dell'articolo This is the Beat Generation1, che segna l'avvio dell'esistenza
pubblica del beat. Questo vocabolo assume molteplici significati: beat
viene inteso da Kerouac come beatitudine, salvezza ascetica ed estatica
dello spiritualismo Zen che coinvolge il misticismo indotto dalle droghe,
dall'alcol, dall'incontro carnale e frenetico, dal parlare incessantemente,
sviscerando tutto ciò che la mente racchiude. Beat significa anche
battuto, sconfitto: la sconfitta inevitabile che viene dalla società, dalle sue
costrizioni, dagli schemi imposti ed inattaccabili; beat come richiamo alla
vita libera e alla consapevolezza dell'istante, la ribellione, il battito, beat
come ritmo. In particolare quello della musica jazz di Frisco e di Charlie
Parker, del be bop, quello della cadenza dei versi nelle poesie degli autori
di spicco che hanno contribuito alla diffusione del movimento. Beat è la
scoperta di sé stessi, della vita sulla strada, del sesso liberato dai
pregiudizi, della droga, dei valori umani, della coscienza collettiva; non è
politica e non è religione, è una parola che non ha un vero significato
semantico, ma più un significato mistico inisito nell'anima battuta, beata,
ritmata, ribelle di quella generazione.
Il termine beatnik invece è stato coniato dal giornalista Herb Caen
del "San Francisco Chronicle" in un suo articolo del 1958, come termine
1 «New York Times Magazine», novembre 1952
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denigratorio per riferirsi ai beats, sfruttando un gioco di parole con il
satellite sovietico Sputnik. Questo neologismo voleva sottolineare sia la
distanza dei beats dalla società corrente, sia il fatto che alcuni loro
principii erano vicini alle idee del comunismo sovietico, in un'epoca in
cui il rapporto tra la Russia e gli Stati Uniti attraversava un momento
particolarmente delicato come quello della Guerra Fredda e durante il
quale nella società americana era diffuso un senso di profondo rifiuto del
comunismo.
La crisi di Cuba del 1962, il braccio di ferro tra Kennedy e
Krusciov, rappresentò un momento di grande ansia in cui si temette una
prova di forza tra USA e URSS. Gli anni Sessanta in America e nel
mondo intero furono un periodo di grandi tensioni, culturali, politiche e
sociali: la guerra fredda, il pericolo costante della bomba atomica, la
"caccia alle streghe" maccartista e i procedimenti da inquisizione
utilizzati (arresti, interrogatori, condanne, libri bruciati o censurati e
intellettuali indicati come sovversivi); la violenza postbellica, l'aumento
della povertà, l'esistenza di un diffuso malumore operaio, la mancanza di
un vero mondo giovanile che la guerra aveva drasticamente ridotto;
l'isolamento e la frammentazione degli individui nella grande crescita
demografica, il trapasso da una generazione a un'altra e il delinearsi del
ghetto come punto nevralgico della società statunitense, con tutti i suoi
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elementi culturali (jazz, bebop, esplosioni di rabbia e primi tentativi di
organizzazione sociale delle minoranze). Per ultimo, l'aumento della
popolazione e delle sue necessità, l'espansione urbana e delle
infrastrutture, la moltiplicazione degli insediamenti industriali inquinanti
produssero una nuova consapevolezza nel modo di guardare l'ambiente.
A causa di tutto ciò si segnò una rottura storica di ampiezza e
profondità mai viste prima, che contribuì ulteriormente a determinare la
crisi epocale del periodo.
Negli anni Sessanta nascono i primi movimenti controculturali,
antiscientisti, antindustrialisti e ambientalisti. L'altissimo grado di
interconnessione e interdipendenza dei nuovi modelli urbanoindustriali si
è manifestato in molteplici fenomeni tra cui ricordiamo inquinamento
atmosferico e acustico, il problema dei rifiuti, la crescente sottrazione di
terreni alle aree agricole per le infrastrutture, la scomparsa di centinaia di
specie animali e vegetali e il disboscamento massiccio dei grandi
"polmoni" della Terra. Nella concezione distorta dell'opinione
pubblica, la fisica, la chimica, la genetica, l'elettronica e la biologia hanno
assunto una nuova immagine che non è più disinteressata e di innocente,
la ricerca scientifica inizia a porsi le prime questioni etiche.
Il nucleare è utilizzato per la produzione di energia, in vista
dell'esaurimento delle riserve di idrocarburi, consentendo in tal modo
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l'acquisto sempre maggiore di beni durevoli. I computers cominciano a
invadere gli uffici pubblici e privati.
La crisi dell'individuo nella società moderna ha contribuito alla
diffusione capillare della psicanalisi, divenuta in neppure tre decenni una
sorta di religione laica ampiamente condivisa.
La beat generation ha sicuramente più diritto di altre generazioni di
credere di aver ricevuto in eredità uno dei peggiori mondi possibili. Nella
storia americana essa è stata la prima a crescere in un'epoca in cui
l'addestramento militare in tempo di pace rappresenti un dato di fatto
della vita nazionale, a conoscere le formule "magiche" della psicanalisi
come "pane" quotidiano dell'intelletto e a cui il genocidio, il lavaggio del
cervello e la cibernetica risultino così familiari. Ed infine è la prima
generazione che sia cresciuta in un mondo nel quale la soluzione finale di
tutti i problemi sembri essere una sola: la distruzione nucleare.
La reazione fu rivoluzione. Un misto di amarezza e volontà di
lottare per sé, di scoprire le verità interiori, di combattere l'ovvietà e la
falsità delle generazioni adulte con armi che vanno dalla provocazione
alla negazione, dall'attacco all'autodistruzione; con l'obiettivo di creare un
mondo nuovo.
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In quanto fenomeno sociale e di costume, i beatnicks rivelarono le
inquietudini e l'estraneità delle giovani generazioni ai valori tradizionali e
alle convenzioni sociali dell'America del secondo dopoguerra, orgogliosa
del proprio benessere materiale e della propria egemonia politica e
insieme percorsa da un'ondata nazionalista e reazionaria legata alla
Guerra Fredda. Questo senso di alienazione trovò espressione nel
percorso esistenziale e artistico di molti poeti e scrittori, culminato nella
ricerca di una libertà e di un'identità minacciate dal conformismo
imperante, compiuta dal canadese Jack Kerouac nei suoi pellegrinaggi
lungo il paese o nei "viaggi" interiori attraverso l'esperienza delle droghe,
e nella rivolta antiformalistica della produzione poetica di Allen
Ginsberg.2
Gli esponenti della Beat Generation hanno messo in discussione i
canoni tradizionali di rispettabilità attraverso modi di fare spesso eclatanti
e volutamente provocatori, usando apertamente droghe illegali e
predicando la libertà sessuale, sia da un punto di vista etero attraverso la
pratica del cosiddetto “sesso libero” sia attraverso la scoperta
dell'orgoglio omosessuale, non più tenuto nascosto ma esposto
pubblicamente.
2 Dal Dizionario di storia moderna e contemporanea Paravia, consultabile online
all'indirizzo http://www.pbmstoria.it/dizionari
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Un accenno particolare merita la diffusione delle religioni orientali,
spesso reinterpretate in chiave moderna. Esse hanno costituito un
passaggio obbligato per buona parte della popolazione americana del
dopoguerra; in particolar modo il Buddismo Zen, che durante gli anni
Cinquanta fu considerato come una risposta positiva da dare al mondo.
In questa tendenza molto generale ben presto si sono distinte diverse
correnti che hanno finito per connotare diversi gruppi sociali, molto
diversi tra di loro. Dalla cultura beat infatti hanno preso il via tutta una
serie di filoni di pensiero, mode e subculture che, allontandosi
progressivamente dai valori iniziali dei primi beatnik, incarnavano i
diversi modi di essere e di sentire il disagio dei giovani che vivevano nelle
periferie industriali delle grandi città (in particolar modo in Gran
Bretagna). Questi gruppi sociali sono a tutt'oggi riconoscibili nella società
contemporanea: i principali e più significativi sono i mods, i rockers, gli
skinheads, gli hipsters e gli hippies.
I L BEAT IN ITALIA
Nella penisola italica il movimento beat è giunto solo in maniera
marginale, sebbene i grandi scrittori americani visitassero la nostra
penisola, alcuni per trovarvi ispirazione, altri invitati a rassegne come lo
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Spoleto Festival del 1965. Ginsberg, Corso e Ferlinghetti, ad esempio,
sono stati più volte in Italia.
È stata Fernanda Pivano, con le sue traduzioni, a trasferire in Italia
la Beat generation. Oltre ad essere amica degli autori beat, ha scritto
molte prefazioni alle loro opere pubblicate in Italia. Durante gli anni
Sessanta, la casa milanese della Pivano era un importante punto di
riferimento per chi gravitava intorno al movimento beat. Fu Fernanda
Pivano a suggerire al poeta Vittorio Di Russo e ad altri giovani italiani il
titolo di "Mondo Beat" per quella che è considerata la prima rivista
underground italiana e che inizia le pubblicazioni nel novembre 1966.
Ben presto, la rivista diventa il riferimento e la voce del nuovo un
movimento di "capelloni”; la stampa "benpensante" inizia una forte
campagna tesa a denunciare il fenomeno Beat, accusando i suoi
partecipanti che si erano raggruppavano nelle periferie delle metropoli,
vivendo spesso in tendopoli, di contravvenire alle regole della moralità e
di rappresentare un serio pericolo di pandemia per la città a causa delle
precarie condizioni igieniche.
Tra i poeti beat italiani ricordiamo Gianni Milano, attualmente
ancora in attività, mentre per quanto riguarda i numerosissimi complessi
beat nati negli anni Sessanta e rivalutati negli anni Ottanta (che tutt'oggi
le giovani generazioni ricordano – si pensi agli Equipe 84, ai Dik Dik, ai
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