perciò la concezione del manicomio come luogo d’isolamento e di
“punizione”.
- Nell’ultima e terza fase si cerca di far approvare sia a livello Regionale
sia Nazionale i prìncipi della Legge “ cosiddetta “ Basaglia del 1978
proponendo il superamento del manicomio per cercare di attuare
obiettivi di prevenzione - cura - assistenza attraverso nuove modalità
organizzative territoriali.
In questo mio lavoro vorrei definire meglio il ruolo dell’Educatore di
Comunità all’interno del Dipartimento di Salute Mentale, specificando la
sua professionalità e il lavoro d’Equipe che si svolge all’interno d’ogni
Dipartimento.
Nel secondo capitolo vorrei approfondire i nuovi cambiamenti legislativi
che sono stati esecutori di queste novità facendo perciò un “ excursus “
storico dalla Legge n. 180 del 1978 fino ad arrivare ai Vari progetti sia a
livello Nazionale sia, nello specifico, quello della Regione Lazio.
Cercherò anche di descrivere il lavoro del Dipartimento di Salute Mentale
(DSM) e i vari Organi che lo costituiscono e degli elementi organizzativi.
E ' necessario anche argomentare sul Ruolo degli Enti Locali che devono
sia super- visionare il lavoro del Dipartimento sia aiutarlo e finanziarlo.
Un capitolo sarà dedicato al ruolo del privato e delle imprese a carattere
sociale che si stanno facendo sempre più avanti nel campo dell’assistenza
formando cooperative tra ex pazienti ed operatori qualificati dove il lavoro
è definito come recupero sociale ed integrazione.
Il primo e l’ultimo capitolo di questo mio lavoro si basano sul mio
vissuto e sulla mia osservazione, sempre con una base teorica di
riferimento, sul tirocinio svolto.
Dal mese di Dicembre del 1999 fino a Giugno del 2000 ho svolto il
tirocinio presso una Comunità Terapeutica Riabilitativa del Dipartimento
di Salute Mentale dell’ASL Roma B collocata nel Quartiere San Basilio.
Il ruolo dell’Educatore in queste strutture intermedie, figura che deve
ancora acquistare il suo giusto valore professionale all’interno di queste
strutture pubbliche, dovrebbe avere il compito di apparire come punto di
collegamento tra paziente e mondo circostante.
L’attività dell’Educatore si collega perfettamente sia all’interno del
Servizio sia all’interno del progetto educativo elaborato in Equipe.
L’Educatore vive, soprattutto con i propri utenti, la relazionalità: infatti si
viene a creare una giusta empatia sulla base delle conoscenze emotive
dell’utente stesso con l’Educatore usufruendo del “ Fare “ e della
quotidianità.
All’interno del mio elaborato cercherò di inserire i miei vissuti del
tirocinio facendo soprattutto riferimento a due punti, a mio parere molto
importanti in questa professione, l’osservazione partecipata durante la vita
comunitaria e il lavoro d’Equipe, basilare per fare ed elaborare progetti
educativi/riabilitativi.
I testi che userò per la mia ricerca sono Testi e Trattati di Psichiatria,
delineando anche la storia della follia soprattutto facendo un’analisi
specifica sul testo di M. Foucault Storia della follia e sull’evolversi
durante i secoli, come Trattato di Psichiatria di Freedman-Kaplan-Sadock,
oppure quello di Reda o di Arieti, ma anche Progetti, Leggi:
Progetto Obiettivo – Tutela della Salute Mentale 1998/2000 e il Progetto
Obbiettivo Regionale – Salute Mentale per l’Età Adulta 1999/2001, Leggi
Regionale e Delibere Generali, grazie ai quali, analizzandoli in modo
critico, cercherò di evidenziare le innovazioni e i cambiamenti che poi
potrò verificare nella mia sede di tirocinio.
Lavorerò anche su Articoli di Giornale come l’inserto pubblicato dal
quotidiano Il Manifesto nel Marzo 1998 per ricordare il ventennale
dell’approvazione della Legge” cosiddetta “ Basaglia n. 180 del 1978, e
cercherò materiale su Internet per creare un elaborato aperto alla nuova
cultura della ” follia”.
Per quanto riguarda l’analisi critica delle modifiche istituzionali
approfondirò l’argomento utilizzando il testo di R. Canosa Storia del
manicomio in Italia dall’Unità a oggi,i testi scritti e curati da Franco
Basaglia come Che cos’è la psichiatria?, L’istituzione negata, il testo di
m. Lang Strutture intermadie in Psichiatria e il testo di T. Main La
comunità terapeutica ed altri saggi psicoanalitici.
Le conclusioni saranno delle critiche su quello che ho potuto approfondire
e sul mio vissuto, durante il tirocinio svoltosi nel Terzo A.A. 1999/2000
presso la Comunità Terapeutico-Riabilitativa CTR.
Capitolo Primo
La Comunità Terapeutico – Riabilitativa (C.T.R.)
1.1 Definizione e Caratteristiche della C.T.R.
La Comunità Terapeutico - Riabilitativa fa parte delle strutture
psichiatriche, per la cura e la riabilitazione di persone affette da disturbi
psichiatrici, così dette Intermedie perché hanno un ruolo, molto importante,
cioè d’intermediario tra il CSM (attività ambulatoriali e domiciliari) e il
Servizio Psichiatrico di Diagnosi e Cura esercitando funzioni terapeutico-
riabilitative.
1
La comunità terapeutico-riabilitativa è un luogo assistito con una
copertura di 24 ore su 24 ore. In essa si organizzano, seguendo una
programmazione studiata dall’èquipe della comunità, delle attività, delle
tecniche educative che possiedono valore terapeutico e riabilitativo.
La permanenza nella struttura da parte del paziente è limitata nel tempo
con un minimo di sei mesi ad un massimo di due anni consecutivi per far
avere dei benefici terapeutici appropriati seguendo il Progetto elaborato dal
C.S.M. e poi portato avanti dai componenti dell’èquipe.
Un periodo troppo prolungato e perciò anche l’attaccamento da parte
dell’ospite non sono positivi per la sua guarigione perché porterebbero ad
una stabilità di crescita fino, nei casi cronici, una perdita d’autonomia ed
un’inesorabile istituzionalizzazione.
La Comunità Terapeutico-Riabilitativa viene descritta nella Legge
Regionale n. 49 del 1983
2
, dove è inserita, come punto di svolta per abolire
il ricovero manicomiale per dare spazio a strutture intermedie preparate.
Nel Progetto- Obiettivo Nazionale “ Tutela della Salute Mentale
1998/2000 “
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vengono descritte le varie Strutture Residenziali con le
finalità e gli obiettivi che dovrebbero perseguire.
Il Progetto Nazionale offre una descrizione molto sommativi della
struttura identificandola come una “ Struttura extra – ospedaliera “ in cui si
svolge una parte del programma terapeutico-riabilitativo e socio-
riabilitativo. La struttura non deve essere compresa come una soluzione
abitativa ma solo come luogo di cura a tempo determinato.
Anche la loro locazione, sia logistica sia urbanistica del quartiere in cui
è collocata, è importante per garantire una socializzazione e
un’integrazione alle attività esterne.
All’interno della comunità l’èquipe dovrà portare avanti oltre il progetto
comunitario, perciò la gestione della vita d’ogni ospite in relazione agli
altri, ma anche il progetto individuale che permetterà la dimissione del
paziente dopo aver raggiunto l’obiettivo preposto.
Nel Progetto – Obbiettivo Regionale sulla Salute Mentale 1999/2001
per l’Età Adulta, redatto dall’Assessorato alla Salvaguardia e Cura della
Salute, settore Medicina Sociale della Regione Lazio
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, si definiscono le
Strutture Residenziali (SR) in Comunità Terapeutiche Terapeutico-
Riabilitativa (CTR) e in Comunità di Convivenza (Codi CO).
Le strutture residenziali, come strutture ospedaliere, sono collegate per
funzione e gestione al CSM o al Modulo Territoriale Competente quasi
sempre l’A.S.L. del territorio.
L’Obiettivo preposto dal Progetto – Obbiettivo Regionale è di creare il
contesto terapeutico adatto per riallacciare i rapporti tra l’utente/paziente e
la rete sociale seguito sempre dall’èquipe curante.
I punti delle strutture residenziali sono:
™ Prevenire e contenere il ricovero ospedaliero;
™ Acquisire le abilità nella cura di sé;
™ Sviluppare capacità espressive;
™ Sviluppare capacità comunicative;
™ Sviluppare competenze sociali;
Le varie attività delle strutture inter-medie saranno supervisionate dal
CSM attraverso opportune modalità di verifica come documentazione e
comunicazioni attraverso organi specifici ed iniziative di M.C.Q.
Le finalità assistenziali della comunità terapeutico-riabilitativa sono i
progetti proposti dal CSM e poi elaborati dall’èquipe della struttura
(Progetto comunitario ed individuale), il grado di protezione è di 24 ore
su 24 ore, il numero degli ospiti è regolato da un numero di un minimo
di 15 persone ad un massimo di 20 secondo le possibilità degli alloggi e
del territorio A.S.L., il gradiente sanitario/sociale è di tipo sanitario e le
modalità di finanziamento sono riferite all’A.S.L. di competenza
territoriale.
Il concetto di comunità terapeutica è basato sul presupposto che
l’ambiente sociale di per sé stesso possa essere lo strumento terapeutico.
Un obiettivo di questo metodo è l’utilizzazione dell’ambiente in toto nel
tentativo di includere tutti i rapporti a beneficio del paziente.
I primi, che crearono all’interno di un ospedale un complesso favorevole
ai rapporti interpersonali per il paziente, furono Harry Stack Sullivan e i
Menninger
5
.
Il programma si basava soprattutto sull’utilizzazione dell’ambiente o
certi suoi aspetti a scopi terapeutici.
La comunità terapeutica è un tipo di terapia ambientale molto
particolare, poiché tutta la struttura sociale della sede del trattamento è
coinvolta nel processo.
All’interno tutto è organizzato e sviluppato per rendere tutti i rapporti e
tutte le attività nella vita del paziente. Tutti i processi sociali e
interpersonali sono importanti per il trattamento del paziente/soggetto.
Nessun elemento è lasciato fuori dal trattamento e tutte le transazioni sono
importanti perché considerate potenzialmente terapeutiche.