medie imprese, «mirando soprattutto a permettere alle imprese di sfruttare appieno le
potenzialità del mercato4»
Le medesime considerazioni si evincono dal Libro bianco della Commissione
Europea “Competitività, concorrenza e occupazione” del 1993, che evidenzia ancora
una volta il primario ruolo assunto dalle PMI in termini di flessibilità, aumento della
concorrenza, sviluppo e occupazione, connesso alla loro debolezza nel gestire la
complessità dell'ambiente nel quale operano (le PMI hanno difficoltà di movimento nel
contesto normativo; non riescono ad accedere con facilità al mercato dei finanziamenti;
sono carenti dal punto di vista delle competenze manageriali) (Cippitani, 2004).
Una visione comune si riscontra nella relazione seguita al Consiglio Europeo di
Lisbona di marzo del 20005 che prevede, tra gli obiettivi strategici per il decennio, di
«creare un ambiente favorevole all'avviamento e allo sviluppo di imprese innovative,
specialmente di PMI». È riconosciuto che «la competitività e il dinamismo delle
imprese dipendono direttamente da un contesto normativo propizio all'investimento,
all'innovazione e all'imprenditorialità. Ulteriori sforzi sono necessari per diminuire i
costi relativi al “doing business” e rimuovere l'onere burocratico inutile, entrambi
particolarmente gravosi per le PMI» [paragrafo 14, Conclusioni della Presidenza –
Consiglio Europeo di Lisbona, marzo 2000]. È evidenziata, inoltre, l'importanza di
facilitare «il più ampio accesso possibile al capitale di investimento a livello dell'UE
anche per le PMI» [paragrafo 21].
L'importanza del ruolo svolto dalle PMI è stata riconosciuta anche dalla Carta
Europea per le piccole imprese6, adottata dal Consiglio “Affari generali” (13 giugno
4 «1. La comunità si propone l'obiettivo di rafforzare le basi scientifiche e tecnologiche dell'industria
della Comunità, di favorire lo sviluppo della sua competitività internazionale e di promuovere le
azioni di ricerca ritenute necessarie ai sensi di altri capi del presente trattato.
2. A tal fine essa incoraggia nell'insieme della Comunità le imprese, comprese le piccole e le medie
imprese, i centri di ricerca e le università nei loro sforzi di ricerca e di sviluppo tecnologico di alta
qualità; essa sostiene i loro sforzi di cooperazione, mirando soprattutto a permettere alle imprese di
sfruttare appieno le potenzialità del mercato interno grazie, in particolare, all'apertura degli appalti
pubblici nazionali, alla definizione di norme comuni ed all'eliminazione degli ostacoli giuridici e
fiscali a detta cooperazione» [art. 163, paragrafo 1-2, Trattato CE].
5 Conclusioni della Presidenza del Consiglio Europeo – Consiglio Europeo di Lisbona, 23-24 marzo
2000.
6 Comunicazioni dalla Commissione – Carta Europea per le piccole imprese – Relazione annuale di
12
2000) e accolta con favore dal Consiglio Europeo di Feira (19-20 giugno 2000):
«riconoscendo il ruolo decisivo che queste hanno nella crescita dell'economia europea,
la Carta ambisce a rendere i responsabili politici consapevoli dei fattori più rilevanti per
il loro sviluppo e la loro prosperità».
1.1.1 La raccomandazione 96/280/CE
Un primo segnale comunitario di semplificazione e chiarificazione della
classificazione di PMI rispetto alle molte visioni espresse dalle diverse azioni
comunitarie e quelle elaborate dagli stati membri è stato operato dalla Commissione
Europea, avendo ritenuto che una molteplicità di definizioni «a livello comunitario e a
livello nazionale può generare incoerenze e, inoltre, comportare una distorsione della
concorrenza tra imprenditori». È stata così emanata una prima Raccomandazione7
nell'aprile 19968. In base all'art. 1, paragrafo 1, dell'Allegato alla Raccomandazione, una
PMI è un'impresa rientrante in alcuni limiti dimensionali e definibile “indipendente”.
Con riferimento alle soglie dimensionali, una PMI è definibile tale se ha meno di
250 dipendenti, dove «il numero di persone occupate corrisponde al numero di unità-
lavorative-anno (ULA), cioè al numero di dipendenti occupati a tempo pieno durante un
anno, mentre i lavoratori a tempo parziale e quelli stagionali rappresentano frazioni di
ULA» [art. 1, par. 7, Allegato alla Raccomandazione 96/280/CE]. Oltre al rispetto di
tale requisito, un'impresa è considerata PMI solo se ha un fatturato annuo non superiore
a 40 milioni di euro, o se il totale di bilancio annuo non supera i 27 milioni.
Permanendo nei summenzionati limiti dimensionali, la Raccomandazione
fornisce anche una definizione di “piccola impresa”, cioè l'impresa che occupi meno 50
dipendenti e con un fatturato fino a 7 milioni o un totale di bilancio fino a 5 milioni di
euro.
attuazione, Bruxelles, 7 marzo 2001.
7 Raccomandazione della Commissione 96/280/CE, del 3 aprile 1996, relativa alla definizione delle
piccole e medie imprese (testo rilevante ai fini del SEE), GU L 107 del 30 aprile 1996, pagg. 4-9.
8 La raccomandazione è rivolta, oltre che alla Commissione stessa, anche alla Banca Europea per gli
investimenti, al Fondo europeo per gli investimenti e agli stati membri [art. 1 Raccomandazione
96/280/CE].
13
Con riferimento al criterio di indipendenza, «sono considerate imprese
indipendenti quelle il cui capitale o i cui diritti di voto non sono detenuti per 25% o più
da un'impresa, oppure, congiuntamente, da più imprese non conformi alla definizione di
PMI o di piccola impresa, secondo il caso» [art. 1, par. 3, Allegato alla
Raccomandazione 96/280/CE]9.
Dalle nozioni sopra esposte, si possono pertanto definire:
• microimprese quelle con meno di 10 dipendenti;
• piccole imprese quelle indipendenti (fino al 25% del capitale posseduto da
imprese con altri parametri dimensionali), con meno di 50 dipendenti e un fatturato
annuo non superiore a 7 milioni di euro o un totale di bilancio non superiore a 5 milioni
di euro;
• imprese medie quelle indipendenti, con un numero di dipendenti inferiore a
250 e un fatturato annuo non superiore a 40 milioni di euro o un totale di bilancio non
superiore a 27 milioni di euro.
Venivano dunque considerate principalmente le variabili del numero di
dipendenti (riflette il grado di complessità organizzativo di un'impresa) e del fatturato
(evoca il peso dell'azienda nel mercato di sbocco e la sua importanza nel contesto
economico), facilmente reperibili e disponibili senza particolari elaborazioni.
1.1.2 La nuova definizione di PMI
L'evoluzione del contesto economico realizzatosi a partire dal 1996 (in termini di
prezzi e produttività si traduce in un notevole aumento delle soglie finanziarie), le
difficoltà di interpretazione emerse nel corso della sua applicazione e le osservazioni
provenienti dalle imprese in merito alla Raccomandazione 96/280/CE hanno spinto la
Commissione, per motivi di chiarezza, a formulare una nuova definizione di PMI. Essa
è il frutto di discussioni tra gli stati membri, le organizzazioni imprenditoriali e gli
esperti ed è contenuta nella Raccomandazione della Commissione 2003/361/CE10,
9 Per le questioni relative alla definizione comunitaria di indipendenza, v. Cippitani, 2004.
10 Raccomandazione della Commissione 2003/361/CE, del 6 maggio 2003, relativa alla definizione delle
microimprese, piccole e medie imprese (testo rilevante ai fini del SEE), GU L 124 del 20 maggio
2003, pagg. 36-41.
14
entrata in vigore il 1° gennaio 2005, che ha trovato applicazione in tutte le politiche,
campi e misure posti in essere dalla Commissione per le PMI.
L'articolo 1 dell'Allegato alla Raccomandazione riflette gli orientamenti
giurisprudenziali comunitari (in particolare, la terminologia usata dalla Corte di
giustizia delle Comunità Europee nelle sue decisioni) concernenti la definizione di
“impresa”. Viene infatti definita tale «ogni entità, a prescindere dalla forma giuridica
rivestita, che eserciti un'attività economica. In particolare sono considerate tali le entità
che esercitano un'attività artigianale o altre attività a titolo individuale o familiare, le
società di persone o le associazioni che svolgono un'attività economica». Il fattore
determinante è l'attività economica e non la forma giuridica.
La nuova definizione risulta essere maggiormente adeguata alle PMI, riflettendo
la consapevolezza delle loro specifiche difficoltà. Essa privilegia la concessione delle
forme di sostegno alle sole imprese che ne dimostrino l'effettiva necessità, anche per
mezzo della distinzione tra le varie tipologie di imprese (autonome, partner e collegate),
considerando così la capacità di reperire fonti di finanziamento esterne da parte delle
PMI. L'adozione della nuova definizione è volontaria da parte degli stati membri ma, la
Commissione, la Banca Europea per gli Investimenti (BEI) e il Fondo Europeo per gli
Investimenti (FEI) ne raccomandano l'applicazione nella misura il più estensiva
possibile.
La nuova definizione si è resa necessaria per meglio rispondere all'esigenza di
aggiornare le soglie in seguito ai cambi dei prezzi e della produttività. Tali variazioni in
aumento11 permetteranno a molte PMI di mantenere il loro status, con conseguente
ammissibilità a beneficiare delle misure assistenziali. Le soglie relativi agli effettivi
(lavoratori dipendenti), invece, non mutano in quanto un loro eventuale aumento
avrebbe avuto come conseguenza la diluizione delle misure appositamente riservate alla
PMI. Si è infatti cercato di promuovere la microimprese, realtà sempre maggiore
nell'Unione Europea. La nuova definizione fissa, infatti, soglie finanziarie adeguate,
incoraggiando l'adozione di provvedimenti atti a risolvere eventuali conflitti
riscontrabili, soprattutto, durante la fase di avvio.
Un ulteriore obiettivo da perseguire era il miglioramento dell'accesso al capitale,
11 Le soglie degli effettivi e quelle finanziarie rappresentano dei livelli massimi ai quali gli stati membri,
la BEI e il FEI possono derogare attraverso la fissazione di limiti inferiori se intendono adottare tali
misure nei confronti di una specifica categoria di PMI.
15
difficoltoso soprattutto per l'incapacità di fornire le garanzie richieste dai finanziatori
tradizionali. Vengono concessi trattamenti favorevoli ai soggetti che svolgono attività
regolare di investimento in capitale di rischio, i business angels12, siano essi società di
capitali, persone fisiche o gruppi di persone fisiche. Lo stesso favore è inoltre riservato
ai fondi regionali. Si vuole così promuovere l'innovazione e migliorare l'accesso alla
ricerca ed allo sviluppo (R&S), facilitando la collaborazione e la detenzione del capitale
delle PMI da parte di università e centri di ricerca senza scopo di lucro. Tale
collaborazione avvantaggerà entrambe le parti, consentendo all'impresa di avvalersi di
un socio finanziatore forte e, contemporaneamente, di fare ricerca; alle università ed ai
centri di ricerca di realizzare e potenziare i risultati delle proprie attività.
Si è dovuto, inoltre, tener conto dei vari rapporti tra le imprese: come citato
sopra, uno dei principali obiettivi è la concessione degli aiuti ai soli soggetti che ne
dimostrino l'effettivo bisogno. Per tale motivazione vengono introdotti alcuni metodi
per il calcolo degli effettivi e delle soglie finanziarie, operando anche una distinzione tra
imprese autonome, associate e collegate.
La verifica dei requisiti di appartenenza alla categoria delle piccole e medie
imprese deve essere fatta con riferimento ai seguenti indicatori: il numero degli
occupati, il fatturato annuo ed il totale di bilancio.
Il numero degli occupati, che permane il criterio principale e tra i più
significativi, riguarda il personale impiegato a tempo pieno, parziale o su base
stagionale (comprende le seguenti categorie: i dipendenti, i proprietari-gestori e i soci
che prestano regolarmente la loro opera nell'impresa). Al fine di meglio comprendere
l'impresa, i suoi risultati e la sua situazione rispetto ai concorrenti, a tale criterio deve
esserne affiancato uno di carattere finanziario: il fatturato, considerato unitamente al
totale di bilancio [quarto “considerando” e art. 5 Allegato alla Raccomandazione]. Il
fatturato annuo e il totale di bilancio non debbono essere rispettati entrambi e
un'impresa può superare una delle sue soglie senza perdere la sua qualifica di PMI. Tale
scelta è stata proposta per non creare indebiti vantaggi, in quanto vi sono imprese
operanti in attività economiche completamente diverse (il fatturato delle imprese
commerciali e della distribuzione è tendenzialmente maggiore delle imprese
manifatturiere) [quinto “considerando” della Raccomandazione].
12 v. art. 3, paragrafo 2, a), Allegato alla Raccomandazione 2003/361/CE.
16
Vengono dunque definite [art. 2 Allegato alla Raccomandazione]:
• microimprese: imprese con meno di 10 effettivi e con un fatturato annuo o un
totale di bilancio fino a 2 milioni di euro;
• piccole imprese: imprese con meno di 50 effettivi e con un fatturato annuo o un
totale di bilancio fino a 10 milioni di euro;
• medie imprese: imprese con meno di 250 effettivi e un fatturato annuo fino a
50 milioni di euro o un totale di bilancio fino a 43 milioni di euro.
Un'importante novità della Raccomandazione del 2003 si ha con riferimento al
contesto nel quale opera l'impresa, non utilizzando più il rigido limite del 25% per la
determinazione del criterio di indipendenza (Cippitani, 2004). Vengono ora definite
autonome quelle imprese i cui «dati, compresi quelli degli effettivi, vengono dedotti dai
conti stessi dell'impresa» [art. 6, paragrafo 1, Allegato alla Raccomandazione]. Tali
imprese possono essere totalmente indipendenti (non detengono nessuna partecipazione
in altre imprese e nessun'altra impresa ne detiene nella loro) oppure detenere una
partecipazione inferiore al 25% del capitale o dei diritti di voto (riferito al valore più
alto dei due) in una o più imprese e/o nessun soggetto esterno detiene, superando gli
stessi limiti, una partecipazione nell'impresa. La qualifica di impresa indipendente fa
venire meno il carattere di impresa associata ovvero collegata. Sono inoltre previste
eccezioni alle soglie di detenzione del capitale nelle società13.
Un'impresa è associata (e quindi, né autonoma, né collegata) se stabilisce
importanti accordi economici con altre imprese, senza che una di esse abbia un controllo
effettivo, diretto o indiretto sull'altra. Deve inoltre trovarsi in una delle seguenti
fattispecie: una delle imprese possiede una partecipazione tra il 25% e meno del 50%
del capitale sociale nell'altra; l'impresa richiedente non elabora conti consolidati che
riprendono l'altra impresa e non è ripresa tramite consolidamento nei conti di tale
impresa o di un'impresa ad essa collegata. I dati ai quali fare riferimento per il calcolo
delle quote non provengono esclusivamente dall'impresa partecipante, ma dall'insieme
delle imprese associate [art. 6, paragrafo 2, Allegato alla Raccomandazione].
13 Un'impresa può essere definita autonoma anche se viene raggiunta o superata la soglia del 25%,
qualora siano presenti le categorie di investitori elencate: a) società pubbliche di partecipazione,
società di capitali, “business angels”; b) università o centri di ricerca senza scopo di lucro; c)
investitori istituzionali, compresi i fondi di sviluppo regionale; d) autorità locali autonome [art. 3,
paragrafo 2, Allegato alla Raccomandazione 2003/361/CE].
17
La novità dell'approccio del 25% emerge chiaramente nel calcolo per la
definizione di imprese collegate, dovendo considerare per tale scopo i dati di tutte le
imprese tra le quali esiste un collegamento. Per definire il concetto di “collegamento” la
Commissione si rifà al diritto comunitario14, con una definizione poi accolta anche
dall'ordinamento nazionale (art. 2359 cod. civ.). Sono dunque collegate le società in cui
una: dispone della maggioranza dei diritti di voto degli azionisti o dei soci di un'altra
impresa; ha il diritto di nominare o revocare la maggioranza dei membri del consiglio
d'amministrazione, di direzione o di sorveglianza di un'altra impresa; in virtù di un
accordo è in grado di esercitare da sola il controllo sulla maggioranza dei diritti di voto
degli azionisti o soci di un'altra impresa; un contratto tra imprese, o una disposizione
nello statuto di un'impresa, conferisce ad una di esse il diritto di esercitare un'influenza
dominante su un'altra.
1.2 Tratti distintivi delle medie imprese
Al fine di circoscrivere efficacemente i tratti distintivi le medie imprese,
partendo dalle caratteristiche che esse hanno in comune con le piccole e le grandi
imprese, si hanno le seguenti specificità (Corbetta, 2000).
Le medie imprese, analogamente alle piccole, fanno registrare un ristretto team
di vertice, che nelle imprese minori coincide con la figura dell'imprenditore, dal quale
dipendono le linee aziendali, le idee e i fattori di successo. L'accentramento delle
funzioni in capo al solo imprenditore è però irraggiungibile già in una media impresa e
si assiste ad un processo di delega delle funzioni, sul fronte del controllo qualitativo (è
materialmente impossibile che un unico soggetto eserciti un controllo assoluto su ogni
attività aziendale) e su quello decisionale, in quanto l'imprenditore necessita del
supporto di alcuni collaboratori, delegati a prendere decisioni. La delega è resa
necessaria sotto un duplice aspetto: in termini quantitativi l'imprenditore mantiene a sé
le decisioni più importanti, lasciando quelle di dettaglio ai collaboratori; in termini
qualitativi, in quanto le competenze richieste per un'efficace ed efficiente gestione
14 Art. 1, Settima direttiva 83/349/CE del Consiglio del 13 giugno 1983 basata sull'articolo 54,
paragrafo 3, lettera g), del Trattato e relativa ai conti consolidati, GU L 193 del 18 luglio 1983, pagg.
1-17.
18
aziendale non possono essere ricoperte dal solo imprenditore, che dev'essere coadiuvato
da esperti nelle varie aree: giuridica, finanziaria, ecc. Le funzioni sono inoltre delegate
per consentire e favorire un miglior rapporto con gli enti esterni all'impresa: clienti,
fornitori ed enti pubblici (fronte relazionale). Il processo di delega conduce ad una
migliore ripartizione del potere direzionale, non riconducibile esclusivamente
all'imprenditore, ma anche a manager capaci che contribuiscono alla crescita
dell'impresa (Volpato, 2006).
Altra caratteristica comune delle medie imprese alle piccole è la
sovrapposizione, pur se in forma minore, tra l'istituto famiglia e l'impresa. Non si assiste
più alla netta coincidenza tra apporto del capitale e le figure manageriali, che ora
vengono in larga misura fornite da professionisti non appartenenti al nucleo familiare
dell'imprenditore, il cui ruolo si limita, anche se non esclusivamente, all'apporto del
patrimonio.
Infine, altro punto che accomuna le piccole alle medie imprese è l'operatività in
ambiti competitivi ristretti. Lo sviluppo delle piccole imprese viene, di norma, dedicato
ad una specifica realtà: le limitate capacità non ne consentono l'estensione né ad altre
dimensioni aziendali, né al raggiungimento del livello più alto della singola dimensione
interessata. Le medie imprese dispongono, invece, di quelle competenze che permettono
di ampliare la loro operatività a più settori, seppure correlati tra loro: tale collegamento
consente di conoscere già la clientela, il mercato di sbocco, ecc. Pur assistendo, a volte,
alla crescita dimensionale dell'area di sbocco ad un livello europeo, il legame con il
territorio non viene comunque meno, sia per la presenza radicata della proprietà nel
territorio, che per i vantaggi strategici derivanti.
Rispetto alle grandi imprese, nelle medie si assiste ad un più intenso uso di
macchinari e forza lavoro. Questa caratteristica è spesso riscontrabile guardando alle
dimensioni degli uffici, sottodimensionati e con un carico di lavoro ai dipendenti
mediamente superiore, con conseguente necessità di ricorrere alle ore di straordinario.
L'intenso uso dei macchinari è spiegato da un duplice aspetto: la maggior
determinazione al raggiungimento degli obiettivi e le limitate risorse finanziarie rispetto
alle grandi imprese.
19
1.3 Analisi: le medie imprese italiane
Per le analisi svolte, sono stai usati i database utilizzati dalla Commissione
Europea (Impresa e Industria) per stilare il Report Annuale 2008 sulle PMI,
focalizzando l'attenzione sulle medie imprese italiane non finanziarie (appartenenti ai
settori della classificazione NACE c-i, k).
1.3.1 La demografia del sistema italiano
La statistica della demografia d'impresa è focalizzata sui tassi di natalità e
mortalità; il primo non include gli ingressi nel settore realizzati attraverso acquisizioni,
split-up o la ristrutturazione d'impresa, né la risultante di cambiamenti dell'attività
principale d'impresa. Con riferimento alla mortalità, è difficile determinare con
esattezza la data di cessazione; per convenzione un'impresa viene considerata cessata se
non ha fatturato o addetti per almeno due anni.
Nel periodo preso in esame, il tasso di nascita di nuove imprese nel settore è
stato pari al 7,26%, mentre quello di cessazione di attività è stato del 6,19%. La teoria
economica suggerisce che il minor tasso di nuove imprese è spesso registrato in quelle
attività che presentano alte barriere all'entrata, come un elevato importo di investimenti
iniziali. Conseguentemente, dove le barriere all'entrata (e all'uscita) sono minori (o
assenti), si registra il maggior tasso di natalità è mortalità delle imprese.
20
La Fig. 1.1 mostra il tasso di natalità e di mortalità delle imprese italiane,
calcolato come media del periodo 2002-2004 (ultimo anno disponibile per il tasso di
mortalità), su dati OECD nei settori che qualificano le imprese come non finanziarie
(settori NACE c-i, k). Il maggior tasso di creazione di nuove imprese è registrato nei
settori delle costruzioni e delle attività immobiliari, noleggio e altre attività professionali
ed imprenditoriali (informatica, pubblicità, consulenza, ecc.), che presentano tassi di
poco inferiori al 10%. Vi sono poi altri due settori che presentano dei tassi superiori alla
media nazionale e sono riferiti alle imprese coinvolte nella produzione e distribuzione di
energia elettrica, gas ed acqua (9,13%) e del commercio in genere (7,50%). Tutti questi
settori presentano una differenza positiva tra i due tassi, suggerendo un aumento netto
delle imprese; quella maggiore (5,2%) è registrabile nel settore dell'energia, gas e acqua
(è anche il settore con il più basso tasso di mortalità). Questo fenomeno può essere
spiegato anche dall'adozione di provvedimenti legislativi che hanno liberalizzato il
settore, favorendo in tal modo la nascita di nuove imprese. Il settore che presenta il
maggio ricambio di imprese è quello delle costruzioni, che registra entrambi i tassi più
21
Estraz. minerali
Manifattura
Alberghi e ristoranti
Trasporti e comunicazioni
Commercio
Eenergia, gas, acqua
Att. immobiliari, noleggio
Costruzioni
Imprese non finanziarie
0 2 4 6 8 10 12
4,73
6,03
5,9
7,5
7
3,93
6,87
7,57
6,19
3,83
4,73
6,77
6,8
7,5
9,13
9,7
9,63
7,26
Fig.1.1 – Tasso di natalità e mortalità delle imprese (PMI e grandi), 2002-2004
(media del periodo, %)
Fonte: Ns. elaborazioni su dati OECD
tasso di mortalità tasso di natalità