Capitolo I - Introduzione
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Nonostante gli sforzi profusi nella ricerca sin dai primi anni „40, a tutt‟oggi non risulta
ancora possibile descrivere il flusso solido-gas in letti fluidizzati mediante un modello
di natura generale, valido in ogni campo di condizioni operative. Al variare di queste
ultime si modificano in maniera anche marcata quelle caratteristiche di flusso (quali la
modalità di contatto tra la fase solida e la fase fluida e la distribuzione dei tempi di
permanenza di ciascuna fase all‟interno del reattore) che nel loro insieme definiscono i
regimi fluidodinamici dei sistemi solido-gas. Ogni regime di fluidizzazione può essere
esaminato come una “classe” di condizioni di funzionamento per le quali risultano
validi specifici modelli, teorie o correlazioni empiriche. I differenti regimi
fluidodinamici osservabili al variare della velocità superficiale del gas di fluidizzazione
sono schematicamente rappresentati in Figura I.1.
Figura I.1: Rappresentazione dei differenti regimi fluidodinamici di un impianto a letto fluido al
variare della velocità superficiale del gas di fluidizzazione, del diametro del condotto e del flusso
massico di solido [Zijerveld et al., 1998].
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Le leggi fisiche che sono alla base della fluidizzazione sono state ampiamente
approfondite in letteratura [Yates, 1983; Davidson et al., 1985; Kunii e Levenspiel,
1991; Grace et al., 1997]. Si consideri un solido granulare versato in un condotto
verticale al fondo del quale sia alimentata una corrente gassosa. Per piccoli valori della
velocità superficiale del fluido Ug, definita come rapporto tra la portata volumetrica del
gas e l‟area della sezione del condotto, il solido è in condizioni di letto fisso (Figura I.1-
1): le particelle sono ferme ed il fluido percola attraverso il letto, il cui comportamento
risulta essere analogo a quello di una struttura porosa. In queste condizioni le perdite di
carico attraverso il letto sono una funzione crescente della velocità superficiale (Figura
I.2, tratto OA).
Figura I.2: Perdite di carico di un gas che attraversa un letto di particelle solide [Foust et al., 1967].
Al crescere di Ug le perdite di carico attraverso il letto eguagliano il peso dello stesso
per unità di sezione retta del condotto a meno della spinta archimedea che il fluido
esercita sulle particelle (condizione di equilibrio, Figura I.2 punto A). Queste ultime in
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prossimità del punto B (Figura I.2) cominciano ad essere sostenute dalla corrente
gassosa ed il letto si dice fluidizzato. La minima velocità superficiale ed il grado di
vuoto ε (definito come la frazione volumetrica occupata dalla sola fase fluida) in
corrispondenza dei quali si manifesta la fluidizzazione, caratteristici per ogni sistema
solido-gas, si definiscono rispettivamente velocità (Umf) e grado di vuoto (εmf) di minima
fluidizzazione.
Nelle condizioni di fluidizzazione, il comportamento del sistema bifasico solido-gas
è per molti versi analogo a quello di un sistema liquido: oggetti caratterizzati da densità
superiore a quella media del letto vanno a fondo; oggetti aventi densità inferiore di
quella media del letto galleggiano; fori sulla parete laterale del reattore provocano una
fuga di particelle attraverso gli stessi; il pelo libero del letto tende ad essere orizzontale
anche quando il reattore viene inclinato.
Per valori di Ug superiori alla Umf si possono riscontrare due tipi di comportamento
fluidodinamico che differiscono tra loro per la distribuzione del gas all‟interno del letto:
fluidizzazione particellare (o omogenea) e fluidizzazione aggregativa (o eterogenea).
Nel primo caso la caduta di pressione attraverso il letto si mantiene costante ed il letto
comincia ad espandersi. Durante la fluidizzazione aggregativa invece, nel letto si
presentano cavità a concentrazione di solido quasi nulla e somiglianti alle bolle di un
liquido. Il sistema tende a separarsi in una fase densa e in una fase a bolle già a velocità
Ug di poco superiori ad Umf. La fase densa è costituita da una sospensione con grado di
vuoto pressoché identico a εmf del letto in condizioni di incipiente fluidizzazione; la fase
bollente risulta invece costituita da sacche di gas caratterizzate da un tenore di solido
molto basso. In linea con le tesi più accreditate [Twoomy e Johnstone, 1952], l‟aliquota
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di fluido corrispondente alla portata di minima fluidizzazione percola attraverso la
sospensione, mentre il fluido in eccesso rispetto alla portata di minima fluidizzazione
(proporzionale a Ug - Umf) va a costituire la fase bolle. Queste ultime, al pari di bolle di
gas in un liquido, risultano in moto ascensionale rispetto al letto: per tale motivo il
regime fluidodinamico in esame viene indicato come regime bollente (letti fluidizzati
bollenti). In tali condizioni il letto appare uniformemente permeato dal gas ed in dolce
movimento, presentando una superficie superiore non ben definita, irregolare e
fluttuante.
Le bolle risultano essere caratterizzate da un‟elevata permeabilità delle pareti, cosa
questa che consente il trasferimento attraverso l‟interfaccia sia di gas che di solido. A
tale permeabilità, ed a fenomeni più complessi di coalescenza e scissione di bolle, si
deve il ricambio del gas presente all‟interno delle bolle stesse con quello della fase
densa. Tale ricambio risulta essenziale per l‟ottenimento di un efficace livello di
contatto tra solido e gas. L‟ottimo mescolamento del solido del letto (almeno in
direzione assiale) ed il continuo ricambio di gas contribuiscono inoltre a realizzare un
efficiente trasferimento di materia e di calore, costituendo il principale vantaggio dei
processi in letti fluidi.
La velocità superficiale del fluido Ug ed il grado di vuoto ε, in corrispondenza dei
quali ha inizio la formazione delle bolle di gas in seno al letto, vengono definiti
rispettivamente velocità (Umb) e grado di vuoto (εmb) minimi per la comparsa delle bolle.
Il differente comportamento fluidodinamico del letto dipende essenzialmente dalla
natura del fluido e dalle particelle solide impiegate: la fluidizzazione omogenea è tipica
ad esempio di letti di particelle fini; la fluidizzazione eterogenea, invece, di sistemi
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costituiti da particelle grossolane. In molti casi, il sistema presenta un comportamento
intermedio tra i due appena esposti; all‟aumentare della Ug, per valori di quest‟ultima
superiori ad Umf, è possibile osservare un‟espansione uniforme del letto, che permane
fino al raggiungimento della Umb. Per valori di Ug maggiori della Umb il sistema presenta
il comportamento tipico della fluidizzazione aggregativa.
In corrispondenza della velocità di minimo bubbling (Umb), caratteristica del
particolare sistema solido-gas, ha inizio la formazione delle bolle di gas in seno al letto.
All‟aumentare della velocità superficiale del gas, le bolle tendono ad aumentare di
volume. Per colonne di modesto diametro si può pervenire al fenomeno di slugging,
cioè allo sviluppo di bolle di diametro comparabile con quello della colonna. Il regime
di slugging (Figura I.1-5) è facilmente riconoscibile poiché caratterizzato da fluttuazioni
di pressioni ampie e regolari e dal collasso periodico della superficie superiore del letto.
Quando le particelle sono fluidizzate con una velocità del gas superiore alla velocità
terminale del solido, si osserva un moto turbolento di agglomerati solidi e vuoti di gas a
varie dimensioni e forme: si ha un letto fluido turbolento. Tale regime (Figura I.1-7),
individua la transizione tra i regimi di flusso a bassa velocità (bubbling e slugging) e i
regimi ad alta velocità (fluidizzazione veloce), nei quali il gas costituisce la fase
continua ed è evidente la formazione di una regione anulare densa in corrispondenza
della parete. Pertanto, il regime di fluidizzazione turbolenta può essere descritto come
una condizione di competizione tra l‟istituirsi di una fase densa e di una fase diluita in
cui nessuna delle due riesce a prevalere sull‟altra. La transizione da fluidizzazione
turbolenta a fluidizzazione veloce si verifica al raggiungimento della velocità di
trasporto Utr, in corrispondenza della quale un‟elevata quantità di solido fuoriesce dalla
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parte alta della colonna e non è più individuabile la superficie superiore del letto.
Quando la velocità del gas supera quella di trasporto possiamo avere un letto circolante
che consente di mantenere un processo continuo rialimentando le particelle dal fondo:
l‟elevata turbolenza infatti porterebbe inevitabilmente ad un rapido svuotamento del
reattore. Con l‟aumento ulteriore della velocità del gas, le particelle non influenzano più
le perdite di carico e siamo in un letto a trasporto pneumatico.
Sebbene siano le sole proprietà del solido e del fluido a determinare il tipo di
fluidizzazione, molti fattori influenzano grandezze quali il grado di mescolamento del
solido, la dimensione delle bolle, l‟eterogeneità all‟interno del letto. Questi fattori
includono la geometria del letto, la portata gassosa, il tipo di distributore del gas,
l‟interno del reattore.
Per le loro prerogative i reattori a letto fluidizzato sono particolarmente indicati,
nell‟ambito della combustione di carbone o della sua gassificazione, rispetto ai
tradizionali impianti a polverino di carbone (PC). I combustori a letto fluido presentano,
infatti, notevole flessibilità rispetto all‟alimentazione, competitività dei costi, limitate
emissioni ambientali, alta affidabilità e soddisfacente efficienza in termini di
conversione. Fra tutti i vantaggi offerti da un combustore a letto fluidizzato è posta
particolare attenzione alla possibilità di effettuare una desolforazione in situ con
l‟ausilio di sorbenti basici aggiunti al materiale del letto. Il carbone, infatti, può
contenere quantità di zolfo non trascurabili che, in seguito alla combustione, si
trasformano in ossidi di zolfo. In particolare, la SO2 formatasi può essere catturata dai
sorbenti a base di calcare o dolomite [Anthony e Granatstein, 2001] posti all‟interno del
reattore evitando il suo completo rilascio in atmosfera. L‟opportunità di eseguire tale