dottrina e l‟atteggiamento
assunto dal legislatore fascista rispetto all‟istituto della partecipazione
criminosa, si ritiene opportuno procedere ad un‟indagine sul contenuto del
dibattito relativo all‟istituto in esame scandendola nei suoi momenti storici più
significativi. Il primo di questi momenti è quello rappresentato dalla corrente
di pensiero confluente nella scuola criminologia tedesca. E fu proprio in tale
ambito che, a cavallo tra i secoli XIX e XX, l‟idea dell‟equiparazione di pena
per i concorrenti nel reato costituì oggetto di un‟accesa polemica, la quale può
essere compresa nelle sue linee essenziali soltanto se si fa riferimento alla
Germania degli inizi del secolo e, più precisamente, a quando Birkmeyer
osservava come, in alternativa al sistema classico di tipicizzazione e
differenziazione quoad poenam delle condotte concorsuali, potessero
concepirsi due diverse soluzioni, l‟una consistente nell‟equiparare le condotte
concorsuali sul piano sanzionatorio (Theorie der Gleichstellung der
Teilnahmeformen) e l‟altra volta, invece, a rendere tali condotte
autonomamente punibili (Theorie der Verselbständigung der Teilnahme)14.
12
SPIRITO , Storia del diritto penale italiano , Firenze , 1974 , per i riferimenti al pensiero di
Lombroso , Garofalo e Ferri.
13
ARTURO ROCCO , L’oggetto del reato e della tutela giuridica penale , Torino , 1913; Il problema
e il metodo nella scienza del diritto penale , in RDPP , 1910 , I.
14
BIRKMEYER , Teilnahme am Verbrechen , in Vergleichende Darstellung des deutschen und
ausländischen Strafrechts , A.T., Berlin, 1908 ,II. Attualmente la teoria della Verselbständigung