8
Esiste una correlazione stretta tra la crescita economica e lo sviluppo del sistema
finanziario (Levine, 1997) che lo stesso Shumpeter (1912) riconobbe. In sostanza più
il sistema finanziario è efficiente, maggiore sarà la crescita economica. Questo
processo virtuoso può essere rappresentato nel grafico sottostante (Figura 1) dove si
evince chiaramente il ruolo centrale del sistema finanziario nella crescita economica
(Levine,1997).
Figura 1:Adattato da Levine, 1997
1.2. L’innovazione finanziaria
L‟innovazione finanziaria è lo strumento con cui il sistema finanziario promuove la
crescita economica. L‟importanza dell‟innovazione finanziaria è discussa in numerosi
articoli tra i quali i più rilevanti sono ascrivibili a Van Horne (1985), Miller (1986,
1992), Merton (1992, 1995) e Tufano (2003).
Tuttavia, per poter definire compiutamente l‟innovazione finanziaria, è necessario un
chiarimento di terminologia: per innovazione si intende un miglioramento non
prevedibile che avviene grazie a diversi fattori, esogeni ed endogeni, Technology
Driven o Market Driven, i quali non sono unicamente legati al caso e alla creatività di
singoli individui (Miller, 1986).
In sostanza, nuovi prodotti e servizi finanziari che riducono costi, riducono rischi o
forniscono e migliorano prodotti, servizi e strumenti finanziari, sono chiamati
innovazioni finanziarie (Frame e White 2009).
In questo senso l‟innovazione finanziaria può essere definita come l‟atto di creazione
e diffusione di nuovi strumenti finanziari o nuove tecnologie o nuove istituzioni o
nuovi mercati finanziari (Tufano, 2003) che soddisfino i bisogni della comunità
finanziaria.
Imperfezioni del mercato:
- asimmetrie informative
- costi di transazione
Si rende essenziale la
creazione di mercati
finanziari e intermediari
Canali di crescita:
- accumulazione di capitale
- innovazione tecnoligica
Crescita economica
9
Una sotto categoria della letteratura legata alle innovazioni finanziarie si pone
l‟obbiettivo di creare una tassonomia (in particolare questo ramo si incentra sulle
Securities Innovation; si veda Finnerty 1988, 1992, 2001).
Frame e White propongono una tassonomia delle innovazioni finanziarie
evidenziando i seguenti gruppi:
Nuovi prodotti: come il prestito
vitalizio ipotecario
Nuovi servizi: come l‟Internet
banking
Nuovi processi: come il Credit
Scoring
Nuovi assetti organizzativi:
come banche completamente
On Line
Tuttavia i confini di queste classi sono labili e spesso diversi tipi d‟innovazione si
influenzano vicendevolmente.
Dopo aver definito l‟innovazione finanziaria ed esplicitato il nesso tra la stessa e la
crescita economica, vale la pena di evidenziare le modalità con cui nascono le
innovazioni finanziare; in particolare Tufano (2003) ha riassunto i principali sei
drivers:
o ovviare alle esigenze nel mercato: prendendo ad esempio Exchange Traded
Contracts1, Black (1986) ha dimostrato una forte relazione tra la nascita di un
nuovo contratto e l‟abilità di ovviare alla mancanza di bisogni insoddisfatti nel
mercato.
o ovviare ai problemi d‟agenzia causati da asimmetrie informative: quando gli
interessi dei committenti e degli agenti non sono allineati, si creano spazi per
rischi di comportamento2. L‟innovazione finanziaria può risolvere un problema
legato a queste imperfezioni del mercato.
o minimizzare i costi di transazione e di ricerca della controparte: innovazione di
processo come i sistemi di pagamento hanno appunto lo scopo di risolvere i
costi di transazione.
o adattarsi a cambiamenti legislativi e fiscali: secondo Miller (1986) il più grosso
impulso all‟innovazione finanziaria è stato dato dai cambiamenti legislativi e
1
Si tratta di contratti Future e Option che sono quotati e scambiati in un mercato definito rispetto ai
contratti OTC.
2
Forma di opportunismo post-contrattuale, che può portare gli individui a perseguire i propri interessi
a spese della controparte, confidando nell‟impossibilità, per quest'ultima, di verificare la presenza di
dolo o negligenza.
10
fiscali; difatti la componente fiscale viene ritenuta una delle maggiori
distorsioni all‟interno del mercato.
o ovviare alla crescente globalizzazione e alla crescente volatilità: molti articoli
scientifici identificano come questi due fattori siano dei validissimi driver
dell‟innovazione finanziaria; basti pensare che, grazie alla globalizzazione,
strumenti prima dedicati ad una clientela ristretta oggi possono essere
virtualmente disponibili a tutti.
o shock tecnologici: innovazioni informatiche e nelle telecomunicazioni hanno
facilitato un ampio numero di innovazioni finanziarie passando da nuovi modi
di sottoscrizione dei titoli a nuovi modi di effettuare le transazioni.
1.3. Life cycle framework
Il Life Cycle Framework è la teoria più diffusa che spiega l’allocazione intertemporale
della ricchezza. Questo modello è uno dei più noti in ambito economico ed annovera
un numero consistente di modelli, a partire da Rasmey (1928), Friedman (1957),
Fisher (1930) e Modigliani e Brumberg (1945) fino ad Ando e Modigliani (1963).
Successivi studi a partire dagli anni 50 hanno incrementato considerevolmente il
respiro, la profondità e la coerenza dei modelli fino a fornire una valida guida capace
di spiegare compiutamente le scelte di consumo intertemporali (Browing e Crossley,
2001).
Nella sua forma più generale, il Life Cycle Framework evidenzia che i singoli
risparmiatori prendono decisioni razionali, al fine di massimizzare la propria utilità
usando le informazioni disponibili.
La letteratura annovera tre macro categorie di Life Cycle Framework (Beverly,
Sherraden, 1999):
1.3.1. Neoclassical economic theories
Questo filone di teorie è caratterizzato da molteplici ipotesi, la prima delle quali ha
per protagonista il singolo risparmiatore in cerca del massimo benessere. In secondo
luogo, queste teorie non riconoscono una grande differenza tra reddito e asset,
piuttosto pongono l’accento sulla scelta tra il consumo presente e quello futuro.
Le più famose teorie neoclassiche sono Life Cycle Hypotesis (Ando, Modigliani, 1963,
1957 e Modigliani e Brumberg, 1954) e la Permanent Income Hypotesis (Friedman,
1957).
11
Entrambe le teorie assumono che ogni soggetto si preoccupi della sua situazione
futura in particolare per quel che riguarda il consumo di lungo periodo; dunque
entrambe le teorie considerando il risparmio e il consumo in termini di futuro reddito
percepito.
La teoria di Friedman denominata (PIH) “Permanent Income”, analizza la relazione
tra consumo e risparmio, e, fattori di breve e di lungo periodo.
Questa teoria si basa sulla seguente intuizione: gli individui vorrebbero poter
omogeneizzare il consumo durante la vita, senza fluttuazioni di breve periodo legate
alle entrate. Per spiegare compiutamente questo concetto, Friedman ha creato un
modello matematico (utile a prevedere il comportamento del singolo risparmiatore)
Esplicitando la funzione abbiamo che:
Cp: Permanent Consumption o
consumo permanente; ovvero livello di
consumo costante che il risparmiatore
vorrebbe massimizzare
Yp: Permanent Income o guadagni
permanenti; ovvero livello di entrate
distribuite durante tutto l’arco della vita
Ct: Transitory Consumption o consumo
transitorio; ovvero il consumo legato
alla situazione contingente
Yt: Transitory Income o guadagno
provvisorio; ovvero le entrate legate
alla situazione contingente.
Il consumo totale è dato da
= Permanent consumption + Transitory consumption
C = Cp + Ct
e l’Income totale è dato da
Y = Yp + Yt
Ciò che effettivamente conta nell’equazione di massimizzazione del consumo totale è
il Permanent Income3. In sostanza massimizzando Cp avremo che anche C sarà
massimizzato.
3
Il Transitory Income ha un peso scarso nelle scelte di consumo e risparmio, vista la sua esigua
dimensione in confronto con il Permanent Income.
12
Il Permanent Consumption è dato dalla seguente equazione:
Cp = K(r; z)Yp
dove K(r; z) è la propensione al consumo media (o marginale) riaspetto al Permanent
Income (Yp) e dipendente dal tasso di interesse () e dalla variabile “taste Shifter”
().
La variabile Taste Shifter è un punto di contatto tra la teoria di Friedman e le teorie
che prestano maggiore attenzione all’aspetto psicologo e sociologico del consumatore
(teorie che saranno brevemente presentate di seguito). In sostanza, si riconosce che
il modello non riesce a descrivere in maniera compiutamente esatta il
comportamento del consumatore.
Relativamente alle componenti transitorie (fattori di breve periodo), possiamo vedere
che esse riflettono le fluttuazioni contingenti delle variabili o al più, gli errori; tuttavia
il consumo non è influenzato da tali fattori.
L’ipotesi principale del modello è che gli individui decidono quanto consumare sulla
base delle prospettive a lungo termine, usando una frazione del Permanent Income
in ogni periodo, così che la propensione media al consumo sia uguale alla
propensione al consumo marginale, raggiungendo un livello di consumo stabile
(questo risultato si ottiene massimizzando la funzione di Permanent Consumption
descritta poc’anzi).
In conclusione, ciò che sottolinea la PIH è che gli individui per massimizzare la
propria utilità durante la loro vita ricercano un livello di Permanent Consumption
costante che è influenzato dalle previsioni di lungo periodo.
La Life Cycle Hypothesis (LCH) riconosce l’importanza del punto centrale della teoria
di Friedman dove gli individui massimizzano la propria utilità cercando un livello di
consumo costante, tuttavia tale livello non dipende da variabili psicologiche, piuttosto
da variabili demografiche. In tal senso le scelte di consumo risparmio saranno in
relazione con l’età dell’individuo, oltre che a variabili reddituali (Ando, Modigliani,
1963, 1957 e Modigliani e Brumberg, 1954).
In sostanza, se il reddito corrente è inferiore al “Lifetime Income” atteso (secondo il
Consumption Smoothing) il risparmio si riduce e l’individuo deve prendere a prestito
13
risorse per finanziare il consumo. Viceversa, quando il reddito corrente è superiore al
“Lifetime Income” atteso, l’individuo accumula risparmio. Il modello evidenzia come
la vecchiaia sia il principale motivo di accumulazione della ricchezza.
LCH muove le mosse dal modello sviluppato da Modigliani e Brumberg dove la
funzione d’utilità dell’individuo è in funzione del suo consumo aggregato nel periodo
corrente e nei periodi futuri.
à = ( )
In tal caso il consumatore massimizzerà la sua utilità coerentemente con le risorse
disponibili che saranno a loro volta in funzione dei guadagni correnti e futuri
(opportunamente scontati). Come risultato si avrà che il comportamento del
consumatore sarà rappresentato dalle risorse disponibili e dal tasso di ritorno sul
capitale, il tutto in relazione alla età del consumatore stesso4.
Assumendo di non considerare l’opportunità di contrarre debiti, i guadagni da
capitale e interessi con cui capitalizzare i flussi, possiamo scrivere così l’equazione di
Modigliani e Ando:
=
=
=
=
=
Avremo che:
=
( + )
=
+
Ciò che emerge d’interessante da questa equazione è che se gli anni rimanenti (e di
conseguenza anche gli anni lavorativi rimanenti) variano, gli effetti marginali del
singolo incremento di ricchezza o di reddito variano considerevolmente. Infatti se:
= 50
= 30
= à = 0,025
4
La formula completa si articola come segue: = ’1 + ’2 ’ + ’3 − 1 dove ogni variabile
è rappresentativa di un gruppo di età e nello specifico è il consumo totale al tempo t,
At-1 = Yt1 + Yeti + At t-1 dove Yt1 rappresenta il consumo aggregato, Yeti il reddito non Proprerty
corrente e At t-1 rappresenta il reddito non Proprerty atteso annuale e la ricchezza netta
5
= 50, = 30 da cui =
50
+ 30
50
= 0,02 + 0,6. = 0,02
14
= à = 0,66
Il che significa che un’unità aggiuntiva di patrimonio avrà un effetto di 0,025 sul
consumo e viceversa una unità marginale di reddito annuo avrà un effetto di 0,6 sul
consumo (dunque molto più rilevante). Questa evidenza è del tutto coerente con
l’assunto della propensione del consumatore a risparmiare in previsione della
vecchiaia.
A suffragio di ciò, possiamo prendere come esempio l’utilità di un consumatore d’età
avanzata:
= 21, = 1
si avrà
= à = 0,057
e
= à = 0,058
In questo caso,
essendoci un
patrimonio già
formato, un aumento
di una unità di reddito
ha lo stesso effetto
sul consumo di una
unità di patrimonio
aggiuntiva.
In sostanza, rappresentando questa funzione in un grafico (rappresentato nella
figura 2), la massimizzazione dell’utilità del consumatore coincide con la
6
= 50, = 30 da cui =
50
+ 30
50
= 0,02 + 0,6. = 0,6
7
= 21, = 1 da cui =
21
+ 1
21
≈ 0,05 + 0,05. = 0,05
8
= 21, = 1 da cui =
21
+ 1
21
≈ 0,05 + 0,05. = 0,05
€
Tempo
Pensionamento Termine della
Vita
Risparmio
Consumo
Figura 2: Consumption, Income, Wealth over the Life Cycle; adattato da
Mankiw (2007)
15
massimizzazione del consumo, che si avrà attraverso il cosiddetto Consumption
Smoothing, dove in base alle informazioni sul reddito futuro, si definisce il consumo
di oggi.
L’evidenza empirica conferma la solidità della teoria: Attifield e Cannon (2003)9
hanno dimostrato che le variabili demografiche giocano un ruolo chiave nello
spiegare la relazione tra il consumo e il risparmio.
Seppure con due approcci diversi, anche se complementari, la Life Cycle Hypothesis,
e la Permanent Income Hypothesis (PIH) asseriscono che ogni individuo considera il
lungo periodo per trovare la misura ottima di consumo e risparmio; inoltre lo stesso
livello di consumo e risparmio è influenzato dall’età del soggetto. Il fattore
demografico è essenziale per entrambe le teorie, infatti nella PIH viene considerato
nella variabile “Taste Shifter” e nella LCH direttamente nella formula stessa.
Coerentemente con quanto detto, un soggetto giovane avrà un risparmio negativo,
visti i livelli di reddito tipicamente inferiori al livello di Income medio atteso nella vita,
mentre nella fase di maturità vi sarà un accumulo di risparmio e rimborso dei debiti,
ed infine nella età del pensionamento vi sarà una fase dove i risparmi verranno
utilizzati per far fronte agli impegni correnti.
Tuttavia, entrambi i modelli hanno due limiti comuni: anzitutto essi non considerano
l’avversione al rischio di ogni singolo soggetto. Come osservano Cochrane (1991),
Attanasio e Davis (1996), viste le persistenti imperfezioni dei mercati e visto il gran
numero di shock che li caratterizzano, questa questione risulta essere centrale. In
secondo luogo entrambi i modelli non considerano la possibilità di scambio
intergenerazionale di ricchezze. Questo scambio di risorse modifica sostanzialmente il
comportamento di risparmio e consumo dei consumatori aggiungendo nuove variabili
da considerare per massimizzare la propria utilità.
1.3.2. Psychological and sociological theories
Le teorie psicologiche e sociologiche sul risparmio analizzano gli stimoli esogeni sul
comportamento del singolo risparmiatore, come motivazione, aspirazioni, e
aspettative (Katona, 1975; Olander e Seipel, 1970; Strumpel, 1972, 1975; Van Raaj,
16
1989). Diversamente dalle teorie neoclassiche, queste teorie non assumono che le
preferenze siano costanti nel tempo; infatti si assume che le aspirazioni e le
preferenze siano influenzate largamente dalle condizioni socio economiche. George
Katona (1951, 1975) ha sottolineato come il risparmio sia in funzione di due fattori:
uno è l’abilità nel risparmiare e l’altro è la volontà di risparmiare. Da ciò deriva che
alcuni soggetti, con scarse risorse o con particolari abitudini, non riescono a scegliere
se risparmiare (vista la scarsità delle risorse e la necessità del loro utilizzo per far
fronte alle necessità di breve periodo), mentre invece chi ha la possibilità di scegliere
deve imporsi di risparmiare. In sostanza il risparmio è una libera scelta del soggetto.
Altri articoli scientifici pongono l’accento su come la famiglia (Cohen, 1994), i
conoscenti (Duesenberry, 1949) e le scelte pregresse inerenti al risparmio (Furnham,
1985; Katona 1975) influiscano sulle abitudini di consumo e risparmio.
1.3.3. Behavioral theories
Sebbene queste teorie siano parzialmente legate a quelle descritte poc’anzi, esse
assumono che gli individui non abbiano perfetta razionalità e che possano cedere alle
tentazioni di spendere. La prima di queste teorie è Behaveioral Life Cycle Hypotesis
(Shefrin e Thaler, 1988) che è legata alla “Economic Theory of Self-Control”(Thaler e
Shefrin, 1981). Quest’ultima teoria suggerisce che gli individui possono essere visti
come delle organizzazioni dove vi sono individui organizzatori (planner) e individui
pragmatici (doer): gli individui organizzatori si occupano della Lifetime Utility, mentre
gli individui pragmatici si preoccupano solo delle contingenze e sono egoisti e miopi
(Thaler e Shefrin, 1981). In sostanza entrambe le tipologie di individui si impongono
per volontà o necessità (gli individui pragmatici devono comunque mostrare self-
control) delle regole dette Rule of Thumb, che di fatto influenzano le scelte sul
risparmio. Il risparmio è il risultato delle imposizioni che ogni singolo soggetto si auto
impone (Maital e Maital, 1994).
Cercando di riconciliare i diversi punti di vista delle tre classi di teorie, è possibile
affermare che le teorie neoclassiche descrivono con una notevole efficacia il
comportamento tenuto dagli individui in materia di risparmio e consumo; tuttavia
questi modelli sono troppo rigidi e avanzano delle ipotesi che risultano non sempre
coerenti con l’evidenza empirica. Nello specifico l’ipotesi che ogni individuo sia