II
singolo soggetto è il protagonista e il cliente assume una posizione di potere
rispetto alla marca, grazie alle possibilità di ri-codificare il senso dei
messaggi a lui direzionati e di produrre messaggi egli stesso.
Questo nuovo contesto inevitabilmente mette in discussione il modo di
comunicare delle aziende e del brand che oggi devono assumere come focus
principale la gestione di conversazioni e comunità per la creazione di
esperienze positive online (Boaretto, Noci, Pini, 2007) che mirano a
coinvolgere i consumatori.
A partire da questa consapevolezza e dalla voglia di capire che cosa sta
accadendo oggi nel Web 2.0 e come si stanno muovendo le aziende italiane
in questa direzione, nasce questa tesi, che si propone di fornire un quadro
rappresentativo del fenomeno in atto dal punto di vista tecnologico e sociale
e di analizzare le implicazioni che esso ha portato nel rapporto tra imprese e
consumatori e nelle strategie di comunicazione di marketing, attraverso
anche la presentazione di casi concreti e recenti.
Per la realizzazione di questa tesi ho scelto di utilizzare fonti molteplici e
diversificate: ai testi appartenenti alla più recente letteratura sui temi del
Web 2.0, del branding e della comunicazione di marketing, ho affiancato la
lettura di articoli di testate giornalistiche (con particolare riferimento ai new
media e alla comunicazione di marketing), la consultazione costante di
numerosi blog di professionisti ed esperti del settore nonchè interviste in
profondità a testimoni qualificati.
È stata inoltre fondamentale l’osservazione costante e la partecipazione
diretta a diversi social network e brand community che mi hanno permesso
di comprendere direttamente in che modo le aziende si stanno muovendo in
questo nuovo contesto e come stanno sfruttando le opportunità offerte dal
Web 2.0 per avviare un dialogo con le persone, coinvolgerle e instaurare
con esse una relazione. Ciò mi ha consentito di catturare e seguire da vicino
alcune innovative e recenti case history da me individuate in Rete.
III
La tesi è strutturata in due parti.
Nella prima parte viene presentata la nuova rivoluzione tecnologica e
sociale rappresentata dal fenomeno del Web 2.0, in particolare si cerca di
definire questo concetto citando le sue origini, le cause del suo manifestarsi,
le implicazioni che esso ha avuto sulla fruizione dell’utente, sul suo modo di
partecipare in Rete e sulla possibilità datagli di diventare protagonista col
proprio apporto personale. Vengono inoltre descritti i principali social
media che lo costituiscono, fornendo alcuni esempi tra quelli più
significativi e conosciuti in Rete.
Segue poi una panoramica sulle caratteristiche attuali dei consumatori,
definiti postmoderni, ponendo l’attenzione sul rinnovato potere che essi
oggi hanno acquisito grazie ai nuovi paradigmi del Web 2.0, concludendo
con alcuni dati relativi ai consumatori italiani e il loro rapporto con Internet
e i social media.
Nella seconda parte si presentano le implicazioni del fenomeno del Web 2.0
sul rapporto tra i consumatori e le aziende, sottolineando come sia
importante oggi adottare un approccio sempre più consumer oriented
incentrato sull’ascolto e sul dialogo.
In particolare vengono dedicati quattro capitoli per descrivere come le
aziende possono sfruttare le enormi potenzialità del Web 2.0 per ascoltare i
propri consumatori, instaurare con loro un dialogo, creare un legame tra loro
e la marca e coinvolgerli nella co-creazione del valore della marca.
Nel primo capitolo di questa seconda parte si pone l’accento sulle
conversazioni che avvengono in Rete e l’influenza che esse possono avere
nelle decisioni d’acquisto dei consumatori. Si spiega come Internet oggi
rappresenta una piazza virtuale dove i consumatori s’incontrano, parlano tra
loro, si scambiano informazioni che spesso possono riguardare giudizi,
commenti, esperienze su prodotti, marche, aziende e come l’utente Internet
IV
in questo modo è diventato un soggetto attivo che contribuisce alla
formazione della brand image e influenza le scelte degli altri consumatori.
Si sottolinea la potenza del passaparola in Internet e i meccanismi di
diffusione virale che essa può innescare. A fronte di ciò si danno delle
indicazioni su come l’azienda può attivare o incoraggiare la diffusione del
passaparola positivo tra consumatori e come può diffondere in maniera
virale messaggi e contenuti che promuovono il brand.
Inoltre si spiega come i social media possono rappresentare un ottimo
strumento di analisi e ascolto dei consumatori. Attraverso l’ascolto costante
delle conversazioni in Rete, l’azienda può comprendere l’immagine che essa
ha acquisito presso il popolo di Internet e avere costantemente sotto
controllo la propria web reputation in modo da poter, eventualmente agire di
conseguenza, controllare e, talvolta, prevenire possibili criticità.
Il secondo capitolo descrive come il brand può entrare nella grande
conversazione della Rete al fine di instaurare un dialogo con i propri
consumatori. Attraverso l’analisi e l’osservazione dei principali social
media si valuta come le aziende possono utilizzare strumenti come i blog, i
forum, i social network, le wiki, i microblogging per sviluppare un rapporto
basato sulla conversazione, dove i contenuti della comunicazione vengono
arricchiti con il contributo reciproco di tutti gli utenti.
Nel terzo capitolo si focalizza l’attenzione sulle brand community,
evidenziando come sia possibile portare online i concetti del marketing
tribale allo scopo di creare e rafforzare i legami non solo tra i consumatori e
il brand ma anche tra i consumatori stessi. In particolare si sottolinea come
una brand community può essere vantaggiosa per l’azienda, che può così
rafforzare il brand ed incrementare una fedeltà di tipo affettivo, e
vantaggiosa per i consumatori che possono soddisfare quel desiderio di
V
comunità tipicamente postmoderno, condividendo con altri la passione per il
brand.
Successivamente si danno alcune indicazioni circa la gestione di una
comunità brandizzata, al fine di dimostrare come l’approccio alla sua
creazione possa essere diverso da caso a caso vengono analizzate tre brand
community: Vodafone Lab, Thun Club e la community di Pampers.
Dopo aver descritto come ascoltare, dialogare e istaurare un legame con il
consumatore sfruttando le opportunità offerte dal Web 2.0, il quarto capitolo
spiega come coinvolgere il consumatore in Rete nella co-creazione del
valore, mettendo a frutto le sue competenze.
Partendo dalla consapevolezza del ruolo centrale che oggi assume il
consumatore, si spiega come coinvolgerlo nella generazione delle idee e
nella fase di sviluppo del prodotto, nelle attività di comunicazione e
marketing e nella produzione di offerte personalizzate presentando alcuni
esempi concreti.
Il capitolo si conclude con la presentazione di un interessante e recente case
history: il progetto “Ne mulino che vorrei” di Mulino Bianco, la prima
piattaforma italiana di condivisione delle idee tra i consumatori.
La tesi si conclude con alcune riflessioni e considerazione sul fenomeno del
Web 2.0 e le sue implicazioni nella comunicazione del brand, in base a
quanto emerso dalle sette interviste fatte a testimoni qualificati quali
professionisti, giornalisti, professori, esperti di comunicazione, marketing e
new media.
1
PRIMA PARTE
Verso una nuova era
"Internet non è al passo
con i tempi, ma con il futuro"
Anonimo
Non molto tempo fa, il Web era definito il “Cyberspazio”, ovvero un luogo
indefinito posizionato da qualche parte. Chi navigava in rete ripeteva circa
le stesse azioni di quando si sfoglia un quotidiano: si guarda, si leggono le
informazioni, ci si sofferma su qualcosa di interessante. L’utente che
navigava era in qualche modo “assoggetato” a quello che altri decidevano di
comunicare e non gli veniva data la possibilità di interagire.
Da allora, il Web è cambiato molto o meglio, il Web è rimasto sempre lo
stesso, piuttosto gli utenti si sono accorti delle enormi potenzialità del Web.
Si è iniziato ad approcciarsi ad esso in maniera più attiva e partecipativa: in
rete le persone parlano tra loro, siano essi fornitori di prodotti e servizi
(acquisti on line, prenotazioni alberghiere, ecc…) o consumatori (forum,
blog, social network, ecc…).
Ciò che rende Internet uno strumento completamente diverso dagli altri
mezzi di comunicazione (televisione, stampa, radio) è il fatto che il
cambiamento non proviene dagli “attori del mercato” (aziende,
multinazionali, governi, …) ma sono i consumatori, i cittadini, gli utenti
stessi che, scegliendo e seguendo i propri interessi senza essere sottoposti a
condizionamenti o manipolazioni, influenzano la “forma” del Web (Marini,
2008).
È per questo che oggi si parla di Web 2.0; Internet sta vivendo una nuova
era dove gli utenti non sono più un’audience, ma una comunità dove si sta
affermando una nuova modalità partecipativa di utilizzo del Web. La rete si
2
sta trasformando in una piattaforma sociale di archiviazione, accesso e
scambio di risorse e conoscenze dove le parole d’ordine sono condivisione e
partecipazione.
In questo scenario si delinea un nuovo consumatore, che non si pone più in
maniera acritica e passiva nei confronti di chi comunica, ma che sempre più
si propone come attore critico. Egli è sempre più attento e selettivo,
competente ed esigente, insensibile alle forme tradizionali di marketing e
comunicazione, è disponibile a sviluppare e co-creare esperienze
coinvolgenti e gratificanti ed esprime la voglia di essere al centro di
esperienze uniche e partecipative (Fabris, 2008). Il nuovo potere del
consumatore dovuto alla facilità con cui egli può creare e condividere
contenuti e informazioni, oltre che accedervi, si deve proprio alle nuove
potenzialità tecnologiche del Web, grazie alle quali le persone possono
anche soddisfare i loro bisogni di socialità e di relazione.
3
CAPITOLO PRIMO
La rivoluzione della Rete
1.1 Da Internet come media a Internet come ambiente
Nel 1991, quando i primi computer collegati alla Rete avevano ormai
vent’anni, nasceva il servizio di Internet di maggiore successo e
responsabile del suo rapido sviluppo negli ultimi quindici anni: il World
Wide Web (www).
Il Web è nato dall’idea di Tim Burnus Lee, ricercatore del CERN
(Laboratorio europeo di fisica delle particelle con sede a Ginevra), con
l’obiettivo di promuovere la collaborazione e lo scambio di informazioni tra
gli scienziati coinvolti nei progetti di fisica delle particelle. A lui si deve
l’elaborazione dei tre standard che ancora oggi sono fondamentali del Web:
il protocollo di comunicazione HTTP (Hipertextual Transfer Protocol), che
permette ai computer di comunicare tra loro attraverso la rete Internet e
scambiare file ipertestuali, l’URL (Uniferm Resorcer Locator), l’indirizzo
che permette di identificare in maniera univoca ogni risorsa presente nel
server di tutti i computer collegati alla rete e l’HTML (Hipertextual Markup
Language), un linguaggio semplice per la creazione dei documenti
ipertestuali.
Grazie al Web negli anni novanta è entrato in Internet un pubblico
sostanzialmente diverso da quello delle comunità scientifiche e hacker, che
fino a quel momento erano state le principali utilizzatrici della Rete, e si è
assistito ad una massiccia corsa per posizionarsi in Rete da parte di imprese
attirate da questo nuovo territorio. In particolare, negli anni che vanno dal
1996 al 2001, sebbene nessuno avesse un modello di business molto chiaro,
si riversarono moltissimi capitali in iniziative sul Web, le quali venivano
all’epoca valutate con grande benevolenza dagli osservatori e dagli analisti
finanziari convinti che questo nuovo territorio sarebbe stato la nuova
4
frontiera dell’economia (la new-economy), capace di generare grandi
guadagni perché presto gli utenti si sarebbero trasferiti in massa ad
utilizzare servizi a pagamento online. Il passaggio dell’economia reale dal
mondo fisico al Web fu in realtà meno repentino di quanto in quell’epoca si
predicava. Eppure quel quinquennio è segnato da un fiorire d’iniziative
imprenditoriali che duravano lo spazio di una stagione e poi venivano
comprate o fallivano: le cosiddette dot.com, imprese a cui bastava
aggiungere un “.com” dopo il nome per essere considerate interessanti e
valutate con esagerata benevolenza.
Per alcuni anni le borse segnarono un rialzo continuo che andò di pari passo
con l’esplosione del numero di host e di utenti che si connettevano ogni
anno a Internet ma il 10 marzo del 2000 si verificò quello che viene
ricordato come lo scoppio della bolla speculativa della new economy, in cui
molte delle cosiddette “dot.com” si rivelarono piene di debiti dichiarando
bancarotta. Ciò fu causato da una serie di fattori che avevano consentito ad
alcuni speculatori di agire senza i necessari controlli, facilitati dall’eccessivo
entusiasmo ed isteria nei confronti del nuovo mezzo.
L’errore delle dot.com è stato quello di non considerare Internet per quello
che in realtà è, ovvero un mezzo di relazione fra persone e non un mezzo di
distribuzione. Il Web doveva, e deve tutt’oggi, essere considerato più un
facilitatore, un moltiplicatore di relazioni piuttosto che un moltiplicatore di
denaro facile.
Dagli anni novanta in poi c’è stato via via un forte cambiamento
dell’immagine del Web da parte degli utenti il cui utilizzo è legato da una
parte ad un aspetto essenzialmente informativo o ludico, dall’altro da fattori
quali l’interattività, la relazione e la partecipazione. “Gli utenti hanno
finalmente iniziato a vivere il Web e non solo a consultarlo come una
grande enciclopedia universale” (Mariano, Megido, 2007).
Gli utenti stanno riscoprendo il gusto dell’interazione, della condivisione e
spesso sono alla ricerca di luoghi dove poter produrre contenuti. Questo è
5
uno dei motivi principali per cui il Web sta avendo un grosso incremento
oltre che di numero di utilizzatori, anche di tempo dedicato al suo utilizzo
da parte di ciascun utente.
Il Web si trova oggi ad un nuovo stadio della sua evoluzione che mette al
centro il ruolo dell’utente, una fase a cui è stato dato il nome di Web 2.0.
In merito al Web 2.0 sono state coniate moltissime definizioni, di seguito
riporto quella che ho trovato su Wikipedia che ho scelto perché ritengo sia
appropriato utilizzare come fonte un’applicazione di generazione di
contenuti che sfrutta la conoscenza collettiva tipica del mondo Web 2.0:
“Il Web 2.0 è una locuzione utilizzata per indicare genericamente uno stato
di evoluzione di Internet (e in particolare del World Wide Web), rispetto
alla condizione precedente. Si tende ad indicare come Web 2.0 l'insieme di
tutte quelle applicazioni online che permettono uno spiccato livello di
interazione sito-utente”
1
.
La parola “Web 2.0” nasce nel 2004, durante una sessione di brainstorming
tra O'Reilly, Radar e MediaLive International. Si origina così la Web 2.0
Conference, rinominata in seguito Web 2.0 Summit, che dall'ottobre 2004 è
il luogo in cui vengono analizzati e censiti lo sviluppo del Web, i suoi trend
e le nuove possibilità di business nel settore. In seguito a questa conferenza
gli esperti del settore qui convocati, Tim O'Reilly in primis, hanno riassunto
in una mappa costituita da memi, il fenomeno Web 2.0 in tutte le sue
diverse sfumature.
L'esito della conferenza è stato riassunto nel documento che ha decretato la
nascita ufficiale del Web 2.0. Il 30 Settembre 2005 Tim O'Reilly (2005)
pubblicò, infatti, l’articolo “What Is Web 2.0. Design Patterns and Business
Models for the Next Generation of Software”, dove l’autore identifica ed
analizza una serie di tecnologie che in quel periodo stavano avendo un
enorme sviluppo e che hanno portato al naturale progresso del mezzo
1
“Web 2.0”- Da Wikipedia, l’Enciclopedia Libera (versione italiana).
http://it.wikipedia.org/wiki/Web_2.0.
6
Internet e delle sue caratteristiche. Più che dare una definizione teorica del
fenomeno, nell’articolo sono analizzati gli elementi che hanno consentito al
Web 2.0 di manifestarsi e tali elementi hanno in comune un fattore
importante, ovvero l'evoluzione del software da semplice prodotto a
servizio.
"Mappa Meme" del Web 2.0. Fonte: www.awaredesign.eu/articles/14-Cos-Web-2-0
Riferendosi alla mappa meme, i due principi fondamentali di questa nuova
forma di Internet sono:
∞ il web come piattaforma - “The internet as platform” (O'Reilly, 2005);
∞ la centralità dei dati - “You control your own data” (O'Reilly, 2005).
Questi due elementi chiave permettono agli utenti di partecipare in maniera
attiva e democratica nella Rete, controllando, ordinando e creando i dati ed i
contenuti secondo le loro esigenze e preferenze. Con il Web 2.0, infatti, “le
chiavi della porta principale vengono consegnate all’elemento più
importante della Rete: le persone” (D’Ottavi 2006).
Il Web 2.0 nasce da una spinta tecnologica, le cosiddette applicazioni RIA
7
(Richer Internet Application), ovvero applicazioni web che presentano le
stesse caratteristiche e funzionalità delle applicazioni residenti sul PC,
consentendo all’utente esperienze d’uso simili alle normali applicazioni
desktop. Queste innovazioni tecnologiche hanno permesso al Web 2.0 di
sviluppare delle nuove competenze e delle peculiarità, individuate anch’esse
nella mappa dei memi di O'Reilly (2005):
∞ Architettura della partecipazione: facendo leva sugli effetti di
networking rende semplice agli utenti aggiungere valore ai software con
i propri contributi e quindi viene sfruttata l'intelligenza collettiva
nell'arricchimento dei contenuti;
∞ I dati come nuovo “Intel Inside”: i dati sono l'elemento distintivo del
Web 2.0, la cui organizzazione all'interno di un'applicazione è
fondamentale per risultare competitivi. Ciò significa che avere una
strategia delle informazioni è più rilevante che avere una strategia di
prodotto;
∞ Innovazione nell'assemblazione: una strategia di piattaforma nel Web
2.0 comporta la progettazione di servizi in grado di essere facilmente
remixati da chiunque grazie al rilascio delle API (Application
Programming Interface);
∞ Arricchimento delle esperienze degli utenti: dalla pagina statica tipica
del Web 1.0, si è giunti alla creazione di Rich Internet Application in
grado di creare l'esperienza di un desktop unendola alle peculiarità del
Web;
∞ Software al di sopra di un singolo dispositivo: ovvero disegnare delle
applicazioni in grado di adattare il proprio comportamento al mezzo di
fruizione, permettendo all'utente di avere un'esperienza soddisfacente
sia sul PC che su qualunque altro dispositivo mobile;
∞ Sfruttamento dell'effetto “Long Tail”
2
: le nicchie di mercato ed i gruppi
2
“Long Tail”, ovvero “coda lunga”: termine introdotto da Chris Anderson nel 2004 che
8
meno influenti hanno, all'interno della Rete, lo stesso potere dei grandi
numeri tanto nel senso della domanda di prodotti quanto nel campo
comunicativo informativo. Nasce perciò un sistema più democratico e
personalizzato;
∞ Modelli di business leggeri e scalabilità effettiva dei costi: vengono
adottati modelli di business e tecnologie leggere, che grazie alla loro
scalabilità permettono di minimizzare costi e tempi di sviluppo;
∞ Filosofia del “perpetual beta”: il beta testing dei servizi Web 2.0
coinvolge in maniera duratura i propri utenti per poter avere un
feedback aggiornato sulle funzionalità delle applicazioni in modo da
migliorarne costantemente le qualità.
Un sito Web 2.0 deve avere quindi alcune peculiarità tipiche:
∞ La rete come piattaforma, fornendo applicazioni interamente attraverso
il browser e consentendo agli utenti di farne uso;
∞ Agli utenti deve essere consentito di generare i dati presenti in un sito e
di esercitare una forma di controllo su di essi;
∞ L'architettura della partecipazione come modello di riferimento che
incoraggia gli utenti ad aggiungere valore all'applicazione nel momento
stesso in cui partecipano attivamente nel suo utilizzo. Ciò in netto
contrasto con le applicazioni gerarchiche che controllano l'accesso e
categorizzano gli utenti in ruoli precisi e statici;
∞ Un'interfaccia interattiva, di facile fruizione e personalizzabile basata
sul linguaggio Ajax o applicazioni similari;
∞ Alcuni aspetti di social networking, come la presenza di community,
riprende le teorie economiche e manageriali ben note come la legge di Pareto, secondo la
quale il 20% delle cause è responsabile dell' 80% degli effetti. C. Anderson ha applicato
questo concetto al Web 2.0: se i modelli di business tradizionali hanno sempre privilegiato
una tipologia di prodotto ad alta distribuzione, quello del web 2.0 sfrutta anche le
potenzialità di tipologie di prodotti di nicchia, meno diffusi. Alcuni esempi possono essere
Amazon, iTunes, GoogleAdsense. Lo stesso vale anche per la leva di comunicazione
all'interno della strategia di marketing.
9
forum, blog, chat, condivisione di profili personali.
Notevoli ed evidenti sono le implicazioni di questi concetti per il sistema di
marketing.
In primo luogo grazie al Web 2.0 assistiamo ad una rivoluzione del modello
di fruizione del Web, dove l’utente può facilmente produrre e pubblicare
contenuti e collaborare alla loro costruzione, assumendo in questo modo un
ruolo attivo e non più di semplice fruitore delle informazioni. Questo può
avvenire sia con sistemi di editing di pagine web, quali blog e wiki, sia nella
produzione di materiale multimediale come foto e video, ovvero attraverso
quelli che vengono chiamati CGC (Consumer Generated Content), i media
generati dal consumatore.
Ma nella Rete gli utenti non solo producono contenuti ma anche li
condividono con il resto della comunità virtuale sfuttando il networking. La
partecipazione, lo scambio, l’interazione, il confronto stanno alla base del
Web 2.0 e ne garantiscono la sopravvivenza.
Un’altra grande innovazione introdotta dal Web 2.0 riguarda il sistema di
classificazione e di ricerca delle informazioni e anche qui gioca un ruolo
chiave l’utente. È egli stesso infatti che grazie all’introduzione del concetto
di “tag”, ovvero parole chiave, può indicizzare i contenuti selezionati
secondo le sue esigenze e preferenze. In questo modo si crea una
conoscenza condivisa non solo con la produzione di contenuti ma anche in
virtù della capacità del singolo di ricercarli con parole chiave da lui
generate. Nasce così il concetto di folksonomy
3
, una sorta di tassonomia
creata dal “popolo della Rete”, dove persone diverse definiscono in modo
diverso risorse simili, moltiplicando i percorsi mentali, mettendo in
relazione le risorse e dando vita a una rete di contenuti (Maistrello 2006).
Non viene più utilizzato un metodo mono-dimensionale statico,
3
Neologismo di lingua inglese derivato dal termine “folks”, ovvero persone, e dal termine
“taxsonomy”, ovvero tassonomia, metodo di classificazione.
10
rappresentato come un albero, ma un sistema multidimensionale,
rappresentato efficacemente in maniera visibile da una nuvola, la cosiddetta
tag cloud. (D’Ottavi, 2006)
Conseguenza diretta della folksonomy è la nascita dei bookmarking sites,
ovvero siti web che aiutano gli utenti nella ricerca di informazioni,
raccogliendo segnalazioni di notizie e contenuti rilevanti da parte di altri
utenti permettendo al singolo una fruizione selettiva rispetto a notizie gia
condivise da altri e potenzialmente interessanti.
Infine un altro aspetto interessante abilitato dalle tecnologie Web 2.0 è
rappresentato dai cosiddetti Feed RSS che consentono all’utente di avere la
notifica dei cambiamenti avvenuti nella pagina a cui fa riferimento
4
. I Feed
ci permettono di essere aggiornati riguardo i contenuti di nostro interesse
senza essere esposti a messaggi non rilevanti, si possono ad esempio
ottenere giornalmente tutti gli aggiornamenti del proprio blog preferito o
addirittura tenere traccia delle discussioni generate da uno specifico post.
Il Web 2.0 ha trasformato i siti web da contenitori di informazioni isolati a
vere e proprie open source di contenuti e funzionalità, mettendo a
disposizione dell’utente una piattaforma, un “ambiente” dove pubblicare
contenuti, selezionare informazioni, creare interconnessioni e reti di contatti
con altri utenti, condividere informazioni, emozioni, passioni.
Si aprono le porte perciò a nuovi modelli di business basati su un mercato
basato sulle conversazioni, che registra una crescita nel valore economico
della Rete ed un superamento del “dot.com boom” degli anni novanta.
1.2 La parte abitata della Rete
Nel suo ultimo libro Sergio Maistrello (2005) si riferisce al Web 2.0 come
4
L’indicazione dell’aggiornamento richiesto per una pagina viene inserito nel cosiddetto
“Feed Reader”, cioè un’applicazione che tiene in memoria tutti i feed, cioè le pagine
riguardo ai cambiamenti delle quali l’utente vuole essere aggiornato.