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capitolo, in questo l’attenzione è focalizzata sulle due principali
riforme che oggi disciplinano l’attività di lobbying: il Lobbying
Disclosure Act del 1995 e il Federal Regulation of Lobbying Act
del 1946. Il quarto ed ultimo capitolo è incentrato su una disamina
delle politiche di pressione poste in essere a seguito della proposta
di riforma del sistema sanitario statunitense avanzata dal Presidente
Barack Obama. La capacità delle lobby di influenzare le politiche
governative in ambito sanitario è valutata attraverso uno studio
accurato dell’andamento dei finanziamenti elettorali negli ultimi
dieci anni. Infine, l’analisi delle dinamiche e dei ‘costi’ necessari
all’approvazione della proposta di legge al Senato vanno a
concludere l’elaborato.
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CAPITOLO I
LOBBY: DEFINIZIONE E
STORIA
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1.1 Definizione
Il potere ed il ruolo che i gruppi di pressione esercitano nel
contesto delle democrazie moderne, ed in special modo in quelle
anglosassoni sono ormai noti. Nel caso degli Stati Uniti questi
gruppi di pressione rivestono un ruolo primario nelle dinamiche
decisionali, ed hanno una lunga storia ed una larga diffusione. La
loro legittimazione in qualità di attori politici è piena. Sin dalla
nascita degli Stati Uniti, infatti, le lobby sono state in grado di
occupare un ruolo chiave nel processo legislativo, ed il loro
successo è dovuto a diversi fattori legati tutti all’unicità del contesto
politico e sociale in cui operano. La rappresentanza degli interessi è
un elemento chiave della prassi democratica americana, e non di
rado dietro una lobby c’è quasi sempre una associazione. Risulta
spesso difficile per gli europei capire quanto sia radicato tale
fenomeno a livello sociale. Tutti gli attori sociali degli Stati Uniti ,
che siano gruppi di individui oppure organizzazioni, hanno un
interesse diretto o indiretto nei confronti dell’attività legislativa
svolta dal Congresso. Le lobby, operando da corpo intermedio,
fanno sì che questi interessi giungano al’atenzione dei
parlamentari attraverso un’attività svolta durante tutta la legislatura.
Questo loro diritto trova massima tutela nella leggi dello Stato; il
lobbismo infatti, è tutelato a livello costituzionale. Il right of
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petition
1
, cioè il diritto alla petizione, è contenuto nel First
Amendment, il Primo Emendamento ratificato nel 1791, che
assieme ad altri nove fa parte integrante della Carta Fondamentale.
Tale condizione implica che l’attività di lobbying è ammessa e
garantita implicitamente poichè racchiusa nel diritto di associazione
e di supplica; tali diritti garantiscono al cittadino la capacità di
potersi difendere dall’oppressione e dall’ingerenza del governo.
Ma cosa sono le lobby? Sia nei media che nel linguaggio quotidiano
questo termine assume spesso connotazioni negative. Visto con gli
occhi degli europei il lobbismo statunitense sembra quasi una
legittimazione della corruzione politica. Ma per compredere
pienamente il fenomeno bisogna riscoprire il ruolo che
l’associazionismo riveste da sempre nel modello sociale e politico
americano. Numerosi pensatori a partire da Toqueville hanno posto
al centro della propria riflessione questo elemento della cultura
Americana. Come evidenzia Graziano, il lobbismo è un «fenomeno
contemporaneo essenzialmente del Novecento, le lobby incarnano
dilemmi antichi della politica. Di società parziali, di parti che
diventano partiti e di fazioni, progenitrici degli attuali gruppi di
interesse , si discute almeno da quando è apparsa in Europa una
sfera distinta e nettamente separata dallo Stato, a cui si è convenuto
di dare il nome di “società civile”»». Ed è partendo proprio da
1
http://www.archives.gov/exhibits/charters/bill_of_rights_transcript.html Bill
of Rights 1971 - Amendment I “Congress shall make no law respecting an
establishment of religion, or prohibiting the free exercise thereof; or abridging
the freedom of speech, or of the press; or the right of the people peaceably to
assemble, and to petition the Government for a redress of grievances”
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questo concetto di società civile» [Graziano, 1995], intesa come il
luogo in cui la libertà di coscienza e di associazione trovano la
massima espressione, che numerosi pensatori metteranno al centro
del dibattito il ruolo dei gruppi di pressione. Le opere di
Montesqueu, Madison e Toqueville rappresentano in questo senso il
retroterra dottrinale dal quale partire per poter delineare la
tradizione di pensiero legata al cosiddetto pluralismo liberal-
democratico. Questa variante del pluralismo è stata supportata nel
Novecento da diverse scuole di pensiero quali il pluralismo
normativo , la group theory con le opere di Bentley e Truman fino
ad includere il modello poliarchico di Dahl. Il pluralismo liberal-
democratico sostiene la tesi secono la quale il progetto del
pluralismo preveda in sostanza l’autogoverno. Infatti, il pluralismo
in tutte le sue manifestazioni consiste in una denuncia più o meno
esplicita dei limiti della rappresentanza puramente parlamentare e
dell’alienazione del cittadino che si trova nella condizione di
rapportarsi con lo Stato. La soluzione pluralista prevede in questo
caso una rappresentanza che sia funzionale e vicina agli interessi
dei singoli cittadini, che in tal modo possono controllare da vicino
l’operato delle istituzioni. Negli Stati Uniti vi sono oggi oltre
centomila tra gruppi e associazioni estremamente diversi per natura,
dimensione, influenza ed orientamento. Questi gruppi si possono
considerare come parte effettiva del processo politico. Secondo
Davis B. Truman tali condizioni sono parte integrante del
pluralismo Americano nel quale «un gruppo di interesse è un
gruppo i cui membri condividono uno stesso atteggiamento e che
11
rivendica un certo numero di cose dagli altri gruppi che
compongono la società. Se e quando esso reclama qualcosa dale
istituzioni, diviene un gruppo d’interesse politico”[Truman, 1960].
Negli Stati Uniti il processo politico quindi coinvolge anche un
certo numero di gruppi di pressione oltre alle istituzioni ed i partiti.
Bisogna inoltre riconosce che il legame tra gruppi di pressione e
partiti non è così netto. Le lobby sono espressione di singole istanze
presenti all’interno dei partiti. Alcuni gruppi di pressione ad
esempio rappresentano l’ala destra o sinistra di un determinato
partito. Nel modello pluralista americano la presenza di tali gruppi
non viene vista come una forza antagonista rispetto alle istituzioni
poichè al contrario ne rappresentano un completamento. Affinchè la
convivenza tra gruppi di pressione ed istituzioni sia pacifica sono
necessarie due condizioni cardine del modello politico americano.
La prima è che ci sia un consenso generalizzato ovvero che nessun
gruppo abbia l’intenzione di imporre il proprio punto di vista agli
altri anche con l’uso della forza, la seconda è che vengano poste in
essere le condizioni politiche affinche la mediazione tra questi
gruppi sia facilitata. Il modello statunitense sempre secondo le tesi
sostenute dai pluralisti, dispone di un sistema politico stabile ed al
tempo stesso elastico che è capace di recepire le diverse issue
provenienti dalla società.
Ma come nasce il fenomeno e qual è l’origine etimologica del
termine lobby? Con l’etimo laubia, di origine tardo-latina, gli
antichi intendevano una loggia o ancora una tribuna del popolo,
mentre col significato odierno del termine i popoli anglosassoni
12
indicano in senso architettonico un ingresso, un vestibolo o un
corridoio. L’associazione del termine lobby a questo spazio fisico
non è casuale, giacchè è in esso che si svolge l’attività del lobbista.
Sono i corridoi disseminati nei pressi delle camere del congresso in
cui è possibile entrare a contatto con gli uomini di potere, coloro
che sono delegati dai cittadini per rappresentare gli interessi del
popolo. Sono loro l’obiettivo principale dei lobbisti che attraverso
vari strumenti svolgono una attività di lobbying, di “pressione”, sui
due rami del parlamento e sulla presidenza, facendosi portatori
delle istanze dei singoli gruppi che rappresentano.
Diversi autori offrono una propria definizione del termine: Il
lobbying – secondo le parole di Gianfranco Pasquino - «…è il
processo per mezzo del quale i rappresentanti dei gruppi di
interesse agendo da intermediari portano a conoscenza dei
legislatori, dei decision-makers, i desideri dei loro gruppi. Lobbying
è quindi soprattuto una trasmissione di messaggi dal gruppo di
pressione ai decision-makers, per mezzo di rappresentanti
specializzati (e in alcuni casi, come negli Usa, legalmente
autorizzati) che possono, o no, far uso della minaccia di sanzioni»
[Pasquino, 1976].
Da questa definizione possiamo trarre le prime considerazioni. Il
lobbying per prima cosa è un processo che si basa
sull’intermediazione. I lobbisti che sono portatori delle istanze dei
propri gruppi di riferimento, rappresentano il nodo dal quale si
articola la negoziazione degli interessi. Lo scopo principale è la
trasmissione di un messaggio che viene portato all’attenzione dei
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decision-makers ed infine si rileva come il performarsi dell’azione
lobbistica implica la «minaccia di sanzioni», che come si vedrà
sono di varia natura. Come ricorda Pasquino l’attività di lobbying è
pienamente riconosciuta e legalmente autorizzata in alcuni stati, e il
lobbista è una vera e propria attività lavorativa che viene svolta a
tempo pieno.
Un’ulteriore definizione, questa volta più articolata, viene fornita
dal Lobbying Disclosure Act del 1995, la legge attualmente in
vigore negli Stati Uniti che regolamenta l’attività lobbistica. Al suo
interno viene esplicitata la figura del lobbista, nonchè la sua attività
che nel gergo della legge prende il nome di «contatto lobbistico».
Il lobbista è «ogni individuo dipendente o ingaggiato da un cliente
con compenso finanziario o altro, per servizi che includono più di
un contatto lobbistico, salvo un individuo le cui attività
costituiscano meno del 20 per cento del tempo impegnato in servizi
resi da tale individuo al cliente in un periodo di tre mesi»
2
. In base
alla legge quindi è evidente la presenza di due distinte figure
professionali; gli in-house lobbyists, o lobbisti interni che sono
dipendenti o impiegati dell’associazione per cui lavorano, o ancora,
i lobbisti esterni, solitamente inquadrati (ingaggiati) in studi legali o
di consulenza che vengono ingaggiati per una o più campagne.
2
http://www.law.cornell.edu/uscode/2/1602.html
“The term “lobbyist” means any individual who is employed or retained by a
client for financial or other compensation for services that include more than
one lobbying contact, other than an individual whose lobbying activities
constitute less than 20 percent of the time engaged in the services provided by
such individual to that client over a 3-month period.”
14
L’attività svolta deve superare il 20 per cento del tempo impiegato,
altrimenti l’individuo, almeno legalmente, non è da considerarsi
lobbista.
Per «contatto lobbistico», ovvero l’attività di lobbying, la legge
intende «ogni comunicazione orale o scritta (compresa una
comunicazione elettronica) a un pubblico ufficiale della branca
esecutiva o di quella legislativa compreso nella legge, fatta per
conto di un cliente»
3
. Tale attività può essere svolta per diverse
finalità: per la «formulazione, modifica o adozione di legislazione
federale» e proposte legislative; formulazione, modifica o adozione
di una norma federale o qualsiasi altro programma, politica o presa
di posizione del Governo degli Stati Uniti; amministrazione o
esecuzione di un programma o politica, come ad esempio permessi
o licenze ed infine la «nomina o conferma di una persona in un
incarico a ratifica da parte del Senato».
L’attività di lobbying si profila come una comunicazione politica
che agisce su più fronti. Il lavoro del lobbista non si riduce
semplicemente nel contattare i decision-makers. Analizzando la
struttura e le modalità operative delle lobby si evidenzia la presenza
di una catena di attività legate tra loro in cui il contatto diretto con
la figura politica non rappresenta che l’ultimo passaggio. A monte
vi è un intenso lavoro di pianificazione strategica dell’attività
3
http://www.law.cornell.edu/uscode/2/1602.html
“The term “lobbying contact” means any oral or written communication
(including an electronic communication) to a covered executive branch official
or a covered legislative branch official that is made on behalf of a client”