II
INTRODUZIONE
The Scholemaster, l’opera che ha garantito ad Ascham una fama maggiore
rispetto alle altre, senza dubbio, è ancora in grado di destare un grande interesse per il
suo valore di documento storico capace di ritrarre e riassumere un’intera epoca. Inoltre
costituisce una sorta di “testamento” in cui l’autore, al termine della sua esistenza, offre
una summa del suo pensiero, in cui convergono le conclusioni e l’esperienza di uno
studioso dalla cultura onnicomprensiva, di un letterato e di un esperto filologo sia nelle
lingue classiche che nelle moderne, di un educatore e di un autentico umanista dalle
ampie vedute, il quale era in contatto e godeva della stima di alcuni dei maggiori
intellettuali attivi sul continente.
Ascham incarna una tipologia di intellettuale versatile, che si adegua ai rovesci
di fortuna; egli è il prodotto logico e necessario del sistema collegiale e universitario
anglosassone: si barcamena come meglio può nell’ambiente dell’Università, in vista di
una possibile carriera accademica e poi nelle torbide acque della Corte alla ricerca del
favore dei potenti per un ipotetico incarico politico che non gli verrà mai affidato,
ricevendo in cambio nient’altro che mansioni di segretariato presso la regina o altri
diplomatici. Tuttavia ancora troppo poco si sa delle reali ambizioni di Roger Ascham:
egli costituisce un caso a parte per la polivalenza del suo talento letterario, capace di
misurarsi con i diversi stili o i vari «genera dicendi» dettati di volta in volta dalla
necessità. Ormai, sarebbe impossibile chiarire la natura della sua autentica vocazione, e
determinare quindi se gli fosse più congeniale la figura del precettore, del consigliere o
del letterato. Questo è un nodo irrisolto che richiederebbe ulteriori indagini oltre alle
ipotesi già formulate negli studi condotti sull’autore
1
.
The Scholemaster è l’opera di Ascham più celebrata e, data la scarsezza di
informazioni e di scritti dell’autore è un documento imprescindibile nonché uno
strumento veramente prezioso per farsi un’idea delle condizioni culturali che
caratterizzavano la classe dirigente: l’aristocrazia di un paese all’alba di un mutamento
politico, sociale ed economico senza precedenti, in grado sia di condizionare il contesto
europeo che di creare vaste sfere d’influenza nelle sue colonie.
1
Non esistono molte monografie sull’autore o sulle sue opere. Quando si fa riferimento agli studi già
condotti si parla principalmente di due opere che sono i capisaldi per la loro autorità in materia: Laurence
V. Ryan, Roger Ascham, Stanford University Press, California, 1963; G.Miglior, Roger Ascham, Bari,
Adriatica Editrice, 1975.
III
L’obiettivo che il presente studio si propone, è quello di chiarire, per quanto
possibile, il contributo di Roger Ascham allo sviluppo della letteratura e della cultura tra
gli aristocratici nell’ambiente istituzionale inglese. Il suo atteggiamento e il suo ideale
“socratico” di saggezza, tuttavia, devono aver contribuito più alla sua emarginazione da
questo ambiente, essendo in antitesi profonda col modello predominante rappresentato
dal cortigiano opportunista o avventuriero, sempre in qualche modo amorale e alla
ricerca di fama, potere e denaro. The Scholemaster, opera ultima, postuma e non finita,
si rivela al lettore come un conduct book che propugna e riporta in auge l’ascesi
culturale e l’impegno dello studio ancora una volta come rimedio contro i mali
individuali e i vizi dell’uomo: l’estremo rimedio contro le piaghe sociali e i cattivi
costumi, riaffermando la fede e la fiducia nelle istituzioni reali e nella nobiltà, le uniche
in grado di garantire il giusto ordine con la loro funzione di guida e massimo esempio
cui il popolo inglese doveva guardare.
Il giusto insegnamento ed il corretto apprendimento sono i pilastri su cui si fonda
la repubblica ideale aschamiana: egli mostra una fede incrollabile nella funzione
salvifica del sapere e della conoscenza ottenuti grazie allo studio. Quella dello scrittore
può tranquillamente definirsi un’etica dello studio. Ascham appare come un fervente
umanista il cui proponimento principale sembrerebbe quello di diradare la nebbia
dell’ignoranza - attraverso lo studio dei testi sacri e ricalcando il modello che ha portato
alla gloria e guidato verso la perfezione il mondo classico. L’opera, pur non essendo
originale nel contenuto, non rimase una mera teoria sull’educazione, ma riuscì a dare un
impulso alla poesia e alla critica letteraria in epoca elisabettiana. Con le sue opinioni
sull’imitazione degli antichi e sull’uso della metrica classica nella poesia vernacolare,
incoraggiò quella formazione e quello sviluppo letterario che porteranno in seguito a dei
capisaldi fondamentali della letteratura inglese: The Defence of Poesy di Sidney, la
prosa inglese di Bacon nell’Advancement of Learning e infine, il miracolo del verso
miltoniano.
La dedica di Ascham alla Regina non sempre è presente nelle varie edizioni
dell’opera singola o nelle raccolte dedicate allo scrittore, e tuttavia si è scelto l’edizione
americana di Giles anche per questa ragione: la lettera dedicatoria, anche se non
paragonabile alla perfezione dello stile della prefazione al lettore, risulta paradigmatica
per i contenuti e lo schema adottato, oltre ad offrire un ulteriore elemento di giudizio
riguardo ai fini dell’opera e agli intenti dell’autore.
Il dovere morale verso lo studio e l’istruzione è una prerogativa che appartiene
in primis al sovrano, il quale può unicamente governare appellandosi alla sua saggezza e
alla sua sapienza. Dunque che principe può essere colui, che « knoweth nothing, but by
IV
another man’s head: nor must see nothing, but by another’s men’s eyes: nor will hear
nothing, but by other men’s ears: nor can speak nothing, but by another man’s tongue»
2
.
E’ un cattivo sovrano quello che deve ricorrere ad altri per mancanza di discernimento e
cultura, due qualità specifiche in cui dovrebbe eccellere e che dovrebbero renderlo
l’interlocutore privilegiato del Signore. L’autore si affida quasi esclusivamente
all’autorità dei testi sacri per dar corpo al suo discorso e, in qualche sporadico caso, ad
immagini e argomentazioni tanto pedestri e comuni quanto efficaci. E’ Dio che nelle
Sacre Scritture impone per primo di studiare ed apprendere, in virtù dello speciale
legame che unisce il principe a Dio. Se il principe è la suprema autorità di una nazione,
questo accade per volontà di Dio; ma il sovrano a sua volta non è che lo strumento con
cui il Signore opera e attua la sua volontà nel mondo. E’ viva e presente la visione di un
sovrano che gode del particolare favore del cielo e al quale il destino dell’intero paese è
irrimediabilmente legato. Tale re, che del Creatore è strumento, ha anche responsabilità
più grandi rispetto ai privati cittadini, come ricorda Ascham alla Regina. Infatti, questo,
se non fosse istruito con la parola del Signore, e fosse privo di rettitudine e saggezza, si
allontanerebbe dai giusti precetti della fede, portando tutto il regno alla rovina e
cadendo in disgrazia agli occhi del Signore. Davide e Saul sono riproposti come modelli
archetipici di regnanti. Il primo è esempio di buon governo e di giusto timore di Dio:
egli, pur commettendo errori, sempre si rivolge al Signore per riconoscere i peccati
commessi e avere il Suo sostegno; mentre il secondo rappresenta il cattivo esempio che
deve mettere in guardia dalle tentazioni del peccato e scongiurare l’ira divina.
Ascham traccia un’analogia tra il modello virtuoso di Davide e la Regina
Elisabetta, che è definita infine mulier gradita al Signore e «secondo il suo cuore». Un
sovrano giusto agli occhi del Signore porta grazia e abbondanza a tutto il regno. Una
simile credenza popolare esisteva già in epoca pagana e affondava le sua radici
nell’antichissimo culto legato alla fertilità della terra e ai riti di propiziazione, e
sopravvive nelle popolazioni europee almeno fino al tramonto dell’assolutismo. Più in
generale, l’intera lettera che deve catturare la benevolenza del destinatario, dall’inizio
alla fine è basata su un semplice schema che prevede l’opposizione dei contrari
istruzione e ignoranza, buon governo e malgoverno, timor di Dio e peccato; tutti questi
elementi sono strettamente collegati tra loro e trovano una corrispondenza che fa capo
direttamente alla opposizione fondamentale tra il bene e il male, della concezione
religiosa giudaico-cristiana. Il dovere fondamentale del re consiste nel ricercare il
2
The Scholemaster, in vol. III di The Whole Works of Roger Ascham, by the rev. dr. Giles, New York,
AMS Press, 1965, p. 67.
V
favore di Dio come Davide, per sé e per il proprio regno; questo può essere ottenuto
solo attraverso l’educazione e l’istruzione del principe nella sapienza e, in particolare,
nella sapienza che dona il Signore a chi ascolta e fa tesoro della Sua parola.
La dedica di Margaret Ascham, compare invece nella maggior parte delle
edizioni che si basano sulla Editito Princeps del 1570. Infatti, il libro apparve postumo,
a quasi due anni dalla morte dell’autore, stampato da John Day e a cura della vedova
Ascham, che vi apponeva una lettera dedicatoria a William Cecil. Quindi è facile capire
come la lettera, per altro brevissima, non abbia nessuna relazione con l’opera e sia una
semplice testimonianza delle condizioni economiche che la famiglia dello scrittore
doveva affrontare, nonché dei rapporti di amicizia e di sostegno di cui godeva il marito
defunto.
L’opera è introdotta da una prefazione che sembra rispettare i canoni del decoro
e della misuratezza. Infatti se l’opera è in qualche modo rappezzata, «patched up»,
come si afferma nella prefazione e come si deduce anche dall’epistolario, certamente la
prefazione al lettore rimane un piccolo capolavoro di quella retorica, che sta così a
cuore all’autore. Si tratta di un quadretto creato ad hoc e perfezionato da Ascham, per
presentare l’argomento affrontato nel libro nella maniera più perfetta e incisiva
possibile. La narrazione dei fatti che hanno portato lo scrittore alla concezione e alla
realizzazione dell’opera, si avvale di una certa drammatizzazione che conferisce un
sapore quasi epico e rituale agli avvenimenti. Effettivamente, assistiamo ad una
composta autocelebrazione da parte dello scrittore, una sorta di «investitura» in tono
minore. Lo stile, sin dall’inizio, richiama la gravità e l’importanza tipica di un romanzo
cavalleresco, e gli illustri collaboratori riuniti intorno alla regina, non meno nobili e
degni di cavalieri, sono ben presto animati dalla preoccupazione per le novità
riguardanti le condizioni dell’educazione e dell’istruzione nel paese. Si apre un dibattito
all’annuncio che alcuni studenti erano fuggiti da Eton, stanchi delle punizioni corporali
cui erano sottoposti. Il gruppo si divide tra i sostenitori del pugno di ferro e quelli, fra
cui Ascham, che ritengono nociva all’educazione una disciplina troppo rigida. Tra
questi in particolare emerge Richard Sackville, il quale non prende parte alla
discussione e solo più tardi e in privato ci viene presentato, come il responsabile
dell’investitura di Ascham per la missione educatrice; Sackville lo incoraggia e lo
spinge nella sua “avventura” contro i cattivi maestri, i cattivi studenti e tutti gli
spregiatori della cultura, della religione e dei doveri verso lo stato, da combattere con
“armi” dello studio, della dedizione e della saggezza. In effetti, c’è un richiamo
implicito e continuo alla missione cui si sente chiamato; Ascham non abbandona mai
VI
l’idea che ciò che sta facendo è doveroso e necessario a salvare la nazione, a liberarla
dal vizio prodotto dall’ignoranza del bene e della vera saggezza.
Ascham inserisce una nota dolorosa a questo punto della prefazione: prima
dell’ultimazione del libro, colui che gli aveva affidato il mandato, Sackville, muore
gettandolo nella disperazione. A questo punto, secondo quanto dice l’autore, il lavoro
subisce numerose interruzioni, sia per il dolore causato dalla morte improvvisa
dell’amico sia per la cagionevole e ormai compromessa salute dello stesso scrittore che
vede inasprirsi prima della morte quegli attacchi di quartana che lo avevano afflitto sin
da giovane.
Tale avvenimento, tuttavia, non farà che aumentare «il carattere di sacralità
dell’impegno che l’autore aveva assunto nei confronti dell’amico»
3
; ma il lavoro
prosegue a fasi alterne; doveva essere un breve pamphlet da presentare all’amico per il
capodanno successivo, visto che si era in Dicembre, ma il lavoro assunse poco alla volta
dimensioni sempre maggiori e l’autore continuò a lavorarvi durante tutto il 1564 e forse
anche parte dell’anno seguente. Nel 1566 dopo la morte di Sackville, Ascham conobbe,
inoltre, il suo peggior periodo di difficoltà finanziarie e il lavoro fu abbandonato per
quasi due anni
4
.
Ascham ripropone la struttura in due libri per l’opera, che già gli aveva conferito
lustro presso gli ambienti accademici e cortigiani nel 1545 col Toxophilus, il trattato sul
tiro con l’arco: il primo libro è il più generico e affronta per lo più i temi dell’etica e
dell’educazione, mentre il secondo è un discorso tecnico e una trattazione critica dei
vari metodi che si possono adottare per l’apprendimento del latino. L’inizio è piuttosto
brusco ed entra subito nel vivo dell’argomento, attaccando i metodi d’insegnamento e i
manuali più diffusi nelle scuole pubbliche, i Vulgaria di Whittington e Horman. La
prima accusa esplicita che viene fatta, com’era prevedibile, è rivolta ai maestri, la
maggior parte dei quali viene dichiarata «as ignorant as the child»
5
. Su tale premessa,
breve ma doverosa, con cui si demolisce l’intero sistema scolastico inglese, Ascham
edifica il suo “Precettore”, il quale partendo così dal grado zero del primo paragrafo
deve recuperare tutta la sapienza faticosamente accumulata dagli antichi sull’educazione
e sull’istruzione perfetta. L’ispirazione e l’imitazione dei modelli migliori è l’idea alla
base di tutta l’opera: i maestri che non si adeguano all’insegnamento degli antichi,
3
G. Miglior, Roger Ascham, cit., p. 80.
4
Cfr. con la Prefazione al lettore, pp. 16-17.
5
The Scholemaster, in vol. III di The Whole Works of Roger Ascham, cit., p. 89.
VII
perché non vogliono o non possono, si debbono ritenere cattivi maestri. Ascham non è
contrario alla traduzione in genere, che rimane l’esercizio tra i migliori per
l’apprendimento, ma a quel tipo di traduzione non giustificata dalla consapevolezza
della forma e non fondata sui modelli più puri. Inoltre, non si deve permettere che i
bambini inizino a parlare il latino in ogni situazione senza criterio, ma solo dopo aver
affrontato egregiamente il metodo della duplice traduzione. La duplice traduzione
associata ai giusti modelli forma nello studente in poco tempo un modo d’esprimersi
corretto ed eloquente. Dato che vi sono, però, termini considerati sconvenienti e da
evitare, mentre altri adatti e desiderabili, Ascham avverte la necessità di evitare che
l’allievo impari dagli esempi inadeguati o scorretti: difficilmente l’errore si può
correggere se non vi si pone rimedio in tempo. Si passa di seguito alla raccomandazione
perchè si inizi con la traduzione delle lettere di Cicerone e di Plinio, qui prende il via
una serie di continui riferimenti a Cicerone, riportato in auge proprio nell’epoca in cui
Ascham compì i suoi studi a Cambridge. A questa si deve guardare come alla massima
auctoritas letteraria per molti degli studiosi di Cambridge, infatti, la corrente del
ciceronianismo segnò il nuovo corso della rinascita e della definitiva consacrazione a
livello europeo per l’università inglese.
Il maestro deve vagliare le attitudini e i progressi dell’allievo ma senza usare
punizioni o rimproveri in caso di errore da parte di quest’ultimo. Quest’operazione
serve anche ad ovviare alle parti più noiose e aride dell’apprendimento delle regole
grammaticali poiché queste saranno affrontate poco alla volta quando si presentano nei
brani scelti per la traduzione. Quindi Ascham sostiene un insegnamento che elimini
quella rigidità irragionevole e la fondamentale congerie dei principi grammaticali in
favore di un’agevolazione e un chiaro vantaggio che apparirebbero in questo modo,
evidenti anche agli allievi. Quindi lo scrittore inveisce ancora contro la precoce
conversazione; ciò ha un preciso significato culturale che è il riconoscimento
dell’autorità della figura del maestro, infatti la vera sapienza e la vera cultura per
Ascham risiede nella lingua scritta, che una volta appresa con giusto criterio fornirà una
base solida per l’esposizione orale.
E’ un’operazione culturale notevole quella di Ascham che tenta di fissare le
regole basilari per uno studio e una formazione dal sicuro profitto per l’individuo e per
la società: il primo passo da compiere consiste nel rinsaldare e restituire la dignità che si
conviene alla figura del maestro. In questo modo vengono definiti i giusti rapporti che
sono favorevoli all’insegnamento e all’apprendimento. Infatti, si afferma che il maestro
deve evitare di assumere atteggiamenti e comportamenti che possono nuocere
all’obiettivo finale. I «fond masters» ricorrono tanto più alle percosse quanto più sono
VIII
assillati da tormento personale, «angrie at some other matters»
6
, o perseguitano i
bambini, non per correggere l’errore, e si accaniscono arbitrariamente contro
l’inclinazione naturale e il carattere che evidentemente non riescono a comprendere né a
tollerare, essendo molte volte ignoranti almeno come i bambini stessi. In un paragrafo
breve ma incisivo, inoltre, Ascham non risparmia neppure i genitori, i quali la maggior
parte delle volte non sanno giudicare assennatamente quali dei loro figli avviare agli
studi, col risultato che spesso si hanno le scuole piene di giovani privi di attitudine, ma
anzi non tenendo in gran conto l’istruzione vi mandano spesso i peggiori e i più
meschini, non ritenuti utili nell’economia familiare o nel lavoro dei campi. Ma ben
presto si passano in rassegna anche le buone qualità che fanno la differenza tra un
cattivo studente ed uno buono. Compare a questo punto una delle più aspre polemiche
contenute nel libro, si procede a smentire la classica distinzione che fa sì che il maestro
guardi, da una parte, con grande fiducia ed entusiasmo al quicke witte, cioè al giovane
brillante, mentre dall’altra, non incoraggia e trascura quello che viene considerato
inizialmente un harde witte, lo scolaro che a prima vista non sembra promettente, ma
che, afferma lo scrittore, dà i frutti migliori una volta che viene seguito con pazienza e
amore. Infatti, quest’ultimo, alla lunga si dimostrerà leale, costante e meticoloso,
nonché affidabile e capace di affetti profondi. Ascham vuole far intendere che i risultati
degli sforzi compiuti nell’ambito specifico dell’istruzione, concepiti come un
investimento per il progresso di una nazione, possono essere compromessi sia
dall’eccessivo protagonismo dei quick wits quanto dal protagonismo altrettanto privo di
giustificazioni dei cosiddetti “picchiatori”. Infatti, i quickes wittes mal ripagano gli
entusiasmi suscitati e la fiducia riposta in loro; la loro spiccata tendenza
all’estroversione infatti li rende incostanti, superficiali e volubili, quindi inaffidabili,
nella migliore delle ipotesi, e peggio ancora, inutili o dannosi agli altri. Tra le righe
bisogna cogliere l’invito ad abbandonare le ristrette visioni personalistiche insieme alla
severa censura per ogni espressione di mero individualismo, in favore di un
ampliamento degli orizzonti che abbracci in modo solidale la causa comune, religiosa e
politica, della nazione. Un’idea che di certo doveva tornare ad attualizzare e a
promuovere nell’epoca Elisabettiana la riscoperta del concetto di res publica degli
antichi: inutile discutere degli ampi riferimenti all’interno dell’opera, in cui l’autore si
rifà alla tensione ideale di Platone, da cui proviene la prima testimonianza di uno stato
ideale nella Repubblica, fino alla passione civile e all’ansia giuridica per il buon
governo del periodo repubblicano di Roma. Ascham doveva pensare all’Inghilterra,
6
The Scholemaster, in vol. III di The Whole Works of Roger Ascham, cit., p. 97
IX
secondo quanto ci è dato dedurre, come una nazione in chiara fase di ascesa che, nella
mente dell’autore, doveva compiere quel cammino di perfezione, quel percorso
obbligato che già aveva reso grande il mondo latino, quando questo acquisì la
consapevolezza della superiorità del modello culturale ellenico e lo fece suo con
un’autentica e diligente imitatio.
Per a distinguere le vere promesse intellettuali dalle false, l’autore fornisce le
sette autentiche qualità, desunte dai dialoghi di Platone, da cui riconoscere la vera
intelligenza, euphuès, dotato delle qualità psico-fisiche adatte ad imparare, mnémon,
dotato di memoria, philomatès, predisposto all’amore per il sapere, philòponos, che ama
il lavoro e la fatica, philékoos, lieto di imparare dagli altri, zetetikòs, accurato
nell’indagare ogni aspetto di una materia finché non è perfettamente edotto
sull’argomento, philépainos, desideroso di elogi quando fa le cose giuste. Di tutte
queste qualità, alcune sono doni della natura e potrebbero essere potenziate dal giusto
trattamento che riceve il bambino, ma anche rovinate dai maltrattamenti. Sembra un
notevole suggerimento specialmente indirizzato alla nobiltà indifferente alla cultura e
più interessata agli svaghi e agli affari della campagna. Infatti si tratta di un’aristocrazia,
quella inglese, ancora troppo isolata dalla rinascita europea, dalla tradizione classica e
dalla cultura antica. Sempre alla stessa egli raccomanda la lettura del Cortegiano di
Castiglione, ritenuto un manuale infallibile per il comportamento e per l’apprendimento
dello stile da adottare in ogni cosa che si intende fare. Quindi, un giovane che mostra le
capacità ricordate poc’anzi, dovrebbe essere indirizzato nel migliore dei modi ad uno
studio regolare, invece di esser terrorizzato dalla paura degli insegnanti, cosa che lo
spinge ad un’altra vita di carattere essenzialmente diverso sottraendolo, così, ai suoi
doveri di buon cittadino e servo della religione: «fond scholemasters, by fear, do beat
into them the hatred of learning; and wise riders, by gentle allurements, do breed up in
them the love of riding»
7
. Secondo Ascham, questo è il problema di una nazione ancora
arretrata che non sa attrarre le giovani menti all’amore del sapere mentre ancora si
rifugia negli antichi valori che avevano sostenuto la nobiltà in epoca medievale, con la
sue tradizionali attività agresti, la caccia, i passatempi e gli sport all’aperto. Quelle che
sono le aspirazioni di un giovane si vengono delineando proprio durante la prima
infanzia e con le prime esperienze. Dobbiamo dedurre che le condizioni erano ancora
sostanzialmente sfavorevoli ad una riforma generale dell’istruzione quale avvenne in
Germania, per opera di Sturm: riformatore del cursus studiorum e figura importante
come fondamentale modello di ispirazione per Ascham, che con lui intrattenne lunga
7
The Scholemaster, in vol. III di The Whole Works of Roger Ascham, cit., p. 112-113
X
amicizia e un rilevante rapporto epistolare. Ascham cerca di insegnare modestamente, e
con una certa vena polemica nella sua ultima opera, l’amore per il sapere e la dedizione
allo studio, come vie certe, e comprovate dall’esperienza degli antichi, per lo sviluppo e
la crescita nel rispetto delle istituzioni politiche e religiose. Se egli afferma con Platone,
che nessuna cognizione dovrebbe essere appresa con una costrizione inutile e vana, è
perchè auspica la consapevolezza dei doveri che la libertà, il lignaggio e il potere
comportano: lealtà verso il sovrano, verso la fede che sia di esempio e guida all’intera
nazione.
In un passo, Ascham riassume tutta la dottrina umanistico-cristiana
dell’intero libro, «if to the goodness of nature be joined the wisdom of the teacher, in
leading young wits into a right and plain way of learning; surely children, kept up in
God’s fear, and governed by his grace, may most easily be brought well to serve God
and their country, both by wisdom and virtue». Ascham ha il merito di esporre tali tesi
pedagogiche senza la pesantezza di un trattato accuratamente scientifico, perché « le sue
tesi potranno essere vecchie e sfondare porte già aperte, e tuttavia non sono penetrate
nemmeno oggi a livello di cultura borghese e popolare. Per fare un esempio, il vieto
preconcetto espresso dal proverbio “spare the rod, spoil the child”, proprio ciò che
Ascham combatteva, è ancor oggi molto diffuso».
8
Il metodo per mantenere il ragazzo nella «God’s fear», sarà oggetto di esame
attento in tutto il resto del libro I. Viene dedicato più spazio d’ora in poi al tema morale
che a quello riguardante le capacità e l’apprendimento. L’umanesimo nordico in questa
fase sembra decretare il primato dell’eccellenza morale sulle conquiste dell’intelletto.
Anche Sidney, notoriamente influenzato da Ascham tra gli altri, scriveva che «of all
earthly learning» il fine ultimo è la «virtuous action»
9
.
Ma in l’Inghilterra, si afferma nel libro, il criterio eccessivamente permissivo adottato
dai genitori nell’educare i figli è tutt’altro che rassicurante: e secondo l’autore sono
scomparsi ogni senso di moderazione nei comportamenti e la troppa libertà nei giovani
fa sì che questi commettano azioni scandalose e crescano nel vizio e nell’empietà.
L’immediata conseguenza è che la dissolutezza dilaga soprattutto tra i giovani a Corte.
Ascham reputa questi fatti come un sovvertimento del giusto ordine naturale e tratta
questa mancanza di regole come una giusta piaga del Signore, il quale punisce una
condotta contro natura, per gli infiniti peccati di cui si sono macchiati gli inglesi. Qui
8
G. Miglior, Roger Ascham, cit., p. 189.
9
Norton Anthology, New York, Norton & C., 1993, vol. I, p. 486.