6
in una cultura imprenditoriale capace di capirne
l‟importanza ed accettarla nel proprio sistema
manageriale.
Un‟altra difficoltà delle imprese, in specie quelle
piccole, è data dall‟asimmetria informativa che hanno con
il sovra sistema finanziario, senza il quale non possono
avviare alcun processo che abbia una concreta visione
lungimirante, soprattutto se in ambito internazionale. Se
non si risolve tale problema, in alternativa esse
dovrebbero quanto meno sviluppare una cultura più
propensa all‟entrata di capitali di terzi all‟interno del
proprio business, senza farsi frenare dalla sola paura di
perdere il controllo di gestione, perché ci si priva
altrimenti della possibilità di competere in un mercato
sempre più agguerrito che le vede destinate al declino. È
vero che, dal canto loro, purtroppo spesso le banche non
sono in grado di capire il reale potenziale di crescita di
un‟impresa, sia essa atta all‟operare nel mercato
domestico sia essa intenta a diventare internazionale, in
quanto si basano anche giustificatamente solo sui suoi
assets strutturali anziché verificare la fattibilità di
eventuali progetti di sviluppo.
Quindi le imprese che vogliono implementare un
piano internazionale ed accedere a mercati esteri devono
prima far fronte a queste e ad altre problematiche, che
rappresentano punti a sfavore anche qual‟ora si decidesse
di rimanere sul proprio mercato locale, tenendo conto che
lo Stato sempre più oggi giorno mette a disposizione degli
incentivi sia meramente finanziari che non.
7
Una volta superate queste problematiche l‟impresa
deve capire quali possibilità di sviluppo ha a disposizione
nei diversi mercati, intese come capacità dell‟ambiente
esterno di assorbire piani firm specific che le permettano
prima di adattarsi e poi affermarsi, e questo è quello che è
stato fatto nel prosieguo del lavoro.
Infatti, nel secondo capitolo, si è passati ad
evidenziare come si concretizza un vero e proprio
processo di internazionalizzazione, attraverso lo studio
delle diverse leve di marketing strategico e operativo
dell‟impresa, nonché dei vari sovra sistemi con i quali
essa si troverà a dover interagire.
In particolare ci si è riferito, come già detto, alle
imprese del tessile-abbigliamento individuandone la
composizione strutturale tipica, ovvero quella che le vede
aggregate in distretti industriali, evidenziando
quell‟aspetto tanto affascinante quanto importante che è la
moda.
Proprio l‟importanza della moda è stata chiarita, nel
terzo capitolo, attraverso la sua evoluzione ed
associazione al settore TA nella sua accezione più ampia,
quale fenomeno in continua espansione e determinante ai
fini del successo del made in Italy in tutto il mondo.
Queste premesse hanno poi portato alla redazione di
un‟analisi economico-politica di quei Paesi target,
attraverso la creazione di Schede Paese che ne mettessero
in luce i dati più rilevanti, ai fini di una loro penetrazione.
Nel quarto ed ultimo capitolo, infatti, si sono
evidenziati in primis gli andamenti dei trends di
import/export dell‟Italia, poi si è focalizzata l‟attenzione
8
sulle imprese campane del settore TA, dove si è
evidenziato un assetto imprenditoriale abbastanza evoluto
se paragonato alle altre regioni del Mezzogiorno, con la
più alta propensione allo sviluppo e alla diffusione di
innovazione tecnologica, caratterizzato per oltre il 95% da
PMI che nel settore di riferimento si concentrano in
prevalenza in distretti industriali.
In conclusione di ciò si è riuscito a strutturare, per
sommi capi, un piano strategico che mettesse a confronto
due le linee guida diverse – a seconda dell‟obiettivo da
raggiungere – evidenziando al contempo le motivazioni
che hanno spinto alla scelta finale.
9
CAPITOLO PRIMO
1. Analisi delle problematiche delle PMI
È ben noto che il nostro Paese, così come gran parte
del continente europeo, è caratterizzato per la maggior
parte da Piccole e Medie Imprese se non addirittura da
Microimprese1, per tale motivo si è scelto di cominciare
questo lavoro evidenziando le caratteristiche che
permettono di classificare un‟impresa di medie dimensioni
da una di piccole dimensioni così come da una di micro
dimensioni.
La piccola impresa può essere definita attraverso
parametri quantitativi e qualitativi, dove con i primi si fa
riferimento – a titolo di esempio – al numero di addetti, al
fatturato, al valore degli investimenti, individuando delle
classi dimensionali la cui utilità è prevalentemente di tipo
statistico e di politica industriale, mentre con i secondi ci
si riferisce a dati meno quantificabili ma più
rappresentativi di aspetti significativi, quali – sempre a
titolo di esempio – la forma giuridica, la dominanza del
soggetto economico (così come la sovrapposizione tra
famiglia e impresa), la specializzazione delle funzioni
aziendali, le forme di finanziamento, il grado di
autonomia con le altre imprese, il potere di mercato ed il
rapporto con l‟ambiente esterno. Parametri, quest‟ultimi,
1
Cfr. http://it.wikipedia.org/wiki/Piccola_e_media_impresa, inoltre
è possibile conoscere il numero delle PMI artigiane in Italia con il
seguente link http://dwcis.istat.it/cis/index.htm.
10
che permettono di individuare quelle caratteristiche
organizzative e gestionali che tipicizzano classi
dimensionali diversificate e che permettono di
comprendere meglio le manifestazioni di successo.
Nell‟utilizzare i parametri quantitativi, diviene necessario
individuare l‟oggetto di riferimento cui applicarli, ossia le
variabili economiche in base alle quali è possibile la
distinzione. Questi parametri, a loro volta, possono essere
ulteriormente scomposti in:
strutturali, si riferiscono ad una
dimensione patrimoniale e, esaminando
il valore dei fattori produttivi2,
esprimono la potenzialità dell‟impresa
(es. il numero di addetti, il capitale
investito, la capacità produttiva
installata, ecc);
dinamici, si riferiscono a variabili
operative dell‟azienda ed esprimono il
grado di utilizzazione del patrimonio
disponibile attraverso la misurazione di
grandezze economiche o fisiche (es. il
fatturato, il valore ed il volume della
produzione e delle vendite, il valore
aggiunto e la quota di mercato);
2
Ci si riferisce al valore del prodotto marginale del fattore, quindi
per una breve delucidazione si consiglia Mankiw N. Gregory,
Principi di economia, Milano, ed. Zanichelli, 2007, cap. 18.
11
L‟attuale normativa posta dalla Commissione
Europea3 ne definisce quindi tre tipologie diverse tra loro,
dal numero di dipendenti e dalla soglia di fatturato e di
bilancio annuale:
1. Medie imprese, quelle con un totale di occupati
non superiore a 250, un fatturato inferiore o
uguale a 50 milioni di euro o il loro bilancio
annuo inferiore a 43 milioni di euro;
2. Piccole imprese, quelle con un totale di
occupati non superiore a 50, un fatturato annuo
o totale bilancio inferiore o uguale a 10 milioni
di euro;
3. Microimprese, il cui numero di dipendenti è
non superiore a 10 ed un volume di affari o
totale a bilancio inferiore o uguale a 2 milioni
di euro;
Ora che si è fatta questa distinzione bisogna evidenziare
che a livello nazionale la piccola-media impresa e
l‟impresa individuale rivestono un ruolo significativo,
infatti se si guarda all‟ultimo censimento Istat effettuato
nel 2001 ci si rende conto come nei tre settori principali,
ovvero l‟industria, il commercio e i servizi, il numero
delle imprese individuali e delle micro e piccole imprese
sia nettamente superiore rispetto alle imprese di medio-
grandi dimensioni. La dimensione media di un‟impresa,
nel 2001, si aggirava attorno ai 3,92 addetti (dipendenti o
3
Raccomandazione della Commissione Europea (2003/361/CE),
del 6 maggio 2003, relativa alla definizione delle microimprese,
piccole e medie imprese, [Gazzetta ufficiale L 124 del
20/05/2003].
12
autonomi) ciascuna, evidenziando il fatto che soltanto le
microimprese rappresentavano il 94,8 % del totale. Questi
dati sono molto significativi se si considera che la
maggior parte delle imprese individuali e delle imprese
minori in genere sia di tipo familiare4.
Ripartizione delle imprese per classe di addetti e settore di
riferimento:
Classe di addetti
1-9 10-19 20-49
50-
249
250
e oltre
totale
industria 881.220 71.381 32.966 11.127 1.595 998.289
servizi 2.457.200 43.624 15.759 5.506 1.038 2.523.127
totale
generale
3.338.420 115.005 48.725 16.633 2.633 3.521.416
% 94,80% 3,27% 1,38% 0,47% 0,07%
Fonte: Confindustria – Piccola Industria.
4
Non esiste una definizione univoca di impresa familiare in
dottrina, tuttavia con tale termine si può intendere quell‟impresa
in cui una o più famiglie, legate da vincoli di parentela e da solide
alleanze, detengono una quota di capitale di rischio tale da
esercitarne il controllo – Corbetta (1995). Cfr. Campobasso G. F.,
Manuale di diritto commerciale, Torino, Utet, ult. ed.;
13
Tali imprese da sempre riscontrano molteplici
problemi legati sia al management, sia all‟impiego del
capitale di rischio nonché al ricorso di finanziamenti, sia
al territorio di appartenenza. Oltre a queste problematiche
le imprese devono tener presente degli andamenti
macroeconomici che vanno ad incidere pesantemente sui
risultati aziendali, quali ad esempio l‟andamento del
prezzo del petrolio, il tasso di cambio euro/dollaro, il
livello dei tassi di interesse, i provvedimenti di politica
economica, etc.
Negli ultimi dieci anni la crescita economica italiana
ha visto un aumento del PIL di circa il 21,60%5, ossia un
valore più basso della crescita media conosciuta negli
USA in un qualsiasi anno degli ultimi dieci presi in
considerazione, tenendo conto che si è avuto un calo che
si è aggirato intorno al 3,56% negli ultimi tre anni per via
della crisi che ha colpito, chi più chi meno, tutti i paesi
economicamente più avanzati e che ha messo in ginocchio
l‟economia mondiale. Tuttavia, nonostante la recente crisi,
bisogna evidenziare che sono proprio queste Piccole-
Medie imprese che sono riuscite ad uscirne, per così dire,
in maniera più facile per via della loro elasticità sia
economico-finanziaria che strutturale.
La fase particolarmente avversa ed
imprevedibilmente lunga che ha interessato l‟economia
italiana e più in generale l‟economia europea nel suo
insieme (se si escludono Gran Bretagna e Spagna), se da
un lato è stata amplificata dalle carenze di ordine
5
Fonte OECD, www.oecd.org.
14
strutturale, prima tra tutte una produttività di servizi più
bassa in Europa rispetto agli USA, ha innescato un
processo, che potremmo definire “virtuoso”, di
trasformazione di molti comparti manifatturieri, attraverso
una strategia di filiera che ha coinvolto soprattutto il
terziario avanzato e la creazione di un nuovo nucleo di
imprese interpretabile come “middle class”6.
Un cambiamento della formazione della catena del
valore necessario, se consideriamo che negli ultimi anni
hanno conosciuto la crisi soprattutto quei settori a più
modesto valore aggiunto e più esposti alla concorrenza
estera (in particolare di Cina e paesi dell‟Est).
1.1. La Governance dell’impresa
Una delle problematiche principali inerenti le PMI
viene rispecchiata da molti anni nel profilo di colui che ha
la gestione, in quanto emerge in maniera univoca un
imprenditore fortemente individualista ed
autoreferenziale, focalizzato eminentemente sull‟attività
produttiva e scarsamente sulle componenti strategiche,
gestionali e commerciali7 e, perciò, non compiutamente in
grado di acquisire maggiori risorse cognitive, esperienze e
6
Cfr. Unioncamere con la collaborazione dell‟Istituto Guglielmo
Tagliacarne, “Le piccole e medie imprese nell’economia italiana:
posizionamento competitivo e linee di trasformazione”, rapporto
2005, S.l., ed. Angeli F., prima edizione 2006.
7
Cfr. Kerin A. Roger, Hartley W. Steven, Berkowitz N. Eric,
Rudelius William, Marketing, Milano, McGraw Hill Italia, 2007.
15
competenze necessarie a sostenere adeguatamente le
dinamiche di sviluppo aziendali ed a concretizzare la
propria creatività.
Ciò deriva, sostanzialmente, dall‟invalsa
convinzione che l‟unica formazione e le conoscenze
necessarie per svolgere l‟attività dell‟impresa, siano quelle
che si apprendono lavorando (learning by doing e by
using), convinzione che ha finito di esaltare la
componente tecnico-produttiva a scapito di altri aspetti
determinanti la sopravvivenza e lo sviluppo di
un‟iniziativa imprenditoriale, quali la gestione finanziaria,
il marketing, la commercializzazione, la ricerca e
l‟arricchimento tecnologico8.
Un‟altra problematica legata agli assetti di
Governance, che va inevitabilmente ad incidere sulle
prestazioni o comunque gli andamenti aziendali, è il fatto
che la maggior parte delle PMI presenta un‟assoluta
gestione familiare che tutt‟al più tende ad assumere in
alcuni casi un assetto a controllo familiare aperto9. Questo
è un fenomeno tipico del sistema industriale italiano al
quale sono riconducibili patologie caratterizzanti la
piccola impresa, come la tendenza alla
sottocapitalizzazione per il timore della perdita di
controllo finanziario e l‟incapacità o la riluttanza a gestire
relazioni complesse o, ancora, come la tendenza a favorire
8
Cfr. Zagnoli P., Percorsi di diversificazione dei distretti
industriali. Il caso di Prato, Torino, Giappichelli, 1993, pag.94.
9
Cfr. Campagno C., “Assetti di governance e processi di
internazionalizzazione nelle PMI”, in Sinergie, anno 2003,
volume 21, fascicolo 60, pag. 64-66.
16
sistematicamente i membri della famiglia per la copertura
dei ruoli dirigenziali10.
Giova osservare la carenza di programmazione
strategica, riconducibile sostanzialmente ad un approccio
di gestione orientato al breve periodo e alla diffusa
incapacità di analizzare ed interpretare la complessità
ambientale e di contesto11.
Come si può ben capire si è di fronte ad un‟impresa
familiare quando esiste una sovrapposizione, più o meno
completa, del sistema aziendale con quello familiare,
sovrapposizione di valori, principi e di ruoli che sono da
considerarsi tuttavia come elemento distintivo dal quale si
conseguono sia fattori di successo sia di insuccesso. Tra i
punti di debolezza sono individuabili, ovviamente,
l‟esistenza di nodi conflittuali tra gli interessi della
famiglia e quelli dell‟impresa, la presenza di favoritismi e
nepotismi nei confronti del gruppo familiare e la presenza
di tensioni e disaccordi che, sviluppatisi nell‟ambito
familiare, si estendono al funzionamento dell‟impresa.
Mentre tra i punti di forza si possono considerare in
estrema sintesi la fiducia alla base delle relazioni, la lealtà
e la motivazione delle risorse umane, il clima di lavoro, lo
spirito di sacrificio presente in parte o tutti i membri della
famiglia.
10
Cfr. Boldizzoni D., La piccola impresa, Milano Edizione de Il
Sole 24 Ore, 1985.
11
Cfr. Boldizzoni D., Cifalinò A., Serio L, “L‟impresa familiare:
modelli di analisi ed evidenze empiriche". Una ricerca
sull‟imprenditorialità marchigiana”, Small Business/Piccola
Impresa, n. 3, 2000.
17
In tale realtà lo sviluppo risulta collegato non solo al
grado di motivazione e alle capacità personali
dell‟imprenditore ma anche alla valutazione attuale e alle
prospettive di crescita professionali del gruppo familiare,
pertanto da questo si genera un processo di crescita
caratterizzato da salti e discontinuità che risultano
determinati più da limiti interni legati alla famiglia che da
opportunità o limitazioni imposte dall‟ambiente esterno,
che a lungo andare impediscono la crescita organizzativa
di competenze e funzioni specialistiche in grado di dare
continuità alla gestione e proporre alternative alla formula
imprenditoriale12
In effetti, la famiglia rappresenta il soggetto
economico13 che attraverso l‟azienda persegue i propri
obiettivi particolari di profitto, prestigio, auto-
realizzazione, ed altri ancora14.
Siffatte caratteristiche dell‟imprenditore locale, che
assurge dunque ad organo di governo e baricentro
decisionale e strategico della piccola impresa,
determinano ovviamente una serie di criticità che si
12
Cfr. Coda V., L’orientamento strategico dell’impresa, Torino,
Utet, 1995.
13
Si veda, sul concetto di soggetto economico, Giannessi E. (1960),
Le aziende di produzione originaria, Pisa, Cursi, pag. 75.
14
È ben noto come le finalità particolari del soggetto economico
necessitano di porre le condizioni di equilibrio durevole in ordine
prioritario, al fine di evitare la perdita del requisito di aziendalità,
perché se ciò non avvenisse si andrebbe a configurare una non-
azienda ovvero un‟impresa distruttrice di valore e ricchezza e, in
quanto tale, destinata alla degenerazione ed alla fuoriuscita dal
mercato.
18
manifestano in relazioni spesso insufficienti con i
sovrasistemi rilevanti della distribuzione, del consumo,
istituzionale, accademico e finanziario, oltre che nel
rapportarsi con i mercati internazionali.
Quanto detto richiama un ulteriore principio
fondamentale, ovvero quello di autonomia del sistema
aziendale dal sistema famiglia, con il quale si intende il
suo essere indipendente dai cambiamenti, dalle
vicissitudini delle persone e dei beni patrimoniali nel
corso del tempo. Tuttavia tale principio non è da
confondersi con la chiusura e l‟indipendenza totale verso
l‟ambiente, perché al contrario ogni azienda per
mantenere la propria autonomia necessita di essere aperta
all‟ambiente nel quale è in grado di autorigenerarsi. Ciò si
collega al concetto di durabilità dell‟impresa, quale
capacità di svolgere la propria attività senza il sistematico
ricorso a terze economie per l‟aiuto o il ripianamento di
situazioni deficitarie.
Recenti studi effettuati dall‟ISTUD15 sulla piccola
impresa hanno confermato queste problematiche e, inoltre,
hanno sottolineato due sue più modeste tendenze16:
la sua non disponibilità a crescere,
infatti è stata riscontrata una forte
dipendenza produttiva ed una
commercializzazione prevalentemente
15
www.istud.it.
16
Cfr. Bruno Biancone A. M., L’impresa minore nel processo di
internazionalizzazione dei mercati. Sviluppo dimensionale e
strategie competitive, Torino, Giappichelli G. Editore, 1999, pag.
59.
19
limitata al territorio nazionale, nonché un
processo di sviluppo basato
sull‟acquisizione di poche e limitate
competenze distintive, utilizzate per lo
più nei momenti di crisi ed ogni qual
volta sia necessario contrastare il declino
dell‟azienda;
la presenza di un’imprenditorialità
diffusa ma limitata, infatti si è visto che
prevale l‟orientamento a occuparsi più
delle attività di gestione legate al
funzionamento interno
dell‟organizzazione (aspetti produttivi) e
a trascurare i problemi relativi
all‟ambiente e all‟innovazione, si è visto
inoltre che l‟attività viene concentrata
all‟interno di poche aree funzionali
considerate soggettivamente più
importanti, anziché creare un‟unica
attività integrata;
Da questa disamina si è potuto osservare che gran
parte delle piccole imprese non si sviluppa a causa del
carattere familiare, non sceglie di crescere, non cerca
soluzioni alternative, anzi soggiace ad un profilo
imprenditoriale caratterizzato da un‟estrazione pressoché
esclusivamente tecnica, fortemente accentratore, orientato
all‟imitazione di prodotti e processi produttivi introdotti
da altri, restio alla crescita dimensionale, ma abile nel
riorientare produzioni in crisi. Quindi un profilo aziendale
incapace di esprimere una fisionomia competitiva solida e