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consumatori su tracciabilità, origine e alimentazione. Le nostre
carni, infatti, sono state tra le prime, ad avere, un marchio IGP
riconosciuto dalla UE sulla carne bovina fresca ed un sistema
di certificazione terzo che funge da garanzia per filiera e
consumatori;
ξ Le note vicende del mercato della carne hanno fatto crescere
una maggiore attenzione da parte dei consumatori verso
l’origine e la provenienza dei prodotti, il tipo di alimentazione
e di allevamento;
ξ L’aver favorito la trasparenza delle informazioni ai
consumatori, ha giovato alla zootecnia bovina da carne delle
razze autoctone, che ha potuto veder riconosciuti anche dal
grande pubblico i propri “meriti”, con un rilancio sul mercato.
In Basilicata la carne bovina resta ancora al primo posto nelle
preferenze dei consumatori. La provincia di Potenza è la più
importante per quanto riguarda la consistenza del patrimonio
zootecnico bovino da carne. La ripartizione per fasce altimetriche
degli allevamenti vede prevalere le aziende di montagna, che
rappresentano oltre i due terzi del totale; le aziende di collina e di
pianura costituiscono rispettivamente il 30% ed il 3% circa del totale.
La consistenza media di questi allevamenti si aggira intorno ai 22
capi ad azienda, mentre la razza maggiormente presente è la
Podolica, con quasi 39.000 capi allevati in regione.
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La struttura produttiva di questo tipo di attività zootecnica, poggia, da
un lato, sull’allevamento della vacca Podolica, animale frugale, di
modeste esigenze alimentari e dunque in grado di valorizzare le
ridotte produzioni foraggere delle zone montane e pedemontane della
regione, la cui presenza è diffusa sul territorio, ma è particolarmente
rilevante nelle aree più boscose. Dall’altro, sull’utilizzazione di tipi
genetici meticciati, derivanti dall’introduzione negli anni passati di
razze da carne quali Marchigiana, Romagnola e Chianina;
l’introduzione della fecondazione artificiale ha poi permesso il
diffondersi di tipi morfologici nuovi, grazie al più frequente utilizzo di
seme proveniente da tori di razza Charolaise e Limousine, utilizzato
per la produzione di incroci di prima generazione.
Per quanto concerne la Podolica, nonostante la riduzione della
consistenza media aziendale, l’estensività costituisce ancora la
caratteristica strutturale saliente di questo allevamento: oggi la
consistenza si aggira sui 40 capi per azienda. Purtroppo, a seguito
dell’innalzamento dei fitti da corrispondere per il pascolamento dei
terreni, dei difficili collegamenti, della difficoltà nel reperire mano
d’opera, dello scarso grado d’infrastrutturazione delle zone di
montagna, è stato impedito il verificarsi di un adeguato turn over
generazionale, per cui l’età media in questo settore è abbastanza
elevata e la conduzione prevalente è quella diretta, di tipo familiare.
La transumanza inversa, fino a poco tempo fa praticata, va
progressivamente estinguendosi a favore di forme di allevamento di
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tipo stanziale brado (circa il 44%), caratterizzati dal pascolamento in
aree private e/o pubbliche e dall’integrazione in stalla nei periodi
invernali, e di tipo semi-pastorale (circa il 21%), caratterizzati dalla
monticazione estiva ed autunnale su terreni demaniali siti a quote più
alte. I fondi sui quali insiste questo tipo di allevamento risultano quasi
sempre frammentati.
Per quanto riguarda invece, l’utilizzo di tipi genetici meticciati, sono
presenti oggi diversi allevamenti di tipi morfologicamente
riconducibili a razze quali la Marchigiana, la Romagnola e la
Chianina, accanto ai quali sono recentemente comparsi meticci di
derivazione Charolaise e Limousine. Si tratta di allevamenti la cui
consistenza media si aggira sugli otto capi, localizzati soprattutto
nella provincia di Potenza. La forma di conduzione prevalente è,
anche in questo caso, quella diretta che si avvle di manodopera
familiare, mentre la struttura dell’allevamento è generalmente di tipo
stanziale brado, poiché si basa sul pascolamento degli animali
durante i mesi primaverili-estivi e sulla stabulazione invernale.
L’alimentazione si basa sull’utilizzazione delle essenze pabulari
spontanee rinvenibili sui pascoli durante la stagione calda, e sulla
somministrazione di foraggi affienati e paglia durante i mesi invernali
Le principali difficoltà, che attualmente attraversa il comparto della
carne bovina in Basilicata, sono di varia natura. Dalle spese onerose
per la ristrutturazione igienico-sanitaria degli allevamenti in genere,
a seguito delle nuove normative comunitarie, al sistema di
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allevamento estensivo, che spesso si traduce in pascolo incontrollato,
il cui effetto è il lento depauperamento della fertilità del suolo con
progressivo impoverimento della flora preesistente. Dall’elevata
frammentazione fondiaria di molte aziende, che comporta maggiore
difficoltà di approvvigionamento degli alimenti per gli animali, alla
concentrazione dell’offerta in quanto l’allevamento brado e
semibrado risente fortemente della stagionalità.
La competitività del settore passa quindi, attraverso la soluzione di
questi problemi, e può essere perseguita con l’introduzione di misure
che favoriscano l’ulteriore ammodernamento delle strutture
produttive e di tecniche di allevamento più efficienti e razionali, senza
mai perdere quell’immagine di genuinità e salubrità legata da sempre
al nostro territorio e ai nostri prodotti.
In questa tesi verranno, appunto, affrontati gli aspetti qualitativi e la
sostenibilità degli allevamenti bovini da carne nel Mezzogiorno
continentale.
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LA CARNE
La “carne” è da sempre considerata l’alimento più importante di una
buona dieta, in effetti essa è la maggiore fonte di proteine animali,
caratterizzata da un elevato valore biologico e con una elevata
similitudine alle proteine corporee dell’uomo, di conseguenza
contribuisce in maniera determinante alla formazione della materia
plastica, sia per l’accrescimento sia per la sostituzione dei tessuti.
Mangiare “carne” ha sempre significato assumere sostanze nutritive
ricche di proteine “nobili” e in molte società, tale tipo di consumo
alimentare si è venuto spesso a collegare agli stili di vita delle classi
sociali più agiate.
Oggi però, grazie ai progressi e miglioramenti realizzati nella fase di
allevamento, trasformazione e distribuzione della carne, tale
correlazione non è più vera, perché il costo di produzione e quindi il
prezzo di vendita si è ridotto drasticamente.
Infatti, attualmente si è notevolmente ampliato il numero di persone
che fanno regolarmente uso di prodotti carnei, fatto questo che ha
portato la “carne” a non perdere il proprio ruolo di alimento per
eccellenza nella dieta alimentare umana, anche se recentemente il suo
consumo va tendenzialmente riducendosi sia per campagne
pubblicitarie avverse, sia per la presenza sul mercato di altri alimenti
nutritivi concorrenziali.
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La diffusione della conoscenza delle sue proprietà nutritive, ha fatto sì
che la popolazione riconoscesse la superiorità delle proteine animali
su quelle vegetali anche se, negli ultimi venti-trenta anni, il
mutamento intervenuto negli stili di vita e nei principali aspetti socio-
demografici dell’uomo, ha provocato una contemporanea evoluzione
nei gusti e nelle modalità di consumo delle carni.
Il consumatore, infatti, ha via via abbandonato sempre di più il
metodo di cottura lenta, per spingersi verso la cottura rapida, molto
più comoda.
Ciò ha provocato l’aumento del prezzo di quei tagli della carcassa che
si prestano ad una cottura rapida in modo da compensare la riduzione
del consumo degli altri tagli meno richiesti.
La scelta, inoltre si è orientata sempre più verso la carne tenera,
mentre la carne tendenzialmente dura, anche se buona, succulenta e
saporita è considerata non gradita.
La preferenza, infine, si è spinta in particolar modo verso la carne
fresca, piuttosto che verso quella conservata o trasformata, anche se
spesso la massaia preferisce la carne trattata, già pronta per l’uso, da
sottoporre a cottura o parziale riscaldamento.
Tra le principali motivazioni che hanno portato a tale evoluzione del
gusto possiamo ricordare:
ξ l’aumento del tenore di vita, che ha provocato un aumento del
consumo della carne prima solo in quantità e poi in quantità e
qualità;
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ξ la maggiore attenzione verso gli strumenti mediatici che hanno
proposto e sostenuto modelli diversi a scapito dei piaceri della
tavola;
ξ la diversa occupazione della donna;
ξ il rifiuto dei tagli grassi, che si può spiegare con la necessità di
un pasto di veloce preparazione;
ξ il cambiamento di abitudine condizionato dalla vita sedentaria
che riduce le esigenze energetiche;
ξ l’influenza dei mass-media, che suggeriscono diete povere in
grassi poiché sono la causa di patologie e di processi che
determinano l’obesità.
Per carne si intende ciò che resta della carcassa già sottoposta a
frollatura, dopo l’eliminazione del tessuto osseo e del tessuto adiposo
separabile.
La carne presenta una certa variabilità dovuta alla specie, alla razza, al
sesso, all’età, alla nutrizione dell’animale, alle condizioni ambientali e
di allevamento, alla localizzazione anatomica e alla funzione
meccanica dei suoi muscoli.
1. Caratteristiche nutrizionali della carne
Le carni hanno una composizione, quindi un valore nutritivo, che
varia in base alla specie animale, al taglio considerato ed infine
all’alimentazione del bestiame, inoltre da alcuni parametri rilevati
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sulla carne è possibile definire se l’allevamento sia stato effettuato o
meno in presenza di pascolo.
Fatte queste precisazioni, complessivamente esistono però dei
parametri con valori comuni.
Per la sua ricchezza di proteine (circa il 21% in media, contenenti tutti
gli amminoacidi essenziali, anche se la composizione in amminoacidi
varia se si tratti di muscoli o di frattaglie) alla quale fa riscontro la
scarsità di glucidi, di lipidi e di vitamine, la carne è soprattutto un
alimento plastico.
Le carni contengono pochi glucidi, infatti il glicogeno, riserva
energetica presente nei muscoli, si trasforma rapidamente in acido
lattico e quest’acidità contribuisce a conferire alla carne un aspetto
gradevole; diversamente essa avrà una consistenza appiccicosa, e poco
appetibile.
Nella carne sono contenute le vitamine di due tipi, ma la proporzione
tra vitamine idrosolubile e liposolubili varia in base al tenore di acqua
e lipidi della parte considerata. Il fegato è particolarmente ricco di
vitamina C, acido folico e di vitamina B12.
Questo si verifica quando le carni sono non trattate, infatti i tenori dei
vari componenti possono essere influenzati notevolmente dai sistemi
di cottura come la carne bollita che perde la maggior parte dei sali e
delle vitamine nell’acqua di cottura.
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I sali possono essere recuperati utilizzando il brodo, mentre invece le
vitamine vengono per la maggior parte denaturate da una cottura così
prolungata.
Le carni alla griglia o arrostite perdono molto meno elementi, infatti il
calore elevato al quale vengono sottoposte bruscamente provoca
coagulazione degli stati superficiali, creando una sorta di strato
impermeabile, dalla quale sali e vitamine non possono fuoriuscire.
Questi resteranno intrappolati nel pezzo di carne fino al termine della
cottura e il grado di denaturazione delle vitamine varierà in base alla
durata della stessa.
Circa i costituenti minerali la carne è relativamente ricca di potassio e
povera di sodio, contiene magnesio e ricca di fosforo (in 100 grammi
di carne sono presenti da 160 a 200 mg di fosforo) e ha una discreta
quantità di ferro (3 mg per 100g.) contenuto principalmente nella
mioglobina, il cui pigmento, simile a quello dell’emoglobina, è
ugualmente a base di ferro, molto più ricco di ferro (12 mg per 100 g.)
è invece il fegato.
Anche gli oligoelementi abbondano soprattutto nel fegato. Il calcio è
invece presente in percentuale bassissima, questa è la sola ragione per
cui la carne non è un alimento equilibrato.
Per la sua abbondanza di azoto e dei derivati proteici, quando è
consumata in quantità equilibrata esercita una benefica azione sul
metabolismo e sul tono vitale.
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In via generale, la carne è ricca di lisina ed è invece povera di
metionina e triptofano, soprattutto a livello del collagene e
dell’elastina, ossia dei tessuti che separano le fibre muscolari.
Tabella 1.1 - Composizione e valore energetico dei tagli commerciali
del bovino adulto. ( Fonte: I.N.R.A.N., 2007)
Taglio Acqua
%
Proteine
%
Grassi
%
Ferro
mg/100g
Energia
Kcal
Valore
relativo
costata 71.6 21.3 6.1 1.3 140 1.86
fesa 75.2 21.8 1.8 1.8 103 1.43
filetto 72.7 20.5 5 1.9 127 2.14
nocino 74.9 21.3 2.8 1.4 110 1.28
lombata 72.3 21.8 5.2 1.4 134 2
noce 75.4 21.3 2.3 1.3 106 1.43
colarda 73.8 21.4 3.7 1.3 119 1.43
sottofesa 74.6 22 2.6 1.8 111 1.43
muscolo 75 20.9 3.2 1.4 112 1.14
punt di petto 69 19.7 10,2 1.1 171 1
spalla 75.2 21.5 2.4 1.5 108 1.21
Ogni taglio anatomico si distingue per una diversa utilità di
preparazione, ed inoltre i vari tagli presentano una diversa
composizione (in acqua, proteine, grassi) e di conseguenza varia
anche il loro valore energetico.
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Il valore relativo è stato definito considerando uguale a 1 il taglio
commerciale con un prezzo di vendita più basso e ponderando il
prezzo degli altri tagli su quello del taglio di riferimento.
I tagli più grassi risultano quelli del quarto anteriore (biancostato,
costata), di conseguenza presentano anche un maggiore valore
energetico, mentre presentano un minor valore relativo rispetto ai tagli
del quarto posteriore.
La carne viene classificata in base al colore in tre principali tipi:
ξ carni bianche ( vitellino, maiale leggero, agnello, capretto,
pollame, coniglio, pesce);
ξ carni rosse ( vitellone, bue, vacca, bufalo, cavallo, maiale
pesante, castrato);
ξ carni scure (selvaggina in genere).
2. Composizione della carcassa bovina
La carcassa (quarto posteriore e anteriore) è composta da:
ξ tessuto muscolare;
ξ tessuto connettivo;
ξ ossa;
ξ tessuto adiposo inglobato;
ξ nervi e vasi sanguigni.
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Tessuto muscolare
I muscoli sono costituiti da tessuto muscolare striato, che forma la
parte fondamentale della porzione carnosa ed è composto da un
insieme di fibre contrattili striate trasversalmente, unite tra loro per
mezzo di una impalcatura connettivale con funzioni di ricezione e
trasmissione dell’azione, di sostegno ai vasi e ai nervi.
L’unità strutturale, è la fibra muscolare, elemento polinucleato,
provvista di una membrana cellulare lipoproteina o sarcolemma e
rivestita di un tessuto connettivo suddiviso in:
ξ Endomisio; fine rete connettivale derivante dal perimisio che
circonda ogni singola fibra muscolare;
ξ Perimisio; contiene i vasi ed i nervi maggiori ed è costituito da
sepimenti che penetrano nel muscolo e riuniscono le fibre
muscolari;
ξ Epimisio; lamina di tessuto connettivo che avvolge l’intero
muscolo e dal quale si diramano i sepimenti che costituiscono il
perimisio e l’endomisio.
Trasmette a distanza l’azione delle fibre muscolari, con l’ausilio dei
tendini, delle aponeurosi e delle inserzioni tendinee, che fungono da
ponte con lo scheletro.
Il muscolo scheletrico si dice striato perché le fibre che lo
compongono presentano, nel senso della lunghezza, un’alternanza di
bande chiare e scure, dovuta alla struttura multistrato delle miofibrille.