5
Se il cristianesimo non vuole essere considerato una religione ostile
all’integrità umana, deve riconoscere e affrontare apertamente gli elementi di
piacere sessuale stabiliti dal Creatore nel corpo umano. E deve abbandonare per
sempre un atteggiamento che banalizza quei doni che Dio ha fatto all’uomo e che
possono diventare fonte di gioia, di piacere e comunione d’amore 1.
Nella visione di molti contemporanei, la Chiesa appare incapace di
superare il rapporto conflittuale con la questione sessuale, nonostante che la
teologia e la dottrina 2 sottolineino il valore costitutivo che la sessualità ha per
l’uomo 3. Benedetto XVI, nella sua prima enciclica Deus caritas est, consapevole
di quanto sia diffusa questa convinzione, si chiede se la Chiesa sia davvero
nemica della corporeità e del piacere. Egli parte da un pensiero di Friedrich
Nietzsche secondo cui il cristianesimo avrebbe dato da bere del veleno all’eros,
che, pur non morendone, ne avrebbe tratto la spinta a degenerare in vizio. Il
filosofo tedesco esprime una percezione sempre più diffusa a partire
1
J. Dominian, Proposte per una nuova etica sessuale, Claudiana, Torino, 1969, pp. 31-32.
L’autore, in modo alquanto singolare, paragona il cristianesimo al pensiero di Freud; egli ritiene
che entrambi hanno enfatizzato oltremodo il sesso. Se Freud ne ha fatto il pilastro centrale della
personalità umana, il cristianesimo lo ha troppo a lungo demonizzato, sottovalutandone
l’importanza; in tal modo, essi sono entrambi colpevoli di aver isolato il sesso ed il significato che
assume nel rapporto personale, a danno dell’amore. Secondo Dominian, la sessualità può essere
intesa correttamente solo se rapportata all’amore che è in grado di coinvolgere la persona nella
totalità del suo essere. Una visione non equilibrata del sesso (sia che lo esalti, sia che lo rifiuti)
rischia di frammentare la totalità della persona.
2
Nella Dichiarazione Persona humana, della Sacra Congregazione per la Dottrina della Fede si
legge: “La persona umana, a giudizio degli scienziati del nostro tempo, è così profondamente
influenzata dalla sessualità, che questa deve essere considerata come uno dei fattori che danno
alla vita di ciascuno i tratti principali che la distinguono. Dal sesso, infatti, la persona umana
deriva le caratteristiche che sul piano biologico, psicologico e spirituale la fanno uomo o donna,
condizionando così grandemente l’iter del suo sviluppo verso la maturità e l’inserimento nella
società. Sacra Congregazione per la Dottrina della Fede, Dichiarazione Persona humana, Roma,
29 dicembre 1975, in AAS 68 (1976), pp. 77- 96. La citazione è tratta dall’Enchiridion della
famiglia. Documenti magisteriali e pastorali su famiglia e vita (1965-2004), EDB, Bologna, 2004,
n. 1508, pp. 523.
3
G. Bedouelle, J. L. Bruguès, P. Becquart, Amore e sessualità nel cristianesimo, Jaca Book,
Milano, 2006, p. 10.
6
dall’Illuminismo: la Chiesa con i suoi comandamenti e divieti rende amara la cosa
più bella della vita, precludendo all’uomo il godimento di una gioia, predisposta
per lui dal Creatore, che farebbe pregustare qualcosa di divino 4. Ratzinger, con
grande onestà intellettuale riconosce che nella Chiesa vi sono sempre state
tendenze di questo genere, anche se tradiscono il vero spirito del cristianesimo 5.
Molto spesso il cristianesimo è stato ridotto ad un sistema etico e questo ha
contribuito a generare il suo rifiuto da parte di coloro che ritengono impossibili ed
inumane molte delle sue norme morali. Questa visione del cristianesimo è, in
realtà, fortemente limitativa in quanto trascura il suo dato essenziale, l’amore. Si
può essere autenticamente cristiani solo se si fa esperienza concreta dell’Amore di
Dio. Solo l’amore permette di integrare nell’esperienza morale la Rivelazione di
Dio. È questo il senso delle parole di papa Benedetto XVI, quando afferma che 6:
“Dio è Amore; chi sta nell’amore dimora in Dio e Dio dimora in lui (1 Gv
4, 16). Queste parole della Prima Lettera di Giovanni esprimono con singolare
chiarezza il centro della fede cristiana. […] “Abbiamo creduto all’amore di
Dio” - così il cristiano può esprimere la scelta fondamentale della sua vita.
All’inizio dell’essere cristiano non c’è una decisione etica o una grande idea,
bensì l’incontro con un avvenimento, con una Persona, che dà alla vita un nuovo
orizzonte e con ciò la direzione decisiva 7.
Se osserverete i miei comandamenti, rimarrete nel mio amore, come io ho
osservato i comandamenti del Padre mio e rimango nel suo amore. Questo vi ho
4
Benedetto XVI, Lettera Enciclica Deus Caritas Est, LEV, Città del Vaticano, 2006, p. 11, n. 3
5
Cfr. Benedetto XVI, Lettera Enciclica Deus Caritas Est, p. 15, n. 5.
6
J. J. Pérez-Soba Diez Del Corral, Una nuova apologetica: la testimonianza dell’amore.
L’enciclica “Deus Caritas Est” di Benedetto XVI, in Anthropotes, 06/ XXII/1, pp. 148-152.
7
Cfr. Benedetto XVI, Lettera Enciclica Deus Caritas Est, p. 3, n. 1.
7
detto perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena (Gv 15, 10-11): le
parole del Vangelo di san Giovanni individuano e svelano l’essenza della
Rivelazione cristiana. La buona novella che Gesù porta al mondo è la rivelazione
che Dio ama l’uomo, che lo ha creato per amore e che lo ha destinato alla felicità.
Per questo fa parte del progetto primigenio di Dio la vocazione di ogni uomo alla
gioia piena, una gioia da vivere tanto nella dimensione spirituale quanto in quella
corporale. L’autentico messaggio evangelico è, in realtà, privo di qualsiasi
connotazione dualistica che contrapponga corporeità e spiritualità. Non può che
essere così se pensiamo che la Rivelazione cristiana si fonda sulla incarnazione di
Dio nell’uomo Gesù, così come leggiamo chiaramente nel prologo del Vangelo di
Giovanni: E il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi (Gv 1, 14).
Alla luce di questa proposizione fondante del credo cristiano, viene da chiedersi
da cosa sia nata e perché si sia così radicata nel corso della storia, l’opinione che il
Cristianesimo sia contrario alla felicità ed alla gioia, soprattutto nelle loro
accezioni terrene e corporali 8.
É innegabile che sia stata la Chiesa stessa ad aver alimentato questa
visione. Essa ha per molto tempo omesso di confrontarsi con la molteplicità e la
complessità dei problemi attinenti alla morale coniugale; su queste problematiche
essa ha spesso taciuto o si è limitata a condannare, prescrivendo norme di
comportamento tutte negative ed incentrate su proibizioni. La Chiesa è rimasta
troppo a lungo ferma ed ancorata alla concezione tradizionale dei suoi primi secoli
8
S. G. Kochuthara, The Concept of Sexual Pleasure in the Catholic Moral Tradition, Editrice
PUG, Roma, 2007, p. 8.
8
di vita, segnata dalla visione dell’uomo propria della cultura greca di stampo neo-
platonico. Secondo tale cultura l’impegno morale dell’uomo consiste nel
comprimere la parte materiale e caduca di sé per far emergere quella eterna e
spirituale; il mondo, la condizione terrena, sono da fuggire o quantomeno da
disprezzare perché da loro non viene la salvezza. In tale ottica la sessualità è
ritenuta qualcosa di vergognoso e decadente. Sulla scia dell’insegnamento
dell’apostolo Paolo -poco contestualizzato e conseguentemente estremizzato- la
Chiesa, nelle posizioni ufficiali della Patristica e della Scolastica nel tardo
Medioevo, ha assunto in larga parte i caratteri fondamentali di questa visione
dualistica e spiritualistica della natura umana. Sant’Agostino considera il piacere
sessuale - anche nel matrimonio - come una conseguenza del peccato originale e,
quindi, come un’imperfezione della condizione umana, tollerabile solo in vista
della sua finalità procreativa 9. Contro questa devianza Benedetto XVI si
pronuncia con forza e chiarezza:
L’uomo diventa veramente se stesso, quando corpo ed anima si ritrovano
in intima unità; la sfida dell’eros può dirsi veramente superata, quando questa
unificazione è riuscita. Se l’uomo ambisce di essere solamente spirito e vuole
rifiutare la carne come una eredità soltanto animalesca, allora spirito e corpo
perdono la loro dignità. E se, dall’altra parte, egli rinnega lo spirito e quindi
considera la materia, il corpo, come realtà esclusiva, perde ugualmente la sua
grandezza. [… ] Non sono né lo spirito né il corpo da soli ad amare: è l’uomo, la
persona, che ama come creatura unitaria, di cui fanno parte corpo ed anima. Solo
quando ambedue si fondono veramente in unità, l’uomo diventa pienamente se
9
G. Florio, C. Landi, Sessualità nella storia e nella Bibbia, Cittadella Editrice, Assisi, 1984, p. 28.
9
stesso. Solo in questo modo l’amore -l’ eros- può maturare fino alla sua vera
grandezza 10.
Papa Ratzinger si muove nel solco dell’insegnamento della visione
integrale dell’uomo dei suoi predecessori Paolo VI e Giovanni Paolo II. Entrambi
questi maestri della spirito, capaci di concepire una nuova visione dell’uomo e
della natura, hanno sempre ribadito che l’unità sostanziale di corpo ed anima
costituisce la natura della persona umana, contro ogni dualismo che voglia
confinare il corpo alla periferia della persona. Il corpo e l’anima sono intimamente
connesse l’uno all’altra: vivere castamente, come prescrive la Chiesa, non vuol
dire astenersi dal vivere la sessualità, significa viverla nell’ottica del dono (cioè
nella donazione di sé all’altro) piuttosto che come esperienza mirata solo alla
ricerca del piacere, sia pure legittimo 11.
La castità a cui la Chiesa chiama l’uomo, è una virtù così controversa
perché è percepita come negazione della sessualità; essa esprime, invece, la
positiva integrazione della sessualità nella persona e conseguentemente l’unità
interiore dell’uomo nel suo essere corporeo e spirituale 12. La sessualità, nella
tradizione cristiana, è da intendersi come linguaggio, strumento di comunicazione
donato all’uomo affinché egli possa relazionarsi con l’altro ed uscire da una
condizione di solitudine che non è bene (Genesi 2, 18); la sessualità, vista in una
10
Benedetto XVI, Deus Caritas Est, p.14, n. 5.
11
Y. Semen, La sessualità secondo Giovanni Paolo II, Ed. San Paolo, 2005, p. 7.
12
Catechismo della chiesa cattolica, LEV, Città del Vaticano, 1992, p. 571, n. 2337.
10
retta prospettiva, non attiene unicamente alla genitalità, ma riguarda tutti gli
aspetti della persona, del suo modo di essere e di esprimersi.
Giovanni Paolo II, nella sua magistrale e, secondo alcuni, rivoluzionaria 13
Catechesi sull’amore umano, ha toccato, nel nostro tempo il punto più alto della
verità biblica quando ha visto nell’atto coniugale il riflesso dell’Amore
trinitario 14: Dio nel suo essere trinitario è comunione di tre persone le quali
esistono solamente donandosi. La bellezza dell’amore coniugale, che si realizza
quando l’uomo e la donna si donano reciprocamente l’uno all’altra, può essere il
veicolo che apre l’umanità al mistero dell’essere profondo di Dio 15. È come dire
che vivendo l’amore umano si riesce a fare esperienza di Dio. Sorprendente è la
coincidenza con quanto aveva già intuito Nietzche quando affermava che l’atto
sessuale è una esperienza “predisposta dal creatore” per far pregustare all’uomo
qualcosa di divino 16.
Non vi è dubbio che questi pronunciamenti indicano che è in atto nella
Chiesa un mutamento significativo a partire dal Concilio Vaticano II. La dottrina
sull’amore coniugale viene presentata con una sensibilità radicalmente nuova
rispetto alla tradizione pre-conciliare che spesso aveva considerato il matrimonio
un mero remedium concupiscentiae e, nel corso dei secoli, non aveva mai
esplicitato con la necessaria determinazione e chiarezza la sacralità della
sessualità. Il retaggio della tradizione millenaria rimane ancora forte e difficile da
13
G. Weigel, Witness to Hope. The Biography of John Paul II, Cliff Street Books, New York,
1999, pp. 342-343.
14
Y. Semen, La sessualità secondo Giovanni Paolo II, Ed. San Paolo, 2005, p. 86.
15
P. Debergé, Amore e sessualità nella Bibbia, Ed. San Paolo, Cinisello Balsamo, 2002, p. 48.
16
Benedetto XVI, Deus Caritas Est, p. 11, n. 3.
11
sradicare; ritengo sia la principale fonte, soprattutto nell’ambito della cultura
laicistica, di tante accuse mosse alla dottrina matrimoniale della Chiesa.
I moniti che la Chiesa spesso rivolge contro l’uso, a suo giudizio, distorto
della sessualità continuano a dare una connotazione negativa -piuttosto che
costruttiva- a molti suoi pronunciamenti, ma non si può negare che la Chiesa del
Concilio abbia compiuto molti sforzi per rispondere alle esortazioni di quanti
chiedono un maggior confronto con i cambiamenti in atto in campo sociale e
culturale, anche a seguito del vertiginoso sviluppo della scienze, specie
nell’ambito della medicina e della biologia.
Quella operata dal Concilio Vaticano II è una rivoluzione in fieri, della
quale devono ancora maturare tutti i possibili frutti. La rivalutazione dell’amore
coniugale, illuminato da una luce nuova, è, dunque, storia dei nostri giorni, storia
che deve ancora svolgersi perché necessita di essere compresa in profondità dai
credenti e anche dai pastori stessi. Affinché ciò avvenga bisognerebbe compiere lo
sforzo intellettivo, sentito come dovere della coscienza, di studiare a fondo il
messaggio cristiano, tralasciando gli aspetti percepiti come più eclatanti e
controversi da tanta parte dell’opinione pubblica.
Ho l’impressione che, spesso, l’insegnamento della Chiesa è tanto criticato
quanto poco conosciuto nel suo significato più profondo non solo dai suoi
oppositori quanto molto spesso proprio dai suoi stessi ministri. Non si può negare
che vi sia una reale difficoltà a comprendere e ad assumere gli orientamenti
dottrinali del magistero, relativi alla concezione del matrimonio e della sessualità.
12
Questo perché la riflessione della Chiesa recente sul significato dell’amore
coniugale, riportato alla radice ontologica della sua stessa natura e innestato nella
vita trinitaria apre prospettive così ampie e vertiginose che ancora non sono state
comprese in tutte la loro implicanze, né sono state sviluppate nella complessità dei
loro significati.
Andare alla ricerca del significato più profondo di questo insegnamento
comporta che si rifletta e che siano studiati i documenti del Magistero con mente
libera da pregiudizi, prescindendo da qualsiasi condizionamento confessionale ed
ideologica, senza perdere di vista gli aspetti antropologici, biologici ed etici
connessi alla sessualità umana. Bisogna assumere il criterio più corretto: cercar di
capire non quello che la Chiesa vieta, ma quel che essa propone, tenendo presente
che la visione autenticamente cristiana dell’uomo non si fonda sulla
contrapposizione manichea tra corpo ed anima e tra materialità e spirito, ma essa
guarda all’uomo nella sua interezza di corpo, anima e psiche, elementi fra loro
inscindibili.
In questa prospettiva si può comprendere che, soprattutto nei suoi sviluppi
post-conciliari, la dottrina della Chiesa sulla morale coniugale, per quanto
impegnativa, non è affatto pessimistica come generalmente si crede. Il Magistero
della Chiesa sul matrimonio delinea un ideale di vita altissimo che può essere
vissuto integralmente solo se accolto con profonda fede. Tuttavia, le esigenze, di
rispetto della dignità della persona e della vita, che la animano, hanno un valore
13
universale dal quale non si dovrebbe poter prescindere, in quanto sono parte del
nostro DNA culturale ed antropologico.
Si avrebbe a disposizione su questo tema una letteratura pressoché
sterminata. Teologi, biblisti, antropologi, giuristi, medici e psicologi hanno
studiato la materia, ognuno con le categorie della propria disciplina. Tutti questi
studi offrono certamente riflessioni che aiutano a capire ma che possono, talvolta,
allontanare dai significati essenziali della dottrina magisteriale. È per questo che,
in questo lavoro, ci si soffermerà in modo particolare sullo studio diretto dei
principali documenti del Magistero.
Partendo dall’enciclica Arcanum divinae sapientiae di papa Leone XIII (il
primo documento ufficiale della Chiesa dedicato interamente al tema del
matrimonio) per arrivare alla controversa enciclica Humanae vitae, si cercherà di
dare una visione d’insieme dell’evoluzione che il magistero sul matrimonio ha
vissuto nell’età contemporanea, soprattutto ad opera del Concilio Vaticano II. I
contenuti del Magistero, fondati sulla Rivelazione divina, non conoscono
soluzione di continuità e rimangono sempre gli stessi, cambia, però, la sensibilità
con la quale questi contenuti vengono espressi.
Parte I
Il magistero pre-
conciliare: da Leone XIII
a Pio XII
14
I
L’insegnamento di Leone XIII: l’enciclica
Arcanum divinae sapientiae
Possiamo assumere come punto di partenza, per lo studio del magistero
recente sul matrimonio, l’insegnamento pontificale di Leone XIII, il primo papa
eletto dopo la fine del potere temporale ed il primo papa contemporaneo, tanto per
motivi cronologici quanto, e soprattutto, per il suo stile pastorale 17. Papa Pecci 18
17
J. O’Riordan, Evoluzione della teologia del matrimonio, Cittadella Editrice, Assisi, 1974, p. 8.
18
Vincenzo Gioacchino Pecci nasce il 2 marzo 1810 a Carpineto Romano da una famiglia della
piccola nobiltà animata da forti sentimenti religiosi. Compiuti i primi studi presso i collegi dei
gesuiti di Viterbo e di Roma, nel 1832 entra nell’Accademia dei Nobili Ecclesisatici dove ha la
possibilità di seguire lezioni di diplomazia, economia e lingue straniere. Contemporaneamente
frequenta l’Università di Roma “La Sapienza” dove si laurea in utroque iure. Nel 1837, ricevuta
l’ordinazione sacerdotale, Papa Gregorio XVI lo avvia alla carriera diplomatica inviandolo come
delegato apostolico prima a Benevento e poi a Perugia. In queste esperienze egli dimostra buone
qualità di amministratore e attenzione alle istanze sociali. Nel 1842 viene inviato come nunzio
apostolico in Belgio, realtà non semplice da gestire dopo la rivoluzione del 1830 che aveva portato
alla nascita di un sistema costituzionale ispirato alla separazione fra Stato e Chiesa ed
all’affermazione della libertà di culto. Nel 1846 il neo-eletto Pio IX gli affida la sede arcivescovile
di Perugia; qui Pecci rimarrà per 32 anni fino alla sua elezione a pontefice nel 1878. Nella
provincia umbra le correnti liberali e massoniche che appoggiano la politica piemontese sono
particolarmente forti e agguerrite. Il cardinale Pecci non ha per le istanze patriottiche particolari
simpatie. Egli, pur consapevole che le rivendicazioni laicali di queste correnti nascono come
reazione alla cattiva e talvolta corrotta gestione dei delegati apostolici inviati dalla Segreteria di
Stato del cardinale Antonelli, ritiene che il potere temporale della Chiesa sia necessario affinchè la
Chiesa stessa possa svolgere liberamente la sua funzione di guida spirituale. Egli protesta
vivamente contro l’introduzione nelle provincie dell’Umbria del matrimonio civile.
L’atteggiamento del cardinale Pecci appare, tuttavia, contrassegnato da moderazione ed equilibrio.
La sua strenua difesa dei diritti della Chiesa e la sua ferma opposizione alla laicizzazione della
società non vanno interpretate come una rigida chiusura nei confronti della cultura e della società
del suo tempo. Anzi, soprattutto dopo la fine del potere temporale, si coglie nella sua politica il
tentativo di ricercare un punto d’incontro tra la Chiesa ed il mondo moderno. Alla morte di Pio IX
15
si trova a dover raccogliere la difficile eredità della Chiesa che ha superato da
poco la Questione romana e che è costretta a confrontarsi con la nuova realtà degli
stati nazionali borghesi. Questi, non solo non le riconoscono più l’antico ruolo in
seno alla società civile, ma manifestano la loro totale estraneità alla fede
professata dai cittadini e, in molti casi, addirittura avversione ed ostilità nei
confronti del fenomeno religioso e dei suoi valori.
Il papa, consapevole di quanto sia ormai necessario per la Chiesa un
mutamento di fronte alle radicate rivendicazioni sociali ed ai fermenti culturali in
atto nella mondo occidentale, si mostra aperto ai nuovi problemi ed alle nuove
prospettive della sua epoca, sia pure all’interno di una continuità sostanziale con il
Magistero millenario della Chiesa, e rimanendo fedele alla tradizione teologica ed
amministrativa dei suoi predecessori. Leone XIII, rafforzato dall’esaltazione del
potere papale compiuta dal Concilio Vaticano I, spazia con il magistero delle sue
encicliche, su una gamma di problemi quale mai prima aveva occupato le cure dei
pontefici. Egli mira con la sua opera a rinnovare la funzione della Chiesa come
guida morale della società e tende a riconciliare la Chiesa stessa con il mondo
della cultura, sempre più impregnato di secolarismo, e di tendenze materialistiche
e positivistiche 19. Sin dall’inizio del suo pontificato, questo papa si mostra
la diplomazia europea esercita una forte pressione sul collegio cardinalizio per indirizzarlo verso
una scelta moderata che possa stemperare gli atteggiamenti intransigenti che avevano
caratterizzato gli ultimi anni del pontificato di Mastai Ferretti. Sin dalla prima votazione del
Conclave emerge un chiaro orientamento a favore del Cardinale Pecci. Il 20 febbraio del 1878 egli
viene eletto papa con la quasi totalità dei voti. Cfr. F. Malgeri, Leone XIII, in Enciclopedia dei
Papi, Istituto della Enciclopedia Italiana, Roma, 2000, vol. III, pp. 575-592.
19
U. Bellocchi, Tutte le encicliche e i principali documenti pontifici emanati dal 1740, LEV, Città
del Vaticano, 1996, vol. V, pp. 7-10; Enchiridion delle Encicliche, EDB, Bologna, 1997, vol. III,
pp. 4-7.