4
del sito Internet Napster che permette a chi è collegato di scaricare i file
MP3 gratuitamente; da allora al nome MP3 è stata associata la pirateria
musicale su Internet ma di questo parlerò nei Cap. 2 e 3 e nella conclusione.
Nel primo capitolo verranno analizzate da un punto di vista storico,
sociologico e commerciale le varie tipologie della diffusione della musica,
dall‘inizio del XX secolo ai nostri giorni. Il lavoro prosegue con la
descrizione dei siti Internet più famosi nel secondo capitolo: verranno
presentate le nuove strategie di mercato, cercando di analizzare il perché del
successo ottenuto presso il popolo degli internauti. Nel terzo capitolo, dopo
un'introduzione alle convenzioni ed alle leggi nazionali ed internazionali
sulla proprietà intellettuale, verranno poi individuate le problematiche
relative ai diritti musicali in Internet e le soluzioni recentemente adottate
dalla giurisprudenza, nonché i possibili aspetti futuri del fenomeno.
Infine, nelle conclusioni, saranno riportate le opinioni di coloro che
ritengono il fenomeno MP3 una minaccia per il mercato della musica di
consumo e i pareri di coloro che, al contrario, ritengono il fenomeno una
nuova frontiera dove non ha più senso che esistano gli intermediari della
produzione e distribuzione di opere creative dell'ingegno umano; alla fine si
vedrà come il fenomeno Internet possa essere una nuova fonte di mercato
anche per coloro che ne lamentano i danni subiti, ovvero le major.
5
Cap.1 - Indagine storica sulla diffusione della musica
1.1 Il passaggio dalla musica scritta al disco
Alla fine del XIX secolo, i mezzi di diffusione del repertorio della nascente
industria musicale erano costituiti dalla vendita di fogli volanti con i testi
delle canzoni, fogli chiamati broadsides nel mondo anglosassone, copielle
per la canzone napoletana che vendevano milioni di copie; altri mezzi di
diffusione erano gli spettacoli di varietà (vaudeville, music hall), con generi
quali le canzoni popolari (folk songs), le romanze da salotto, le parodie dei
brani operistici di maggior successo, brani di operette2. All‘inizio del XX
secolo il genere musicale più diffuso era senza alcun dubbio la canzone
napoletana, grazie ad una macchina a meccanismo azionato da una
manovella, chiamata organetto di Barberia detta anche il pianino, lo
strumento dei musicisti ambulanti; la canzone regina dell‘epoca era O’ sole
mio che veniva diffusa anche per mezzo dei cantori incaricati di intrattenere i
clienti dei centri di ristoro e di turismo, i cosiddetti posteggiatori3.
Il fonografo di Edison del 1877 non era entrato nell‘uso comune, né del resto
avrebbe potuto ambire ad essere strumento di massa, data la natura dei
cilindri di cera, troppo cari per il mercato4.
Un importante miglioramento alla tecnica della registrazione venne fatto nel
2
F. Fabbri, La canzone, in «Enciclopedia della musica - Diretta da Jean Jacques Nattiez - Vol. I - Il
Novecento, Einaudi, Torino, 2001», p.562, 563.
3
R. Dalmonte, Voci, in «Enciclopedia della musica - Diretta da Jean Jacques Nattiez - Vol. I - Il
Novecento, Einaudi, Torino, 2001», p. 285.
4
H. Jaques, Dal Rullo di cera al CD, in «Enciclopedia della musica - Diretta da Jean Jacques Nattiez - Vol.
6
1887 da Emil Berliner che sostituì al cilindro un disco, facilitando così la
duplicazione della registrazione sonora e di conseguenza la diffusione di
musica riproducibile a piacere; fu così che ancora prima della nascita del XX
secolo nacquero la Deutsche Grammophon Gesellschaft (fondata dallo
stesso Berliner) e la Gramophone Company di Londra che invitò Enrico
Caruso a registrare la sua voce con la celebre O’ sole mio che fu un successo
mondiale5.
I primi fonografi erano stati progettati per le attività come la dettatura negli
uffici e per l‘archiviazione di informazioni, il loro uso nel campo della
musica non fu previsto se non nel campo della nascente etnomusicologia dai
pochi pionieri illuminati: grazie ai fonografi, funzionanti per mezzo di un
meccanismo a molla, vennero recuperati campioni musicali provenienti da
regioni isolate, dando un fondamentale impulso alla futura ricerca
etnomusicologica; la prima registrazione venne effettuata da Walter Fewkes,
nel 1899, tra popolazioni amerinde. Tra gli altri importanti pionieri della
registrazione musicale a scopo di ricerca etnomusicologica Carl Stumpf, il
fondatore del primo archivio di musiche non occidentali a Berlino e Bela
Bartók che utilizzò il grammofono per le sue campagne di raccolta di canti
folclorici ungheresi6.
Ma poco dopo, queste invenzioni vennero associate all‘onda dello sviluppo
degli strumenti meccanici per la riproduzione di musica come le scatole
musicali, gli orchestrion, organetti, pianoforti e pianole azionati da
meccanismi. Si vide subito la possibilità per una produzione di massa, già
I - Il Novecento, Einaudi, Torino, 2001», pp. 786-788.
5
H. Jaques, Dal Rullo di cera al CD, in «Enciclopedia della musica - Diretta da Jean Jacques Nattiez - Vol.
I - Il Novecento, Einaudi, Torino, 2001», pp. 788-790.
6
H. Jaques, Dal Rullo di cera al CD, in «Enciclopedia della musica - Diretta da Jean Jacques Nattiez - Vol.
I - Il Novecento, Einaudi, Torino, 2001», p. 788.
7
nel 1914 un numero ristretto di produttori in Europa occidentale e Stati Uniti
distribuirono più di cento milioni di dischi, grazie ad una rete di
distribuzione capillare.7
Con l‘avvento del disco la musica divenne una merce da poter acquistare e
portare a casa propria (proprio perché fu possibile registrarla su di un
supporto fisico) e perse il carattere di intrattenimento di tipo orale,
avvicinandosi ad un pubblico sempre più vasto, in quanto la possibilità di
godersi un'esecuzione musicale in privato e nel proprio tempo libero fu il
successo della diffusione dei dischi; purtroppo l‘aspetto negativo di questo
vantaggio è la perdita di sacralità dell‘ascolto stesso: l‘abitudine a prodotti
tecnicamente perfetti priva l‘ascoltatore del piacere dell‘imprevisto e della
partecipazione diretta all‘avvenimento musicale. Negli anni ‘10 canzone e
disco si identificano; ad influenzare pesantemente il genere musicale del
disco furono le sue peculiarità tecniche: la durata temporale disponibile su di
ogni facciata e la risposta in frequenza ridotta, fecero in modo che gli
strumenti musicali ricchi di toni medi furono preferiti ad altri meno atti alle
registrazioni del tempo (fu così che il clarinetto divenne il solista preferito
assieme alla voce tenorile) ed i generi preferiti dai discografici furono le
canzoni e le brevi arie e romanze per tenore. Si venne a creare così nell‘uso
l‘associazione tra il 78 giri e una forma vocale di breve durata; gli anni ‘20
decretarono il successo della canzone, grazie al mercato discografico che
assume dimensioni gigantesche che ritroverà solo negli anni ‘60.
Il XX sec. si caratterizza per una profonda frattura con il passato sin dagli
esordi; con l‘apertura del nuovo secolo, nasce lo sviluppo del capitalismo e
della conseguente cultura di massa: lo dimostra una crescente espansione nel
7
Dati ricavati dall‘articolo di P. Gronow dal titolo The record industry: the growth of a mass medium,
8
mercato internazionale dei prodotti americani, visibile, in campo musicale,
dall‘impatto e dalla diffusione dei generi come il Rag Time ed il Dixieland di
matrice afroamericana o dalla diffusione di danze per bianchi quale il Fox
Trott e, qualche anno dopo, le canzoni commerciali di Tin Pan Alley (il
nome del quartiere di New York che ospitava l‘industria musicale). La
tendenza americana prende campo anche attraverso i nuovi metodi di
produzione, come la pubblicistica e la distribuzione di massa; per quanto
concerne il mondo che ruota attorno alla musica, i sintomi della
monopolizzazione si vedono attraverso una riorganizzazione delle strutture:
[…] nella combinazione di proprietà corporativa, sindacati industriali e
associazioni imprenditoriali regionali e nazionali, e politiche volte a limitare
la concessione di licenze, mirata ad escludere i piccoli imprenditori.8
Lo sviluppo di questa industria discografica fece sì che l‘esperienza musicale
piccolo borghese, tradizionalmente legata ai circuiti dei piccoli teatri o degli
spettacoli itineranti (canzoni per il music hall ed il varietà), avvenisse
sempre più nell‘ambito privato della propria abitazione, mentre l‘esperienza
musicale popolare, sempre più trasformatasi in fenomeno di consumo di
massa, si stava spostando dai luoghi condivisi, come le strade ed i pub, agli
spazi pubblici dedicati appositamente alla musica, che diventarono parte
importante del mercato musicale commerciale a livello nazionale prima,
internazionale poi.
Gli anni venti vedono produzione e distribuzione musicali concentrate nella
nuova alleanza tra grossi editori del circuito di Tin Pan Alley e case
discografiche in veloce sviluppo, come la Victor che già dagli anni ‘10 era la
dominatrice del mercato del disco negli Stati Uniti; poco dopo si sviluppò la
apparso in Popular Music, n°3 del 1983, p. 59.
9
radiofonia, cui seguì la cinematografia negli anni trenta; è questa l‘era nella
quale si espandono (in modo particolare negli Stati Uniti, per via dei nuovi
metodi industriali denominati fordismo) il linguaggio ed i metodi della
logica dettata dal mercato di massa: ecco che si assiste al fenomeno per cui
una nuova canzone deve essere ripetuta nelle orecchie del pubblico in tutte le
città per diventare popolare.
1.2 La musica via radio: nascita della musica di consumo
Possiamo considerare la radio ed il grammofono degli anni ‘20 e ‘30 come
parte dell‘arredamento delle case dei borghesi; le trasmissioni radiofoniche
erano simbioticamente collegate a Tin Pan Alley, il cui repertorio si era
cristallizzato in forme di tradizione scritta e di matrice borghese (forme
musicali legate alla tradizione classica: musica tonale ovvero costruita su
melodie legate ad una tonalità maggiore o minore con strutture armoniche di
accompagnamento funzionali a tale tonalità).
Quando nel 1924 venne introdotta la nuova tecnologia elettrica per le
registrazioni9, in risposta alla migliore qualità sonora della radio, si sviluppò
il modo di cantare al microfono tipico dei crooners, che si conformò
perfettamente all‘arredo ed all‘intimità dell‘ascolto musicale casalingo.
Vero è che già da tempo l‘editoria musicale era un‘industria, ma la
produzione dei dischi assume un vero e proprio carattere seriale-industriale
8
Da R. Middleton, Studiare la popular music, Feltrinelli, Milano, 1994, p.33.
9
«Messo a punto nel 1924 dai laboratori della Bell Telephone (Stati Uniti) a seguito di ricerche scientifiche
avviate fin dal 1919, il microfono elettrico operò una rivoluzione nel mondo della registrazione» da:
H. Jaques, Dal Rullo di cera al CD, in: «Enciclopedia della musica - Diretta da Jean Jacques Nattiez - Vol.
10
in quanto si evita, grazie al disco, il problema dell‘interpretazione musicale
ora affidata ad uno staff di professionisti (tra i quali Ira e George Gerschwin,
Jerome Kern, Cole Porter, Richard Rodgers, Lorenz Hart, Oscar
Hammerstein, Irvin Berlin).
Al tempo della depressione economica mondiale degli anni ‘30 accanto al
grammofono si fece strada la trasmissione radiofonica ed il film sonoro, la
radio divenne proprio in questi anni una presenza molto diffusa. L‘ascolto
ritornò a farsi meno passivo rispetto al disco, l‘oralità riprese il sopravvento
sulla scrittura: ascoltare la radio è una continua tensione con appagamenti e
sorprese perché in questi anni la musica viene trasmessa suonata dal vivo.
Dopo i conflitti sulle nuove forme di danza e di musiche eseguite dalla
comunità degli afroamericani, già sin dalla metà degli anni venti le musiche
di successo sono quelle che, attraverso l‘esclusione degli elementi tipici del
linguaggio radicale degli esecutori neri (hot, ovvero caldo, è la parola che
rende perfettamente il carattere di questa musica), sfruttano le novità proprio
di questi musicisti, seppur addolcite o appiattite e legittimate nel contesto
musicale dei bianchi, che si ricollega alla tradizione borghese, socialmente
incentrata sull‘ascolto casalingo, sui balli rispettabili (così definiti dagli
stessi borghesi per distinguerli da quelli del popolo del jazz considerati,
sempre da costoro, volgari) e sulla frequentazione di concerti (famosi quelli
tenuti dall‘orchestra di Paul Whiteman il maggior esponente del jazz
sinfonico). Ecco come il repertorio accettato di musica di consumo dagli
anni ‘20 sino ai ‘40 si stabilizza in linguaggi e stilemi abbastanza ristretti,
mediati da una parte dalla canzone teatrale, dall‘altra dagli elementi nuovi
del music hall e del vaudeville (dove i bianchi giocavano a fare l‘imitazione
I - Il Novecento, Einaudi, Torino, 2001», pp. 793.
11
dei neri); come compromesso tra le due parti, la canzone di Tin Pan Alley ed
i successi holliwoodiani.
Il dopoguerra segna l‘era del successo di massa dei crooners (in italiano
sussurratori) tra i quali spicca l‘interprete Frank Sinatra; caratteristica del
nuovo stile di canto era quella di non essere impostato e di non usare
melismi; per cui divenne indispensabile l‘uso del microfono. Il repertorio dei
crooners era eseguito da grandi complessi e si basava sui classici della
canzone americana di Tin Pan Alley; il disco più venduto fu White
Christmas nell‘interpretazione di Bing Crosby del 1942.
Un momento importante per la diffusione di generi musicali popolari (si
tratta di repertori della tradizione afroamericana e del country, il genere
prediletto dalla classe degli agricoltori, generi che rimasero per lungo tempo
legati ad una diffusione di tipo orale/regionale) si ha quando, tra gli anni
1939-1941, scoppiò la guerra tra organizzazioni di editoria musicale
americane; la disputa avvenne tra l‘ASCAP10 (American Society of
Composers, Authors and Publishers, fondata nel 1914 da un gruppo di
compositori guidato da Victor Herbert che includeva anche Irving Berlin,
John Philip Sousa e James Weldon Johnson tra i membri fondatori) e la
BMI11 (Broadcast Music Inc. fondata nel 1939, nella quale compaiono nel
corso degli anni i nomi di artisti del calibro di Thelonious Monk, Leadbelly,
Charles Ives, Dave Brubeck, per arrivare a Chuck Berry e successivamente a
John Lennon); mentre l‘ASCAP rappresentava l‘industria musicale
borghese, che ruotava attorno al mondo di Tin Pan Alley, la BMI consentì di
entrare a far parte del mercato ad una nuova categoria di autori di generi
10
Dati ricavati dal sito Internet www.ascap.com.
11
Dati ricavati dal sito Internet www.bmi.com.
12
popolari12, o meglio (usando la terminologia anglosassone) di musica folk,
quali al tempo erano l‘hillibilly dei bianchi, che poi divenne il country, ed il
race dei neri. Gli addetti ai lavori dei generi popolari (sempre nel significato
di folk music) componevano in un modo diverso: codificavano attraverso le
registrazioni in studio quello che era un‘esecuzione dal vivo, invece di
scrivere la musica in precedenza; questo piaceva molto e soddisfaceva il
mercato del disco e della radio in concomitanza con l‘entrata in campo
12
È necessario chiarire quello che può sembrare a prima vista un aspetto esclusivamente terminologico: il
repertorio musicale a cui mi riferisco viene denominato dagli autori di lingua inglese come ‗popular music‘;
il termine, nelle traduzioni, può generare fraintendimenti. Infatti la traduzione alla lettera di popular music
in italiano risulta essere musica popolare ma questa è esclusivamente la musica di competenza
etnomusicologica. Luigi Pestalozza (in Storia della musica, a c. di R. Favaro e L. Pestalozza, Milano,
Nuova Carish, 1999, pp. 121-122) propose allora di tradurre popular music (o pop music) in ‗musica
extracolta‘ ma l‘uso comune nelle traduzioni da inglese a italiano risulta essere ‗musica popolare‘; ‗musica
popolare contemporanea‘ potrebbe essere una soluzione (la proposta è di G. Castaldo, nell‘introduzione alla
Storia della canzone italiana di F.Liperi, ed. RAI-ERI, Roma, 1999, pp.7-10). Il termine ‗popular‘ in sé
genera non poche ambiguità: Richard Middleton in Studiare la popular music (cit.) sostiene che ‗popular‘
può essere usato dai positivisti nel significato di ampiamente diffuso attraverso i mezzi di comunicazione di
massa ma può anche essere usato per indicare una fruizione da parte di ampi strati di popolazione (secondo
la corrente essenzialista); anche lo stesso concetto di massa implica, a seconda di come lo si usi, due
diverse posizioni: quella positiva, ovvero massa come soggetto della storia, oppure negativa: massa come
soggetto manipolabile dall‘industria mediatica. Quella di Middleton però non è che una riflessione e non
fornisce soluzioni concrete al problema; neanche la soluzione di Allen F. Moore sembra accettabile, in
quanto vengono assimilati sotto il termine di popular music generi tra loro non compatibili (per diversità di
pubblico, diverse modalità di ascolto e di diffusione) quali il rock, la musica da film, la musica per la
televisione ed il jazz (in A. F. Moore, Come si ascolta la popular music, trad. it. Di R. Agostini, in
Enciclopedia della Musica, I. Il Novecento). Un recente studio dell‘ISTAT sul tempo libero degli italiani
(ISTAT, La musica in Italia, Bologna, Il Mulino. 1999) ci è utile per la soluzione del problema: dalla
ricerca emerge che la musica leggera, ovvero la canzone d‘intrattenimento o commerciale, così come il
rock, si rivolgono ad un pubblico prevalentemente composto da giovani; generi come la techno, il rap, la
disco, hanno fruitori ancor più giovani. Generi come la musica classica ed il jazz invece non hanno
significative distinzioni per fasce di età ma trovano riscontro presso un pubblico con un alto livello
d‘istruzione. I generi musicali distinti dalla musica colta, dal canto di tradizione orale, dal jazz e da certa
musica per film e per la televisione, risultano accomunati da un pubblico giovanile, da una produzione fatta
in studio di registrazione dove regna la tecnologia elettronica e digitale, dall‘assenza dell‘uso di notazione
musicale scritta (anche alternativa a quella tradizionale come in molte delle partiture di musica
contemporanea elettronica) e quindi anche dall‘assenza di una volontà di inserimento nella storia della
musica o perlomeno di essere tramandati nella memoria o di essere rieseguiti da altri musicisti, così come
l'attitudine a fossilizzarsi in stilemi e linguaggi musicali comuni, infine da modalità di partecipazione del
pubblico ai concerti di tipo attivo piuttosto che contemplativo. Sulla base di queste caratteristiche dunque, è
lecito riunire in un unico ambito i generi rock, pop, musica leggera, rap, techno, disco ecc. Da questo tipo
di considerazioni è nata l‘ipotesi di denominare queste tipologie musicali sotto il nome di ‗musica di
consumo‘: musica che ha come finalità principale quella di essere commercializzata, musica
d‘intrattenimento e del presente. Per approfondimenti sul tema vedi Popular music o musica di consumo?
Un problema non solo terminologico, di P. Somigli, in Dispense del Seminario: La musica di consumo in
Italia: economia, sociologia, stile. Coordinamento dott. Paolo Somigli, anno accademico 2001-2002.
13
dell‘industria discografica emergente e delle piccole radio private locali.
Altre musiche di successo, che fecero chiudere l‘epoca dei crooners, furono
il rhythm and blues e poco dopo il rock’n’roll; per la prima volta un genere
musicale è interamente dedicato ad un pubblico giovanile, un nuovo mezzo
di diffusione prende il sopravvento: il juke-box. Grazie allo sviluppo di
mezzi di amplificazione del suono sempre più potenti ed all‘avvento del
microsolco e degli strumenti musicali elettrificati, la musica si fa più
aggressiva, invade gli ambienti con veri e propri muri di suono.
Questo nuovo tipo di musica non si adatta certamente al salotto borghese, in
quanto rumorose, elettriche, eccitanti ed incitanti a nuovi tipi di balli
sfrenati; si cominciò ad usare lo studio di registrazione per produrre suoni
che non sono semplicemente tentativi di riprodurre l‘esecuzione dal vivo; i
dischi vennero forniti da nuove case discografiche indipendenti di piccole
dimensioni, agevolate dallo sviluppo del nastro magnetico, elemento che ha
reso la registrazione sonora più facile ed economica e di conseguenza
maggiormente diffusa.
Nasce così il grande successo di Elvis Presley, il re del rock’n’roll: la sua
popolarità è dovuta anche ad elementi che rispecchiano la ribellione
giovanile e l‘atteggiamento di protesta nei confronti del sistema; in momenti
in cui si manifestano momenti di crisi o di fermento sociale, si diffondono
nuove musiche come avvenne agli esordi del XX sec. con le musiche di
origine afroamericana, così fu per il rock’n’roll degli anni cinquanta, sempre
di matrice afroamericana e per il fenomeno punk degli anni settanta. Al
contrario, i periodi in cui si affermano dei generi musicali conformi ad uno
stesso tipo di linguaggio musicale che si articola in schemi ed elementi
naturali, sono quando tra ottocento e novecento si diffuse ampiamente la
14
forma canzone attraverso una sintesi di una vasta gamma di generi musicali,
dall‘operetta alla canzone borghese da salotto, fino al music-hall
dell‘Inghilterra vittoriana e alle canzoni da pub, tutte varianti conformi ad
uno stesso linguaggio musicale; altri esempi sono la sintesi di generi operata
dall‘industria musicale degli anni trenta di Tin Pan Alley, così come la
sintesi operata attraverso la canzone pop di successo da classifica e da
festival televisivo.
Dopo la seconda guerra mondiale, secondo Middleton, si manifesta in modo
eclatante un cambio radicale nella tipologia della musica di consumo: con
l‘avvento del rock’n’roll nasce la cultura pop.
In questi anni si sviluppa un mercato mondiale dominato dalla logica di
economia globale attuato dalle multinazionali, la cultura di massa13 si
riconferma ma, a un altro livello, si frammenta attraverso la nascita di una
molteplicità di sottoculture passeggere. Cambia la tecnologia, per cui si
passa dall‘elettromeccanica all‘elettronica con grosse conseguenze anche
sulla produzione: il disco prima ed il nastro magnetico poi, sostituiscono lo
spartito musicale, ampliando così le possibilità per i musicisti ed i
compositori autodidatti; da questo periodo in poi, entrano nelle risorse di
produzione anche i giovani delle classi più povere, con i quali si
accompagna l‘apertura al mercato di un nuovo pubblico giovanile, sempre
più slegato dalle definizioni di ruolo di classe delle generazioni precedenti.
Si apre una nuova fase sociale, quella del boom economico, del capitalismo
13
Per approfondimenti sul concetto di massa vedi Masse/massificazione di Piero Biancardi, in Dispense del
Seminario: La musica di consumo in Italia: economia, sociologia, stile. Coordinamento dott. Paolo
Somigli, anno accademico 2001-2002; e Musica e società di massa: livellamento o pluralismo? (traduzione
abbreviata di un saggio di G.H. Lewis: Taste cultures and culture classes in mass society, in «International
Review of aesthetics and sociology of music», VIII, 1977, pp.39-48) in: Andrea Lanza, Il secondo
novecento, E.D.T., Torino, 1991, pp.209-214.
15
assistenziale e di un ideologia di tolleranza. Ai suoi esordi il rock‘n‘roll
nasce come cultura di ribellione, inevitabili i conflitti (così come avvenne
negli anni venti) tra i simpatizzanti ed i benpensanti, difensori degli interessi
culturali prestabiliti; si trattava comunque di una musica nuova che si
scontrava con i modi popular precedenti. In seguito, tra gli anni ‘50 ed i ‘60,
il rock‘n‘roll venne inglobato nel repertorio del blocco egemone; questo è
evidente nel caso di Elvis Presley, considerato il primo eroe del rock; la sua
carriera è un continuo compromesso con l‘industria musicale, con una
transazione da un linguaggio autenticamente folk (presente nei dischi della
Sun tra 1954-55), ad uno sentimentale tipico delle sue ballad e dei film degli
anni ‘60, i valori musicali si sono perduti ma nell‘America del dopoguerra
un ruolo incontaminato dalle influenze commerciali era impossibile. Non
dimentichiamoci che gli interpreti a cui si riferiva il giovane Elvis erano
bluesmen come Arthur Cudrup, Big Bill Broonzy e Howlin‘ Wolf (artisti
commerciali nell‘ambito della comunità afroamericana) e star del country
and western come Bob Wills, Hank Williams; fu proprio la sintesi dei due
generi (il blues dei neri ed il country dei bianchi) a decretare il successo di
Presley e Sam Phillips, fondatore della Sun Records, aveva visto in avanti
poiché cercava un uomo bianco con il sound ed il tocco afroamericano;
anche qui si può vedere come le motivazioni artistica e commerciale non
erano separate.
L‘avvento della televisione mette in crisi gran parte della programmazione di
repertori tradizionali perché è alla ricerca dei nuovi ascoltatori di musica pop
(ovvero musica di consumo), ma è allo stesso tempo sempre la televisione
che riporta la musica ribelle nei canoni dell‘industria delle multinazionali.
Alla fine degli anni ‘50 è in atto una nuova simbiosi tra i vecchi modelli
16
dominanti di produzione e le nuove forme musicali; il nuovo contesto
sociale, caratterizzato da un nuovo ed importante mercato giovanile, dettò le
regole ed i cambiamenti per gli interessi delle istituzioni musicali: un
programma radiofonico come Top Forty dette il via alla simbiosi perché
ricreò un unità tra musica, meccanismo sociale e apparati dei media,
cosicché la fruizione di musica ritorna a seguire il disegno stabilito dalle
istituzioni attraverso la mediazione dei disc jokey e delle playlist,
mediazione consolidata attraverso il sistema delle bustarelle e dei compensi
promozionali chiamato payola.
Ecco perché, da questo momento in poi, molteplici sono le difficoltà
nell‘analizzare la diffusione della musica, soprattutto a partire dai dati
quantitativi; case discografiche e radio non forniscono dati affidabili: le
classifiche dei dischi più venduti e le statistiche di playlist sono molto
approssimative e spesso vengono falsate dalle scelte promozionali.
I dati quantitativi non bastano a farci capire l'effettiva diffusione della
musica, in primo luogo perché non vengono presi in considerazione i canali
di diffusione alternativi alla vendita di copie di dischi (come la diffusissima
pratica della copia abusiva su musicassette o la diffusione attraverso
l‘ascolto delle radio private); in altre parole, l‘analisi del consumo musicale
si basa sul momento di acquisto, mentre viene eluso il momento d‘uso.
I dati forniti dalle case discografiche presentano anche altre distorsioni:
spesso un dato rilevante di consumo di un certo specifico tipo, come la
diffusione di un particolare settore, si perde nel calcolo complessivo dei dati
poiché la tendenza delle analisi di mercato è quella di considerare i mercati
eterogenei come parti di un aggregato; spesso la tendenza è quella di
privilegiare l‘indagine sulla categoria dei giovani, in quanto questi hanno
17
dimostrato di spendere una rilevante parte della loro ricchezza nella musica;
in questo modo una buona parte di comportamenti sugli usi della musica da
parte delle fasce di maggiore età e di conseguenza sulla fruizione di musiche
diverse viene trascurato.14
1.3 I cantautori ed il nastro magnetico
Con gli anni ‘60-‘70 viene alla luce un nuovo fenomeno: l‘identificazione tra
autore ed interprete, tendenza che coinvolge diversi generi della musica di
consumo in diversi paesi: è l‘era dei chansonniers francesi e dei cantautori
italiani, dei protagonisti della bossa nova e del folk revival non solo
americano; la tendenza viene favorita dai media e dall‘industria musicale: la
televisione porta l‘immagine dei cantanti nelle case, il disco LP (Long
Playing a 33 giri al minuto) rafforza la percezione di una personalità
individuale, l‘influenza dell‘industria musicale sull‘editoria porta
l‘attenzione sull‘interpretazione originale di una canzone (quella dell‘autore
non può che essere la massima garanzia di questa originalità). Questa spinta
al fai da te trova la sua formula magica nel successo degli Shadows, un
gruppo inglese formato da due chitarre, basso e batteria; in breve questa
formazione diventa un modello per decine di altre bande che iniziano a
comporre proprie canzoni proponendosi come entità musicali totalmente
autosufficienti: è questa l‘era del successo mondiale dei Beatles15, Rolling
Stones e di altri gruppi in grado di scrivere, arrangiare ed interpretare il
14
Da Richard Middleton, Studiare la popular music, Feltrinelli, Milano, 1994, pp. 22,23.
15
A proposito dei Beatles scrive Richard Middleton in Studiare la popular music, cit. , p.27 : Il significato
della musica dei Beatles col toccare temi politici quali l‘energia della liberazione da una nazione di stampo
laburista e allo stesso tempo nozioni quali l‘assenza di classe sociale del ragazzo della porta accanto,