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Deciati, e ne consegnò i territorî a Marsiglia. Nel 125, Marsiglia richiese nuovamente l'aiuto
romano, questa volta contro i Salii (regione di Aix), spedizione condotta negli anni 123-119 a.C. Il
console Fulvio Flacco passò le Alpi e sconfisse i Vocontii della Drôme e i Salii. Nel 124 il console
Sestio Calvino conquistò l'acropoli dei Salii (Entremont), mentre al 122 risale la fondazione del
castrum di Aquae Sextiae (oggi Aix-en-Provence), sito presso la via Domitia (tracciata dal console
omonimo) e a guardia di essa via (che collegava il Rodano alla Spagna). Gli Allobrogi, popolo
celtico, che avevano accolto Tutomotulo, re dei Salii, furono sconfitti alla Sorgue e sottomessi da
Domizio Enobarbo, console per il 122. Anche gli Arverni di re Bituit, accorsi in loro aiuto, furono
sconfitti l'8 agosto 121 alla confluenza dell'Isère dal proconsole Domizio e dal console Fabio
Massimo. Nel 118 veniva dedotta la colonia di Narbo Martius (Narbonne), la prima transmarina,
mentre nel 106 viene occupata Tolouse. Marsiglia, città pompeiana che a lungo resistette all'assedio
cesariano per terra e per mare, cadde definitivamente nel 49 a.C, e perciò perdette ogni beneficio
precedentemente acquisito
2
.
Provincia romana, e parte della Gallia, geograficamente, la Narbonensis era ben lungi dall'essere
etnicamente omogenea. I Liguri qui poterono resistere piú decisamente alla avanzata celtica. I
Galli, infatti, fra IX e VI sec., occuparono l'intera Gallia, seppure la loro occupazione fu lungi
dall'essere uniforme; massicciamente presenti al Nord, lo furono in minore quantità al Sud, ove si
incunearono, fusero o sovrapposero, appunto, ai Liguri, abitatori autoctoni di buona parte
dell'Europa occidentale.
Nacquero cosí numerose tribú celto-liguri, presenti anche sul territorio italiano (Taurini, Salassi,
Salluvî). Nel III sec. giunse poi una nuova e piú massiccia migrazione celtica, quella dei Belgi (o
Volci, Volgi); i Volci Tectosagi si stanziarono a Tolosa, i Volci Arecomici a Nîmes.
Fra questi gruppi etnici vanno poi annoverate frange iberiche, soprattutto nell'Ovest, verso i
stessa.
2
PIGANIOL, pp. 331-333; O. BÜCHSENSCHÜTZ, The Celts in France, pp. 552-580, in The Celtic World, by M. J. GREEN,
London-New York, Routledge, 1996; R. VILLAR, Gli Indoeuropei e la loro civiltà, Modena, Il Mulino, 1997, pp. 403-
471; G. ZECCHINI, Movimenti migratorî interceltici, Emigrazione e immigrazione nel Mondo Antico, a cura di M.
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Pirenei. Tutti questi popoli montanari, feroci e vigorosi, furono a lungo i migliori auxilia delle
legioni romane
3
.
Un ulteriore elemento etnico aggiuntosi fu quello greco. Sin dal VII sec. a.C. si ha notizia di
contatti ed emporî greci in Occidente. Lo stesso Rodano (Rhodanus, Rhône), pare debba il proprio
nome a una colonia di Rodii. Greche furono le colonie di 0 ∆ ς ς ∆ Ο Λ ∆ (Marsiglia; incerto se su
precedente fondazione fenicia o ligure), ∃ Θ Ω Λ Σ Ρ Ο Λ 9(Antibes), 2 Ο Ε Λ ∆ (Almanare), 0 Ρ Θ Ρ Λ Ν Ρ 9
(Monaco), ∃ ϑ ∆ Τ Κ (Agde)
4
.
Incipiente e intensa fu comunque la romanizzazione di queste aree. Scuole latine furono aperte in
tutti i principali centri della provincia: Marsiglia, Narbona, Tolosa, Limoges, Arles. La loro azione
conferí al latino ivi parlato un carattere piú puristico che non nella stessa Italia. L'organizzazione
stessa della provincia e della sua amministrazione fu di tipo italico, incentrata sulle città, molte
delle quali riceveranno la cittadinanza romana da Cesare e Augusto. Plinio, nella sua Naturalis
Historia (II, 4), parla della Provincia Narbonensis come di "Italia verius quam Provincia". Lo
stesso Cesare non la annovererà a pieno titolo come una parte della Gallia (De bello Gall., I, 1,1-3
"Gallia est omnis divisa in partes tres, quarum unam incolunt Belgae, aliam Aquitani, tertiam qui
ipsorum lingua Celtae, nostra Galli appellantur."). Particolare importanza ebbero, anche dal punto
di vista linguistico, le strade tracciate dai Romani (e infatti la maggior parte delle isoglosse segue il
corso di esse, almeno per il periodo medioevale). Le direttrici di penetrazione, come in molte aree
romanizzate (es. lungo la via Egnatia), seguirono il corso delle grandi vie romane. Le isoglosse
separanti infatti le parlate provenzali da quelle francesi corrono parallele alla via che congiungeva
Augusta Praetoria (Aosta) a Burdigala (Bordeaux), tagliando trasversalmente la Gallia c.ca da Est
a Ovest
5
.
Dopo una breve parentesi separatista realizzatasi con gli Imperatori gallici Postumo, Mario,
Sordi, Milano, Vita e Pensiero, 1994, pp. 253-262; G. ZECCHINI, Aspetti del federalismo celtico, in Emigrazione e
immigrazione nel Mondo Antico, a cura di M. Sordi, Milano, Vita e Pensiero, 1994, pp. 407-423.
3
BUSQUET, pp. 7-22; PIGANIOL, pp. 434-443.
4
BUSQUET, pp. 31-43; GRIMAL, pp. 164-167; RONCAGLIA, pp. 15-16.
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Vittorino e Tetrico (complessivamente c.ca 260-274), che pure seppero arginare le incursioni
d'oltre Reno, la Narbonensis, cristianizzata nel IV secolo, visse le ultime convulse vicende
dell'Impero. Nel V sec. fu occupata dai Visigoti, colà giunti in qualità di foederati. Lo
stanziamento, relativamente pacifico, la risparmiò dagli orrori di guerre e saccheggi. La Gallia fu
infatti attraversata da orde sveve, alane e vandale, dirette verso l'Hispania. I saccheggi e le
distruzioni dovettero accadere, sebbene non fossero, pare, troppo estesi. L'esercito imperiale, che
difendeva la linea del Reno, era stato trasferito ad Arles, per proteggere la sede amministrativa
della Gallia, circa nel 406
6
. L'imperatore Onorio aveva abbandonata la Gallia ai 'barbari', e questi
ne furono respinti (verso l'Hispania) solo da Costantino, sbarcato in Gallia con le legioni
britanniche. Ma contro l'usurpatore si levò un altro aspirante al trono, in Gallia, Geronzio; per
combatterlo assoldò bande di razziatori d'oltre Reno e si alleò ai loro capi. In Italia, intanto, morti
Alarico e Stilicone, Onorio ha le mani libere, e invia un corpo di spedizione al comando di
Costanzo al di là delle Alpi, per ripristinare il potere imperiale. Costantino è assediato ad Arles, e i
rinforzi fatti affluire dai suoi alleati germanici e sarmatici sono sconfitti a Ugernum (presso
Beaucaire, nel 411) dalle truppe imperiali. Dopo quattro mesi, la piazzaforte si arrende; nonostante
la resa e l'ordinazione sacerdotale (impartitagli dal vescovo Heros al fine di garantirne la salvezza),
Costantino è strangolato nel viaggio verso la corte di Rimini. Costanzo, abile generale e favorito di
Onorio, sarà per dieci anni il protettore della Gallia. Incalzerà i partigiani di Costantino,
spodestandoli dai loro uffici e sostituendoli con personaggi di propria fiducia (come Patroclo,
amico e compagno di Costanzo, elevato alla cattedra vescovile di Arles al posto dello scacciato
Heros, e nominato da papa Zosimo primate della Narbonense, della Viennese e delle Alpi
Marittime il 22 marzo 417), perseguendo una politica autonoma da Roma e di indirizzo personale.
Cosí, per combattere l'usurpatore Gioviano, Costanzo si alleò ai Visigoti di Ataulfo (412). Ma
costoro divennero ben presto alleati malfidi. Invasa la regione da Est, furono però sconfitti a
5
RONCAGLIA, pp. 17-18.
6
GASPARRI, pp. 23-29, 43-58; LUISELLI, pp. 556-597, 612-664.
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Valenza, Arles e Marsiglia, ove fu ferito anche Ataulfo, che ordinò la ritirata. La Provenza rimase
tranquilla per alcuni anni, finché Costanzo morí (2 settembre 421). Morto anche l'imperatore
Onorio (423), si ebbero torbidi nella regione, disordini dei quali approfittarono i Visigoti per ritorni
offensivi. Battuti presso Arles dal grande magister militum Ezio nel 426, ritentano la sorte nel 430,
mente Ezio è impegnato contro Felice; battuti nuovamente dal pronto intervento del magister
militum, siglano nel 439 un patto d'alleanza con l'Impero, che li porterà, alleati dei Romani, a
combattere gli Unni di Attila ai Campi Catalaunici (451), sotto la guida di re Teodorico. Il
successore di Teodorico (caduto nel corso dei combattimenti, sbalzato da cavallo o colpito dal
dardo di un Ostrogoto, Amalo), Torismondo, nel 452 infrange i patti e assedia nuovamente Arles,
ma è dissuaso dal proseguire la guerra dal comandante della piazzaforte, Tonanzio Ferreolo,
diplomaticamente. Il re leva l'assedio e paga il fio della sua incerta condotta, linciato dai soldati
(453). Muoiono frattanto assassinati Ezio (454) e l'Imperatore Valentiniano (455). Teodorico II,
sovrano dei Goti, riprende la politica offensiva del predecessore; L'Imperatore Massimo invia
Avito a negoziare, ma nel corso degli eventi, i Vandali sbarcano a Roma e Massimo è messo a
morte (luglio 455). Nello sbandamento generale Avito, accompagnato da Teodorico, di cui è
divenuto amico, lascia Tolosa diretto ad Arles; ma nel frattempo, una riunione dei maggiorenti
della Gallia, tenutasi a Ugernum (Beaucaire), lo proclama imperatore e i soldati ratificano la scelta.
Ma dopo una discesa e un insediamento a Roma passato inosservato, Avito, abbandonato dai
soldati, fugge dinanzi ai Vandali ed è assassinato sulla strada per la natia Provenza (ottobre 456),
mentre Maggiorano gli si sostituisce (457). Teodorico, allora, col pretesto di vendicare il suo
'amico' e protetto, invade la valle del Rodano, ma le operazioni sono infruttuose.
Si affacciano intanto sulla scena i Burgundi, già padroni della Sapaudia (Savoia), colà stanziati
tramite foedus d'alleanza da Ezio (443), dopo essere stati decimati dagli Unni in due campagne
(436; 439). Nel 457 sono invocati quali liberatori dagli abitanti della diocesi Lionese I, e scorta
una buona occasione per estendere i proprî dominî, si mettono in marcia verso Sud e Ovest. Caduto
ufficialmente l'Impero d'Occidente nel 476 (deposizione dell'Imperatore Romolo detto 'Augustolo'
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da parte di Odoacre), la Provenza diviene terra di conquista per i regni germanici. I Burgundi si
spingono fino al fiume Durenza. Anche i Visigoti di re Eurico approfittano della favorevole
congiuntura, e conquistano cosí Arles e Marsiglia, garantendosene il possesso tramite accordo con
Odoacre. Alla morte di Eurico (483), i Burgundi guidati dai fratelli Godegiselo e Gundobaudo
conquistano anche il litorale, strappandolo cosí ai Visigoti, ma sono attaccati e vinti dai Franchi di
Clodoveo, che però non sono in grado di sfruttare appieno la vittoria, e si ritirano. Nel frattempo, i
Visigoti, passati al contrattacco, hanno rioccupato il litorale entro il 508. I Visigoti sono però
sconfitti da Clodoveo a Vouillé, definitivamente; il loro re, Alarico II, ferito, morrà a causa delle
ferite riportate, mentre i Visigoti dovranno sgomberare la Settimania e la Provenza. Ma l'alleanza
gotica perseguita da Teodorico passa alla riscossa; al comando di Ibbas, un corpo di spedizione
gotico lascia l'Italia alla volta della Gallia il 24 giugno 508. I Franchi sono battuti e costretti alla
ritirata, mentre vengono installate guarnigioni ostrogote e il Paese è annesso all'Italia. Torbidi
scoppiati fra i Burgundi e attriti fra questi e i Franchi permisero di spostare i confini verso Nord.
Alla morte di Teodorico (526), la stabilità del Regno si incrina; di ciò approfittano i Franchi, che,
dopo l'annessione del Regno dei Burgundi (534), compiono scorrerie e allestiscono spedizioni
dirette contro la Provenza. Vitige, per concentrare le forze in Italia e opporsi a Narsete, compra la
neutralità franca con oro e la cessione della Provenza (536), evacuata dalle truppe gotiche del duca
Marsias. Cosí, ancora una volta, l'economia e gli abitanti della regione non ebbero a soffrire dei
numerosi avvicendamenti al potere. La consistenza numerica degli invasori (e, di conseguenza,
l'entità delle requisizioni di terre), dovette essere trascurabile, come attestano anche studî sul
lessico e, in generale, sulla lingua d'oc. L'amministrazione civile venne riorganizzata previa
installazione di funzionarî franchi, e cosí pure cambiarono le gerarchie ecclesiastiche, ricoperte ora
da vescovi graditi ai nuovi signori. Alla morte di Clotario (561), il Regno fu diviso fra gli eredi. La
Provenza, frazionata, cambiò piú volte padrone, mentre i confini stessi delle relative attribuzioni
territoriali non sono a tutt’oggi ben chiari. Marsiglia, poi, pare fosse stata divisa in due aree: una
orientale spettante a Gontrano, e una occidentale toccante a Childeberto, re franchi. La Septimania,
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poi, e cioè il litorale occidentale con il rispettivo retroterra, era in mano gotica. Alla morte di
Gontrano (593), i regni di Austrasia e Burgundia si riuniscono, e cosí pure la Provenza orientale. Di
nuovo, 596 e 612 il Regno franco è diviso; incerto il destino della Provenza, se unita o spartita. Si
ha una nuova riunificazione sotto Clotario II (613-623); lo scettro, alla sua morte passa poi a
Dagoberto, che divide ancora il Regno fra i suoi figli (tipica procedura germanica). Si hanno di
nuovo due Provenze: una arelatese e burgunda (a Clodoveo), l'altra austrasiano-marsigliese (a
Sigiberto). Alla morte di Sigiberto (656), la Provenza si riunifica sotto il potere di Clodoveo, che
muore però un anno dopo. I suoi dominî passano allora a re Clotario III, che è però deposto dai
nobili austrasiani a favore del fratello Childerico II (663). Dopo ulteriori smembramenti e lotte
dinastiche, il 'maggiordomo' Pipino riunisce il Regno franco, insediandovi due re di suo
gradimento, Clodoveo III (691-695) e Childeberto IV (695-711). Durante la dominazione franca,
Marsiglia crebbe di popolazione, ricchezza e volume di scambi. Solo grande porto franco sul
Mediterraneo, posta alle bocche del Rodano, con il declino di Arles, cresce conseguentemente
d'importanza. Anche la divisione della regione non dovette creare grandi problemi; scambi e
circolazione interna e fra le due provincie poterono seguitare indisturbati, data anche la sostanziale
identità delle due amministrazioni installatevi. Di piú, data la brevità e l'intermittenza dello
smembramento politico-amministrativo, essa non poté realizzare una vera separazione linguistica,
culturale o altro; arroccata a Sud della Burgundia, cui era strettamente legata per il 'cordone
ombelicale' del Rodano, era de facto e naturalmente burgunda. Ben piú dure dovettero essere le
guerre civili e fratricide in cui la coinvolsero i Merovingi fra 536 e 687. Innanzitutto, Arles deve
soffrire un attacco di Sigiberto nel 570, che la strappa al fratello Gontrano (impegnato da Sassoni e
Longobardi), ma è costretto a restituirla l'anno successivo dinanzi al vittorioso ritorno offensivo del
fratello. La città, per merito del patrizio Celso e dell'arcivescovo Sapaudo, non subisce danni
rilevanti. Poco dopo, anche a Marsiglia, città letteralmente divisa fra i due regali fratelli, divampa
la lotta. Childeberto (o meglio, il suo governatore, Wandelino, essendo il monarca undicenne),
reclama presso Gontrano, suo zio, la parte di Marsiglia sotto la sua autorità. La città è travagliata da
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scontri armati fra le fazioni, fra le quali campeggiano anche clero e vescovi. Quando finalmente i
due sovrani si riconciliano ratificando lo statu quo ante (583), il duca Gontrano-Bosone, grande
d'Austrasia, si reca a Bisanzio presso l'Imperatore Tiberio II, e convince Gundovaldo, figlio di
Clotario I ed esule in territorio imperiale, a scendere in campo. Il pretendente e i congiurati, tutti
Grandi d'Austrasia (tra cui il patrizio Mummolo, vincitore dei Longobardi), si riuniscono ad
Avignone. Ma il complotto è rivelato da Gontrano-Bosone stesso al governatore di Marsiglia,
cosicché, mentre Gundovaldo è costretto alla fuga, governatore e traditore si spartiscono il tesoro
del fuggitivo. Ma il traditore è screditato agli occhi di re Gontrano, e, per guadagnarne la fiducia,
organizza la cattura del patrizio Mummolo, trincerato ad Avignone. Fallito l'assedio per intervento
di re Childeberto, Mummolo ripara in Alvernia, dalla quale ritorna con l'usurpatore Gundovaldo.
Assediati a Comminges, i due sono alfine catturati e messi a morte dalle truppe riunite di Gontrano
e Childeberto (587). Zio e nipote concludono lo stesso anno la pace di Andelot.
Altri problemi, esterni questa volta, afflissero la Provenza. Nel 569, i Longobardi operano
un'incursione dalla valle del Po di fresca conquista. Gontrano invia contro di loro il patrizio Amato,
il quale è sconfitto e ucciso; lo sostituisce Mummolo. In occasione d'una seconda incursione
longobarda (che giunge fino a Mustias Calmes), Mummolo fa abbattere gli alberi lungo la strada,
cosí da ostruirla, e assale gli invasori impegnati a liberarla, battendoli (572). Anche i Sassoni,
ausiliarî e alleati dei Longobardi in Italia, invadono la Provenza. Battuti da Mummolo presso
Mezel, ritornano in Italia, ma non volendo assoggettarsi al diritto e ai costumi Longobardi, ne sono
espulsi verso la Provenza. Divisi in due 'colonne', si riuniscono presso Avignone, razziando lungo il
cammino. Ostacolati da Mummolo, patteggiano il passaggio in Alvernia, dalla quale re Sigiberto li
rispedisce in Sassonia (573). Di nuovo, nel 574 i Longobardi varcano il confine; tre eserciti
avanzano al comando di Rodano, Zabano e Amone. Arles è presa, il Crau saccheggiato, Aix paga
un riscatto. Ma Mummolo, alfine, accorre e sconfigge Rodano e Zabano presso Embrun. Amone,
avuta notizia della sconfitta dei compagni, fugge abbandonando il bottino lungo la strada.
È poi lo stesso re Gontrano a causare sventure alla Provenza; nel 585, organizzata una spedizione
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in Settimania, vi è sconfitto dai Visigoti, e incalzato fino in territorio franco da re Recaredo, vede
espugnata Urgenum e razziate le campagne. Sul mare la situazione non è piú favorevole: anche la
flotta provenzale è sconfitta dai Goti d'Hispania. Ancora nel 587 Arles è attaccata da truppe
gotiche.
Infine, la regione è colpita da tremende epidemie. Ai tempi di san Cesario, Arles è colpita da 'peste'
(509) durante l'assedio gotico; si dice che i sopravvissuti, per numero, poterono a pena seppellire i
morti. Ancora nel 546 il flagello infuria sul territorio provenzale, accompagnato da un'epidemia di
dissenteria (580). L'anno successivo è la volta del vaiolo; nel 586 della peste, nei pressi di Arles,
diffondendosi per il paese e travagliandolo fino al 599. Dopo cinquant'anni, la peste ritorna in
Provenza (599) per restarvi fino al 643. Le perdite umane e materiali causate da tutti questi eventi
scompaginano società ed economia provenzale, creando un forte iato con la cultura e la società
tardo-antiche, definitivamente.
Sotto il principato di Pipino, maestro di palazzo ma re de facto, la dualità delle due Provenze,
l'austrasiana e la neustriana, si affievolisce fino a sparire con la riunione amministrativa; con un
solo patrizio prepostovi e con un'unica amministrazione, il Paese acquista a poco a poco una netta
individualità. Sappiamo di lotte contro il (lasso) potere centrale austrasiano condotte da patrizî per
conseguire l'indipendenza della regione. I patrizî, sfortunatamente sono poco piú che nomi: Siro (o
Siagro, morto nel 629), Metrano, Nemfidio, Antenore (patrizio nel 714 e capo di una rivolta
indipendentista) e Abbone (patrizio tra 726 e 739 su nomina di Carlo). Carlo Martello,
maggiordomo di corte, liberatosi di Arabi, Aquitani e Frisoni, scende in Burgundia a debellare
anche gli ultimi ribelli presso Lione. Si volge poi contro le orde mussulmane provenienti da Ovest.
Gli Arabi avevano infatti abbattuto il Regno visigoto e si erano insediati in Hispania dopo la
battaglia di Xerez o Jerez de la Frontera (711), giungendo ai confini franchi e forzandoli con alcune
incursioni a scopo di bottino. Sconfitti anche gli Arabi (o meglio: Arabo-Berberi) a Poitiers (25
ottobre 732), Carlo Martello si volge contro i riottosi Provenzali. Discendendo la valle del Rodano,
prende Arles e Marsiglia, lasciandovi suoi judices e guarnigioni (736). Il patrizio Mauronzio e i
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conti provenzali ribelli conducono una dura lotta partigiana contro gli occupanti settentrionali; in
cerca di alleati, si legano ai Mussulmani (Arabi, Berberi e indigeni islamizzati) di Settimania.
Questi entrano nella regione attraverso il Rodano, accolti e guidati dagli abitanti (737), conquistano
Arles e Avignone, scacciandone le guarnigioni franche. Ma Carlo, nella primavera successiva,
riunisce un grande esercito in cui si arruolano anche Burgundi e Provenzali lealisti; comandata dal
fratellastro Childebrando, l'armata assedia Avignone con macchine ossidionali, la conquista e ne
massacra Arabi e abitanti; poi si volge contro Narbona e la assedia. Ma la crudeltà mostrata
rinfocola la ribellione. Mauronzio invoca nuovamente l'intervento arabo; questa volta i Mussulmani
accorrono in massa. Spaventato dal loro numero, anche Carlo ricorre all'aiuto straniero e si allea a
Liutprando, re longobardo, che vede con preoccupazione la minaccia islamica alle frontiere del suo
Regno. Le truppe longobarde operano in unione a quelle franche lungo le valli del Rodano e della
Durenza. Avignone è conquistata dalle armi franco-longobarde; è poi la volta di Arles e di
Marsiglia. La guerra si sposta allora nell'Estérel e nelle Alpi Marittime, ove i Saraceni sono infine
sterminati, mentre i patrioti provenzali sono spogliati dei proprî beni a favore dei lealisti. Il
Patriziato provenzale è abolito a favore del maestro di palazzo, che assume su di sé anche questo
titolo. Da allora in poi la Provenza viene affidata a conti di nomina regia.
Carlo muore nel 741, e il Regno franco viene brevemente diviso fra i suoi due figli, Pipino e
Carlomanno, che nel 747 si ritira in un monastero. Nel 751 Pipino (il Breve) diviene re, deponendo
l'ultimo merovingio, Childerico III. Scoppia allora la ribellione del duca Gaifero, che non si
comporrà diplomaticamente se non dopo otto anni (760-768). Alla morte di Pipino, la Provenza,
nella divisione del reame, spetta a Carlomanno (768); ma morto anche questi, il Regno si riunifica
nelle mani del fratellastro Carlo (771), che sarà detto Carlo Magno. Fino alla metà del IX secolo, la
Provenza non avrà storia, godendo il Paese di una lunga e prospera pace. Carlo forgerà una
amministrazione uniforme per tutto il Regno; le regioni si uniformano alle diocesi, governate da un
conte assistito da un vescovo; i conti altresí amministrano la giustizia coadiuvati dagli scabines,
mentre l'operato di questi è ispezionato da missi dominici inviati dalla corte. Alla morte
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dell'Imperatore si affaccia il pericolo saraceno, fatto di razzie e incursioni piratesche. Nell'813 è la
volta di Nizza; nell'838 Marsiglia è saccheggiata e distrutta; nell'842 i pirati risalgono il Rodano e
conquistano Arles; nell'848 è la volta dei Bizantini, che mettono a segno un colpo di mano contro
Marsiglia, saccheggiandola; nell'850 un attacco saraceno contro Arles è sventato da truppe guidate
dal conte di Vienne; nell'859 sono i Normanni ad apparire in Camargue, che razzieranno per anni a
seguire.
Ma l'Impero era troppo vasto. Cosí, dopo il Regno di Ludovico il Pio, i tre figli lo smembrano a
Verdun, nell'843. Provenza, Borgogna e Austrasia toccano al primogenito, Lotario. duca di
Provenza dall'835 è Guarino, il vincitore di Fontanet (841). Il secondo duca, Fulcrado, guida i conti
provenzali alla ribellione (845), reclamando l'autonomia. Lo stesso Imperatore deve scendere in
Provenza a negoziare la pace. I ribelli ottengono l'amnistia e rafforzano il particolarismo
provenzale. Lotario muore nell'855, non prima però di avere spartito l'Impero tra i suoi tre figli,
Luigi II (Imperatore), Carlo (detto il Calvo) e Carlo (di Provenza). Per Carlo, il minore, costituisce
un Regno incentrato proprio sulla Provenza. Veri titolari del Regno furono i duchi Gerardo di
Vienne, tutore di Carlo, e, nella parte meridionale, Fulcrado. Dopo varî torbidi, Carlo di Provenza
muore prematuramente (25 gennaio 863); il suo effimero Regno è smembrato, e la Provenza
assegnata all'Imperatore Luigi II (re d'Italia). I grattacapi che affliggono l'Imperatore in Italia
lasciano, de facto, l'indipendenza alla Provenza. Morto nell'869 re Lotario II, l'altro re, Carlo il
Calvo, malgrado le proteste dell'Imperatore, si annette interamente il suo Regno. Nell'870 questi
installa a Vienne, al posto del duca Gerardo, il conte Bosone, suo cognato. A sua volta muore Luigi
II (875), lasciando una figlia, Ermengarda. L'avido Carlo mira all'eredità imperiale, e, preparandosi
a partire alla volta dell'Italia, per sposare Ermengarda ed esservi incoronato, pensa di 'coprirsi le
spalle' nominando Bosone duca di Provenza. Incoronato a Roma (25 dicembre 875), resta in Italia
per combattervi il fratello, Ludovico detto il Germanico, che muore però nel 876. Carlo eredita cosí
anche la Germania, ma ad Andernach è battuto dalle truppe germaniche. Rientrando in Francia per
allestire una nuova campagna italiana, si scontra con una lega ducale fomentata da Bosone e da
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vassalli della Francia orientale. Carlo, colpito da malattia, muore ai piedi del Moncenisio (877); gli
succede il figlio, Luigi il Balbuziente. Al concilio di Mantaille, Bosone si fa proclamare re di
Provenza (879), ma, assalito dai re carolingi, deve combattere e si ritira in montagna, dove muore
nell'887. Ermengarda, da lui sposata e ora vedova, amministra la Provenza in nome del figlio di
Bosone, Luigi, investito del Regno provenzale dall'Imperatore Carlo il Grosso. Nel 900, Luigi di
Provenza è invitato dai vassalli italiani a incoronarsi re d'Italia a scapito di Berengario del Friuli,
legittimo sovrano del Regno d'Italia, cosa che fa, unto da papa Benedetto V (902). Berengario,
accorso a Pavia lo sconfigge e cattura, liberandolo dietro promessa che non ripasserà piú le Alpi.
Tradita la parola data, Luigi torna in Italia nel 905. Scaccia Berengario in Baviera, ma,
imprevidente, è sorpreso da questi a Verona, battuto, accecato e rispedito in Provenza. Luigi ora
detto l'Orbo, torna a Vienne, e affida al cugino Ugo d'Arles l'amministrazione del Regno,
nominandolo duca di Provenza (911 o 912). Ma anche Ugo tenta l'impresa italiana; catturato da
Berengario, liberato come il cugino, terrà fede al giuramento di non rientrare in Italia per 12 anni.
Morto assassinato Berengario (924), Ugo è incoronato re d'Italia a Pavia (926), riunendo i due regni
alla morte di Luigi l'Orbo (928). Ma il re di Francia, Raoul duca di Borgogna, ambisce alla
Provenza, contentandosi peraltro delle aree settentrionali e del Viennese. Dopo numerose lotte,
Ugo potrebbe riunire i due regni definitivamente, quando entra in campo Ottone di Sassonia,
restauratore dell'Impero, che lo ostacola nei suoi propositi. Alfine scacciato dall'Italia da
Berengario II duca d'Ivrea, rientra ad Arles, spegnendovisi nel 947. Alla sua morte, Ottone
conferisce il Regno di Provenza e Borgogna a Corrado, figlio di Rodolfo II. Questi, per governare i
suoi territorî, nomina dei conti. É questo il periodo di feudalizzazione intensa della Provenza. I
conti di Avignone, Bosone, e di Arles, Guglielmo, erano due fratelli borgognoni, originarî del
Maconnese; il conte di Apt, invece, Griffone, era un Provenzale di Arles. Sono poi nominati
numerosi visconti, nominalmente per alleggerire i carichi dei conti; in realtà per limitarne il potere.
Il territorio si fraziona cosí in una miriade di piccoli feudi. Molti dei titolari, poi, erano
originariamente Borgognoni o comunque stranieri.
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Frattanto, verso l'884, un gruppo di pirati mussulmani di Spagna, sorpresi in mare da una tempesta,
erano stati sospinti verso la costa provenzale. Sbarcati in un luogo semi-deserto, fondarono un
punto fortificato, in seguito divenuto rocca, detto Freinet, nel luogo boscoso di Frassineto,
occupando quindi il ponte di Saint-Tropez e ricevendo rinforzi da altri pirati saraceni. Colà
stabilitisi, condussero razzie e attacchi contro luoghi del circondario, spingendosi fino a Fréjus
(940), assaltata e messa a sacco. Numerosi attacchi contro di loro furono inefficaci o
fortunosamente interrotti; addirittura furono mercenarî di Ugo d'Arles durante le sue campagne
italiane. Alfine, nel 972, indetta la crociata, il conte Guglielmo di Arles li assale con l'aiuto dei
cavalieri provenzali e del marchese Arduino di Torino, distruggendo la rocca e trucidandone i
difensori. Tesori e terre sono divisi fra il conte e i suoi seguaci. La presa di Freinet comportò
notevole fama a Guglielmo, detto da allora in poi Guglielmo il Liberatore. Fu il capostipite dei
conti di Provenza.
Frattanto, morto Corrado re di Borgogna (993), gli successe Rodolfo III (il Fannullone), che
nominò suo erede l'Imperatore Corrado II il Salico. Di fatto, il reame sparí, ma non i suoi
particolarismi. Per un secolo, la storia della Provenza è la storia di una miriade di scontri e contese
tra piccoli feudatarî, in lotta per il possesso di un castello o di una pieve con la quale ingrandire,
estendere i proprî dominî, fino a portare alla formazione di contee piú estese, protagoniste della
storia dei secoli successivi: Provenza vera e propria, Carcassona, Tolosa e la periferica Aquitania
(questa, un ducato).
La Provenza. però, come tutti gli altri Stati e popoli d’Europa, dopo i presunti terrori del ‘Mille e
non piú Mille’, risorge e si ricopre, all’indomani dell’anno Mille, di ‘un bianco manto di chiese’,
mentre le arti, la letteratura e gli studî tornano a fiorire in tutto il loro splendore.
Con la rinascita degli studî e delle arti pare attuarsi anche un miglioramento di tecniche e beni
materiali che portano a maggiore produzione agricola e piú estesi traffici commerciali (con il
riaprirsi di antiche strade romane e il tracciarsi di nuove); nuovi terreni sono messi a coltura e, nelle
aree scarsamente popolate o devastate e prima rese insicure da guerre e razzie endemiche, sorgono
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villaggi di fresca fondazione. Anche le forme giuridiche dell’affitto e dell’usufrutto delle terre si
modifica; i monasteri e le parrocchie affidano ora, novità in Provenza, le proprie terre a liberi
coltivatori impegnati a piantare delle viti e a curarle per cinque anni, data per la quale si verserà
parte del ricavato all’ente ecclesiastico affittuario. Si diffonde poi, in questo clima di pace e
prosperità, l’ideale della pax Dei, che impone agli uomini d’arme (i bellatores), pur con scarso o
alterno successo concreto, di astenersi del tutto o in determinati periodi dal combattere e
dall’uccidere. In seguito si cercherà di indirizzare altrove gli ardori bellici cristiani specificandole
regole da riferirsi a sangue christiano. Anche le coste, piú o meno liberate dalla minaccia dei
corsari saraceni, si ripopolano e si rianimano di nuova vita. Molta parte di questi processi
costruttivi e ricostruttivi prende avvio da enti ecclesiastici, soprattutto i monasteri, latori di tecniche
nuove e perfezionate da contatti con aree e culture diverse. Importante centro di scambi e nodo
commerciale primario è l’abbazia di Saint-Gilles, fondata nell’VIII secolo e posta nell’878 sotto la
diretta dipendenza da Roma da papa Giovanni VIII. Sede di pellegrinaggi (per i miracoli operati da
e per la devozione rivolta alla tomba del santo, forse un Greco), sorge presto un mercato attorno
alle mura conventuali, animatissimo soprattutto in occasione della festa del santo (1° settembre),
che richiama numerosi mercanti, soprattutto italiani, che spesso e volentieri si stabiliscono in
Provenza
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. ‘Favoriti’ dallo stanziamento normanno in Italia meridionale (che istituisce rapporti
durevoli fra Gallia e Italia) e dalle operazioni sempre piú aggressive e a largo raggio delle flotte
genovese e pisana (che rendono piú sicuro il bacino occidentale del Mediterraneo), allettati dalla
possibilità di buoni profitti, molti mercanti italiani iniziano a includere Provenza e Francia nei loro
mercati. Infine, la fondazione di Stati cristiani in Medio Oriente (soprattutto ad opera di guerrieri
‘franchi’) istituisce contatti e legami commerciali (talora privilegiati) fra Asia minore ed Egitto da
una parte e Sud della Francia dall’altro.
La regione gode di un’alta crescita demografica, che porta anche alla fondazione di nuovi
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Valga per tutti, a mo’ d’esempio Boccaccio, Decameron, I, 1, in cui compare la figura di ser Ciappelletto e dei
mercanti/usurai ‘lombardi’ residenti in Borgogna.