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Sulla base dei risultati sono condotte, nel quarto capitolo, alcune riflessioni nella
direzione di costruire una ipotesi di perco rso da sperimentare con future classi di liceo.
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Ringraziamenti
Il grazie più grosso va alla Dott.ssa Olivia Levrini per la disponibilità, pazienza e
professionalità con cui mi ha aiutato e consigliato nello sviluppo della tesi e per avermi
trasmesso un metodo di lavoro e di ricerca.
Desidero ringraziare in modo del tutto speciale la Prof.ssa Paola Fantini, che si è
sempre dimostrata disponibile nel mettere a disposizione la sua competenza, la Prof.ssa
Nella Grimellini Tomasini e il Prof. Fabio Filippi per gli utili spunti di riflessione
forniti.
Ringrazio inoltre in modo particolare il Prof. Silvio Bergia per gli utili e mirati
suggerimenti e il prof. Paolo Pendenza per gli importanti consigli e per le stimolanti
discussioni.
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Capitolo 1
L’insegnamento della Meccanica Quantistica a livello di
scuola secondaria superiore tra difficoltà degli studenti e
problemi interpretativi ancora aperti
Introduzione
L’origine di questa tesi è rintracciabile in una mia esperienza di insegnamento
della meccanica quantistica svolta in una quinta classe di un liceo scientifico.
Tale esperienza e, soprattutto, l'insoddisfazione derivante da alcuni esiti della stessa mi
hanno spinto ad una riflessione sui contenuti del progetto didattico scelto e, più in
generale, sui contenuti che devono essere trasmessi in un percorso di insegnamento
della fisica moderna.
E' importante in primis sottolineare i motivi per cui ritengo sia importante
insegnare la meccanica quantistica già nella scuola superiore.
E’ pur vero che oggi, an che in Italia, ci sono alcune istanze contrarie all'introduzione
dell'insegnamento della fisica moderna nei curriculi degli studenti di scuola superiore.
Tali istanze si fondano sulla già imponente vastità dei programmi che ne risultano, sulla
evidente dif ficoltà di comprensione di questi argomenti ritenuti non necessari alla
formazione culturale scientifica di un cittadino medio, il cui interesse per la fisica non è
specifico. Si mette inoltre in discussione l'aspetto formativo dei contenuti della fisica
moderna per "l'indisponibilità del necessario strumento matematico" che rende tali
argomenti affrontabili solo "a livello informativo e meramente nozionistico,
contribuendo dunque assai debolmente alla costruzione di un quadro mentale efficace"
(Bernardini, et al. 2005). Gli stessi autori sostengono una fisica "meno ambiziosa" che
"faccia maggiore attenzione ai collegamenti tra fisica e tecnologia quotidiana, perché gli
studenti possano usare le nozioni apprese per comprendere il mondo che li circonda."
E’ senz’altro vero che gli argomenti di fisica moderna richiedono indubbiamente
il tempo necessario per farne una esaustiva trattazione che sia compresa e assimilata
dagli studenti, ma nel contempo la valenza formativa della fisica moderna è molteplice.
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La meccanica quantistica, insieme alla relatività, rappresenta infatti la base di tutta fisica
moderna e al giorno d’oggi sembra anacronistico pensare che si possa uscire dal liceo
scientifico senza conoscerne i presupposti. Del resto il mondo tecnologico che pe rvade
l’esperienza di tutti si basa su effetti quantistici o relativistici e molte opere divulgative
che attraggono l’attenzione di un pubblico sempre più vasto vertono su tali teorie. In
questo quadro, sembra doveroso chiedersi come la scuola possa e debb a contribuire a
formare persone capaci di confrontarsi in modo critico con tali realtà e orientarsi in
modo consapevole.
Ritengo, inoltre, che lo studio della meccanica quantistica e dei dibattiti che si
sono sviluppati sulla sua interpretazione, alcuni an cora all’ordine del giorno, abbia un
valore culturale e formativo molto forte nella direzione di porre lo studente a contatto
con la problematicità della fisica e il suo carattere di disciplina in continua evoluzione.
Lo studio della meccanica quantistica può essere infatti un’ottima occasione sia per
sottolineare che la fisica non è soltanto un insieme di nozioni che occorre imparare ma
è, prima di tutto, un modo di vedere il mondo, sia per guidare lo studente a rendersi
conto che teorie, costruite quasi u n secolo fa, pongono problemi interpretativi ancora
oggi molto dibattuti.
Da risultati di ricerca emerge che tali problemi appassionano molto gli studenti,
probabilmente perché offrono spunti per riflessioni che gli adolescenti, in quella
difficile fase d i crescita e definizione di se stessi, sentono utili per la costruzione di una
propria concezione del mondo.
Affinché la meccanica quantistica possa svolgere un ruolo formativo importante
è necessario non trascurare l'evoluzione storica della teoria e mos trare il travagliato e
complesso percorso interpretativo che ha seguito per essere accettata e sempre più
capita.
Queste motivazioni mi hanno portato a compiere un’indagine in letteratura di
ricerca in Didattica della fisica relativamente all’insegnament o della meccanica
quantistica riguardo le difficoltà riscontrate nel corso di esperienze maturate a diversi
livelli di scuola.
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L’indagine mi ha condotto a ritenere che nella costruzione di un percorso di
introduzione alla meccanica quantistica occorra ten ere presente che molte difficoltà
degli studenti siano relazionabili a problemi interpretativi della teoria ancora oggetto di
studio e dibattito. Tali difficoltà emergono nell’insegnamento e spesso portano gli
studenti ad incagliarsi contro scogli che dive ntano insormontabili.
Nel seguito quindi effettuerò un'analisi di alcuni dei principali problemi
nell'apprendimento della fisica quantistica, anche a livello universitario, per confrontarli
poi con i problemi propri dei fondamenti stessi della teoria e inf ine trovarne i primi semi
all'interno di un percorso didattico da me svolto in una quinta classe di un liceo della
comunicazione.
Si evidenzierà come le radici di tali problemi infatti siano rintracciabili in alcune scelte
“tradizionali” di introduzione al la teoria e spesso nascano, ancora più a monte, nella
trattazione della fisica classica che porta a concezioni che si rivelano poi fuorvianti o
comunque di ostacolo all'apprendimento della fisica moderna.
Tra le molte problematiche legate all’insegnamento/ apprendimento della
meccanica quantistica ho scelto di analizzare, in particolare, le difficoltà legate a tre
tematiche che sono a mio parere fondamentali all'interno di un percorso d’insegnamento
sulla fisica quantistica: il problema della caratterizzazio ne dell’oggetto quantistico, il
problema della misura e il problema della non località che emerge con lo studio dei
sistemi a più particelle.
Una delle rinunce più dolorose che si è costretti a fare nello studio della
meccanica quantistica è quella legata all’impossibilità di formarsi un’immagine mentale
dell’oggetto che si sta studiando. Se pensiamo, infatti, ad un oggetto, come siamo
abituati a fare nell'esperienza quotidiana, abbiamo la necessità di attribuirgli proprietà
intrinseche che ci servono per qualificarlo, e per formarci quella rappresentazione
mentale che ci aiuta a comprenderne il comportamento.
Il venir meno della possibilità di attribuire proprietà distintive che erano per noi
fondamentali per qualificare un oggetto e inquadrarlo rispetto a lle nostre categorie
mentali rappresenta una forma di disorientamento che ha fatto molto dibattere i padri
fondatori della teoria e non solo. Infatti, come afferma Toraldo di Francia "nel dominio
della microfisica la nozione del senso comune di oggetto fis ico crolla. In quel campo i
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fisici hanno cominciato a basarsi sempre di più su entità astratte, con simmetrie e
invarianti, piuttosto che su oggetti del senso comune." (Toraldo di Francia, 1987) La
rilevante differenza di statuto ontologico che gli oggetti della fisica moderna presentano
in confronto allo statuto dei "corpi" della fisica classica è un problema centrale per il
realismo scientifico e si trasforma in un problema didattico quando si affrontano a
scuola le tematiche relative alla fisica quantist ica.
Mi occuperò quindi di evidenziare quali problemi nascano affrontando la
descrizione della meccanica quantistica mediante la caratterizzazione degli oggetti che
prendono parte ai processi.
Il problema della misura è, come si sa, cruciale perché spinge ad una analisi di
alcuni presupposti della fisica classica, come quello di causalità e di distinguibilità tra
osservatore e osservato, e apre il problema estremamente delicato del passaggio dal
classico al quantistico. Come afferma John Stewart Bell: "La meccanica quantistica
soffre di una fondamentale ambiguità che deriva dal fatto che nessuno sa esattamente
dove debba collocarsi il confine tra il vago mondo quantistico ed il mondo preciso degli
eventi specifici. Questo per me è il vero problema della teo ria. Dal punto di vista pratico
non c'è problema - in pratica siamo sempre in grado di scegliere questo confine
giudiziosamente in modo che piccoli spostamenti in un verso o nell'altro non importino
molto. Ma ogni volta che introduciamo questo confine, e d obbiamo collocarlo da
qualche parte, noi stiamo dividendo arbitrariamente il mondo in due parti e usando due
descrizioni del tutto diverse, una per una parte e l'altra per l'altra." (Bell, 1987).
Il problema del passaggio dal classico al quantistico è fond amentale per entrare in
un'ottica quantistica e per gli studenti è necessario acquisire consapevolezza su quanto
sia diverso il significato di un processo di osservazione nei due mondi.
L'altra tematica che ho ritenuto importante affrontare riguarda la non località che
emerge quando si passa dallo studio di un singolo oggetto quantistico ad un sistema.
Questa tematica è di grande importanza anche perché i suoi possibili sviluppi
tecnologici costituiscono oggi temi ampiamente trattati a livello divulgativo. E' quindi
indispensabile fornire agli studenti le chiavi per poterne avere una comprensione
scientifica il più possibile rigorosa.
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Il problema dell’oggetto quantistico
Come è possibile e in base a quale criterio si attribuisce una proprietà ad un
oggetto? Come si arriva a ritenere che le proprietà di un oggetto esistano anche prima
della loro misura?
La meccanica quantistica ha messo in luce problemi che prima sembravano
risiedere solo a livello filosofico ed ha evidenziato che quelle che chiamiamo propr ietà
di un oggetto sono il risultato di un’interazione tra strumento di misura e oggetto e di un
successivo processo di astrazione con il quale le sintetizziamo nell'idea dell'oggetto
stesso. "Nella fisica pre -quantistica tale inferenza non creava alcun pr oblema, mentre
con la meccanica quantistica si è visto che tale inferenza – anche quando è giustificata
sul piano pratico - non ha un valore ontologico che autorizzi a vedere gli oggetti come
indipendenti anziché come costruzioni volte a strutturare l'espe rienza secondo
invarianti". (Cavallini, 2001).
Quelle che chiamiamo proprietà di un oggetto, dunque, esistono anche prima che
ne venga effettuata la misura oppure no? E’ veramente necessario ed irrinunciabile
immaginare un oggetto dotato di proprietà intr inseche per capirne il comportamento?
Problematiche di questo tipo sono particolarmente sentite dagli studenti nel loro
accostarsi alla fisica quantistica perché diventa difficile ad esempio riuscire a resistere
alla tentazione di volersi creare un'immagin e mentale di un oggetto anche quando
questa immagine non è possibile, mancando la possibilità di utilizzare la consueta
terminologia che deriva dall'esperienza quotidiana.
Come afferma Gesche Pospiech:"E’ molto difficile trasportare la non esistenza
della posizione di un oggetto fisico perché nella vita di tutti i giorni gli oggetti hanno
posizioni descrivibili. Non è nemmeno possibile parlare di oggetti senza menzionare la
loro posizione. Questi problemi diventano chiari non appena viene trattato
l’esperimento della doppia fenditura: come descrivere il passaggio di un fotone
attraverso l’apparato? Una possibile formulazione potrebbe essere che i fotoni sono una
sovrapposizione di possibili posizioni (ed egualmente con la sovrapposizione dei
momenti). Ma no n è possibile dare agli studenti una immagine concreta come oggetti
classici." ( Pospiech, 1999).
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Riporto di seguito un commento di uno dei miei studenti al termine del percorso di
fisica quantistica da me svolto.
Voglio dire, prendiamo un fenomeno qualunque, il passaggio della luce da un mezzo
all'altro, si deviano le onde, lo abbiamo visto, si deviano le particelle, lo abbiamo visto;
tutti e due cambiano velocità, lo abbiamo misurato. Possiamo pensare che un quanto
devi la sua direzione e cambi la sua velocità se non so neanche che direzione e che
velocità aveva prima?"(M.)
Lo studente avverte la necessità di dare una caratterizzazione precisa dell'oggetto di
studio attribuendogli delle proprietà che sono per lui irrinunciabili.
Cerchiamo di capire l'o rigine di questa problematica analizzando il percorso da
me seguito nell'introduzione alla fisica quantistica.
Si tratta di un approccio alla fisica quantistica che segue un percorso di ottica. Si
è partiti da una domanda di conoscenza: che cosa è la luce?
Dallo studio del comportamento della luce ci si è spostati alla costruzione di leggi
fenomenologiche mediante la ricerca di regolarità nel fenomeno.
Quindi si è passati dall'indagine sulla natura della luce alla formulazione di modelli
interpretativi, descrittivi.
Si cercava di dare risposta a questa domanda mediante un percorso concettuale che
prendesse in considerazione i diversi modelli storicamente proposti, testandoli con
esperienze dirette.
Sul piano epistemologico si è sottolineata l’importanza ed i l valore dei modelli
usati per descrivere i fenomeni osservati, si è chiarito il concetto di modello
interpretativo proponendo un’immagine della fisica come di un prodotto culturale,
aperto a diverse possibili interpretazioni degli stessi contenuti discipl inari. Si è quindi
posto l’accento sui limiti intrinseci a qualunque modello interpretativo: non si può dire
che la luce sia fatta da corpuscoli oppure la luce sia composta da onde ma occorre dire
la luce si comporta come se fosse un corpuscolo o come se fosse un'onda. Nello
svolgersi del percorso sono stati chiariti i differenti modelli utilizzati nel corso della
storia per dare una descrizione della luce:
• modello corpuscolare di Newton;
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• modello ondulatorio di Huygens Young (con particolare attenzione al principio di
sovrapposizione);
• modello a fotoni di Einstein;
Partendo dal modello di Newton, nell'analisi dei differenti modelli è stata data voce agli
stessi scienziati, cercando di chiarire la loro interpretazione attraverso la lettura di parti
di loro testi originali.
L'attendibilità di ogni modello è stata controllata mediante esperimenti che hanno
portato a comprendere le diverse problematicità dovute alle differenti rappresentazioni.
Questo percorso attraverso i modelli parte da visualizzazioni int uitivamente
molto facili che si radicano fortemente nell’immaginario degli studenti.
La luce come composta da particelle nel modello alla Newton è uno di quei concetti che
presenta un fortissimo carattere di persistenza e in più viene rafforzato da ripetut i
esperimenti come quello della modellizzazione della rifrazione della luce con piano
inclinato e una sfera metallica che rotola sul piano.
Il modello corpuscolare viene quindi letto da alcuni non come modello ma come realtà,
e soltanto qualcuno è riuscito a passare ad una visione della luce come composta da
fotoni, “visione alla Einstein”; nessuno studente riesce però ad uscire da questa
modellizzazione e oltrepassare questo misconcetto:
“non è possibile che una particella sia contemporaneamente in due punti distinti e
riesca ad interferire con se stessa, o è a destra o è a sinistra, ”( M.)
"Ma ci sarà qualcosa che passa attraverso le due fenditure, o un quanto enorme, o un
quanto spaccato a metà" (A.)
L'attenzione è quindi concentrata sempre e solo sull 'oggetto e sul tentativo di darne una
descrizione. Devo potere attribuire proprietà all'oggetto, come può esistere un oggetto
senza una posizione e senza una velocità?
Istante per istante deve esistere un determinato oggetto dotato di una identità propria e
di una collocazione nello dello spazio e nel tempo. Questa necessità comporta anche
difficoltà nell'accettazione della visione discontinua della natura:
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"ma mentre compie il salto il mio quanto dove si trova, tra il punto di partenza e il
punto di arrivo intendo?"(A.)
“come si fa a saltare da un livello di energia ad un altro senza passare per i livelli
intermedi”(M.)
Si tratta, a mio parere, di punti di arrivo che è difficile poi superare modificando
la propria concezione. Sono fondamenta conoscitive che non permettono la costruzione
dell'edificio quantistico ma anzi rischiano di minarne la stabilità. Non si può chiedere
agli studenti di rinunciare alla creazione di una immagine dei concetti quando si sono
dati loro dei supporti immaginativi così fort i.
Si rischia quindi sconforto e insoddisfazione, insoddisfazione che sembra derivare dal
non riuscire più a rappresentarsi l'oggetto di studio.
"Quello che non riesco a capire è, anche se io non riesco a vederlo ci sarà qualcosa che
si muove, che ha un certo comportamento, che so che si trova a destra o a sinistra.
Invece sembra di no!" (C.)
“Secondo me era tutto così chiaro fino a prima che ora sono confuso, ma è possibile
che cambino le leggi solo perché faccio un cambio la scala, forse si deve aspettare che
arrivi un altro Newton che faccia rientrare tutto in un’unica legge, come per la
gravità”(M.)
"secondo me qui bisogna che gli scienziati si diano una mossa, perché non hanno
ancora scoperto tutto per ora hanno creato solo una grande confusione, manca
qualcosa, questa è l'unica spiegazione, che ancora dobbiamo scoprire per riuscire a
spiegare quello che succede"(T.)