6
Dal punto di vista industriale i principali cambiamenti sono stati:
- la delocalizzazione produttiva;
- l‟avvento del container;
- la standardizzazione dei servizi;
Tutti questi fattori di cambiamento hanno comportato una notevole modifica nella
richiesta di servizi portuali (differenziazione della domanda e conseguentemente
dell‟offerta), una crescita dimensionale del commercio internazionale, delle imprese
operanti e della dimensione delle navi (gigantismo navale); quest‟ultimo fenomeno è
altresì motivato dalla continua ricerca delle economie di scala e della riduzione del
costo del trasporto, da parte degli operatori.
Nelle tabelle sottostanti sono riportati i dati relativi all‟aumento dei traffici di
container degli ultimi 10 anni (1997-2007), relativi ai principali porti Europei:
Fig.1: Porti Italiani
Fonte: Assoporti 2008
7
Fig. 2: Principali scali Europei (Mediterranei ed Nordeuropei.)
Fonte: Containerisation International
Come si può notare nelle tabelle sovrastanti, la tendenza è quella della crescita
continua e costante degli scambi di contenitori nei terminal nordeuropei e
mediterranei, sino al 2004/2005 dove la crescita è rallentata, per poi fermarsi, nel
2008 con la crisi mondiale che ha condizionato in negativo i porti in questione (Italia
in particolare2).
L‟insieme dei fattori suddetti, associato allo sviluppo economico mondiale e alla
globalizzazione, ha radicalmente modificato il ruolo del terminal portuale, sia dal
punto di vista strutturale che dal punto di vista strategico; ciò è dovuto dal fatto che, il
trasporto di merci, oggi, è una funzione molto più complessa e critica rispetto al
passato, in quanto non và considerata come semplice trasferimento di beni da un
luogo ad un altro, ma come parte integrante dell‟economia dei processi produttivi
nazionali e mondiali.
Attualmente, infatti, il porto deve essere concepito come un reticolo di attività
economiche ad elevato grado di complessità strettamente interconnesse con il sistema
2
Paragrafo 1.3 “Scenari del Mediterraneo”
8
produttivo e con l‟organizzazione logistica del trasporto terrestre; in altre parole in
ottica economica globale, gli scali, si propongono di essere centri di servizi e non
punti di transito delle merci, con l‟obiettivo di “catturare” il valore aggiunto,
collegato alle attività di movimentazione della merce.
Questa nuova logica competitiva è possibile, e può rivelarsi vincente, solo se si
riuscirà a costruire un modello operativo di sistema, capace di inserire il recinto
portuale nel tessuto economico complessivo, su scala nazionale ed internazionale.
In Italia, tuttavia, prevale ancora una logica di localismo esasperato, che induce a
demoltiplicare i punti di approdo strategici, indebolendo il sistema portuale nazionale
nella sua interezza; altrove, si perseguono invece disegni strategici coerenti, capaci di
specializzare i sistemi portuali in funzione delle condizioni strutturali, delle
opportunità di mercato, dei benefici economici per il tessuto produttivo nel suo
insieme (esempio i porti del Nord - Europa).
Il profilo competitivo dei porti è quindi determinato, oltre che dai servizi offerti e dai
soggetti attivi, dal livello di specializzazione, dall‟integrazione con il territorio
circostante e dalle prospettive di sviluppo.
Le principali opzioni di posizionamento possono essere rappresentate in quattro
classificazioni, che esprimono un diverso ruolo che la struttura portuale gioca nei
confronti dell‟area economica circostante:
1. il porto città (oramai raro): in questo caso il porto è un centro di commerci e di
attività industriali su scala ridotta; i trasporti marittimi consistono prevalentemente di
merci non containerizzate e questo determina attività di carico e scarico di carattere
labour intensive; la città che ospita le diverse attività portuali ne costituisce anche il
mercato principale; i compiti del gestore del porto si limitano alla fornitura dei servizi
nautici;
2. il porto area: il porto funziona come un complesso industriale; il trasporto
intercontinentale di materie prime alimenta una vasta serie di industrie attraverso
9
banchine ad utilizzo esclusivo collocate nel porto o in aree limitrofe; il porto offre
servizi sempre più capital intensive e la gestione è focalizzata sullo sviluppo di nuove
infrastrutture;
3. il porto regione: il porto, in questo caso, opera essenzialmente nel trasporto
intercontinentale di container e richiede servizi nei settori del magazzino e della
logistica che vengono attivati in aree a basso costo esterne al porto; in un ambiente ad
alto tasso di competizione tra i porti limitrofi e tra le attività interne al porto regione;
il gestore, in questa configurazione, assegna un ruolo prevalente alle funzioni di
marketing;
4. il porto network: il porto funziona come centro di controllo logistico; gli svantaggi
strutturali del porto, quali la congestione e l‟elevato costo del lavoro, conducono a
delocalizzare le attività distributive a favore di altre locations ottenendo così
un‟estensione del livello di copertura territoriale; il gestore del porto svolge il nuovo
compito di coordinare il networking;
Da questa classificazione, si evince come oggi tutte le scelte di posizionamento,
avvengano secondo logiche di mercato di riferimento del terminal; questo è spiegato
dal fatto che la domanda di portualità, è una domanda doppiamente derivata, perché
dipende dalla domanda di trasporto di beni, che a sua volta dipende dalla domanda di
beni trasportati.
Questo legame tra mare – porto – territorio ci fa introdurre un nuovo concetto di
“sistema logistico”, che verrà approfondito durante i prossimi paragrafi, nel quale il
porto ha un ruolo di rilevanza fondamentale, dato che è il centro della catena logistica
del trasporto della merce da un luogo all‟altro.
Fare sistema, quindi, è il presupposto determinante per operare nell‟ambiente
competitivo del nostro tempo, se si vuole avere l‟ambizione di catturare quote
10
crescenti di traffico in uno scenario internazionale che continuamente valuta opzioni
alternative di collocazione.
Scegliere la vocazione portuale, ed il posizionamento coerente con le effettive
opportunità che possono essere colte, è parte integrante di un disegno che voglia
essere davvero efficace. Spesso invece si cerca di perseguire disegni incoerenti e
contrastanti, con il solo effetto di non ottenere vantaggi concreti.
Per ottenere questo risultato occorre, focalizzare l‟attenzione sull‟efficienza della
gestione del “sistema porto” e sulla sua integrazione nel sistema di trasporto
intermodale (o nella catena logistica di riferimento).
Al fine di comprendere meglio l‟importanza a livello economico dei terminal portuali
basta analizzare alcuni dati riferiti ai principali scali italiani (2008)3:
- 300 milioni di tonnellate di merci movimentate da e per l‟estero (circa il 60%
del totale import-export nazionale);
- Contributo diretto al Pil nazionale di 7 miliardi di euro circa;
- Occupazione di 71.000 addetti;
- Generazione di domanda di servizi complementari e dell‟indotto;
- Effetto moltiplicatore pari a 2,76 per il reddito e 2,03 per l‟occupazione4;
Da questi dati è facile intuire come una gestione efficiente del sistema portuale può
contribuire allo sviluppo economico di un Paese. Il vero nodo cruciale della questione
è come intervenire a livello organizzativo in modo da ottimizzare i ritorni economici
potenziali di questo settore.
Prima di passare all‟analisi dei principali fattori competitivi riguardanti i terminal
portuali mediterranei, volevo introdurre il concetto della logistica all‟interno del
porto, per sottolinearne brevemente la crescente importanza.
3
Dati CENSIS 2008;
4
Un investimento da 1000 euro nel settore portuale, genera 2757 euro di ricchezza nel complesso economico;
Un aumento di 1000 addetti, genera un‟attivazione di 2032 addetti nel sistema economico complessivo;
11
Come logistica intendiamo quel processo di pianificazione, organizzazione e
controllo di tutte le attività di movimentazione e di stoccaggio di beni e delle
informazioni relative, dal momento di acquisizione delle materie prime al momento
della consegna al cliente di prodotti finiti, mediante trasformazione attraverso il
processo aziendale.
A livello portuale la logistica ha avuto un‟importanza crescente a partire dalla fine
degli anni ‟70, quando si è verificato il boom del trasporto marittimo dovuto
principalmente dalla globalizzazione e dall‟affermarsi del trasporto standardizzato
(container)5.
Col passare degli anni la logistica si è affermata come infrastruttura strategica sulla
quale, si sta‟ ridisegnando l‟organizzazione della produzione e del trasporto su scala
globale; in altre parole l‟offerta di servizi logistici specializzati è, e sempre più sarà,
un potenziale vantaggio competitivo notevole per un terminal portuale.
La funzione principale della logistica è quella di cercare un trade - off tra la
differenziazione di prodotti e una qualità elevata di servizi (in termini di velocità e
tempo), in modo da creare valore aggiunto sul prodotto stesso; per fare questo un
sistema logistico efficiente deve essere caratterizzato da uno stretto legame tra flussi
informativi (conoscenze di codici, ordini, condivisione di info) e fisici (prodotti,
materie prime, persone).
A seguito dello sviluppo di nuove tecnologie di comunicazione, si è assistito ad
un‟evoluzione del sistema logistico, che ha coinvolto le diverse fasi della catena, in
particolare:
- Logistica del trasporto: da un lato la sua importanza si riduce, a causa
dell‟abbassamento dei costi; dall‟altro il suo ruolo tende a crescere, sia perché si
allungano le distanze sia a seguito degli effetti della diffusione del just-in-time nella
gestione dei magazzini;
5
L‟avvento del container ha comportato una MASSIMIZZAZIONE DELL‟EFFICIENZA DEL TRASPORTO
12
- Logistica dello stoccaggio e gestione scorte, magazzini prodotti finiti: la tendenza
appare quella di una riduzione delle quantità (just-in-time) e di un incremento delle
attività di gestione in outsourcing (terziarizzazione della logistica);
- Logistica del quasi – manufacturing: si tratta di attività emergenti costituite da
funzioni di manipolazione dei prodotti, in passato svolte in fabbrica ed oggi presenti
nelle piattaforme logistiche: finissaggio dei prodotti, inscatolamento, alcune fasi di
assemblaggio, controllo qualità, montaggio a destino. Secondo calcoli eseguiti dagli
esperti, lo spostamento verso le catene logistiche di queste attività può moltiplicare
dieci volte il valore aggiunto tradizionalmente incorporato nella sola movimentazione
delle merci;
- Gestione dei flussi informativi: si stanno affermando, grazie alle nuove tecnologie
di comunicazione, servizi che consentono il controllo continuo del posizionamento in
rete dei prodotti e un‟integrazione delle diverse attività;
La logistica oggi ha un ruolo di primissimo piano in tutte le attività concernenti le
merci e la loro movimentazione e gestione; questo fatto, potrebbe portare ad avere
per un terminal vantaggi competitivi notevoli rispetto ai concorrenti che,
opportunamente sfruttati, porteranno ad uno sviluppo generalizzato del trasporto
intermodale sia a livello locale che a livello globale.
Lo sfruttamento dei servizi logistici, come vedremo nel prossimo capitolo, dipenderà
anche molto dall‟affiancamento ad essi delle c.d. ICT6, dalla capacità infrastrutturale
dei porti in questione, ma soprattutto dalla capacità di creare un “sistema” in grado di
coinvolgere e, possibilmente di fare accordare, tutti i soggetti (pubblici e privati7),
interessati allo sviluppo del terminal e dell‟hinterland di riferimento (collegamento
reti terrestri, piattaforme logistiche, retroporti, interporti).
6
ICT: Information and Communication Technology
7
Per citarne alcuni: Autorità Portuale, Regioni, Comuni, Agenzia Dogane, Società terminaliste, Società di vettori,
Spedizionieri, Broker, etc..
13
Questa breve introduzione sulla logistica, ci serve ad inquadrare il problema
dell‟efficienza di un “sistema portuale” sempre più complesso e sempre più
“popolato” da soggetti con, spesso e volentieri, principi ed ideali totalmente differenti
e a comprendere come il successo di un porto, non si leghi più solamente a fattori di
tipo “fisico”, quali accosti, attrezzature, gru, banchine, spazi, collegamenti con le reti
terrestri, etc…, ma anche ad una componente di “servizio”, legata al terziario
marittimo, all‟intermodalità e alla logistica ad alto valore aggiunto.
1.2 I principali fattori di competitività dei terminal mediterranei
In passato gli operatori marittimi sceglievano il porto dove sbarcare la propria merce,
sulla base di scelte di convenienza economica, vale a dire, principalmente in base a:
- posizione geografica favorevole per le proprie rotte al fine di massimizzare il
carico;
- costi dei servizi portuali;
L'impetuosa crescita che ha interessato le economie asiatiche negli ultimi anni, ha
indotto le grandi compagnie marittime a modificare le proprie strategie competitive:
ξ aumentando le dimensioni delle navi utilizzate;
ξ abbandonando rotte dirette più brevi per l'hub and spoke in considerazione
dell'esigenza di avere il massimo carico;
Tali tendenze hanno determinato un'evoluzione nei criteri di scelta dei porti
containers. L‟importanza internazionale di un porto e quindi la sua competitività si
misurano oggi, sempre di più, sulla base della capacità di soddisfare alcune
condizioni di carattere economico e tecnico. Più precisamente, nella scelta di un porto
sono determinanti, dal punto di vista economico la presenza di vasti mercati di
14
produzione e consumo alle spalle e la velocità delle operazioni, dal punto di vista
tecnico, invece, assumono importanza fondamentale elementi quali: la profondità dei
fondali, la lunghezza delle banchine, l'ampiezza dei piazzali, la rete logistica inland.
In concreto le scelte dei terminal di riferimento si basano su cinque principali fattori:
- efficienza e rapidità dei servizi portuali (rilevanza del fattore tempo):
assenza di congestione, produttività delle operazioni dei terminal, presenza e
utilizzo delle ICT, rapidità dei servizi pubblici (dogane, finanza etc.);
- caratteristiche fisiche dei porti e connessione con i mercati di riferimento:
posizione rispetto all‟hinterland, rete ferroviaria interna al porto, fondali,
spazi di banchina;
- presenza di vasti mercati di produzione e/o consumo alle spalle e
connessione con essi: capacità rete autostradale collegata, collegamento con
retro porti e interporti, rete ferroviaria;
- costi (minore rilevanza rispetto al passato): handling, tasse e diritti portuali,
link economici con l‟hinterland e in mare;
- opportunità: possibilità di realizzazione di nuove infrastrutture ferroviarie e
stradali;
Naturalmente anche il posizionamento geografico resta un fattore da considerare per
la scelta del porto, vedremo poi nei paragrafi successivi, che è un‟opportunità da
sfruttare soprattutto per lo scalo Genovese.
A questo punto ci si pone una domanda: il terminal portuale come deve reagire a
questi cambiamenti?
La risposta è che dovrà puntare sulla competitività rispetto ai propri concorrenti;
occorre quindi individuare quali sono i principali fattori competitivi di un porto, in
15
modo tale da sviluppare dei vantaggi rispetto ai concorrenti ed essere scelto come
riferimento per lo svolgimento dell‟attività di shipping dei grandi operatori
internazionali.
Facendo riferimento ad uno studio della Banca d‟Italia8, possiamo affermare che in
linea generale, i terminal portuali italiani sono, apparentemente, incapaci di attrarre
quote significative di traffico, questo è dovuto ad una serie infinita di motivazioni tra
le quali ricordiamo la debolezza generale delle infrastrutture nazionali (intese come
infra di trasporto, tecnologiche, informative), le inefficienze degli scali e la mancanza
di interesse delle istituzioni, che non hanno mai attuato un piano politico nazionale
volto allo sviluppo e al recupero delle aree portuali.
Questo studio permette di porsi delle domande strutturate su vantaggi e svantaggi
competitivi del sistema portuale nazionale, confrontandolo successivamente, con i
porti del West Med e del Northern Range, al fine di capire se ci sono possibilità future
di sviluppo.
In particolare, sono state analizzate cinque aree nelle quali è possibile indagare sui
punti di forza e debolezza degli scali nazionali, vale a dire:
- posizionamento geografico;
- infrastrutture terrestri;
- efficienza del terminal;
- infrastrutture portuali;
- supporto dei centri logistici;
Il posizionamento geografico è l‟unica variabile che vede un netto vantaggio dei porti
italiani rispetto ai competitors mediterranei e nordeuropei. Questo tema sarà poi
approfondito, nel paragrafo dedicato allo sviluppo del mercato del Mediterraneo.
Nelle restanti aree, gli svantaggi nei confronti del Northern Range risultano
sistematicamente più marcati di quelli verso i porti del West Med: ciò appare
8
Indagine sui fattori di competitività e di sviluppo dei TP
16
coerente con l‟evoluzione delle quote di mercato, che registrano incrementi più
sostenuti per i porti nordeuropei (Amburgo, Rotterdam, Anversa).
Infrastrutture terrestri: gli operatori sottolineano, in primo luogo, l‟inadeguatezza
delle infrastrutture di trasporto terrestri (valutazione media: -1,7 rispetto ai porti del
Northern Range; -1,6 rispetto a quelli del West Med9). Ciò sembra costituire una
conferma delle indicazioni rivenienti da un‟indagine del World Economic Forum
(2007) che collocano l‟Italia al 68° posto (su 131 paesi) per qualità delle infrastrutture
complessive, in ultima posizione fra i principali paesi europei.
Le difficoltà di smistamento delle merci sulle reti stradali e ferrate condizionano
sensibilmente lo sviluppo dei traffici; nel medio termine, la realizzazione o il
completamento delle principali linee ferroviarie inquadrate negli assi prioritari di
trasporto UE10 viene, infatti, considerata una condizione necessaria per l‟accesso ai
mercati centro-europei, mentre la funzionalità del c.d. “ultimo miglio” (allacci tra
porti e infrastrutture di terra) presenta svantaggi di media rilevanza, che potrebbero
essere mitigabili con investimenti relativamente modesti.
Secondo la generalità degli operatori è necessario un potenziamento quali
quantitativo del trasporto ferroviario, che in Italia risulta sottoutilizzato: secondo dati
Eurostat, nel 2006 il 90% del traffico mercantile via terra viaggiava su gomma,
mentre meno del 10% utilizzava la ferrovia. A titolo di confronto, nella UE a 15, le
ferrovie assorbivano oltre il 14% del movimento (e oltre il 21% in Germania), e un
ulteriore 7% utilizzava le vie navigabili interne (13% in Germania).
Nel nostro paese il trasporto ferroviario risente altresì di una limitata produttività: nel
2005 sono state trasportate 1,4 milioni di tonnellate di merci per chilometro di linea, a
fronte di 1,7 per la EU e di 2,5 per la Germania; appare, di contro, eccessivamente
sfruttata la rete autostradale, sulla quale nello stesso anno sono transitate 32,4 milioni
di tonnellate di merce per chilometro (25,8 nella EU e 25,1 in Germania).
9
Porti Francesi e Spagnoli;
10
Corridoio 24 e Corridoio 6