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potrebbe solo aderirvi, pena il diventare un emarginato, uno
«sradicato»”.(Cuche,(2003, p.107)
Nell‟attuale contesto politico-sociale, l‟uomo sembra manifestare un
particolare tipo di comportamento che dimostra di aver subìto una pressione a
diversi livelli psicologici, cognitivi ed emotivi, tale da determinare una distorsione
concettuale degli elementi costitutivi della relazione umana emergenti
dall‟incontro di un polo etico e di un polo affettivo della relazione stessa. Il
risultato è che, le esperienze affettive dell‟uomo moderno, sono vissute sempre di
più come realtà dell‟Io individuale sature del proprio senso e delle proprie
emozioni. Inoltre, lo spazio riservato all‟incontro con l‟Altro è contaminato da
sentimenti di diffidenza e di paura tali da indurre a considerare il proprio simile
minaccioso e pericoloso dalla quale difendersi.
La confusione che circonda la qualità dei legami affettivi oggi, è
percepibile attraverso tutto il nostro apparato sensoriale nei diversi contesti di vita
e riguarda tutti i tipi di legami sia quelli di tipo orizzontale, paritari e simmetrici e
sia quelli di tipo verticale, intergenerazionali e asimmetrici e tale dispersione
affettiva si manifesta attraverso sentimenti di frammentazione e la messa in atto di
comportamenti in cui si evidenziano valori e codici personalizzati. Lo stesso
concetto di “affetto” ha subìto, nel tempo appena trascorso, una compressione ed
una distorsione epistemologica ed è stato ridotto ad una dimensione istintuale e
sessuale perdendo la capacità di trascendere il suo determinismo biologico per
arrivare all‟espressione massima del divino e del sacro.
L‟affetto, che nasce già da un rapporto relazionale insito nel suo
concepimento attraverso il matris-munis, quale dono della madre che dà la vita al
figlio ed il patris-munis, quale cura del padre che guida, regola, dà coraggio e
spinge il figlio verso il mondo popolato da altri uomini, determina la qualità della
relazionalità dell‟uomo che da più parti, è definita scadente poiché si osserva un
suo irrigidimento sulla dimensione individualistica che, paradossalmente, è una
dichiarazione manifesta di come l‟uomo tende ad andare contro la sua stessa
naturalità.
Tale irrigidimento è causa di sofferenza ed il malessere si registra, in
primo luogo, nel legame affettivo che è alla base di tutte le forme relazionali, il
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quale risente del desiderio di un abbandono fiducioso all‟Altro nel calore e
nell‟intimità della relazione e che invece, si sfalda e si frammenta
nell‟impossibilità di ricongiungere i suoi elementi costitutivi. E‟ urgente e
necessario che venga ritrovata e riconosciuta la valenza etico-affettiva dei legami
affinché consolazione, appoggio e rispecchiamento non si traducano in una ancora
peggiore espressione di narcisistica ricerca di sé e l‟oblatività, il supporto e la
gratitudine non perdano il loro significato e senso di realtà ed esistenza.
Occorre che ciascun uomo possa, e voglia, prendersi cura del
riconoscimento e della legittimazione dell‟Altro, che possa essere da lui amato per
ciò che è, riconosciuto nella sua diversità e differenza. Occorre rivedere il
concetto di educazione che, fin dalla nascita, si pone come filo conduttore dello
svolgimento della vita e, l‟ex-ducere il proprio figlio, oggi caratterizzato da una
valenza seduttiva (se-ducere), necessita il ritorno alla valenza educativa
autorevole e costellata di regole flessibili, ma ferme, tali da essere contenitore e
guida per le scelte e per la realizzazione della propria individualità.
Diversi studi e ricerche hanno dimostrato come l‟attuale disponibilità dei
genitori a rendere facile e indolore l‟attraversamento degli stadi di sviluppo del
proprio figlio rende difficile il suo distacco dal nucleo familiare ostacolando, così,
il suo processo di individuazione e favorendo quel particolare fenomeno, tanto
attuale, della “famiglia lunga” all‟interno del quale i giovani restano aggrappati
per la loro sopravvivenza nell‟impossibilità di trovare le forze, il coraggio e la
spinta giusta per fondare, a loro volta, una nuova famiglia, garanzia della
continuità generazionale.
Occorre dire che, le diverse generazioni con i loro particolari momenti
storici hanno prodotto diversi cambiamenti nell‟organo istituzionale della famiglia
che da “normativa” è diventata “etica” e poi “affettiva” e, tali passaggi,
rigidamente costituiti, hanno determinato un‟alterazione dei contenuti valoriali ed
etici insiti nel concetto stesso della famiglia privilegiando ora l‟aspetto normativo,
poi quello etico ed infine quello affettivo con un disequilibrio sui versanti di
responsabilità e di libertà.
Oggi, nella volontà e nel desiderio di far prevalere l‟affettività nei legami
attraverso la liberalizzazione delle emozioni, si assiste ad un abbandono di regole
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e di cura organizzativa del proprio nucleo familiare che, anzicchè favorire
l‟espressione affettiva ha determinato un vuoto di espressione laddove viene a
mancare il contenuto emozionale da esprimere evidenziando così, una sorta di
“analfabetismo affettivo ed emozionale” tale da non consentire la possibilità di
conferire senso e significato ai suoi luoghi affettivi e relazionali.
La formazione dell‟identità soggettiva (Erikson, 1980), i cui meccanismi
che concorrono a formarla sono talmente tanti da non poter racchiuderla in un
delimitato processo, è resa perciò difficoltosa e non solo a seguito del
cambiamento strutturale della famiglia ma anche, e soprattutto, a causa del
cambiamento del ruolo paterno che, perdendo la figura normativa di guida e di
limite, punitiva e protettiva tale da consentire lo sviluppo del figlio adattato alle
norme interiori e sociali e, emulando sempre più una funzione “materna”, non è
più in grado di porsi come elemento di interruzione della relazione simbiotica
madre-figlio. Già Freud (1914), aveva individuato che un impellente bisogno
dell‟infanzia è rappresentato dal bisogno della protezione di un padre.
La psicopatologia del legame affettivo, in tale panorama, oscilla, senza
mai trovare equilibrio, tra con-fusione ed identità in riferimento alla possibilità del
soggetto di vivere le sue relazioni affettive in condizione di simbiosi e
conseguente confusione di esperienze con le persone del suo nucleo familiare e
contemporanea necessità di distinguersi e differenziarsi per diventare autonomo e
responsabile del proprio progetto di vita.
Sentimenti di vuoto esistenziale e fuga dallo smarrimento spingono l‟uomo
verso la ricerca del proprio senso di identità che, nella sua difficile determinazione
per motivi diversi che possono essere di tipo motivazionali, cognitivi, affettivi o
comportamentali producono atteggiamenti di dipendenza da persone, cose o
sostanze con l‟aumento, gia nell‟attualità, di psicopatologia sintomatologia
caratterizzata da attacchi di panico, fobie diverse, isolamento, comportamenti di
azzardo ed aggressivi nel tentativo di trovare, dall‟esterno, un senso ed un
significato alla propria esistenza.
La considerazione sui cambiamenti avvenuti nella famiglia, avvenuti senza
una preventiva cura ed orientamento verso una condizione di benessere e di
migliore adattamento, si aggrava, per alcuni soggetti particolarmente fragili, a
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causa di particolari condizioni che rendono insolubili i conflitti generati non solo
per la disfunzionalità nella coppia genitoriale e per la povertà delle risorse
economiche ma, anche, per le immature e ridotte risorse psicologiche che
producono storie di aggressività e violenza e che incitano il giovane adulto che
desidera svincolarsi da un sistema chiuso, rigido e resistente al cambiamento, a
costituirsi ad immagine e somiglianza della sua famiglia d‟origine senza mai poter
trascendere ed evolversi dalla condizione originaria.
La manifestazione della disfunzionalità affettiva e relazionale avviene, poi,
attraverso i tratti di personalità che, nel loro irrigidimento, tendono a proteggere
l‟individuo dalla carenza ambientale e dalle situazioni interpersonali disadattive,
configurandosi in veri e propri disturbi di personalità con immane sofferenza
soggettiva ma anche con tanta sofferenza collettiva nel momento in cui, la
disfunzionalità, si ripercuote nelle relazioni distorte che il soggetto disturbato crea
con il partner o con i figli da lui generati.
E‟ il caso di dire che “la patologia coincide con il disadattamento, con
l‟incapacità di funzionare in modo autonomo, di realizzare le proprie
potenzialità” (Dogana, 2002, p.342) impedendo al soggetto l‟acquisizione del
significato e del senso dello scopo della sua vita in quanto privato della libertà e
della responsabilità della sua stessa esistenza.
Nell‟attuale panorama sociale due particolari condizioni umane sembrano
dimostrare, nella sua accezione di naturalità, una forma di psicopatologia di base
collegata alla relazione affettiva e precisamente la dipendenza delle donne dalle
figure maschili che si pone come condizione di sostentamento e di presenza nel
mondo sociale ed i cosiddetti “bamboccioni”, ovvero i giovani trentenni frutto di
un‟epoca caratterizzata da precarietà ed instabilità che non consente di poter
progettare la loro vita per garantirne la continuità generazionale.
Se la prima condizione, quella femminile, è stata nel tempo affrontata dalle
donne con l‟acquisizione di consapevolezza e determinazione, tanto che oggi le
donne sono presenti nella vita sociale con sufficiente riconoscimento da parte
della categoria maschile e anche all‟interno del nucelo familiare i compiti
quotidiani e domestici trovano spazio nella condivisione tra i partner invece, la
seconda condizione, quella tra i giovani trentenni che caratterizzano le “famiglia
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allungate” è solo recentemente considerata in quanto fenomeno sociale senza che,
il grido di allarme che da più parti arriva, possa avere ragione di intervento e di
cambiamento attraverso l‟interruzione dei legami dipendenti con la spinta verso
l‟autonomia e la responsabilità.
Quando poi, questi uomini e queste donne con la loro mancanza di
autonomia e di responsabilità costruiscono, per la legge naturale della
riproduzione, una famiglia, la società si ritrova a gestire e a spiegare tragedie
umane nel caso in cui l‟uno o l‟altra, perdendo il lume della ragione per ragioni
spesso incomprensibili, diventa esecutore di morte fisica sia dei congiunti che
delle persone casualmente incrociate in quel preciso momento di vita.
I bisogni di controllo e di potere, di questi soggetti, possono elevarsi
talmente tanto da condizionare tutta lo loro esistenza fino a spingersi alla
soppressione e distruzione delle persone ritenute oggetti da possedere e non un
proprio simile. Al contrario però, qualora talune condizioni favorevoli orientano
verso la consapevolezza della propria condizione e, il soggetto è in grado di
attivare con le sue forze una progettualità per la realizzazione di sé stesso, allora la
condizione di svantaggio può diventare una risorsa perché la conoscenza acquisita
gli consente di poter meglio valutare gli obiettivi ed i desideri e soddisfarli con
adeguatezza.
Da un punto di vista clinico, le condizioni di blocco della creatività e della
volontà espressiva sono in grado di determinare comportamenti auto ed etero
aggressivi, frequenti sintomi da attacco di panico, stati di depressione, stati
d‟ansia generalizzati, disturbi cardio-circolatori e neurologici nonché casi di
dipendenza da sostanze, da persone o da cose e comportamenti compulsivi.
In entrambe le situazioni ciò che il soggetto percepisce è un sentire di
“non esserci, di non contare, di non essere utile o indispensabile” con la
percezione che la sua esistenza sia senza scopo e senza senso e perciò il futuro,
piuttosto che essere visto come un “non ancora” carico di aspettative e di
promesse, è oggi visto come un tempo che verrà da vivere con noia, indifferenza e
sconforto.
Acquisire consapevolezza sulla propria esistenza impone all‟uomo
moderno una riflessione sulla sua difficoltà ed incapacità di adattarsi all‟ambiente
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che, in primo luogo, è determinato dalla necessità biologica di mantenere, per
lungo tempo, le sue funzioni fetali con la necessità di dipendere dagli Altri e di
dover costruire elementi sociali che gli consentano di potersi integrare al suo
interno, confermando così ciò che Ghelen, a tal riguardo, aveva affermato circa
“la natura è la seconda natura dell‟uomo”.
Così, come l‟uomo ha la necessità di appropriarsi dell‟ambiente
modificandolo ed adattandolo a sé, così, il genitore si appropria del proprio figlio
che, nella sua iniziale totale dipendenza dai genitori, crea l‟illusione genitoriale di
poterne realizzare la loro copia fedele o poter, attraverso lui, rinascere trovando,
fantasticamente, la possibilità di eternarsi negando il tempo e la mortalità. Il
bambino viene, dunque, ritenuto oggetto di tali aspettative genitoriali ed egli, per
la sua sopravvivenza, tenderà a conformarsi per evitare o superare gli abbandoni,
le perdite, le rinunce e le angosce.
Se, il processo neotenico del bambino, da una parte, come è auspicabile, si
conclude con il suo distacco dalle figure genitoriali allora egli potrà realizzare la
sua individualità responsiva in modo graduale e completa se, invece, il processo si
blocca o si altera incistandosi su un desiderio o sulla paura del genitore che, nel
tentativo di trattenerlo a sé per meglio possederlo o per eccessiva preoccupazione
per la sua incolumità non tollerandone la sua sofferenza fisica, può concretizzarsi
su un versante psicopatologico caratterizzato da incapacità a vivere la propria vita
e manifestando l‟esigenza di possedere un‟altra vita per poter vivere la propria.
Bowlby (1982), con la sua teoria sull‟attaccamento descrive bene le
dinamiche affettive e relazionali che si realizzano fra bambino e genitore e, mette
in evidenza che, la psicopatologia del legame affettivo dipende dalla modalità
interattiva della relazione tra individuo ed ambiente e dagli eventi che
intervengono ad imprimere rigidità al processo plastico e flessibile della neotenia.
Per “attaccamento” si intende il particolare modo con cui la figura
genitoriale sostiene i bisogni di sicurezza del bambino dalla quale, nella sua vita
adulta, dipenderà la sua modalità relazionale e la struttura della sua soggettività
ovvero, il bambino, attraverso la relazione con la madre potrà sviluppare un
determinato “comportamento di attaccamento” nei suoi confronti, la cui funzione
biologica è l‟autoconservazione e la sopravvivenza ma, che nella sua evoluzione,
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entra in gioco nella formazione dell‟identità determinandone l‟autonomia o la
dipendenza.
Per il bambino e per l‟adulto dipendente poi, non ci sono molte alternative
infatti dice Napolitani che “La tua libertà di esprimerti è una libertà
condizionata, essa è cioè ammessa solo nella misura in cui quanto vai esprimendo
risponde al desiderio di chi garantisce la tua sopravvivenza”. (Napolitani, 2006,
p.223)
Numerose ricerche e diversi studi hanno prodotto interessanti scoperte non
solo nella qualità dell‟attaccamento ma anche nella manifestazione degli affetti e
delle emozioni tanto che, il costrutto dell‟alessitimia (Caretti e La Barbera, 2005),
intesa come disregolazione affettiva fino all‟anaffettività, ed un uso eccessivo e
rigido del meccanismo di difesa della dissociazione qualora, frequentemente
utilizzato per distaccarsi da una realtà percepita ansiogena e pericolosa, sono stati
ritenuti responsabili di sofferenza psicologica in soggetti con una vulnerabilità
narcisistica di base.
Inoltre, se nell‟ambito delle neuroscienze, la qualità relazionale e la base
dell‟intersoggettività sono state rinforzate dalla scoperta dei neuroni specchio che
consentono l‟apprendimento emulativo, in ambito evolutivo e intersoggettivo
Stern (1998), afferma l‟esistenza precoce di stati affettivi interni che si sviluppano
all‟interno di una matrice intersoggettiva in cui il bambino cresce e già, dal suo
secondo mese di vita.
La coincidenza ontogenetica dell‟attaccamento e dell‟intersoggettività si
relaziona con le scienze cognitive che, secondo Siegel (2001), confermano che i
rapporti di attaccamento influenzano lo sviluppo di circuiti neuronali producendo
effetti, sull‟attività cerebrale che mediano i processi mentali quali la memoria
narrativa autobiografica, la memoria implicita e la memoria procedurale, le
emozioni, le rappresentazioni e gli stati della mente che riproducono il già noto
dell‟esperienza fatta dal soggetto.
Riguardo l‟attaccamento occorre evidenziare che, poiché durante il ciclo
evolutivo del bambino diversi tipi di attaccamento si dispiegano nel suo arco di
vita sia con il parenting che con insegnanti e amici è allora preferibile orientare
l‟attenzione e le ricerche verso la particolare formazione di una “famiglia che
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possa offrire una base sicura” tale da consentire al bambino l‟esplorazione del
mondo esterno e che si fonda nella consapevolezza condivisa che i bisogni di
attaccamento debbono essere protetti all‟interno di una rete di relazioni familiari
piuttosto che nella limitatezza di una relazione duale.
Alle interazioni duali madre-bambino ed alle diverse tipologie di
attaccamenti multipli che dispongono la base psichica del bambino durante lo
svluppo segue, nella costituzione del suo senso di identità il tipo di modello
educativo che interviene per adeguare ed adattare il suo comportamento alle
aspettative sociali e normative dell‟ambiente, e che prende l‟avvio dagli stili
educativi propri della coppia genitoriale la quale, interviene alla formazione della
sua struttura di personalità “come uno scultore che modella la sua pietra”
attraverso azioni repressive o incoraggianti, verso l‟uno o l‟altro comportamento.
Il significato di e-ducere, oggi spostato verso il versante seduzione, ha
perso il significato di regola normativa e limitante e, spesso, si trasforma in
atteggiamento coercitivo finalizzato al controllo ed all‟ottenimento delle
aspettative, senza tenere conto delle esigenze e dei bisogni del bambino. Un
modello educativo centrato sulla critica dei sentimenti del bambino e sulle sue
pulsioni, ad esempio, produce in lui sentimenti di rabbia che scadono in sensi di
colpa e sentimenti di vergogna.
Quando il senso di responsabilità viene ottenuto attraverso comportamenti
che generano rabbia, frustrazione e senso di inefficacia, la colpa e/o la vergogna
condizionano l‟individuo a vivere in modo astratto ed illusorio, facilitando
l‟attivazione del distacco dalla sua realtà.
Diversa è la genesi dei due sentimenti infatti, il senso di colpa viene
generato dalla consapevolezza di come le azioni dell‟individuo possono essere
giudicate dagli altri in modo biasimevole e sprezzante ed è uno stato che scalfisce
l‟equilibrio delle transazioni sociali alterando il comportamento che evolve in
azioni di rancore, collera e odio distruggendo le relazioni. Gli effetti del senso di
colpa sono frequentemente visibili nelle relazioni intime di coniugalità e/o
genitorialità che si risolvono con forme di rimorso, vergogna e risentimento.
La genesi della vergogna sembra perciò derivare dal senso di colpa che
necessita di essere coperto e nascosto e che, integrato alla paura dello svelamento
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diventa un sentimento più complesso. La reazione di vergogna è molto legata
all‟immagine di sé e si presenta solo se il soggetto si ritiene responsabile
dell‟evento e delle conseguenze.
Le strategie dell‟uomo messe in atto per far fronte al senso di colpa ed alla
vergogna sono diverse e la loro risoluzione dipende dalla capacità cognitiva di
attribuzione di senso all‟evento. La conseguenza invece, della loro
cronicizzazione sono la depressione e la rabbia incontrollata che induce ad episodi
di violenza ed a precisi disturbi di personalità nei quali tali sentimenti sono
dominanti e condizionanti.
Un modello educativo adeguato è quello che innesca il processo del
pudore inteso come necessità di velare per proteggere ciò che è sentito intimo e
quindi fragile e delicato. Pudore come sentimento di rispetto, di ritegno e di
contenimento, come strumento che aiuta a trovare un equilibrio tra il desiderio di
fusione e di intimità mantenendo vivo il problema dell‟alterità e della differenza.
Dopo gli aspetti sociali della patologia del legame affettivo, descritti nel
primo capitolo da un punto di vista antropologico e fenomenologico, il secondo
capitolo cura gli aspetti clinici dei disturbi relazionali a partire dalla ricerca nel
campo dello sviluppo infantile svolti dall‟Infant Research e dalla Psicopatologia
evolutiva, per individuare le ipotesi teoriche che conducono il bambino a costruire
pattern stabili nei legami di attaccamento e per identificarne le forze
motivazionali.
Le alterazioni comportamentali, determinate da un legame affettivo
distorto nella sua formazione e non equilibrato nella relazione, si riscontrano in
diverse espressioni personali ed interazionali differendone per gravita e frequenza
e manifestandosi in turba, perturbazione e disturbi relazionali veri e propri. Nel
processo diagnostico si rilevano, dunque, disturbi alimentari, del sonno,
dell‟adattamento, di attaccamento, di controllo e di regolazione affettiva.
Le ricerche prendono spunto e vengono sollecitate dalle vicende sociali e
dalle tragedie umane che la cronaca rileva riguardo i maltrattamenti fisici e
psicologici sulle persone, che si spingono fino ad arrivare al compimento di veri e
propri delitti fra coniugi, conviventi o figli e, a volte in drammatiche stragi. Il
luogo di svolgimento è rappresentato dalla famiglia, dove persone assolutamente