6
responsabilità per le domande d’asilo5. Dai primi anni ’90, poi, i flussi di
richiedenti asilo verso i paesi dell’Unione Europea hanno avuto nuovi impulsi, con
la caduta del muro di Berlino e le guerre nell’Ex Yugoslavia. Inoltre, il
miglioramento globale delle condizioni di trasposto ha fatto si che l’Europa fosse
più facilmente raggiungibile anche da paesi lontani. Tutto ciò ha condotto alla
saturazione dei sistemi di asilo6, che fino a questo momento avevano funzionato
abbastanza bene7.
I problemi che si trovavano ad affrontare gli organi europei, erano soprattutto le
notevoli differenze tra le politiche nazionali in materia di immigrazione, ad
esempio le politiche di apertura della Spagna nei confronti dei paesi dell’America
Latina o della Francia verso l’Algeria, entrambe determinate dai passati legami
coloniali. Il primo passo era quindi la reciproca informazione tra i paesi membri,
oltre alla condivisione e la conoscenza del problema. Vennero perciò create alcune
strutture organizzative per coordinare le politiche statali, e tra queste il Gruppo ad
hoc sull’immigrazione che produrrà la Convenzione di Dublino del 1990.
2. La Convenzione di Dublino
La Convenzione di Dublino, firmata il 15 giugno 1990, si occupava di determinare
quale Stato membro della Comunità Europea fosse competente per l’esame delle
domande d’asilo presentate in uno degli stati membri, sostituendo perciò il capo
VII della Convenzione sull’applicazione dell’accordo di Schengen. La sostituzione
del capo VII con la Convenzione di Dublino venne decisa con il cd. Protocollo di
Bonn, il 26 aprile 1994.
5
La materia asilo sarà completamente sostituita dalle disposizioni della Convenzione di Dublino del 1997.
6
D. Dubolino, L‟identificazione dello Stato competente all‟esame di una domanda di asilo: dalla Convenzione di
Dublino al nuovo regolamento, in Diritto dell‟Unione Europea, 2004 n° 4, p. 815.
7
Il primo intervento è stato la redazione del Libro Bianco sul completamento del mercato interno, inviato dalla
Commissione al Consiglio dei Ministri, e contenente la proposta di adottare interventi comunitari per coordinare
aree di intervento quali, tra le altre, visti, status dei rifugiati e condizioni per concedere l’asilo politico, in vista del
completamento del mercato unico nel 1993.
7
Questa convenzione intendeva evitare che richiedenti asilo presentassero diverse
domande a diversi Stati membri, oltre a tutelare i richiedenti asilo stessi, evitando
che nessuno Stato si assumesse la responsabilità di analizzare la domanda. Alcuni
critici
8
hanno però sostenuto che oltre a questi scopi dichiarati, ve ne fossero altri
“nascosti” ossia la messa in opera di un sistema che cercasse di ridurre il numero
delle richieste di asilo presentate nei paesi membri, incentivando gli stessi ad un
migliore controllo delle frontiere esterne. Gli autori critici verso la Convenzione
hanno individuato l’articolo 3.59 della stessa, come prova che effettivamente
l’obiettivo fosse la diminuzione del numero di richieste di asilo, in quanto consente
il rinvio del richiedente asilo in un paese terzo.
La Convenzione è entrata in vigore il 1 settembre del 1997, sette anni dopo la sua
firma, per i paesi che hanno firmato inizialmente; un mese più tardi per Austria e
Svezia, e il 1 gennaio 1998 per la Finlandia. La Convenzione è stata e sostituita poi
dal regolamento 343/2003 detto anche “Dublino II”. La convenzione si inseriva
nelle regolamentazioni internazionali della Convenzione di Ginevra del 1951 e del
protocollo di New York del 1967, come espresso nel preambolo e nell’art 2.
2.1 La Convenzione di Ginevra sullo status rifugiati del 1951
La Convenzione di Ginevra sullo status dei rifugiati10, è oggi stata ratificata da 146
Stati11. Tra i vari aspetti regolati dalla Convenzione vi è anzitutto una chiara
definizione di rifugiato12; inoltre vengono stabiliti alcuni principi fondamentali,
8
D. Dubolino, L‟identificazione dello Stato competente all‟esame di una domanda di asilo: dalla Convenzione di
Dublino al nuovo regolamento, in Diritto dell‟Unione Europea, 2004 n° 4, p. 824
9
L’articolo 3.5 della Convezione di Dublino recita “Ogni Stato membro mantiene la possibilità, conformemente alla
propria legislazione nazionale, di inviare un richiedente asilo in uno Stato terzo, nel rispetto delle disposizioni della
Convenzione di Ginevra, modificata dal protocollo di New York.”
10
È importante sottolineare che questa Convenzione non disciplina l’istituto giuridico dell’asilo, ma solamente lo
status di coloro che rientrano nella definizione di rifugiato.
11
Dato fornito dall’UNCHR
12Art 1 “Rifugiato è colui che temendo a ragione di essere perseguitato per motivi di razza, religione, nazionalità,
appartenenza ad un determinato gruppo sociale o per le sue opinioni politiche, si trova fuori del Paese di cui è
cittadino e non può o non vuole, a causa di questo timore, avvalersi della protezione di questo Paese; oppure che,
non avendo cittadinanza e trovandosi fuori del Paese in cui aveva residenza abituale a seguito di tali avvenimenti,
non può o non vuole tornarvi per il timore di cui sopra”
8
come il principio di non-refoulement, ossia di consentire a chiunque di presentare
domanda d’asilo e pertanto di non respingimento alla frontiera,– all’argomento
verrà in seguito dedicata attenzione- l’immunità penale per i rifugiati, ossia il fatto
che essi non possono essere perseguitati per il loro ingresso irregolare nello Stato;
infine viene stabilito che gli Stati debbano riconoscere a chi gode dell’asilo
politico, una serie di diritti, come la libertà religiosa, la non discriminazione.
Inizialmente la Convenzione era stata pensata per essere applicata a tutti coloro che
avevano dovuto spostarsi a causa degli eventi conseguenti la seconda guerra
mondiale, per questo nel 1967 è seguito un protocollo che ha esteso l’applicazione
sia nel tempo (la Convenzione di Ginevra si riferiva ai fatti precedenti alla sua
firma) sia nello spazio, facendola diventare uno strumento globale.
2.2 Il principio di non refoulement
Alla base del diritto d’asilo vi è il principio di non refoulement, ossia il principio di
non respingimento. All’art. 33 della Convenzione di Ginevra infatti vi è “il divieto
di espulsione o di respingimento (refoulement)” dei rifugiati verso le frontiere di
paesi dove la loro vita o libertà sarebbero minacciate a causa della loro “razza,
religione, nazionalità, appartenenza ad un determinato gruppo sociale o loro
opinioni politiche”. Questa norma è una delle disposizioni sulle quali non è
possibile porre riserva al momento della firma. Inoltre, questo principio è l’unico
obbligo verso gli Stati contenuto nella convenzione; non esiste infatti, come
erroneamente si può pensare, alcun obbligo per gli Stati di concedere l’asilo a
coloro che rientrano nelle caratteristiche dell’art 1.
Direttamente collegato con il principio di non respingimento vi è quello
dell’ammissione dei richiedenti asilo alla frontiera, al fine di garantire che essi
9
possano godere del loro diritto di “cercare” asilo13, così come stabilito dalla
Dichiarazione Universale dei diritti dell’uomo14.
2.3 I contenuti della Convenzione di Dublino
Alla base della Convenzione di Dublino vi era il mutuo riconoscimento degli Stati
membri, quali paesi sicuri. La maggior differenza di fondo tra il concetto di paese
terzo sicuro e il sistema creato dalla Convezione di Dublino sta nel fatto che la
decisone di rinvio verso un altro paese non era più un’azione unilaterale degli Stati,
ma era la conseguenza del meccanismo innescato dalla Convenzione stessa, infatti
un richiedente asilo poteva essere rinviato in un altro paese solamente quando
questi avesse accettato di farsi carico dell’esame della sua domanda d’asilo15.
Per la Convenzione esisteva quindi sempre un solo Stato membro che era
considerato responsabile della domanda d’asilo. La responsabilità veniva attribuita
seguendo una serie di criteri, applicati nell’ordine secondo cui erano enunciati
nella Convenzione, che erano basati su due principi: il primo era quello dell’unità
familiare, anche se i termini erano molto restrittivi16. Inoltre era molto difficile
riunificate membri di una stessa famiglia perché ai sensi della Convenzione questo
poteva avvenire solo se un membro della famiglia godeva dello status di rifugiato
in uno Stato membro e paradossalmente non poteva avvenire se egli era nel
frattempo diventato cittadino di tale Stato o vi risiedeva legalmente.
Il secondo principio è quello della responsabilità di ingresso: ciò significa che in
qualunque modo lo Stato membro fosse responsabile dell’ingresso del richiedente
asilo sul suo territorio, allora lo era anche per l’analisi della sua domanda d’asilo.
In questa categoria si potevano trovare quindi persone entrate varcando
13
Gli articoli 13 e 14 della Convenzione proclamano la libertà di movimento e il diritto a cercare asilo in paesi
diversi dal proprio, per sfuggire a persecuzioni. È importante sottolineare che il diritto in questione è a cercare asilo,
e quindi non necessariamente ad ottenerlo.
14
Dichiarazione Universale dei diritti dell’Uomo del 1948
15
Hurwitz Agnès, The 1990 Dublin Convention: a comprehensive assessement, International Journal of refugee
law, ottobre 1999, n° 11, pp. 647.
16
L’articolo 4 della Convenzione definiva che “i membri della famiglia sono esclusivamente il coniuge del
richiedente asilo, i figli di età inferiore a 18 anni, non sposati, oppure il padre o la madre se il richiedente asilo è egli
stesso minore di età inferiore ai 18 anni non sposato.”