2
In virtù di tale contesto, si è ritenuto fondamentale iniziare dalla definizione di media
impresa, ovvero cosa è, da chi viene gestita e quale peso ha, oggi giorno, nell‟economia.
Nel primo capitolo, quindi, si tenta di rispondere al quesito se esista veramente la media
impresa come entità economica e organizzativa distinta dalla grande e dalla piccola.
Il problema maggiore che sorge quando si parla di medie imprese riguarda la difficoltà
di trovare una definizione univoca e condivisa, poiché ogni qual volta si è condizionati
dagli obiettivi e dal contesto dell‟analisi che si intende svolgere. Ogni qual volta si
vuole definire questo fenomeno, bisogna sempre ben specificare il contesto in cui viene
collocato.
Si è cercato di aggiungere alla discussione sia elementi quantitativi che qualitativi, in
modo da garantire un disegno nel complesso coerente e descrittivo.
Si parla nel primo caso dei limiti dimensionali, considerando il riferimento normativo
della Raccomandazione dell‟Unione Europea n. 96/280/CE solamente come spunto di
riflessione, in quanto non vincolante.
Nel secondo caso si fa invece riferimento a tratti, elementi, definizioni che
caratterizzano la media dimensione, in relazione si alla piccola che alla grande impresa.
La media impresa nella maggior parte dei casi non nasce di medie dimensioni, ma è il
risultato di un processo che parte dalla piccola, o piccolissima, impresa operante in
determinati luoghi chiamati distretti. Soprattutto in Italia, questi particolari luoghi di
apprendimento sono stati importanti per lo sviluppo di nuove organizzazioni, e lo sono
tuttora, in un contesto oramai globalizzato, in cui il valore di un „impresa non si misura
più solamente a livello locale, ma sempre più spesso il termine di paragone è
internazionale.
Successivamente, nel secondo capitolo, l‟attenzione si focalizza sugli specifici attributi
che caratterizzano la media impresa. In primo luogo i modelli organizzativi d‟impresa,
ovvero la definizione di Governance nei diversi modelli mondiali. Si è cercato poi di
definire i modelli proprietari, puntando sull‟impresa capitalistica familiare, tanto cara al
sistema imprenditoriale Italiano, in contrapposizione con il modello più affermato a
livello mondiale, ovvero l‟impresa manageriale, in tutte le sue sfaccettature.
3
Infine, l‟analisi delle strategie, delle strutture e delle risorse di tali imprese, grazie alle
quali sostengono una posizione rilevante quando non addirittura di leadership nel
proprio settore o in un segmento di esso in virtù di qualità, flessibilità e costumer
orientation.
Nel terzo capitolo si entra nel vivo dell‟oggetto di analisi, cioè lo sforzo di analisi è
indirizzato a comprendere e valutare il peso che l‟aggregato media impresa ha nel
settore commerciale.
L‟impresa commerciale che svolge un‟attività di intermediazione tra produzione e
consumo, collegando le imprese produttrici ai consumatori finali.
L‟obiettivo di quest‟analisi è, infatti, nel suo profondo volto a valutare le efficienze
della media dimensione rispetto alle altre tipologie di imprese nella capacità di collegare
le imprese produttrici ai consumatori finali.
Dopo aver analizzato l‟impresa commerciale da un punto di vista strettamente
economico, si è deciso di osservare il punto di vista legislativo in merito, attraverso
l‟analisi del D. Lgs. 114/98, il c.d. “Decreto Bersani”.
In seguito ad aver illustrato la situazione italiana delle medie imprese commerciali, si è
esposto un quadro, teorico e numerico, sul grado di importanza a livello internazionale,
tramite l‟utilizzo del Global Powers of Retailing 2009, un report redatto dalla società di
consulenza Deloitte, in cui viene illustrata la situazione delle 250 maggiori imprese
commerciali al mondo.
Infine, nell‟ultimo capitolo viene descritta la ricerca empirica svolta sulle medie imprese
commerciali, limitandosi, nel mio caso, alle macroaree Nord Est e Sud Italia.
Il lavoro è stato affrontato nell‟ottica di determinare il peso e le performance
economiche e finanziarie di questo aggregato di imprese nel nostro paese.
Il riferimento normativo adottato per l‟inserimento nella lista è stato quello della
Raccomandazione dell‟Unione Europea n. 96/280/CE, sulla base del quale sono medie
imprese quelle che presentano un‟occupazione da 50 a 249 addetti e un fatturato da 10 a
49 milioni di euro.
4
Come si vedrà meglio poi in seguito, le medie imprese commerciali verranno divise e
analizzate per macrosettore merceologico di appartenenza e su base regionale.
Nella prima parte della ricerca l‟attenzione sarà rivolta al peso e alla diffusione intra ed
extra regionale di queste imprese, attraverso il conteggio dei punti vendita e altri
indicatori.
Nella seconda parte l‟analisi diverrà molto più tecnica, con l‟osservazione delle
performance economico-finanziarie tramite l‟uso di indicatori di bilancio.
5
Capitolo 1
La Media Impresa
1.1 La nozione di Media impresa
La media impresa è stata da sempre poco considerata dalla letteratura tecnica, più
orientata verso la dicotomia fra grandi e piccole imprese.
L‟interesse per la media impresa trae origine dalla convinzione che nel tessuto
imprenditoriale sia in corso da alcuni anni a questa parte una profonda trasformazione
che interessa la struttura generale del sistema delle imprese. Sta diventando sempre più
visibile la presenza ed il ruolo economico-produttivo e organizzativo dei fattori giocato
da imprese di medie dimensioni, capaci di aggregare intorno a sé reticoli più o meno
ampi di piccole e piccolissime imprese.
L‟analisi delle medie imprese è interessante non tanto per il confronto in termini
quantitativi fra le diverse classi, quanto per l‟esame del ruolo che esse svolgono
all‟interno del sistema economico.
Le medie imprese assumono, infatti, una posizione diversa, e per certi aspetti
complementare, rispetto alle piccole imprese ai fini della competitività di un sistema
industriale.
Anche all‟interno degli stessi distretti industriali, esempio paradigmatico di tessuto
produttivo a dominanza di piccole imprese, vanno evidenziandosi fenomeni di
gerarchizzazione interna, imperniati intorno alla crescita ed al rafforzamento di un
numero crescente di imprese di dimensioni medie che si affermano grazie alla capacità
di istituire relazioni efficaci con i mercati di sbocco e di organizzare reti complesse di
imprese fornitrici di dimensioni più piccole.
Il fenomeno inizia ad essere visibile al punto che la stessa letteratura scientifica va
sempre più facendosene carico (cfr. Ferrucci e Varaldo, 1993; Esposito, 1994; Istituto
Tagliacarne, 1995), interrogandosi intorno al ruolo chiave di queste imprese capofila in
rapporto allo sviluppo organizzativo e strategico dei sistemi locali di imprese.
6
Sta in altri termini emergendo la consapevolezza che tali medie imprese vanno sempre
più ponendosi come un riferimento per il tessuto imprenditoriale italiano, tanto nel caso
delle medie imprese che sono pronte per diventare grandi, come nel caso di imprese che
sono medie perché tale è la dimensione ottimale per competere nel proprio mercato
(Istituto Tagliacarne, 1995).
Il problema che si pone, sotto il profilo metodologico, è individuare dei criteri di
identificazione capaci di selezionare efficacemente soggetti imprenditoriali aventi le
caratteristiche delle medie imprese vitali non solo sotto il profilo strutturale, ma anche
sotto quello del comportamento strategico e organizzativo.
La questione della definizione di media impresa presenta tratti delicati; al di là di ogni
cautela, però, gli studiosi di economia aziendale ritengono che sia possibile distinguere
con qualche fondamento (fatturato, numero di occupati) le grandi imprese da quelle
piccole, mentre le medie imprese si collocano in una posizione intermedia difficile da
definire.
La variabile “fatturato” è evocativa del peso che un‟azienda ha nel mercato di sbocco
dei prodotti finiti e quindi della sua importanza nel contesto competitivo.
Il “numero di occupati” richiama, invece, il grado di complessità organizzativa di
un‟impresa.
Tali variabili presentano anche il vantaggio di essere facilmente disponibili e di non
richiedere complicate elaborazioni, evitando così il rischio di considerare aziende poco
confrontabili tra loro.
Il soggetto media impresa si è quindi trovato ad essere appiattito a volte sul versante
delle imprese minori (paradigmatico è l‟uso frequente dell‟acronimo PMI per indicare
l‟aggregato Piccole-Medie Imprese), a volte su quello delle grandi imprese; specie
quando si è cercato di trasferire nella media impresa (senza adeguati adattamenti)
approcci, soluzioni, metodi di gestione sviluppati nel contesto di grande impresa.
Le differenze strutturali tra piccole e grandi imprese non emergono improvvisamente
superata una certa soglia dimensionale, ma si manifestano gradualmente, passando
attraverso una fase intermedia in cui le imprese non più piccole, ma non ancora grandi,
7
presentano tratti strutturali e comportamentali in parte comuni alle classi dimensionali
inferiore e superiore.
E‟ quindi possibile individuare diverse modalità con cui le medie imprese non solo si
distinguono dalle piccole e dalle grandi, ma nello stesso tempo fanno proprie alcune
caratteristiche.
La media impresa condivide con la piccola impresa la coincidenza tra proprietà
familiare e controllo. Ciò comporta limitate occasioni di conflitto tra azionisti di
maggioranza e di minoranza (che spesso neanche esistono), e tra azionisti e manager
(spesso membri della famiglia).
Una situazione del genere associata alla snellezza delle strutture organizzative interne,
resa possibile dalle dimensioni non particolarmente elevate, aumenta la rapidità di
adeguamento dell‟impresa ai cambiamenti esogeni (istituzionali, tecnologici e di
mercato).
Altro fattore condiviso con le piccole imprese è l‟elevato radicamento territoriale, anche
nei casi in cui le imprese non facciano parte di distretti produttivi.
Al contrario delle piccole imprese, le medie e le grandi si caratterizzano per la
continuità nel tempo delle strutture organizzative, fattore essenziale per proteggere e
valorizzare gli investimenti nei fattori immateriali: marchi, capitale umano e
organizzativo, attività di ricerca e sviluppo.
Ci si chiede, quindi, vista la sempre maggiore rilevanza degli investimenti nei fattori
immateriali rispetto al manufacturing in senso stretto ai fini della competitività delle
imprese, e tenuto conto della relativa carenza di grandi imprese in Italia, in che misura
le medie imprese possano sopperire alle difficoltà delle piccole imprese in questo
ambito.
E‟ sotto il profilo della dimensione del mercato geografico di riferimento che la media
impresa è assimilabile alla grande impresa.
Un mercato almeno nazionale, ma più spesso internazionale, che fa nascere l‟esigenza
di dotarsi di strutture organizzative e manageriali adatte a gestire un insieme di risorse
(capitale e lavoro) non più minimali, necessarie ad assicurare stabilità e continuità
8
all‟organizzazione, in modo da poter valorizzare nel medio-lungo periodo gli
investimenti.
La media impresa non è una “via di mezzo”, uno stadio puramente intermedio del
processo di crescita di un‟organizzazione da piccola a grande, ma ha caratteristiche sue
proprie e fattori di successo specifici che devono essere identificati, riconosciuti nella
loro portata esplicativa e implementati adeguatamente sotto il profilo strategico e
gestionale.
La media impresa è, sotto questo punto di vista, frutto di una specifica scelta strategica
e, quindi, come una forma stabile di organizzazione produttiva, la c.d. media impresa “
destinata a durare”.
Il riferimento è relativo alle imprese stabili, economicamente e matrimonialmente
solide, capaci di resistere e reagire positivamente a fasi congiunturali negative, capaci di
mettere in azione un processo di trascinamento per l‟insieme di imprese di dimensioni
ridotte che gravitano nella loro orbita; non pure e semplici meteore destinate ad esaurirsi
nell‟arco di una generazione imprenditoriale
1.1.1 Elementi quantitativi per una definizione
Il problema maggiore che sorge quando si parla di medie imprese riguarda la difficoltà
di trovare una definizione univoca e condivisa, poiché ogni qual volta si è condizionati
dagli obiettivi e dal contesto dell‟analisi che si intende svolgere.
La definizione dei limiti dimensionali (inferiore e superiore) all‟interno dei quali
un‟impresa si può considerare media2 trova quasi sempre diverse soluzioni da ricerca a
ricerca, poiché le dimensioni alle quali le imprese “di mezzo” assumono comportamenti
specifici a loro speculari sono diverse a seconda delle caratteristiche studiate.
Premesso ciò, si può notare che gli studi sulle medie imprese si basano di solito su una
definizione ex ante delle dimensioni considerate rilevanti, fissate sulla base di
considerazioni essenzialmente soggettive. Una volta definiti i limiti dimensionali, si
osservano gli aspetti strutturali e comportamentali delle imprese che ricadono in questi
2
Per quanto riguarda la variabile con cui misurare la dimensione, i termini di riferimento più diffusi sono
il numero dei dipendenti (cui è associato il grado di complessità organizzativa interna) e l‟ammontare del
fatturato (cui è associata l‟ampiezza del mercato di riferimento).
9
limiti, e si verificano le peculiarità rispetto alle imprese di dimensioni inferiori e
superiori.
Una via poco esplorata è il percorso logico inverso: ricercare empiricamente se esistono,
e in caso positivo quali sono i raggruppamenti dimensionali entro i quali una certa
caratteristica delle imprese assume valori significatamene diversi dagli altri possibili
raggruppamenti.
In questo modo la definizione dei limiti dimensionali da attribuire alle medie imprese
non sarebbe assunto a priori, ma emergerebbe dall‟osservazione dell‟intera distribuzione
di imprese. Un approccio del genere porta ad individuare intervalli dimensionali diversi
da settore a settore, giustificando empiricamente la convinzione che le dimensioni da
attribuire alle medie imprese sono influenzate dal settore di appartenenza.
Sono molti i fattori per cui, a parità di dimensioni assolute (numero di dipendenti e
fatturato), il settore di appartenenza influenza il comportamento delle imprese,
rendendole a seconda dei casi più simile a quello delle grandi o a quello delle piccole.
Ad esempio l‟intensità innovativa e la natura della tecnologia, le forme di mercato e
l‟intensità competitiva.
Il riferimento normativo rimanda alla Raccomandazione dell‟Unione Europea n.
96/280/CE, così come modificata dalla Raccomandazione n. 2003/361/CE, secondo la
quale sono medie imprese quelle che presentano un‟occupazione da 50 a 249 addetti e
un fatturato da 10 a 49 milioni di euro mentre sono considerate grandi imprese quelle
con un‟occupazione superiore ai 250 addetti e un fatturato superiore ai 50 milioni di
euro.
Già con la raccomandazione 96/280/CE, quindi, la Commissione delle Comunità
Europea volle sottolineare la necessità di definire le medie imprese in modo preciso ed
unitario.
La difformità dei criteri utilizzati per definire le PMI e, di conseguenza, la molteplicità
di definizioni utilizzate a livello unitario e a livello nazionale sarebbe potuta diventare
fonte di incoerenza. Il programma aveva lo scopo di aumentare il coordinamento tra le
iniziative comunitarie a favore delle PMI, con quelle intraprese a livello nazionale.
10
In un mercato unico senza frontiere interne le imprese devono essere oggetto di
politiche basate su regole comuni; se si considera, infatti, la forte interazione tra le
misure di sostegno nazionali e comunitarie a favore di questa categorie di imprese (per
esempio, fondi strutturali e di ricerca), è fondamentale evitare che la Comunità sviluppi
progetti mirati al sostegno di una determinata categoria di PMI, mentre gli Stati membri
guardino verso altre.
L'utilizzo della stessa definizione da parte della Commissione, degli Stati membri, della
Banca europea per gli investimenti (BEI) e dal Fondo europeo per gli investimenti (FEI)
ha reso possibile aumentare la coerenza e l'efficacia delle politiche indirizzate alle PMI
e ha limitato il conseguente rischio di distorsione della concorrenza.
Questo va considerato solamente un punto di partenza poiché non è una classificazione
vincolante. Gli studiosi utilizzano limiti più ampi da quelli indicati in sede UE,
soprattutto per quanto riguarda il limite superiore. In molti casi si preferisce usare il
valore del fatturato indipendentemente dal numero degli occupati, ritenendo il primo
indicatore più adeguato a cogliere l‟effettivo peso di un‟impresa nell‟economia3.
La definizione di media impresa è fortemente condizionata dalla struttura dimensionale
del sistema italiano. Quelle che noi consideriamo medie imprese appaiono decisamente
piccole quando il confronto si estende a livello internazionale4, e non ci si può
solamente appellare alle diversità delle situazioni istituzionali e dei percorsi storici che
hanno caratterizzato il nostro paese.
Nella prospettiva dei mercati internazionali, intesi non solo come mercati di sbocco ma
come ambito di operatività, un‟impresa da 60 o da 150 addetti è un‟impresa piccola.
La soglia dei 250 addetti (e forse anche dei 500) dovrebbe considerarsi come il limite
inferiore anziché quello superiore al fine di distinguere le medie imprese dalle piccole.
Nella tabella qui riportata l‟aggregato “media impresa” è indicato con un numero di
addetti (50-499) diverso da quello indicato nella Raccomandazione dell‟Unione
Europea 2003/361/CE. Questo avviene, poiché è consuetudine, anche a livello
comunitario, innalzare il limite superiore quando si vuole studiare il comportamento
dell‟aggregato in questione.
3
Bonomi (1997) identifica le medie imprese come quelle con fatturato fra i 100 e i 750 milioni di euro
(dati originariamente in lire).
4
Zanetti G., Alzona G., Europa e Italia: la sfida della competitività, Bologna, Il Mulino, 2004
11
Tab. 1.1 - Distribuzione delle imprese e degli addetti per classi di addetti
Dimensione 1991 1996 2001
Imprese % Imprese % Imprese %
Piccole (1-49) 3.102.923 99,36 3.502.150 99,46 3.811.323 99,4
Medie (50-499) 17.120 0,55 16.633 0,47 19.862 0,52
Grandi (500 e oltre) 2.837 0,09 2.633 0,07 3.191 0,08
di cui 250-449 1.664 0,05 1.572 0,04 1.877 0,05
Totale 3.122.880 100 3.521.416 100 3.834.376 100
Dimensione 1991 1996 2001
Addetti % Addetti % Addetti %
Piccole (1-49) 9.321.805 66,1 9.416.052 68,2 10.093.144 66,7
Medie (50-499) 1.642.869 11,7 1.609.703 11,7 1.902.681 12,6
Grandi (500 e oltre) 3.123.337 22,2 2.767.213 20,1 3.135.745 20,7
di cui 250-449 566.173 4 537.736 3,9 643.620 4,3
Totale 14.088.011 100 13.792.968 100 15.131.570 100
Fonte: Istat, Censimento dell‟industria e dei servizi.
Nel decennio preso in esame dalla Tab.1 si possono osservare due differenti dinamiche,
la prima riferita al periodo 1991-1996 e l‟altra che prende in esame il periodo 1996-
2001.
Nel primo periodo (1991-1996) emergono gli effetti della crisi economica del 1993 nel
crollo dell‟occupazione nella media e nella grande impresa, con la sola categoria della
piccola impresa che riesce a crescere sia intermini di unità produttive che di addetti.
Le imprese di media-grande dimensione dimostrano grandi segnali di crisi; il sistema
Italia è, quindi, trainato dall‟esercito di piccole e piccolissime imprese le quali, tuttavia,
non hanno né i mezzi né l‟organizzazione per compensare le inefficienze delle grandi
imprese.
Nel periodo successivo (1996-2001) la dimensione medio-grande sembra ritrovare una
nuova vivacità. Essa mostra una rapida crescita numerica, con tassi superiori alla media.
Si mettono particolarmente in mostra la classe (250 ed oltre) con un tasso di crescita del
21,2% e la classe (50-249) con un +19,4%, pari a 3.229 nuove imprese.
12
Per quanto riguarda il lato occupazionale, si riscontra un aumento in tutte e tre le classi
dimensionali, in particolare nella media e nella grande impresa.
Nel decennio in cui l‟industria italiana sembra trovare solo soluzioni transitorie per
risolvere le proprie difficoltà strutturali, si afferma la media impresa come nuovo
protagonista della scena imprenditoriale, soprattutto per il suo impatto sull‟occupazione.
Nel 2001 le medie imprese erano non più dello 0.6% del totale pur assorbendo
occupazione per il 12,6%, con una dimensione media di circa 96 addetti contro la media
generale italiana di 3,9 addetti per impresa, largamente al di sotto dei 15 addetti per
impresa, calcolati da Eurostat per le imprese europee.
Tra il 1991 e il 2001 la media impresa guadagna quasi un punto percentuale in termini
di addetti, e mostra una forte dinamica settoriale, compensando così il declino del
manifatturiero con un rafforzamento delle attività nel commercio e nei servizi.
1.1.2 Elementi qualitativi per una definizione
La definizione di uno spartiacque quantitativo costituisce solamente un primo elemento
per distinguere le medie imprese dalle altre. Ogni definizione di un oggetto di studio
deve infatti accompagnare elementi quantitativi ed elementi qualitativi.
Le medie imprese si caratterizzano per i seguenti elementi:
Team di vertice allargato. Rispetto alle imprese di piccole dimensioni
caratterizzate da un vertice ristretto in cui una o pochissime persone sono
portatrici dell‟idea imprenditoriale, le medie imprese vedono aumentare le
risorse e le competenze distintive al proprio interno, così come la complessità
della struttura. Nasce un direttivo necessario per favorire l‟integrazione
gestionale non più raggiungibile solo attraverso i contatti con l‟imprenditore.
Ambiti competitivi. L‟ambito competitivo di una media impresa si amplia
rispetto a quello di una piccola impresa, anche se di norma rimangono
impegnate in uno o pochi settori tra loro correlati.
In questo senso, le medie imprese rimangono quasi sempre molto focalizzate in
termini di strategia di portafoglio, operando in business tra loro fortemente
interrelati in termini di clienti, mercati, distribuzione, risorse o competenze.
13
La dimensione geografica, invece, risulta sempre estesa almeno a livello
europeo.
La famiglia. La famiglia rappresenta quasi una costante negli assetti proprietari
delle piccole e medie imprese italiane. Fornisce quasi esclusivamente il capitale
di rischio, limitando l‟ingresso di nuovi soci, ed il capitale manageriale,
inserendo nei posti chiave dell‟impresa componenti della famiglia e persone di
fiducia.
Questo punto, come si vedrò più avanti, è uno dei fattori chiave del “nanismo”
delle imprese italiane.
Territorio di origine. Le medie imprese mantengono forti legami con il territorio
di origine, anche se non appartengono a distretti industriali o a reti di imprese.
Ciò è da collegarsi certamente alla struttura della proprietà che vede ancora
presenti famiglie radicate in un territorio, ma anche a ragioni di convenienza
strategica, poiché localizzazioni rurali favoriscono una mutua dipendenza tra
l‟impresa e il territorio con indubbi vantaggi competitivi per l‟impresa in termini
di impegno da parte dello stesso territorio a sostenere lo sviluppo dell‟azienda.
Semplicità. Le medie imprese sono caratterizzate da una struttura organizzativa
e da dei sistemi operativi orientati alla semplicità. Tale semplicità è da mettere in
relazione con l‟elevata focalizzazione strategica, con la diffusa presenza di
strutture funzionali che consentono di evitare le duplicazioni proprie delle
strutture divisionali, con la scarsità di risorse di staff impegnate nella messa a
punto di sofisticati sistemi operativi e con la forte attenzione ad evitare costose
complicazioni delle modalità di svolgimento delle varie attività.
Uso delle risorse. Nelle medie imprese risulta molto intensivo l‟uso delle risorse
umane e dei macchinari. Esiste, nelle medie imprese una cultura del lavoro che
non tollera comportamenti burocratici5. Una caratteristica collegata all‟uso
intensivo delle risorse è che le medie imprese tendono ad avere uffici
sottodimensionati in termini di numero di persone, in particolare nelle funzioni
di servizio. In altre parole, ai dipendenti viene assegnato più lavoro di quanto
essi riescano agevolmente a svolgerne. L‟uso intensivo delle risorse dipende sia
5
Simon H., Hidden Champions, Boston, Harvard Business School Press, 1996
14
dalla maggiore tensione al raggiungimento degli obiettivi rispetto alle grandi
imprese, sia dal fatto che le medie imprese hanno spesso dotazioni di risorse
finanziarie limitate.
Leadership. I modelli di leadership nelle medie imprese hanno tratti in parte
comuni e in parte diversi dalle aziende di dimensioni diverse. Tipica delle medie
imprese è la capacità di costruire una cultura interna molto coesa intorno ai
valori; principi e obiettivi ben definiti è ciò che consente agli imprenditori di
molte medie imprese di utilizzare la delega in maniera efficace anche se non in
maniera ortodossa, cioè senza la definizione precisa e dettagliata di aree di
responsabilità.
Nello svolgimento delle varie attività spesso l‟imprenditore lascia margini di
autonomia importanti, pur impegnandosi direttamente con i collaboratori,
quando sia necessario, anche per favorire un processo di crescita dei
collaboratori stessi.
L‟impegno diretto dell‟imprenditore con un buon numero di collaboratori è
facilitato dalle dimensioni ancora relativamente contenute dell‟organico
personale nelle imprese di medie dimensioni.
1.1.3 Il nanismo del sistema Italia
La struttura del sistema industriale italiano è fortemente sbilanciata verso la piccola
dimensione delle imprese.
Dal Censimento dell‟industria e dei servizi redatto dall‟Istat, riportato nella Tab. 1, si
nota che, nel 2001 il 99,4% delle imprese ha meno di 49 dipendenti.
Studi recenti condotti sui processi di crescita confermano che nel corso degli anni
Novanta il passaggio dalla piccola alla media dimensione è stato un fatto relativamente
raro, come raro è la crescita dimensionale della media impresa6.
In Italia nascono ogni anno migliaia nuove imprese. Pur considerando che il numero di
nuove imprese censito dalle varie fonti statistiche risente di alcune distorsioni dovute al
6
Confindustria, Crescere. Materiali di riflessione sullo sviluppo delle imprese italiane, Roma, 2005
15
fatto che anche il cambiamento di ragione sociale viene assimilato alla nascita di una
nuova impresa e al fatto che, non di rado, le nuove imprese sono create all‟interno di
gruppi controllati dalla medesima famiglia imprenditoriale, non vi è dubbio che l‟Italia
sia un paese a forte vocazione imprenditoriale.
Tale vocazione è connaturata con la cultura del paese; dove l‟impegno a fare,
l‟individualismo, il gusto per il prodotto, l‟amore per il rischio e la propensione al
risparmio, costituiscono valori portanti nati in epoche passate e consolidatesi nel
tempo7.
Tale vocazione è poi favorita da altri fattori. In primo luogo, un sistema imprenditoriale
caratterizzato da molte piccole imprese controllate e gestite da famiglie e quando, per
effetto della “deriva generazionale”, il numero dei familiari impegnati all‟interno
aumenta, è naturale che si verifichino scissioni tra i vari rami.
In secondo luogo, la vocazione imprenditoriale è favorita dalla presenza di molte
imprese italiane in settori caratterizzati da basse barriere all‟entrata in termini di
investimenti necessari. Gli investimenti contenuti trovano ragione sia nel fatto che
molte produzioni sono caratterizzate da limitati investimenti in impianti e macchinari,
sia nel fatto che molte reti del valore possono essere scisse in unità elementari di
produzione, ognuna delle quali, ovviamente, richiede investimenti più limitati di quanto
sarebbe necessario ove le produzioni dovessero essere tutte svolte internamente.
Il terzo fattore deriva dalla presenza dei distretti industriali, ossia aree geografiche
circoscritte all‟interno delle quali sono presenti comunità di persone omogenee e
imprese tendenzialmente impegnate su specifiche lavorazioni.
Ciò rende meno costosi i processi di trasferimento di informazioni tecniche e
commerciali, facilita il reperimento di impianti, macchinari e personale specializzato,
favorisce la ricerca di clienti attratti dalla reputazione specializzata del territorio.
In definitiva, è più facile, in queste condizioni, ottenere le risorse e le competenze
necessarie ad avviare una nuova attività.
7
G. Brunetti, G. Corbetta, Alcune condizioni per lo sviluppo delle piccole e medie imprese italiane, in
“Economia e Management”, n. 5, 1996