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Pertanto, tutti gli operatori coinvolti a vario titolo e livello
nell’emergenza extraospedaliera al traumatizzato devono possedere uno
standard minimo di conoscenze teoriche e competenze tecniche
(Prehospital Trauma Care – Base) che permettano di fornire le prime
cure e di identificare le situazioni cliniche e dinamiche che richiedono
l’intervento sul terreno di un’équipe con competenze maggiori (Advance
Life Support).
L’introduzione nella pratica clinica delle suddette linee-guida ha
determinato un notevole miglioramento del follow-up di questi pazienti
attribuendo all’infermiere un ruolo di centralità e, di conseguenza, di
grande responsabilità.
L’obbiettivo di questo mio lavoro vuole essere quello di fornire
dei principi generali di soccorso extraospedaliero, limitatamente alla
patologia traumatica che, tuttavia, ricopre una sostanziosa parte
dell’emergenza territoriale.
Pertanto, ho voluto definire il ruolo dell’infermiere nell’ambito del
Servizio Territoriale di Emergenza dalla ricezione della richiesta di
soccorso da parte dell’utente, alla prestazione delle prime cure sul
terreno, al trasporto del paziente presso l’ospedale più idoneo ad offrire
le cure definitive.
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CAPITOLO PRIMO
IL SISTEMA DI EMERGENZA TERRITORIALE
1.1 Premessa
Il sistema di emergenza sanitaria extraospedaliera è per l’Italia una
realtà che nasce solo nei primi anni 90’.
I riferimenti normativi nazionali su cui si basa l’organizzazione
del sistema di emergenza sono contenuti in diverse leggi e decreti in
materia; le principali disposizioni vigenti sono:
◘ D.P.R. 27/03/1992: “Atto di indirizzo e coordinamento
alle Regioni per la determinazione dei livelli di assistenza
sanitaria di emergenza”.
I principali punti da sottolineare in questo decreto sono:
ξ L’istituzione del numero unico sanitario nazionale 118 per
l’emergenza-urgenza sanitaria;
ξ L’individuazione della centrale operativa come struttura di
coordinamento della fase extraospedaliera;
ξ La realizzazione di una rete di collegamenti radio e telefonici che
garantiscano la totale autonomia del sistema;
ξ L’attribuzione della responsabilità al medico ospedaliero, con
documentata esperienza nell’emergenza sanitaria;
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ξ L’assegnazione al personale infermieristico adeguatamente
addestrato della gestione delle attività di centrale operativa;
ξ Il conferimento al personale infermieristico di soccorso della
facoltà, dietro stesura di appositi protocolli approvati dal medico
responsabile, di effettuare terapie infusive e manovre salva vita.
Il D.P.R 27\03\1992 e le Linee guida di applicazione dello stesso
costituiscono il cardine legislativo dell’istituzione del Sistema
Dell’Emergenza Sanitaria. Questo garantisce e gestisce le prestazioni di
emergenza per tutti i servizi in cui è articolata la rete di soccorso
extraospedaliera. L’Art 10 del suddetto D.P.R che recita: “ il personale
infermieristico professionale, nello svolgimento del servizio di
emergenza, può essere autorizzato a praticare iniezioni per via
endovenosa e fleboclisi, nonché a svolgere le altre attività e manovre atte
a salvaguardare le funzioni vitali, previste dai protocolli decisi dal
medico responsabile del servizio”.
L’infermiere si trova frequentemente come UNICA FIGURA
SANITARIA SUL MEZZO DI SOCCORSO a dover stabilizzare le
condizioni critiche nella prima ora che segue l’evento.
◘ D.P.R. 15/05/1992: “criteri e requisiti per la codificazione
degli interventi di emergenza”.
Tale criteri mirano a rendere quanto più possibile uniformi e
confrontabili i dati, registrati in centrale operativa, relativi alle seguenti
caratteristiche:
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ξ La chiamata dell’utente al 118, permette di codificare il luogo
dell’evento, il numero di feriti e ipotizzare la patologia prevalente;
ξ La risposta dell’operatore, con particolare riguardo
all’individuazione del codice di criticità, dell’evento e alla
successiva attivazione dell’équipe e del mezzo adeguato all’evento
stimato;
ξ L’intervento sanitario effettuato contiene dati relativi all’ora di
arrivo del mezzo di soccorso sul luogo dell’evento, al sesso e età
del paziente e all’esito della prima valutazione (es. paziente che
non necessita di intervento, con compromissione delle funzioni
vitali, deceduto);
ξ L’esito dell’intervento, comprende la codifica relativa
all’effettuazione dell’intervento, alla destinazione del paziente e
all’ora di arrivo del paziente in ospedale.
◘ Linee guida della Conferenza Stato-Regioni dell’
08/09/1995
Individua criteri di omogeneità a livello nazionale per garantire
l’applicazione dei principi contenuti del D.P.R. 27/03/1992,
relativamente a:
ξ Organizzazione dell’emergenza sanitaria;
ξ Funzioni e risorse tecnologiche della centrale operativa;
ξ Personale medico e infermieristico;
ξ Sistema territoriale: mezzi di soccorso e punti di primo intervento;
ξ Fase intraospedaliera: servizi di pronto soccorso e dipartimenti di
emergenza-urgenza e accettazione;
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ξ Organizzazione delle maxi-emergenze.
1.2 Organizzazione e obiettivi di un sistema di risposta
all’emergenza
I concetti che devono guidare le scelte organizzative e gestionale
di un moderno sistema di emergenza sanitaria extra ospedaliero devono
essere indirizzati a:
ξ Individuare per la popolazione una struttura facilmente allertabile,
professionale e in grado di filtrare la richiesta, organizzare
l’intervento, indirizzare il ricovero;
ξ “portare l’ospedale al paziente”, e cioè trasferire sul luogo di
insorgenza della patologia acuta tutte le tecnologie e le
professionalità che consentano di ridurre al minimo la mortalità e
gli esiti invalidanti derivanti dalle più importanti patologie, sia
traumatiche che non;
ξ Garantire il ricovero del paziente non nella struttura ospedaliera
più vicina, ma in quella in grado di erogare le prestazioni
diagnostico-terapeutiche più adeguate alla patologia riscontrata.
Un sistema che opera con tali presupposti di efficienza ed efficacia
riduce la mortalità e gli esiti invalidanti delle patologie acute, agli stessi
indici statistici riscontrati per le medesime patologie che hanno colpito
pazienti degenti in ospedale.
Infatti, in situazioni di compromissione delle funzioni vitali, si
verifica un considerevole abbattimento degli indici di mortalità e
morbilità quando si dispone di un sistema di intervento che consenta:
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ξ Un precoce inizio del trattamento e stabilizzazione del paziente
direttamente sul teatro dell’evento;
ξ La prosecuzione dello stesso “in itinere”;
ξ Il ricovero presso l’ospedale più idoneo secondo una competenza
nosologica e non territoriale, in altri termini, l’ospedale più
attrezzato per il trattamento definitivo della specifica patologia.
Un sistema di risposta cosi strutturato realizza il concetto della
“catena del soccorso traumatologico” consistente in un complesso di
azioni concatenate l’una all’altra al fine di ridurre la mortalità e morbilità
da trauma.
Le fasi della catena del soccorso traumatologico sono:
1. allarme e dispatch: dispatch regola i meccanismi di processo della
chiamata per garantire l’invio dell’équipe più adeguata;
2. valutazione della sicurezza della scena: l’arrivo dell’équipe sulla
scena non deve prescindere dalla valutazione della sicurezza
ambientale e dei potenziali rischi;
3. triage dei feriti per priorità di trattamento: negli eventi traumatici
è frequente la presenza di più vittime ed è pertanto essenziale
riconoscere le lesioni che richiedono un trattamento prioritario e
stabilire quali feriti trasportare per primi;
4. trattamento extraospedaliero: rappresenta l’anello fondamentale
della catena del soccorso del traumatizzato in ambito
extraospedaliero e comprende le fasi della Primary e Secondary
Survey;
5. trasporto dei feriti all’ospedale più idoneo;
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6. trattamento ospedaliero: la struttura ospedaliera rappresenta
sempre il luogo dove si completa la gestione del traumatizzato,
attraverso la fase diagnostica e terapeutica.
I cardini della catene del soccorso sono:
ξ il servizio territoriale del soccorso, braccio operativo sul territorio
del sistema;
ξ il dipartimento di emergenza, struttura di ricevimento dei soggetti
soccorsi e stabilizzati;
ξ la centrale operativa, ente di coordinamento e fulcro del Sistema
di Emergenza Territoriale.
Con l’istituzione del numero unico di Emergenza Sanitaria 118 in
base al D.P.R. del 27\03\1992 il cosiddetto “Decreto 118”, il sistema di
emergenza extra territoriale, insieme al ruolo dell’infermiere, inizia a
subire un profondo cambiamento.
Attraverso una serie di provvedimenti legislativi l’infermiere ha la
possibilità di specializzarsi al fine di acquisire “delle conoscenze cliniche
avanzate”.
Infatti non c’è posto all’improvvisazione vista l’evoluzione
continua nell’approccio al paziente critico, come ad esempio il passaggio
da uno SCOOP and RUN allo STAY and PLAY, il tutto per la
diminuzione della mortalità ed esiti invalidanti nella prima ora dopo
l’evento incidendo sull’intervallo di tempo in cui la vittima rimane senza
terapia.
La distinzione fra i professionisti non è data semplicemente dal
titolo acquisito, ma tale distinzione viene determinata da una serie
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ulteriori di caratteristiche che, secondo il mio parere, sono fondamentali
per l’infermiere di area critica.
Queste caratteristiche sono individuate in:
ξ PREPARAZIONE SPECIFICA
ξ ESPERIENZA
ξ PROFESSIONALITA’
ξ ELASTICITA’ MENTALE
PREPARAZIONE SPECIFICA
Il professionista deve acquisire tecniche e metodiche
comportamentali che permettano la padronanza in regime di urgenza,
dove per tecniche si intendono:
- BLSD, cioè sostegno delle funzioni vitali di base mediante
rianimazione cardiopolmonare con l’ausilio del Defibrillatore semi
automatico;
- PBLSD, per l’acquisizione di tecniche di rianimazione di base
come il BLS nei bambini che vanno da 0 a 8 anni;
- ACLS, per l’acquisizione di tecniche di assistenza avanzata al
paziente in arresto cardiaco;
- PHTLS, dove si acquisiscono le tecniche per la gestione,
immobilizzazione e assistenza del paziente traumatizzato;
- Profonda conoscenza e abilità nella gestione e impiego delle
tecnologie, strumentazioni e presidi assistenziali.
Per metodiche comportamentali si intende:
1. gestione dell’emotività
2. comunicabilità
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3. prevenzione della Sindrome del soccorritore da Barnout
Ciò mostra che anche nell’area critica l’aspetto relazione
educativo è fondamentale, come indicato dal profilo professionale
dell’infermiere.
ESPERIENZA
Questa caratteristica è intesa come acquisizione diretta,
teorico/pratica di nozioni che permettono all’infermiere che opera nel
settore dell’emergenza di valutare velocemente lo stato di gravità del
paziente sia l’assistenza mirata al problema.
L’esperienza si acquisisce sul campo, ma non come l’assistenza
meccanica ad un numero infinito di pazienti, ma come pianificazione
dell’assistenza mirata e soggettiva, quanto alla ricerca infermieristica.
PROFESSIONALITA’
La professionalità, qualità che non la si acquisisce solo tramite un
titolo come altre qualità dell’individuo, è una caratteristica personale che
nasce con il professionista, insieme alla sua consapevolezza e al suo
credo convinto verso valori e principi che rendono la professione così
importante nella società. Particolare riguardo quindi, all’infermiere
professionale che opera nell’area critica in quanto deve avere la capacità
di analizzare ed intraprendere in modo sistematico la situazione
assistenziale anche in condizioni di stress. Infatti spesso si trova a dover
prendere decisioni, a organizzare, e ad agire in regime di urgenza con
limitate risorse.