4
Nel capitolo 7, infine, si faranno alcune considerazioni conclusive sull’argomento.
Desidero vivamente ringraziare:
* i relatori di tesi Prof. Ugo Sauro e Ing. Ermanno Finzi;
* Domenico Di Bartolomeo per la disponibilità offertami nel laboratorio di
informatica del Dipartimento di Geografia;
* i bibliotecari del Museo di Scienze Naturali di Brescia;
* il Dott. Adalberto Piccoli del Gruppo Archeologico di Cavriana;
* l'Associazione Storico Archeologico Naturalistica "La Polada" di Lonato;
* il Dott. Andrea Breda della Soprintendenza Archeologica di Brescia;
* la Dott.sa Elisabetta Roffia della Soprintendenza Archeologica di Milano;
* l'Ing. Enrico Gialdini del "Vivaio dei Molini" di Lonato;
5
2. INQUADRAMENTO GENERALE DELL'AREA STUDIATA
2.1 PREMESSA
L'area oggetto di studio appartiene all'anfiteatro morenico del Garda. Comprende
l'area collinare, e le sue immediate adiacenze, che si estende dal Fiume Mincio, a est,
fino al Golfo di Salò, a nord ovest, compresa tra la riva del lago e un limite, grosso
modo al piede dell'arco morenico più esterno e imponente, che da Gavardo e dal Chiese
scende a Lonato, Castiglione, Cavriana e Volta Mantovana.
Quest'area appartiene amministrativamente ai comuni di: Salò, Roé Volciano,
Villanuova sul Clisi, Gavardo, S.Felice del Benaco, Manerba, Moniga, Puegnago,
Muscoline, Polpenazze, Calvagese della Riviera, Soiano, Bedizzole, Padenghe, Lonato,
Desenzano, Sirmione, Pozzolengo (Provincia di Brescia); Castiglione delle Stiviere,
Solferino, Cavriana, Monzambano, Ponti sul Mincio, Volta Mantovana (Provincia di
Mantova); Peschiera (Provincia di Verona).
L'area è compresa nelle tavolette Salò, Manerba del Garda, Bedizzole, Desenzano
del Garda, Castiglione delle Stiviere, Peschiera, Cavriana, Castelnuovo Veronese,
Valeggio sul Mincio della Carta Topografica scala 1:25000 dell'Istituto Geografico
Militare e nelle sezioni della Carta Tecnica Regionale alla scala 1:10000 di Gardone
Riviera, Salò, Gavardo, Manerba, Padenghe sul Garda, Moniga, Lonato, Desenzano del
Garda, Sirmione est, Lonato sud, S.Martino della Battaglia, Ponti sul Mincio,
Castiglione delle Stiviere, Pozzolengo e Monzambano.
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2.2 CENNI GEOGRAFICI
Il Lago di Garda è il più grande lago alpino italiano, con una superficie di 368
km
2
, una lunghezza massima di 52 km ed una larghezza massima, misurata
perpendicolarmente alla lunghezza, di 16 km. La quota del pelo d'acqua è a 65 m s.l.m.
e la profondità massima è di 346 m. In relazione ad altri bacini lacustri pedemontani
possiede un bacino idrografico relativamente piccolo, dell'area di 2250 km
2
, distribuito
prevalentemente a nord e in modo dissimmetrico a ovest e a est. Il bacino idrografico
del principale immissario, il Sarca, ha una lunghezza massima di 75 km, una larghezza
massima perpendicolare di 42 km e una larghezza minima di 15 km (SAURO, 1974).
Lo spartiacque che delimita il bacino idrografico, partendo dall'inizio del Mincio
come fiume emissario, segue le colline poste a sud, sud- est e sud-ovest salendo fino al
M.Spino (1486 m) a ovest e al Col Santo (2074 m) a est. Il limite si sviluppa poi
toccando le massime altitudini del M.Presanella (3556 m) e del M.Adamello (3554 m).
Lo spartiacque presenta anche importanti depressioni: a est la Sella di Loppio
(230 m), la Sella di Terlago (580 m) e la Sella di Andalo (1050 m); a nord la Sella di
Campiglio (1650 m); a ovest la Sella di Bondo (818 m), la Sella di Tiarno (750 m) e la
Sella di Capovalle (959 m) (SAURO, 1974).
Il lago presenta, nella sua porzione settentrionale, una forma stretta e allungata in
senso NNE-SSW, direzione geologicamente riconducibile alle strutture di tipo
giudicariense, che forma una profonda insenatura tra due rive nelle quali affiorano
termini Mesozoici della successione stratigrafica lombarda, a ovest, e veneta, a est.
Nella porzione sud, invece, il bacino lacustre diventa più ampio, delimitato dalle
dorsali del più imponente anfiteatro morenico del sudalpino. Il maggiore fiume
immissario è il Fiume Sarca mentre l'emissario, come già detto, è il Fiume Mincio.
7
2.3 CENNI GEOLOGICI E GEOMORFOLOGICI
2.3.1. Formazione del bacino lacustre
Il bacino del Lago di Garda è impostato su un sistema di faglie a direzione
giudicariense NNE-SSW denominato Linea Ballino-Garda, attivo già nel Giurassico e
nel Cretaceo come sistema di scarpate tettoniche tra la Piattaforma Veneta e il Bacino
Lombardo (CASTELLARIN, 1982)
Durante la fase Eoalpina dell'orogenesi (Cretaceo) questo sistema di scarpate fa da
barriera orientale al bacino di deposizione del Flysch e della Scaglia lombarda
alimentato da aree emerse posizionate a nord del Lineamento Insubrico (DOGLIONI,
BOSELLINI, 1987).
La successiva fase Mesoalpina (Eocene superiore - Oligocene) non porta
particolari variazioni nell'area di nostro interesse. Nell'Oligocene superiore una stasi nel
regime tettonico permette il formarsi di bacini sedimentari oggetto di sedimentazione.
Nell'area del Garda affioramenti oligocenici superiori di Salò, Rocca di Manerba, M.
Brione testimoniano la presenza di un bacino sedimentario ad asse grosso modo di
direzione giudicariense (BARONI, VERCESI, 1987)
La fase Neoalpina si fa sentire, invece, in modo molto marcato.
Essa è infatti riconoscibile, nell'area gardesana, dalla superficie di erosione che, al
Monte S.Bartolomeo (Salò), separa la Scaglia Rossa e la Scaglia Cinerea dal soprastante
Conglomerato di Monte S.Bartolomeo, tardo Miocenico. Questa superficie di erosione
risale alla fase Serravalliano - Tortoniana del Neoalpino che è responsabile
dell'attivazione di faglie a carattere Valsuganese (prevalentemente ENE - WSW) e
Valtriumplino (E - W) nonché di faglie e thrust a carattere giudicariense
(CASTELLARIN et alii, 1992), che dimostrano la vergenza meridionale del sudalpino.
8
Questo sistema di faglie a rigetto molto importante taglia la serie Oligo-
Miocenica, rappresentata per esempio dalla Gonfiolite di Como e dal Conglomerato di
M.Orfano, formatisi nel precedente evento Cattiano - Aquitaniano del Neoalpino
(CASTELLARIN et alii, 1992), individuando una serie di horst e graben.
La fase Serravalliano - Tortoniana dell'orogenesi genera un imponente apporto
conglomeratico che forma, ai piedi delle Alpi, delle grandi conoidi, una delle quali
testimoniata oggi, in area benacense, dal già citato Conglomerato di S.Bartolomeo,
riconoscibile anche a Sirmione.
La correlazione tra il Conglomerato Pontico - Messiniano di Monte S.Bartolomeo
e quello di Sirmione è confermata da una analisi morfometrica che rileva principalmente
una riduzione delle dimensioni dei ciottoli assieme ad una maggiore elaborazione degli
stessi spostandoci da S.Bartolomeo a Sirmione. La conservazione dei conglomerati a
Sirmione è dovuta essenzialmente alla protezione esercitata dal promontorio in scaglia
durante le seguenti avanzate e ritirate glaciali (CHARDON, 1975).
E' verosimile pensare che l'imponente apporto conglomeratico in oggetto sia
dovuto non solo alla suddetta fase orogenetica ma anche al fenomeno coevo della crisi
di salinità Messiniana causato dalla temporanea chiusura dello Stretto di Gibilterra, da
un progressivo abbassamento del livello di base e quindi dall'aumento dell'apporto
clastico verso il mare.
A questo periodo è ascrivibile il forte approfondimento delle valli alpine che si
affacciano sulla pianura, alcune delle quali oggi ospitano i grandi laghi prealpini.
Questo approfondimento è riconoscibile con facilità nella carta delle isobate della
base del Pliocene.
Nel Pliocene inferiore si registra una trasgressione marina che esercita un certo
livellamento nella pianura grazie ai suoi depositi sedimentari, rappresentati dai 150
9
metri di sabbie e ciottoli nel sondaggio AGIP di Castenedolo e dalla presenza di argille
plioceniche al tetto dei conglomerati del Monte S.Bartolomeo (CHARDON, 1975).
Possiamo quindi immaginare che la linea di riva seguisse grosso modo i piedi
delle Alpi con indentazioni in corrispondenza delle valli.
2.3.2. Formazione dell'anfiteatro morenico
Nel Villafranchiano si registra un progressivo raffreddamento del clima, primo di
una serie di cicli puntualmente registrati nel bacino di Leffe.
Questo raffreddamento è seguito da una prima discesa dei ghiacciai, di estensione
ridotta, e dalla formazione di depositi conglomeratici, denominati "Ceppo" in
Lombardia e riconoscibili da una forte cementazione della massa, facenti parte di
enormi coni di deiezione allo sbocco delle principali valli prealpine.
Queste conoidi passano verso sud a depositi di sabbie ed argille con detriti
vegetali, torbe e tronchi, testimonianti un ambiente litorale poco profondo e a sedimenti
marini (Calabriano ?). Questo accumulo è inoltre suddiviso in due coni sovrapposti
intercalati da un orizzonte sabbioso testimone di una fase con clima più temperato e
risalita temporanea del livello del mare (CHARDON, 1975).
Al di là della discussione circa l'esistenza di una prima glaciazione (Donau) e di
una seconda (Günz) realmente distinte piuttosto che di fasi di una stessa glaciazione,
occorre evidenziare che l'estensione delle stesse è rimasta comunque limitata non
arrivando neppure alla pianura.
L'irruzione di questi primi ghiacciai nella valle gardesana ha provocato un'
erosione enorme delle valli, al contrario dei successivi ghiacciai del Quaternario medio-
recente che si sono impostati in valli già configurate ed erose.
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I movimenti tettonici villafranchiani interessanti la catena Orobica provocano
inoltre una fortissima subsidenza del bacino Padano e, di contro, un forte innalzamento
dei depositi pliocenici (300 m) in tutta l'area prealpina.
Nel bacino gardesano un conglomerato databile al villafranchiano giace sopra le
argille Plioceniche del Monte S.Bartolomeo, ad una quota di 568 m s.l.m. .
Il Villafranchiano inoltre non è documentato sulle rive del lago bensì nel
sondaggio di Castenedolo, a -535 m, documentando chiaramente i forti movimenti di
subsidenza e innalzamento a così breve distanza (VENZO, 1965; CHARDON, 1975).
Il Quaternario marino è concordante sul Pliocene, confermando una deformazione
d' insieme lenta e progressiva.
Ai piedi delle Prealpi il mare del Quaternario Inferiore accumula sabbie e argille
sui depositi pliocenici. In funzione delle variazioni climatiche gli apporti continentali
prendono il passo su quelli marini. La linea di riva è indecisa, per l'intermittenza degli
apporti glaciali i quali, nei periodi di raffreddamento, si estendono più lontano mentre il
mare si ritira al centro della Pianura. Al contrario, durante le fasi calde gli apporti
marini si estendono su quelli continentali.
Possiamo immaginare un paesaggio di vasti coni di deiezione disseminati da
distese lacustri e bracci morti di fiumi, con detriti vegetali mentre verso sud si instaura
un ambiente marino poco profondo che con gli apporti fluviali via via si sposta verso le
zone più basse del bacino padano e verso oriente.
E' soprattutto con le grandi glaciazioni successive del Mindel, Riss e Würm, e i
loro stadi, che viene a formarsi il grande anfiteatro morenico del Garda variamente
interpretato dagli autori.
Per Venzo (VENZO, 1965) i colli testimoni di Castenedolo e Ciliverghe sono da
attribuire al Mindel I col corrispondente fluvioglaciale rinvenibile nella porzione sud-
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ovest dello stesso colle di Castenedolo e nella bassa collina di Capriano, ancora più ad
ovest.
L'arco morenico di Gavardo, Bedizzole, Calcinato, Montichiari e Carpenedolo è
attribuibile al Mindel II poggiante su Günz III per Venzo, mentre per Chardon
(CHARDON, 1975) questo è Riss poggiante su Mindel.
Il potente arco morenico di Lonato e Solferino è attribuito da Venzo al Riss II
mentre il Riss I sarebbe ridotto a testimoni poco più all'esterno; solo la cerchia più
interna che si affaccia sul lago è attribuita da questo autore al Würm.
Chardon d'altro canto attribuisce tutte queste cerchie al Würm nelle sue varie fasi
relegando il Riss alla sola cerchia di Montichiari, come sopra ricordato.
Lavori recenti di Cremaschi (CREMASCHI, 1987) attribuiscono la morena di
Ciliverghe al Pleistocene inferiore, le morene dell'arco Gavardo, Bedizzole Carpenedolo
al Pleistocene medio, in varie fasi, e le morene comprese tra l'arco di Lonato e Solferino
e il lago al Pleistocene superiore, in varie fasi.
12
2.4 VARIAZIONI CLIMATICHE ED EVOLUZIONE FLORISTICA E
FAUNISTICA
Al di là della discussione circa le varie fasi di formazione delle svariate dorsali
moreniche che si susseguono attorno al Garda, seguiamo, a questo punto, il lento
processo di conquista di questo ambiente da parte della vegetazione durante le fasi
glaciali e interglaciali fino ai nostri giorni.
Questo processo è ben documentato nelle successioni polliniche, come quella
della serie lacustre di Leffe, riferibile al Villafranchiano, o quella di Castellaro
Lagusello, che dà una buona rappresentazione delle variazioni di vegetazione che si
sono seguite sulle nostre colline nel Tardiglaciale e nel Postglaciale, oppure è studiabile
attraverso l'analisi dei reperti faunistici.
Possiamo iniziare un rapido escursus su queste variazioni ambientali partendo dal
Villafranchiano superiore, documentato sia nei depositi sabbiosi deltizi, con filliti di
latifoglie, passanti a sedimenti ghiaiosi, che sovrastano i sedimenti marini del Pliocene
inferiore del Monte S.Bartolomeo, sia nella serie marina Pliocenica di Castenedolo
(150-535m) a Hyalinea baltica (Calabriano) seguita da livelli a molluschi dell'Emiliano
testimonianti episodi di raffreddamento climatico.
Il ritrovamento durante analisi microfaunistiche nei vicini Lessini
(BARTOLOMEI, 1980) di reperti ossei di roditori di tipo artico, rappresentanti ambienti
di steppe e praterie continentali, testimonia poi, nel Pleistocene medio, un clima arido
continentale, forse riconducibile alla glaciazione Günz.
A questo segue una variazione positiva temperato calda con ambiente forestale
arido di tipo mediterraneo, riferibile all'interglaciale Günz - Mindel.
Si hanno qui le prime tracce umane a livello europeo.
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In un periodo successivo si sviluppa il primo grande ghiacciaio del bacino
gardesano testimoniato, secondo Venzo (VENZO, 1965), dal cordone morenico
Gavardo - Montichiari - Carpenedolo che probabilmente si chiudeva a Sirmione. La
fase antica di questa glaciazione è documentata da una fauna rappresentante un
ambiente di prateria umida e fresca.
Sul morenico "Mindel" si riconosce una copertura loessica depositatasi nella fase
steppica continentale corrispondente alla fase di ritiro del ghiacciaio stesso.
Nel successivo lungo interglaciale Mindel - Riss a clima caldo umido di tipo
subtropicale, le morene, i substrati alluvionali ed eolici subiscono alterazione intensa,
pedogenizzazione e formazione del cosiddetto "ferretto".
In questa fase sono documentati movimenti tettonici recenti che determinano la
continua escavazione di valli precedenti tanto che è probabile che proprio in questo
momento l'erosione risaliente della val Lagarina abbia catturato l'Adige a Mori
permettendo a questo di far defluire le sue acque verso l'alta pianura veronese
(BARTOLOMEI, 1980).
Ma un successivo raffreddamento climatico (Riss) determina una nuova
espansione glaciale lungo la valle del Garda creando un nuovo imponente arco
morenico. Nelle alluvioni fluvioglaciali rissiane sono stati ritrovati reperti di megacero,
stambecco e bisonte.
Durante il successivo interglaciale Riss - Würm si evolvono suoli rossastri,
decalcificati, con alterazione parziale dei silicati e accumulo di carbonati in profondità.
Lo spessore è però minore di quello dei precedenti suoli Mindel - Riss.
Ricerche palinologiche documentano un clima subatlantico fresco ad Abies, Pinus,
Picea (Pianico - Sellere) e una fase forestale caldo umida subtropicale (Quinzano). Le
faune indicano ambienti di tipo mediterraneo.
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La successiva e ultima glaciazione detta Würm è documentata in numerosi
depositi e serie stratigrafiche. Nel Riparo Tagliente, per esempio, una successione
mousteriana documenta varie fasi climatiche.
La prima fase indica un ambiente montano a versanti degradati, con coperture
detritiche e scarsa vegetazione, prevalenti latifoglie nei fondovalle. Il clima è di tipo
montano temperato "balcanico adriatico" con estati calde e asciutte.
La seconda fase, che mostra la comparsa di specie orientali tipiche della steppa,
testimonia un clima continentale a inverni rigidi, una riduzione delle piante arboree e la
presenza di boschi di betulle nei fondovalle più umidi.
A queste segue infine una terza fase, sub-arida, con deposizione di loess. Queste
tre fasi sembrano riconducibili alle oscillazioni glaciali più fredde del Würm.
Poi il clima sembra evolversi verso condizioni temperato umide montane
continentali, con rade latifoglie nei fondovalle, immediatamente seguite da una
recrudescenza climatica segnata da ampi fenomeni erosivi riconducibili alla fase
Brandenburg, umida e fresca, e da un clima continentale freddo, più in generale
riferibile allo stadio Würm 3, durante il quale agiscono fenomeni eolici e crioclastici e
in pianura si forma un ambiente steppico a Pinus, Artemisia e Betula.
Nello stesso periodo in Europa centrale riconosciamo un paesaggio di tundra
"artica", con formazioni erbacee nordiche a Dryas e alpine, associazioni cespugliose e
assenza di vegetazione ad alto fusto. Si può far risalire a questo momento l'inizio del
Tardiglaciale che porterà, attraverso oscillazioni climatiche successive, al Postglaciale.
L'analisi palinologica di Castellaro (BERTOLDI, 1968) ed altri studi nell'area
veneta (BERTOLANI MARCHETTI, 1974; CAPUZZI, SALA, 1980) registrano bene
le variazioni climatiche e floristiche tardiglaciali e postglaciali della nostra zona.
Questo inizio è contrassegnato palinologicamente da un arricchimento della vegetazione
15
con la comparsa di Betulla, Salice, Pino e dall'incremento percentuale dei pollini di
Artemisia.
Il Dryas antico, databile tra 11300 e 14000 (15000) a.C., e la sua fase terminale
denominata pre - Bölling, è caratterizzato da vegetazione erbacea aperta e pioniera,
costituita da Artemisia, Graminacee, Cyperacee, e dalla presenza sporadica di Pini
(90%), Juniperus e Hippophae, (come nel clima attuale subartico), e qualche Betulla. Al
Riparo Tagliente, oltre alle essenze già citate sono documentate anche Chenopodiacee,
Salix e Alnus; inoltre sono riconoscibili alcune oscillazioni climatiche minori con
importante apporto eolico. Il popolamento faunistico vede prevalere lo stambecco nella
fascia pedemontana, Marmotte e Alci lungo i corsi d'acqua, Bovini nelle piane aperte. I
fronti glaciali delle lingue vallive principali sono a 200-100 m rispetto al livello del
mare attuale.
Il successivo stadio climatico di Bölling (10350-11300 a.C.), datato alla base nella
successione di Castellaro 11250±120 a.C. (BERTOLDI, 1968), è caratterizzato da un
clima temperato caldo e secco con ambienti forestali ad alberi pionieri (Pino. Betulla,..).
Nei livelli più alti dello stadio compare anche Quercus, indicando che il suo areale è in
avvicinamento. Al Riparo Tagliente si registra la comparsa di Corylus e di Ostrya
mentre per quanto riguarda la fauna domina il cervo, il capriolo, il cinghiale ed è
presente anche il camoscio.
Il Post-Bölling, o Dryas medio, datato 9800 (10000)-10350 a.C. si caratterizza per
un arretramento del Quercus che indica un leggero raffreddamento del clima ben
riconoscibile anche al Riparo Tagliente dove ricompare Marmotta Alce e Stambecco. I
fronti glaciali scendono a 500 m sul livello del mare evidenziando la cosiddetta
"espansione glaciale di Bühl".
L'Alleröd 9800(10000)-8800(9000) a.C. vede il successivo instaurarsi di un clima
caldo e secco con la ricomparsa del Quercus, l'aumento di Betula e la diminuzione di
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Pinus. Si stabilisce il Querceto misto, segno di miglioramento climatico. Compare
Quercus ilex, Pistacia, Phillipsia, Cotinus, Carpinus, Ostrya.
Il successivo peggioramento climatico del Dryas recente, datato 8300-8800 (9000)
a.C., è contraddistinto da abbondante vegetazione erbacea con l'aumento di Ephedra e
Artemisia e dalla cosiddetta "espansione glaciale di Gschnitz" che porta i fronti a 800-
900 m sul livello del mare.
Il passaggio da Tardiglaciale a Postglaciale, caratterizzato da una rapida
diffusione delle foreste, è scelto come limite tra Pleistocene e Olocene.
L'Olocene inizia con il Preboreale, (6800 (6500)-8300 a.C.), evidenziato, nella
fase antica, da bosco rado a Pinus, mentre il Quercus è in via di affermazione definitiva
e si nota la presenza di Artemisia e Ephedra. Il clima è caldo e asciutto e i fronti glaciali
principali sono a 1600 m sul livello del mare.
Il successivo Boreale, databile 5500- 6800 (6500) a.C., che vede l'esplosione nella
diffusione del nocciolo (Corylus), è contraddistinto da clima caldo secco.
La situazione climatica è in continuo netto miglioramento fino al periodo
Atlantico (2500-5500 a.C.) che fa registrare un clima caldo sempre più umido ed è
riconosciuto dagli studiosi come un periodo di "optimum climatico". Compare il faggio,
aumenta la presenza di Abies e si ha una leggera diminuzione di Corylus.
E' da notare la comparsa delle prime piante ruderali, che accompagnano la
presenza ormai massiccia dell'uomo che in questo periodo caratterizzato dallo sviluppo
delle varie culture neolitiche, comincia ad insediarsi stabilmente sul territorio e a
praticare l'agricoltura. Alcune oscillazioni glaciali portano le fronti fino a 1900-2000 m.
A questo periodo di "optimum climatico" segue il Sub-boreale (800-2500 a.C.) in
cui si ha un massimo nella presenza di Abies e Picea, la diminuzione di Quercus, Pinus
e altre essenze, tutti sintomi che denotano il passaggio ad un clima fresco e umido, la
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diminuzione della temperatura e il succedersi di periodi secchi e oscillazioni climatiche.
Tra il 1440-1300 a.C. si ha anche un avanzamento significativo delle fronti glaciali.
Nei livelli successivi si nota una massimo nella curva pollinica del faggio e la
presenza importante di essenze legate all'attività umana come Vitis, Hedera, Viscum e
piante ruderali come Plantago, Xanthium, Urticacee, Umbelliferae e Labiate. La
tendenza generale di questo periodo mostra condizioni ambientali fresco umide che
introducono al successivo periodo Sub-Atlantico databile dall'800 a.C. fino ai giorni
nostri, nel quale si ha la comparsa, nel diagramma pollinico, di Juglans e Castanea.
E' registrata un'avanzata glaciale nel 900-300 a.C. e altre avanzate successive nel
400-750 d.C., nel 1150-1250 d.C., nel 1600-1859 d.C.. Quest'ultima, chiamata "stadio
di Fernau" o piccola età glaciale, ha visto i fronti glaciali scendere fino a 2200-2400 m.
Ai fini del presente lavoro sarà utile associare le varie oscillazioni climatiche alla
successione stratigrafica degli insediamenti umani, come primo approccio per la
valutazione dell'evoluzione dei caratteri delle culture e degli insediamenti ad esse
riferibili.