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Tra le transizioni del ciclo vitale mi soffermo in particolare sulla transizione all’età adulta, perché
è stata oggetto negli ultimi anni di notevoli cambiamenti sia a livello familiare sia a quello sociale,
facendo emergere una nuova fase dell’esistenza che s’impone tra l’adolescenza e lo stato adulto:
la giovinezza. Tale passaggio consisterebbe nel concretizzare l’uscita dalla casa parentale,
organizzando e impegnandosi a realizzare un progetto di vita sul piano professionale e su quello
affettivo. In realtà si sta sempre più diffondendo la tendenza a prolungare la transizione, rinviando
il salto generazionale a un momento indefinito, con la comparsa della “famiglia lunga del giovane
adulto”, la quale è caratterizzata dalla protratta convivenza di due generazioni adulte nella stessa
abitazione; fenomeno che si riscontra soprattutto in Italia, Spagna e Grecia, mentre nei paesi
nordico - francesi ed anglosassoni i giovani escono precocemente dalla famiglia d’origine per
vivere da soli o con amici/partner, ritardando la formazione di un nuovo nucleo familiare (cfr
Scabini, Rossi, 1997, p. 187).
“Il percorso biografico della famiglia non segue più un itinerario prestabilito: la scansione
ordinata delle tappe che conducevano alla vita adulta si frantuma e la mappa del viaggio diventa
confusa e indecifrabile” (Merico, 2004, p. 93). Il medesimo fenomeno ha spinto molti sociologi a
rivalutare i modelli tradizionali del processo evolutivo familiare, superando la prassi di
suddivisione rigida in fasi secondo una regolare sequenza predefinita dal punto di vista socio -
culturale ed introducendo una nuova concezione dello sviluppo, inteso come un percorso continuo
caratterizzato da momenti intermedi, socialmente ambigui. Viene, perciò, abbandonato il concetto
di “ciclo di vita” per adottare l’espressione di “corso di vita”, utilizzando dei metodi
d’interpretazione attenti a riconoscere le differenze, infrangendo l’uniformità, l’irreversibilità
degli stadi di crescita e mettendone in mostra la pluralità di stati, scelte, appartenenze (Idem, p.
82).
Nel cercare spiegazioni e comprendere che cosa accade ai soggetti coinvolti nel passaggio alla
condizione adulta mi sono posta una serie di domande: “Oggi cosa significa essere adulti e
quando lo si diventa?”, “Esiste ancora l’età adulta?”, “La protratta permanenza in famiglia
d’origine viene considerata un fatto positivo o negativo?”, “Come genitori e figli percepiscono la
coresidenza?”, “Chi sono i giovani adulti?”, “Le giovani generazioni non vogliono più crescere?”,
“Le cause che hanno contribuito alla comparsa della “famiglia prolungata” sono prettamente
economiche?”, “Quali sono le differenze nelle modalità di superamento della transizione alla vita
adulta tra l’Italia e gli altri Stati?”, “Quali condizioni consentono ai giovani una progettualità
familiare libera e positiva, capace di reggere alla sfida del futuro?”, “Come si può aiutare la
famiglia ad affrontare il passaggio senza traumi e far si che possa essere una risorsa per la
collettività?”.
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Nel tentativo di trovare risposte esaurienti ai quesiti sopra esposti ho suddiviso la tesi in cinque
parti. La prima parte è composta da cinque capitoli:
- il capitolo 1 concerne il modello tradizionale della transizione familiare all’età adulta, cioè
che cosa dovrebbe succedere durante il passaggio secondo gli approcci dello sviluppo
familiare derivanti dall’elaborazione di studi/ricerche effettuate da sociologi e psicologi. Esso
è ripartito in quattro paragrafi, nei quali spiego il significato di “transizioni familiari”,
considerando principalmente il processo allo stato adulto vado a illustrare gli obiettivi dei
giovani e dei loro genitori e i rispettivi compiti evolutivi, introducendo, poi, l’evento critico,
ovvero la necessità del distacco;
- il capitolo 2 è suddiviso in tre paragrafi, dove metto in evidenza i cambiamenti avvenuti nella
transizione alla vita adulta che vanno a sconvolgere il modello tradizionale con la comparsa
della “famiglia prolungata” e la diffusione di una nuova concezione di giovinezza, intesa
come un periodo di sperimentazione e reversibilità di scelta, divenendo lo stile di vita
dominante; inserendo, per di più, alcuni dati significativi su tali fenomeni. Inoltre mi soffermo
sull’identità dei giovani adulti, delineando le caratteristiche della cultura giovanile dedita al
consumo, esponendone, poi, gli atteggiamenti e i giudizi verso il futuro, visto come incerto e
confuso, il lavoro, lo studio, le uscite serali, la politica, la religione, la scienza, la tecnologia e
il senso d’appartenenza alla propria Comunità;
- il capitolo 3 si riferisce al rapporto tra le generazioni all’interno della “famiglia lunga”, il
quale è il risultato di un implicito accordo basato su un reciproco vantaggio psico - relazionale.
Lo scambio è orientato alla negoziazione, al dialogo, ad una regolazione flessibile delle
distanze;
- il capitolo 4 riguarda il sistema valoriale che veicola le azioni dei membri del nucleo familiare,
in particolare i giovani adulti considerano importanti i valori riferiti alla sfera privata, quali la
famiglia, l’amore, l’amicizia, e quelli orientati sul Sé, mentre i genitori si basano su valori
relazionali come l’affetto, l’empatia, la comprensione, la protezione, lasciando sullo sfondo la
normatività; inoltre reputano rilevante l’autorealizzazione personale, soprattutto nel campo
lavorativo;
- il capitolo 5 evidenzia la percezione relativa alla coresidenza, la quale risulta positiva per
entrambi le generazioni, perché essa è conveniente e soddisfacente, per cui da mantenere, al
fine di far fronte alle avversità e alle carenze del mondo esterno. Genitori e figli hanno una
rappresentazione condivisa dell’età adulta, la quale appare sfuocata ed imprevedibile, perciò
da allontanare, assumendo un atteggiamento prudente, remissivo e rinviante.
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La seconda parte è costituita da un capitolo, in cui vado a descrivere le modalità di fronteggiare la
transizione alla condizione adulta dei paesi nordici, della Francia e della Gran Bretagna, per
prendere coscienza delle diversità e degli aspetti comuni che essi hanno con l’Italia.
- Il capitolo 6 è composto da un paragrafo, dove espongo le motivazioni che determinano le
differenze tra gli Stati nell’allungamento della giovinezza, in particolare esse riguardano le
politiche sociali adottate.
La terza parte mette in evidenza il confronto tra il modo in cui nella società pre - moderna e in
quella post - moderna viene vissuta la transizione all’età adulta. Essa è ripartita in due capitoli:
- il capitolo 7 definisce, nella società del passato, la rapidità del passaggio accompagnato da
rituali prestabiliti dalla Comunità d’appartenenza, perciò le soglie d’ingresso alla vita adulta
erano fortemente sincronizzate;
- il capitolo 8 spiega, invece, che nella società post - moderna (quella odierna) viene meno la
ritualità e il sincronismo tra le soglie a causa di una denormativizzazione, per cui la
transizione alla condizione adulta diventa una sequenza interconnessa di momenti oscillatori,
con una dilatazione del tempo, dove sono le decisioni individuali a condizionare
l’effettuazione del salto.
La quarta parte è composta da due capitoli:
- il capitolo 9 illustra le due principali cause del rallentamento evolutivo accompagnato dalla
protratta coabitazione in famiglia d’origine, con relativi fattori d’incidenza: la prima è legata
alla particolare forma di patto implicito tra genitori e figli che s’instaura per soddisfare un
reciproco vantaggio psico - relazionale; la seconda è relativa al manifestarsi di una disequità
intergenerazionale avvenuta in seguito ad una scissione e competizione tra generazioni
familiari (genitori - figli) e quelle sociali (adulti - giovani);
- il capitolo 10 descrive gli effetti della prolungata transizione alla vita adulta, in particolare
può indurre processi generativi oppure può provocare processi degenerativi, con conseguente
stallo intergenerazionale e costituzione di un’identità rallentata, frammentata dei componenti
il nucleo familiare che, a loro volta, producono una disequità tra le generazioni sociali,
patologie comportamentali (“mammoni”, “sindrome di Peter Pan”, “delirio d’onnipotenza”,
“narcisismo”) e sofferenza psichica.
La quinta parte è costituita da due capitoli:
- il capitolo 11 espone l’interpretazione riferita alla protratta coresidenza in famiglia d’origine e
al prolungamento della transizione all’età adulta che si può ricavare dal lavoro svolto nei
precedenti capitoli. In seguito illustra i compiti, ai quali sono chiamati a svolgere in primis gli
adulti e i giovani in famiglia e nella società, in collaborazione con le istituzioni sociali e gli
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organi statali, per garantire una buona qualità della vita ai membri familiari e per realizzare
una Comunità solidale e partecipativa;
- il capitolo 12 conclude con la descrizione del servizio territoriale che ha come referente
diretto la famiglia, il quale risulta essere l’Unità Operativa Consultorio Familiare, dove al suo
interno operano professionisti dell’area sanitaria, psicologica e soprattutto dell’ambito sociale
che mi riguarda personalmente. Vado, poi, a definire le principali funzioni dell’assistente
sociale compiute attraverso il lavoro con l’utenza e le sue reti informali, con i propri colleghi
in equipe, con i servizi, gli organismi pubblici e privati del territorio, al fine di creare un
sistema integrato per una presa in carico globale delle persone, agendo sulla base di progetti
elaborati congiuntamente.
Mi sono prefissata, quindi, l’obiettivo di prendere in considerazione il fenomeno della lunga
transizione all’età adulta, andando ad approfondirne ogni aspetto per cercare di dare delle
interpretazioni ed essere più consapevole di ciò che accade nella realtà, arricchendo, così, il mio
bagaglio socio - culturale e potendo essere più preparata ad intraprendere il passaggio allo stato
adulto, il quale mi riguarda personalmente da vicino.
Inoltre il lavoro di ricerca di risposte alle domande che mi sono posta all’inizio mi ha permesso di
mettere in luce i cambiamenti avvenuti nella famiglia e nella società, per valutare i progressi
raggiunti e le motivazioni che contribuiscono a crearli, potendo, per di più, fare ipotesi sulle
possibili conseguenze delle medesime modificazioni, allo scopo d’attuare un’azione preventiva.
Oltre a ciò propongo delle riflessioni sull’argomento sopra esposto, tenendo conto di diversi punti
di vista, per ottenere un quadro globale della situazione e per tentare d’individuare strategie, al
fine di essere in grado d’affrontare con padronanza i momenti di crisi.
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Parte prima
LA FAMIGLIA “PROLUNGATA” NELLA TRANSIZIONE
ALL’ETÀ ADULTA
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Parte prima
LA FAMIGLIA “PROLUNGATA” NELLA TRANSIZIONE ALL’ETÀ ADULTA
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1. IL MODELLO TRADIZIONALE DELLA TRANSIZIONE FAMILIARE
ALL’ETÀ ADULTA
1.1. Che cosa sono le transizioni familiari?
Il ciclo di vita di ogni famiglia è scandito da una serie di tappe cruciali e da transizioni che
riguardano i singoli componenti e le diverse generazioni, le quali consistono in fasi di passaggio
da una condizione data ad una nuova, innescate da eventi critici, i quali sono dei marcatori, dei
momenti di rottura attesi, definiti normativi o imprevisti, ovvero non normativi, che sollecitano un
cambiamento e mettono così alla prova le capacità dei soggetti interessati, potendo verificare se lo
scambio tra le generazioni è avvenuto all’insegna dell’equità o meno e ridefinire le relazioni tra le
persone coinvolte (cfr Mantovani, 2003, p. 212).
“Secondo Levinson i periodi di transizione hanno, infatti, una funzione vitale nello sviluppo,
servono a separare le “ere” della vita, ma anche a collegarle, provocando un interscambio, in
modo che il passato possa essere utilizzato selettivamente per costruire il futuro” (Scabini, Donati,
1988, p. 126).
“Le transizioni familiari risentono delle culture in cui sono inserite e degli apparati societari che
l’uomo costituisce ed organizza” (Donati, Scabini, 1995, p. 109), andando ad influenzare la
struttura, la composizione delle famiglie e la percezione che gli individui hanno del tempo, inteso
come insieme di ritmi sequenziali che scandiscono il corso dell’esistenza.
“Ogni transizione è segnata da due grandi temi affettivi: il dolore della perdita di ciò che si lascia
e la speranza - fiducia di ciò che si acquista” (Scabini, Cigoli, 2000, p. 146), quindi impone delle
situazioni stressanti, simbolicamente pregnanti che pongono i soggetti in una posizione incerta,
ambigua, rischiosa, la quale può essere contrastata attraverso la capacità d’adattamento, di
tolleranza alle frustrazioni, di elaborazione dei vissuti e la flessibilità mentale, apprese
precedentemente, al fine di ristabilire nuovi equilibri ed evolversi.
Le esperienze e le persone che si assumono il ruolo di modelli sono essenziali per costituire il
bagaglio di conoscenze e competenze, utile ad effettuare il salto da uno stato ad un altro.
Perché ogni momento di passaggio possa avere un esito positivo i membri della famiglia
dovrebbero interrogarsi, porsi degli obiettivi, riconoscere, organizzare le risorse disponibili
presenti nel contesto socio - familiare, individuare strategie per affrontare i compiti psico - sociali
di sviluppo ed acquisire competenze relative ai nuovi ruoli, altrimenti potrebbero andare incontro
a disfunzionalità e sofferenza (cfr Scabini, Iafrate, 2003, p. 67). Le modalità che essi utilizzano
per far fronte alle situazioni di crisi e progredire alle fasi successive sono correlate alle regole del
Parte prima
LA FAMIGLIA “PROLUNGATA” NELLA TRANSIZIONE ALL’ETÀ ADULTA
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contesto socio - culturale d’appartenenza, ridefinite e revisionate attraverso le interazioni tra i
componenti familiari.
Diversi autori hanno proposto dei modelli di suddivisione del ciclo di vita familiare, distinguendo
degli intervalli, ai quali corrispondono certe transizioni che scandiscono un percorso regolare
prefissato, tra cui Duvall, il quale ha stabilito otto stadi riportati di seguito:
1. formazione della coppia / transizione alla genitorialità;
2. famiglia con figli (0 - 2 anni);
3. famiglia con figli in età prescolare;
4. famiglia con figli in età scolare / transizione all’adolescenza;
5. famiglia con figli adolescenti;
6. famiglia trampolino di lancio / transizione all’età adulta;
7. famiglia in fase di pensionamento / transizione all’età senile;
8. famiglia anziana (cfr Togliatti, Lavadera, 2002, p. 17).
Anche se gli approcci stadiali sono stati spesso criticati per essere molto rigidi e per non
descrivere in modo veritiero la realtà nella sua dinamicità ho ritenuto comunque opportuno
considerare almeno un modello classico dello sviluppo familiare come base per focalizzarmi in
particolare sulla fase: famiglia trampolino di lancio, nella quale dovrebbe avvenire la transizione
all'età adulta.
1.2. Gli obiettivi della transizione familiare all’età adulta
Nella transizione familiare all’età adulta, che in realtà si delinea come una doppia transizione (1.
dalla fase adolescenziale a quella del giovane adulto, la quale è preparatoria a quella successiva;
2. dalla fase di giovane adulto a quella di piena età adulta) (cfr Scabini, Cigoli, 2000, p. 141),
l’obiettivo primario congiunto di genitori e figli dovrebbe consistere nel “concretizzare l’uscita
dalla casa parentale, ossia strutturare e realizzare in tempi brevi un progetto di vita, in cui siano
previste sia l’acquisizione dell’indipendenza economica e di responsabilità sociali attraverso
l’inserimento nel mondo del lavoro e civile, sia l’assunzione di responsabilità familiari mediante
una scelta affettiva stabile” (Bramanti, 2001, p. 198), costituendo un nuovo nucleo familiare.
Perché l’obiettivo principale possa essere raggiunto i componenti la famiglia dovrebbero far
fronte a dei processi d’individuazione/differenziazione, nei quali sarebbe necessario
revisionare/regolare le distanze, rinegoziare i rapporti per mantenere i legami d’appartenenza, pur
spingendo verso l’autonomia e la separazione dei figli dai genitori, andando a ricostituire la loro
identità (Idem, p. 199). In particolare sarebbe utile, soprattutto, tenere in considerazione i confini
tra i membri della famiglia, i quali dovrebbero essere chiari e ben definiti, in quanto “indicano sia