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future. Si tratta, verosimilmente, di una torta in cui ingredienti come sostenibilità, sport e “ludus” si
integrano e sovrappongono dando vita ad una unione ricca di potenzialità.
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INTRODUZIONE
La decisione di sviluppare la tesi intorno al tema della sostenibilità è maturata in seguito alla
riflessione su quali fossero le mie personali inclinazioni quotidiane. Soffermandomi sull‟enormità
del danno arrecato all‟ambiente -che tuttora si va arrecando- ritengo fondamentale la
compartecipazione di ciascuno al mondo, per il fatto che la determinazione dei fenomeni globali di
impoverimento delle risorse naturali è data dalla sommatoria degli impatti delle singole azioni
umane, di conseguenza, la determinazione dei cambiamenti atti a contrastare tali fenomeni non può
prescindere dalle azioni individuali, nel senso che ogni componente individuale attiva in questo
intreccio deve compartecipare al cambiamento, pena l‟inefficacia del processo. Normalmente
crediamo che il nostro agire quotidiano afferisca alla sfera sociale che ci circonda da vicino, per cui
siamo portati a valutare la portata delle nostre azioni secondo una incidenza quantitativa, ma anche
qualitativa, a “breve raggio”. Questo schema solitamente lo applichiamo in tutti gli ambiti della
socialità: dalla produzione al consumo, dalla formazione all‟attività professionale, fino ad arrivare
agli ambiti cosiddetti “ricreativi”, per eccellenza il turismo. Alla luce di ciò il nostro si può definire
come un pensarci “nel” mondo, che non apre, pertanto, al pensiero, alle pratiche e alle
responsabilità delle conseguenze. Da qui allora deve partire un processo evolutivo capace di
incidere sulle premesse stesse delle nostre azioni in modo da concepire una loro concatenazione i
cui effetti si propaghino ad ampio spettro. Questo lavoro di tesi, quindi, attraverso l‟analisi delle
criticità di alcuni comportamenti etici legati alla sostenibilità, tenta di evidenziare le utilità derivanti
dalla concezione di un nostro pensarci “con” il mondo.
La riflessione parte dalla presa di coscienza di essere giunti di fronte ad una soglia dove si
intravede un cambiamento che fino a tempi recenti era stato prospettato come incerto. Sicuramente
l‟incertezza è una caratteristica peculiare del mondo in cui viviamo ed è parte integrante dei nostri
schemi cognitivi, tuttavia essa ha in un certo qual modo “legittimato” il mantenimento di un
modello di sviluppo caratterizzato da una visione strettamente economicistica e da una scarsa
attenzione alle variabili sociali coinvolte nel processo di sviluppo, proprio in quanto incerti
dell‟irreversibilità delle conseguenze.
Un esempio di come il tema dell‟incertezza possa alimentare comportamenti attendisti è
rappresentato dalla diversità di vedute che ha caratterizzato il dibattito sui cambiamenti climatici,
almeno fino alla firma del Protocollo di Kyoto. L‟Europa, ad esempio, ha da molto tempo richiesto
l‟adozione di tutte le politiche industriali e ambientali tendenti a ridurre il surriscaldamento del
Pianeta. Altri Paesi, meno convinti dei rischi legati ai cambiamenti climatici, hanno inteso adottare
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una politica che intende impegnarsi nella scelta di una certa misura di controllo delle emissioni, ma
nel contempo intende indagare e capire meglio. In ultima analisi, esiste l‟atteggiamento di Paesi
niente affatto convinti dei rischi, che, pertanto, nell‟incertezza preferiscono stare ad “aspettare”.
Alla luce di ciò si comprende la difficoltà di lettura e interpretazione, e nondimeno di
applicazione, della definizione di sviluppo sostenibile. Infatti, le categorie sviluppo e sostenibilità
formano quella che, ad un primo approccio, viene vista come una contraddizione, in quanto esse
afferirebbero a due dimensioni differenti. Mentre lo sviluppo sarebbe legato esclusivamente al
concetto di espansione, assumendo così un significato prevalentemente economicistico, la
sostenibilità, invece, si riferirebbe eminentemente alla considerazione degli elementi sociali ed
ambientali essenziali in un sistema. Il dibattito su queste tematiche, al contrario, ha evidenziato la
possibilità di uno sviluppo sostenibile, in grado di perseguire una crescente prosperità del sistema
economico compatibilmente con i ritmi di riproduzione delle risorse rinnovabili e con le istanze
avanzate dal sistema sociale, quindi nei limiti posti dal sistema naturale e culturale. Proprio il tema
del limite è stato essenziale per avviare la riflessione globale su sviluppo e ambiente. Negli anni ‟70
è emersa la consapevolezza che ormai si stesse sfiorando il limite della pressione ecologica. Questo
ha spinto gli Stati a riunirsi al tavolo della cooperazione per analizzare la situazione ed interrogarsi
su quale direzione dare allo sviluppo. Per la prima volta, nel 1972 a Stoccolma, rappresentanti dei
governi mondiali si sono riuniti per considerare le implicazioni di una crisi ambientale che stava
diventando sempre più profonda. Dopo Stoccolma, nei vari Paesi sono stati creati ministeri ed enti
per l‟ambiente a cui è stata affidata l‟attuazione delle disposizioni di legge in materia, e si sono
susseguite altre conferenze mondiali e accordi di programma che hanno riconosciuto l‟impatto del
comportamento umano sull‟ambiente e sulla sostenibilità dei sistemi di produzione.
Il dibattito ha condotto ad individuare una specifica responsabilità del mercato economico
nell‟adozione di comportamenti che determinano conseguenze negative per l‟ambiente.
Le responsabilità investono sia la sfera della produzione che quella del consumo. Nel primo
caso a motivare l‟azione dannosa si assume che sia l‟obiettivo di ottenere maggiori profitti
attraverso la vendita di prodotti sul mercato; nel secondo caso la motivazione può essere il
conseguimento di una maggiore utilità in relazione al consumo di beni: gli esempi vanno dall‟uso
dell‟automobile alle questione legate all‟uso dell‟energia, dove il danno non deriva dal possesso dei
beni, ma dal loro uso. La responsabilità sta nel rendere convenienti azioni che provocano il degrado,
poiché i vantaggi che si intendono perseguire vengono valutati strettamente in termini di profitto e
utilità. Quindi al benessere viene attribuita una dimensione unicamente economica, nella quale è
possibile concepire un disastro senza rilevare un corrispondente danno ambientale, in quanto nessun
soggetto coinvolto nel processo avverte, in conseguenza del disastro, un peggioramento del proprio
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benessere economico. Qui però si pone un problema di democrazia, in quanto la
“materializzazione” del benessere ricade soltanto sui soggetti direttamente coinvolti nel processo e
l‟eventuale danno ambientale consisterebbe esclusivamente negli effetti negativi che esso avrebbe
su tali soggetti, senza estendere la questione all‟intero sistema sociale, e soprattutto alle generazioni
future. Pertanto, per l‟analisi economica dell‟ambiente uno dei problemi principali è proprio quello
di individuare i meccanismi che permettano alle scelte di rilevanza per l‟ambiente di corrispondere
nel maggior grado possibile al benessere, così come percepito da tutti gli individui. Per questo
occorre trovare il modo di far contare, nel processo di scelta delle azioni, tutti i costi e i benefici
(economici e ambientali), e non soltanto i vantaggi materialistici di alcuni. In questo senso si tratta
di un problema di democrazia.
Nel turismo, il problema della sostenibilità è ancora più complesso che in altri settori
dell‟economia a causa della peculiarità delle risorse coinvolte, natura, cultura, tradizioni, risorse
storico-artistiche, e del ruolo svolto dalle comunità locali e dai turisti. Le prime sono risorse
specifiche non replicabili né tantomeno inesauribili e devono perciò essere tutelate. Il turismo, però
non è solo spostarsi per godere della bellezza dei paesaggi o esplorare per fruire delle ricchezze
storiche ma è anche soggiornare per conoscere. Questo implica il contatto tra due comunità, dei
residenti e dei turisti. I residenti, da un lato rappresentano un bene turistico, cioè costituiscono
oggetto di attrazione, per esempio per la loro cultura, e dall‟altro possono entrare in competizione
con i turisti stessi per l‟utilizzo delle risorse. La comprensione della visione e della percezione della
comunità locale diventa, quindi, un importante prerequisito per la sostenibilità turistica.
Accanto alle scelte di mercato sostenibili e alle politiche turistiche di conservazione e tutela
delle risorse naturali e culturali, una terza componente in grado di contribuire alla causa dello
sviluppo sostenibile è rappresentata dallo sport.
I concetti di sport e ambiente sono fortemente interdipendenti. Infatti, lo sport, essendo
un‟attività umana, è legato strettamente all‟ambiente fisico e di conseguenza produce delle
ripercussioni su di esso, derivanti dalle persone che praticano l‟attività sportiva, dalla presenza di
impianti ed attrezzature sportive, ma anche dalle attività necessarie per la realizzazione di strutture e
infrastrutture connesse allo svolgimento della pratica stessa o all‟organizzazione di manifestazioni,
generando impatti talvolta insignificanti, ma che possono diventare danni di grandi proporzioni. Per
cui, diventa essenziale per la comunità sportiva considerare attentamente i suoi potenziali effetti
negativi per l‟ambiente, in modo da intraprendere iniziative sistematiche per promuovere la nascita
di un comportamento di tipo ecologico. Nell‟analisi della relazione esistente tra sport e turismo si è
tentato di evidenziare quanto l‟integrazione delle questioni ambientali con i diversi livelli di attività
sportiva, giochi un ruolo importante ai fini della sostenibilità ambientale, tanto più che la ricerca di