4
puntuali capacità tecniche e comportamentali, che gli studiosi hanno
ident ificato come Leadership Trasformazionale. Quest‘ult ima r isulta essere
fondamentale in quanto necessar ia per creare una visione condivisa ne i
moment i di incertezza, del futuro dell‘organizzazio ne. Questo aspet to
importante r iguarda, quindi, le capacità dei leader d i r iuscire ad avere una
vis ione prospett ica adeguata, che faccia da guida nei diffic ili moment i d i
t ransizione. È necessar io, in tali momenti, che il contesto organizzat ivo
int erno venga co invo lto in toto nel processo, allontanandosi dalla logica
che il cambiamento debba part ire necessar iamente ―da ll‘alto‖
dell‘organizzazione seguendo il cosiddet to percorso top -down. Al
contrar io, si possono ver ificare situazioni opposte, in cui le azio ni
condivise degli individu i che si t rovano nelle part i più basse della
gerarchia, siano tali da avviare un processo bottom-up.
I l ruo lo degli interessi delle var ie unità organizzat ive non devono
essere so lo considerat i come il mot ivo scatenante il cambiam ento, bens ì
acquis iscono un ruo lo importante nella gest ione stessa del processo
t ransitor io. Affinché il cambiamento venga azionato, è necessar ia una
dispersione del potere ai var i live lli organizzat ivi; ma se il tutto non è
sostenuto da un adeguato livello di capacità e abilit à della leadership, i l
processo sarà or ientato al fallimento.
A proposito di leadership, t ra i numerosi tentat ivi di definiz ione, è
importante non perdere di vista la t ipologia d i organizzazioni prese in
esame. Ecco perché si è tentato, in corso d‘opera, di applicare al mondo
sport ivo la vis ione sistemica di leadership ideata da P. Senge 2. Egli ha
tentato di r ielaborare la leadership, partendo dall‘assunto che non esista un
so lo leader in un‘organizzazione, ma al contrar io, ve ne sono diversi che,
sulla base delle propr ie competenze, operano collaborando t ra loro.
La cosiddet ta <<ecologia di leadership>> 3 prevede t re ruo li chiave:
leader di produzione locali, leader della rete interna e leader esecutivi.
Applicando tale concez ione alle organizzazioni sport ive s i
r iconosceranno:
2
Senge P., “La Quinta Disciplina”, edizione 2006, Sperling & Kupfer Editori. (pag. 360 e successive).
3
Senge P., 2006, op. citata.
5
a. Come leader di produzione locali i presidenti , che s i
avvicinano sempre più alla figura di ver i e propri imprenditori sportivi 4, e
che usualmente, sono i pr imi ad occuparsi delle iniz iat ive, cercando di
creare vis ioni condivise che facilit ino l‘int egraz ione delle prat iche
innovat ive nel lavoro quot idiano. Essi sono essenzia li per at t ivare i l
processo di messa in prat ica delle buone idee.
b. Come leader di rete i var i dirigenti, che co llaborano a var io
t itolo a st ret to contatto con il pres idente aiutando lo a diffondere le nuove
idee e le nuove prat iche, in tutto il resto dell‘organizzazione. Se questo può
sembrare facile, in rea ltà sono frequent i situazioni confuse, in cui la parte
dir igenzia le e i responsabili tecnici delle società sport ive, non r iescono a
comunicare t ra loro, generando non poche diffico ltà d i pianificazione
st rategica in entrambi i set tori societari. Nello specifico, pensando
all‘organizzazione t ipica di una società sport iva di medio - a lto live llo , s i
possono menzionare i Dirigenti Sportivi, che, in r ifer imento alle loro
spec ifiche competenze, potrebbero operare da anello di congiunzione,
veico lando l‘impat to del vert ice dir igenziale verso il livelli gerarchic i
infer ior i, cost ituit i dal set tore tecnico (parte operat iva delle organizzazioni
sport ive).
c. Come leader esecut ivi, si annoverano i responsabili tecnici ,
che seguendo un‘ot t ica aziendalist ica, gest iscono a loro vo lta un
patrimonio rappresentato dal ―parco dei giocatori‖, o lt re ad occuparsi delle
quest ioni puramente compet it ive e di prestazione. Essi, in una vis ione d i
Senge adat tata al mondo sport ivo, facilit ano lo sviluppo di idee guida in
merito allo scopo, ai valor i e alla visione dell‘organizzazione nel suo
ins ieme.
Le int erconnessioni esistent i t ra queste figure r isultano essere molto
st rette, infat t i: i President i, in quanto leader di produzione locali, hanno
bisogno dei leader esecut ivi, cioè dei Responsabili Tecnici, per preparare i l
set tore tecnico all‘iniziat iva proposta, ma hanno anche b isogno
dell‘apporto dei leader di rete, cioè dei Dir igent i, per diffondere le nuove
4
Braghero M., Perfumo S., Ravano F., “Per Sport e per Business: è tutto parte del gioco”. 1999,
FrancoAngeli, Milano. (pag. 130 e successive).
6
idee e le nuove prat iche, favorendo l‘apprend imento organizzat ivo a tutt i i
live lli. A loro vo lta i Dir igent i, necessitano del Presidente per poter
co llaudare le iniz iat ive e dei Responsabili Tecnic i, che det tano le linee
guida e gli standard per l‘ int era organizzazione. Infine, quest‘ult imi s i
appoggiano ai President i per r iusc ire a consegu ire gli obiet t ivi prefissat i, e
ai Dir igent i che li aiutano a diffondere le informazioni favorendo i process i
di comunicazione interna.
In seguito a tale disamina si comprende quanto le dinamiche di
potere siano determinant i nella gest ione delle relazioni interne d i
un‘organizzazione sport iva che, date le sue t ipicit à organizzat ive e
operat ive, sono spesso carat terizzate da conflit t i generat i propr io dalla
errata gest ione del potere unita alla diffico ltà comunicat iva t ra vert ice
st rategico – d ir igenziale e set tore tecnico – operat ivo.
A tal proposito si è preso come r ifer imento un secondo c aso d i
studio, che evidenzia la forte relazione esistente t ra la percezione delle
performance del Board e i modelli di potere esistent i nelle organizzazion i
sport ive non profit .
Nell‘ambito di questa r icerca , sono state individuate cinque ret i di
potere5, ovvero:
1. Executive dominated board (carat ter izzato da una figura
dominante che prende le decis ioni senza co invo lgere il resto
dell‘organizzazione) ;
2. Chair dominated board (che si basa sulle capacità car ismat iche
della leadership che r iesce a co invo lgere l‘esecut ivo affinché sostenga i
suo i progett i) ;
3. Fragmented power board (caratterizzato da uan
frammentazione del potere che porta i var i live lli gerarchic i a cont inu i
conflit t i che rendono diffic ile il processo decis ionale) ;
4. Power sharing board (questo model lo si basa sull‘eguaglianza
e la democrazia che tendono a rallentare di mo lto il processo decis iona le,
5
Precedentemente individuati da Murray V., Bradshaw, P. & Wolpin, J. “Power in and around nonprofit
boards: A neglected dimension of governance” in Nonprofit Management and Leadership, 1992, 3(2), pagg.
165-182.
7
necess itando il raggiungimento del consenso di tutte le part i sociali prese
in causa);
5. Powerless board (carat ter izzato dall‘assenza di leadership.
Mancando un leader in grado di orientare gli sforzi comuni,
l‘organizzazione avrà molte diffico ltà a raggiungere decis ioni condivise e
non, necessar ie per il perseguimento dei fini organizzat ivi ).
I risult at i indicano che, indipendentemente dal live llo gerarchic o le
percezioni r isultano essere omogenee nell‘ambito della stessa
organizzazione.
Per di più il potere viene percepito come inefficace nei cas i in cui i l
dominio r isult a frammentato o imposto dal singo lo dir igente .
Nelle Osnp si r iscontrano svar iat i mode lli di gest ione del potere che,
come affermano gli stess i r icercatori, si delineano sulla base delle diverse
t ipo logie di governance assunte. Riprendendo la termino logia descr it ta da
Mintzberg 6, le Osnp r iconducibili al modello ―Tavolo da cucina” , (che
ut ilizzano la soddisfazione dei propr i membri interni come cr iter io d i
misurazione dell‘e fficacia ), confrontate con le Osnp che invece si or ientano
verso una st ruttura “Boardroom” o “Executive Off ice” s i noterà una
differente percezione di efficienza t ra le d ue categorie di leader: nella
pr ima casist ica descr it ta (Tavo lo da cucina) , si avranno livelli d i
perfomance della governance inefficaci, in quanto elet t i non sulla base d i
part ico lar i competenze, ma per simpat ia, popo lar ità o familiar ità; a l
contrar io le Osnp che vantano una st ruttura organizzat iva più complessa e
un or ientamento verso l‘ambiente esterno di r ifer imento, saranno teatro di
performance percepit e come più efficaci.
Si può affermare, quind i, che la tendenza evidenziata da questo
studio, è diret ta verso la professionalizzazione di tutt i i live lli gerarchic i
delle Osnp, in modo part ico lare di quelli dir igenzia li, in considerazione de l
fat to che a livelli infer ior i di competenze de lla governance corr isponde
l‘ inefficacia e l‘ine ffic ienza delle loro performance.
6
Madella A., “Manuale di sociologia dello sport. Studio del fenomeno e analisi delle organizzazioni
sportive” 2009, Edizioni SdS. Coni Servizi.
8
In chiusura è importante sottolineare che il potere non condiziona
unicamente le relazioni interne delle organizzazioni, ma viene gest ito
anche dai var i stakeholder esterni , a tal punto che essi possono
condizionare i processi decis ionali int erni. Ecco il mot ivo per cui s i
auspica anche per le Osnp l‘ut ilizzo di un approccio multistakeholder
att raverso il quale sia possibile c lassificare gli stakeho lder, sulla base de l
potere at t ribuitogli, delle loro carat terist iche, delle esige nze e delle
aspet tat ive di base.
I var i stakeho lder si considerano sulla base del loro live llo d i
influenza, legit t imità, degli invest iment i, di interessi morali, di potere, di
dir it t i di propr ietà, di vic inanza terr itoriale, di dipendenza, di ut ilit à
st rategica, ecc. I l grado di acquis iz ione di tali at t ribut i determina
l‘ascendente del singo lo stakeho lder su ll‘organizzazione sport iva (OS).
Questo indica che, studiare le OS mantenendo l‘obiet t ivo focalizzato
so lo su una o alcune categorie di portatori di int eresse, sign ificherebbe
elaborare un‘immagine distorta e incompleta del suo reale valore, sia
sociale che economico.
In mer ito a questo aspet to s i propone la disamina delle pr inc ipal i
categorie di stakeholder delle organizzazioni del mondo sport ivo,
d ifferenziando i loro ruoli st rategici, in base alla relazione che essi hanno
con il potere, la legittimità e l‟urgenza. Questo approccio descr it to è stato
ideato da Mitchell, che ha ident ificato, nei t re at t ribut i appena elencat i, i
pr incipali e lement i se let t ivi delle quat t ro categorie di stakeho lder da lu i
descr it te: non-stakeholder, (che non padronegg iano nessuno dei t re
att ribut i), latent stakeholder, (che posseggono solo uno dei t re att ribut i) ,
expectant stakeholder, (che hanno so lo due dei t re at t ribut i) e infine
def initive stakeholder (che posseggono tutt i e t re gli at t ribut i) .
Analizzando questa dist inzione, l‘ult ima categoria, cioè quella de i
def initive stakeholder , sarebbe quella più co invo lta, at t iva e or ientata a l
perseguimento dei propr i int eressi. La t ipologia d egli expectant stakeholder
(stakeho lder in attesa), si classificano a loro volta in dependent
stakeholder (stakeho lder dipendenti) , che padroneggiano urgenza e
legit t imità, dangerous stakeholder (stakeho lder pericolosi) , in possesso d i
9
potere e urgenza, e dominant stakeholder ( stakeho lder dominanti) con
potere e legit t imità.
La categor ia dei latent stakeholder si suddivide anch‘essa in t re
configurazioni: dormant stakeholder (in sospeso), che posseggono so lo
l‘at t ributo del potere, discrtionary stakeholder (discrezionali) , che hanno
so lo la legit t imità e demanding stakeholder (esigenti), che padroneggiano
so lo l‘urgenza.
Gli stakeho lder senza at t ribut i, contrar iamente a quanto si possa
pensare, non r ichiedono so lo un breve monitoraggio passivo, è necessar i o,
piut tosto, tener li sotto controllo perché potrebbero trasformarsi in una delle
alt re categorie menzionate, diventando quindi più influent i, o addir it tura
allontanarsi ancor di più dall‘organizzazione 7.
Alla luce di quanto detto , è importante spec ificare che, un at tento
monitoraggio dei rapport i con i var i inter locutori sociali aiuta i l
management nel processo decis ionale; nonostante ciò la teoria degl i
stakeho lder non r isulta sufficiente. Infat ti essa necessita di un più ampio
studio dell‘organizzazione che implichi analis i approfondite di tutt i g l i
aspet t i organizzat ivi, da quelli formali come i bilanci, a quelli strategici
degli at tor i, del potere e delle coaliz ioni, senza diment icare l‘ indagine
ambientale d i tut t i i sogget t i che, direttamente o indiret tamente, s i
co llegano all‘organizzazione.
Tutt i quest i element i sono essenziali per i manager sport ivi che
vogliano agire proatt ivamente nel bilanc iamento degli interessi di tutte le
part i socia li, operando un‘adeguata assegnazione delle r isorse, sia
finanziar ie che immater iali (potere), nella misura necessar ia per mantenere
relazioni reciprocamente vantaggiose.
7
Mitchell, R. K., Agle, B. R., & Wood, D. J., 1997, op. citata.
10
Introduzione.
Le temat iche r iguardant i il mondo “non prof it” hanno acquis ito , ne l
tempo, maggior spazio e interesse da parte delle ist ituzioni e dei singo li
cit tadini; quest‘ult imi in part ico lare tendono ad essere sempre più at t ivi in
campo sociale.
Se, fino a diversi anni fa, le molte at t ività di util ità sociale erano
delegate al sistema pubblico, la tendenza attuale è quella di snellire sempre
più il medesimo, favorendo la nascita e il t rasfer imento di at tuali e nuove
competenze, verso l‘universo di Terzo Settore. Anche a live llo po lit ico s i
prospetta un ruo lo sempre più r ilevante delle po lit iche di welfare, con
l‘auspic io di r iuscire a superare la burocrazia t ipica delle po lit iche e de i
servizi degli ent i pubblic i, favorendo una maggiore democrat izzazione e
partecipazione della Cittadinanza attiva .
La storia it aliana del welfare mix evidenzia palesemente il contr ibuto
qualitat ivo che le organizzazioni di Terzo Settore possono dare; contr ibuto
che resta st rettamente legato alla t ipic ità delle forme di relazione che, tali
ent i, intessono con i var i stakeholder.
I l presente lavoro punta l‘obiet t ivo sulle organizzazioni non prof it
sportive , cercando di fornire una let tura delle stesse , alla luce delle
numerose dinamiche relazionali , interne ed esterne, che le interessano.
Nella pr ima parte si int roduce l‘argomento att raverso la disamina de l
mondo non pro fit , tentando di fornire, il più possibile , un quadro d i
r ifer imento chiaro dello svar iato universo di terzo settore.
Nel secondo capito lo si concentra l‘at tenzione su l panorama
sportivo , analizzando le sue peculiar ità at t raverso una descr iz ione
dell‘associazionismo italiano e l‘ut ilizzo dei dat i stat ist ici apportat i ne l
corso degli anni.
La terza parte si concentra sulle temat iche di governance , nel lo
spec ifico su lle relazioni di potere , sugli st ili di leadership e sul governo
strategico delle organizzaz ioni non profit . Tali argoment i, saranno po i
r ipresi e applicat i al mondo sport ivo, att raverso la descr izione di alcuni
important i studi condott i all‘estero: il pr imo si r ifer isce all‘analis i de l
potere, degli interessi coinvolt i e delle capacità organizzative , d i alcune
11
organizzazioni sport ive canadesi di live llo nazionale, operant i in sport
diversi e protagoniste di un radicale tentat ivo di t rasformazione
organizzat iva.
I l secondo caso di studio r iportato, evide nzia la forte relazione
esistente t ra la percezione delle performance del Board e i modelli di
potere esistent i nelle organizzazioni sport ive non pro fit , ut ilizzando
l‘approccio del costuzionismo sociale .
La disamina dei due casi di studio è seguita dall‘analisi strategica
delle organizzazioni sportive . In questa sezione, si è tentato di applicare
alle organizzazioni sport ive, il modello di Mintzberg, at t inente alla
relazione t ra le diverse conf igurazioni organizzative e i var i meccanismi di
coordinamento , e il mode llo di analisi strategica delle organizzaz ioni
generali, ideato da Nier.
In chiusura del presente lavoro, s i propone una disamina del le
pr incipali categorie di stakeholder delle organizzazioni del mondo sportivo,
d ifferenziando i loro ruoli st rategici, in base alla relazione che essi hanno
con il potere, la legittimità e l‟urgenza. Questo approccio descr it to è stato
ideato da Mitchell, che ha ident ificato , nei t re at t ribut i appena elencat i, i
pr incipali e lement i se let t ivi delle quat t ro categorie di stakeho lder da lu i
descr it te: non-stakeholder, latent stakeholder, expectant stakehold er e i
def initive stakeholder ; r ivist i anch‘essi in chiave organizzat iva sport iva.
12
Cap. 1.
Il mondo non profit.
Par. 1.1 Descrizione del mondo non prof it.
I l tentat ivo di delineare corret tamente e in modo univoco il mondo de l
non pro fit necessit a il preliminare ut ilizzo di una classificazione , per
meglio comprendere la ―posiz ione‖ del set tore preso in esame. È bene
sottolineare che l‘ut ilizzo della seguente classificazione ha il so lo scopo d i
delineare e discr iminare al meglio i t rat t i t ipici delle or ganizzazioni non
profit (ONP), ino lt re, l‘approccio ut ilizzato sarà in funzione del sogget to
economico, ovvero in base alle fina lit à ist ituzionali perseguit e e loro
att ribuite dai sogget t i promotori.
In questo modo si dist inguono:
a. Aziende di erogazione familiar i (cellule della società che
possono essere cost ituite da uno o più individui) ,
b. Aziende di erogazione pubbliche (ent i previst i
dall‘ordinamento cost ituzionale che si occupano della vita sociale de l
cit tadino: Stato, Regioni, Province, Comuni, Consorzi , ecc. che per
fornire i servizi ist ituzionali si avvalgono di aziende di produzione) ,
c. Aziende di produzione o imprese pr ivate (organizzazioni che s i
prefiggono di produrre ut ili at t raverso la produzione di beni e/o
servizi, ott imizzando le r isorse a dispo sizione),
d. Aziende di produzione o imprese pubbliche (hanno la stessa
funz ione delle precedent i ma sono promosse da ent i pubblic i e danno
maggior prevalenza alla funzione pubblica che allo scopo di lucro) ,
e. Aziende cooperat ive (si t rovano a metà st rada fra l e precedent i,
infat t i svo lgono at t ività produtt iva come le imprese, ma tali at t ivit à
sono dest inate ai so li soci e non all‘ intero mercato) ,
f. Aziende di erogazione istituzionali private, pure o miste
(meglio conosciute come enti non prof it) 8.
Quest‘ult ima è la categoria alla quale ci r ifer iamo in questa t rattazione.
8
Propersi A. “Le aziende non profit – i caratteri, la gestione, il controllo” ETAS 2001, pag 4.