Capitolo 2: Evoluzione della casa a schiera dall’1800 ai giorni nostri
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2. Evoluzione degli edifici a schiera dal 1800 ai giorni
nostri
Appartiene alla classe tipologica delle residenze unifamiliari. E’ costituita
dall’accostamento di case unifamiliari in cui l’associazione degli alloggi avviene
per addizione laterale con accostamento totale o parziale nel senso trasversale.
Fonda le sue matrici storiche prevalentemente nelle residenze operaie delle città
europee.
Una peculiarità di questo tipo edilizio è la completa e totale separazione tra
zona notte e zona giorno. Le zone funzionali dell’alloggio sono infatti sempre
sfalsate di un piano. A fronte della chiarezza distributiva esemplare ed
ineccepibile (almeno nella stragrande maggioranza dei casi) fa riscontro qualche
disagio e problema dovuto all’esigenza di superare un dislivello di un piano
ogniqualvolta ci si debba trasferire dalla zona notte alla zona giorno e viceversa.
Storicamente riveste importanza determinante per la configurazione
complessiva della maggior parte dei quartieri residenziali dell’architettura
moderna.
Le combinazioni aggregative di tali tipi edilizi sono alla base di interventi
residenziali, sempre a bassa densità, con una maggior utilizzazione del territorio
su cui insistono. E’un modello estremamente diffuso anche nella
contemporaneità.
L’origine della casa a schiera europea risale all’Alto Medio Evo ed è da mettere
in relazione con la rinascita della vita urbana che accompagna la formazione di
una classe di artigiani e mercanti che si insediano nelle città e ne promuovono
la ristrutturazione e la crescita lungo le vie d’accesso, dando origine ai borghi,
insediamenti lineari aderenti ad un percorso.
L’alto sfruttamento del fronte e del lotto che derivano dall’esigenza di
addensamento tipica dei centri di scambio, sono fin dalle origini i tratti
caratteristici di questo tipo edilizio e ne fanno un’abitazione eminentemente
urbana, che permette di raggiungere alte densità senza rinunciare alla
individualità della casa e ad uno stretto rapporto col suolo e con la strada.
L’edilizia gotica delle città europee ci mostra una varietà illimitata di esempi,
dalle modeste abitazioni dei pescatori della laguna veneta alle grandi dimore dei
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mercanti fiamminghi. Dai primi del ’700 la dinamica delle trasformazioni urbane
si misura con i fenomeni di crescita e ristrutturazione indotti da una
concentrazione senza precedenti delle attività produttive che modifica i rapporti
spaziali tra residenza e lavoro ed apre la strada ad imponenti operazioni di
speculazione fondiaria. Nelle maggiori città europee questo processo si
accompagna ad un rafforzamento dell’apparato burocratico che estende il
proprio controllo sull’organizzazione dello spazio urbano attraverso nuovi
strumenti normativi che regolano i rapporti col capitale fondiario. Controllo e
speculazione si sviluppano a spese delle forme tradizionali di gestione e della
stessa tradizione edilizia, appoggiati da nuove tecniche e procedure. Da questo
quadro emergono i tipi residenziali in linea che facilitando le iniziative puntuali
di sfruttamento del suolo ed assecondando le esigenze di ordine e
rappresentatività dell’amministrazione pubblica, si legano alla formazione della
città borghese che ha nella Parigi haussmaniana il suo esempio più
rappresentativo.
La casa Georgiana
Da questo momento la tradizione dell’edilizia a schiera diviene patrimonio
dell’Inghilterra. La casa londinese del ‘700 descritta da John Summerson in
“Georgian London”, sorge su un lotto stretto e profondo che consente di
economizzare sul fronte e sullo sviluppo della rete stradale. Sul retro ha un
giardino o una corte e, in alcuni casi, una rimessa con la stalla servita da una
strada secondaria. Il pian terreno, leggermente più alto della strada, è costruito
su uno scantinato accessibile direttamente dall’esterno con una breve rampa di
scale.
Tra il fronte della casa e la strada c’è un’area scoperta seminterrata che si
estende fin sotto il marciapiede a formare un deposito di carbone nel quale si
può calare il combustibile senza entrare in casa, utilizzando delle aperture
circolari chiuse da tombini di ferro.
La strada è più alta del piano di campagna ed è racchiusa da due muri di
sostegno che corrono sotto il marciapiede; così l’interramento della casa si
riduce ai due-tre gradini che si incontrano uscendo nel giardino, rimasto al
livello naturale.
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Ogni casa ha due stanze per piano ed è organizzata in verticale, con una certa
meraviglia, Louis Simond, un viaggiatore dei primi dell’ottocento, citato nelle
pagine del Summerson, che a proposito delle case londinesi scrive: “Queste
case strette , alte tre o quattro piani, uno per mangiare, uno per dormire, uno
per ricevere, un quarto interrato per la cucina e a volte un quinto in alto per i
servi, e l’agilità, la disinvoltura, la rapidità con cui i membri della famiglia
corrono su e giù e stanno appollaiati sui vari piani, danno l’idea di una gabbia
con i suoi trespoli e gli uccelli”.
L'edilizia operaia dell'Ottocento
Questo modo di concepire l'abitazione si conserva anche per tutto l'Ottocento
quando la nascita della grande industria provoca una crescita senza precedenti
dei centri della produzione e del commercio. La casa a schiera vittoriana è priva
di ambienti seminterrati ed ha un avancorpo nella corte, destinato al retrocucina
ed alla dispensa, nel quale si trovano anche i servizi igienici, il deposito di
carbone e il cinerario.
AI pianterreno ha una stanza sul fronte che serve da salotto e da ingresso ed
una sul retro, utilizzata come cucina e stanza da pranzo, che ha una stufa a
carbone ed un lavello dotato di una presa di acqua fredda. Il tipo più diffuso nei
quartieri operai è la casa di due stanze per piano che deriva dalla trasposizione
in città del" cottage" dei lavoratori agricoli.
Dopo un periodo di sfruttamento indiscriminato del suolo in cui si usano anche
case costruite dorso a dorso, la legislazione degli anni settanta favorisce la
diffusione di questo tipo che assume forme quasi standardizzate. Le varianti
dell'organizzazione planimetrica dipendono dalla posizione della scala. Nei tipi
più semplici, che a volte sono privi di aggiunte sul retro, la rampa sale dal fondo
della cucina al piano superiore lungo uno dei due muri trasversali; in altri è
posta al centro dell'alloggio con orditura parallela alla facciata e divide la cucina
dal salotto; ma la soluzione più diffusa è quella con la scala longitudinale,
allineata con l'ingresso dalla strada. Un terzo tipo di abitazione con standards di
costruzione più elevati che si riflettono nei particolari architettonici, ha tre
camere da letto al primo piano, una delle quali è costruita sull'avancorpo
destinato al retrocucina ed ai servizi.
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La diffusione di questa edilizia in tutto il paese è documentata negli studi degli
ultimi anni sul riuso del patrimonio esistente. Interi quartieri di case a schiera,
con una fitta scacchiera di strade e una altissima densità edilizia (75-125 alloggi
per ettaro) sono uno spettacolo familiare nelle zone residenziali interne dei
paesi delle città industriali del Centro e del Nord. Le case sono contenute sul filo
del marciapiede, e formano isolati rettangolari profondi venticinque-trenta metri
e lunghi sessanta o settanta, edificati su due o quattro lati, con uno stretto
vicolo interno che permette di accedere alle corti per i rifornimenti di carbone e
la vuotatura dei pozzi neri. La dimensione media degli alloggi varia da 70 a 120
metri quadri ma è difficile immaginare l'affollamento a cui erano sottoposte le
abitazioni. Nei più antichi quartieri di case a schiera l'edilizia copre il 40% del
suolo, le strade fino al 50% e il resto è interessato dalle corti. In seguito la
percentuale di verde privato cresce fino al 30% a spese della superficie stradale
mentre l'area coperta dalle case si mantiene sul valore iniziale. Altri esempi di
edilizia a schiera si trovano nei villaggi operai costruiti per insediare la
manodopera presso impianti di produzione decentrati o per legare stabilmente
alla fabbrica gli operai più competenti e specializzati. L'edilizia di questi
insediamenti, improntati a forme di paternalismo illuminato o di utopismo
riformista, ha spesso un carattere celebrativo ed è ricca di riferimenti al mondo
preindustriale e alla civiltà contadina, la cui immagine rassicurante si
sovrappone allo squallore della fabbrica. Ma nei limiti economici delle operazioni
che non sempre consentono di sfuggire alle pratiche più scandalose di
speculazione, le abitazioni sono mediamente più qualificate dell'edilizia
speculativa del tempo e anticipano in qualche caso gli standards dimensionali ed
igienici che verranno adottati alla fine del secolo. Nei migliori esempi realizzati
in Inghilterra, come Port Sunlight, Aintree e Bournville si fa uso di abitazioni
spaziose, con fronte di cinque-sei metri, dotate di tre camere da letto, con
servizi all'interno dell'alloggio. Sul piano della progettazione urbanistica la
dimensione di alcune iniziative consente di cercare alternative alle monotone
scacchiere di isolati. Se nei primi esempi realizzati la presenza della fabbrica e
delle istituzioni assistenziali costituisce un riferimento inevitabile, i quartieri
della fine del secolo hanno già una struttura più complessa che anticipa certe
acquisizioni della città giardino e talvolta preannuncia certe forme, ispirate alla
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cooperazione e al mutualismo, che ritroveremo nei quartieri operai degli anni
venti.
Il Congresso di Francoforte
Il secondo Congresso Internazionale di Architettura Moderna, che si svolge a
Francoforte nel 1929, è dedicato all'abitazione per « il minimo vitale" ed ha il
compito di definire le caratteristiche degli alloggi da realizzare con i programmi
di edilizia pubblica. Per l'occasione viene organizzata una mostra, curata da
Ernst May e dai suoi collaboratori dell'amministrazione comunale, che oltre ad
illustrare le principali esperienze di edilizia popolare condotte in Europa fino al
quel momento, concede molto spazio anche a contributi e proposte non
realizzate. Nella sezione sull'edilizia a schiera compaiono le case costruite da
Oud nel quartiere Kiefhoek a Rotterdam, le cellule a due e tre piani adottate nel
programma di Francoforte, le unità a piani sfalsati del quartiere Torten a
Dessau, progettate dalla sezione architettura del Bauhaus, le abitazioni di Victor
Bourgeois per i quartieri giardino di Bruxelles e un certo numero di progetti non
realizzati come le case di Rietveld per Utrecht (1928) e la « maison minimum"
di Le Corbusier.
Il tipo unifamiliare « existenzminimum" che viene discusso a Francoforte è una
casa a schiera di due piani con una superficie netta di 64 metri quadri per
quattro posti letto, che supera largamente i 40-42 metri quadri individuati come
minimo assoluto per quel tipo di alloggio.
Le Corbusier
Tra il 1920 e il '40 Le Corbusier si interessa in varie occasioni all'edilizia
unifamiliare aggregata, Nel 1924 progetta un quartiere di 130 alloggi, da
realizzare a Pessac, presso Bordeaux, per Henri Frugès, un industriale dello
zucchero, appassionato d'arte e ammiratore degli esperimenti di avanguardia.
La realizzazione procede faticosamente tra intoppi burocratici e difficoltà
tecniche che finiscono per dimezzare il programma iniziale. Vengono perciò
costruiti solo tre tipi di alloggio: case doppie a tre piani chiamate «grattacieli"
per il rapporto tra il fronte e l'altezza, schiere di due piani collegate da portici ad
arcate e case individuali a due piani, dotate di portici e logge, aggregate a
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schiera con una certa varietà di soluzioni plani metriche. Nella realizzazione di
Pessac Le Corbusier si vale di una struttura modulare a campate quadrate di
cinque metri che gli consente una notevole libertà nella organizzazione interna
degli alloggi e gli dà la possibilità di aggregare ad “L” e a “Z” le singole cellule
per formare degli slarghi nei percorsi e variare le dimensioni degli spazi
inedificati. È un procedimento, inconsueto negli anni venti che scioglie i nessi
tradizionali tra tipologia e tecnologia ed anticipa certe esperienze degli ultimi
anni, fondate sui sistemi modulari "aperti ". La sua applicazione prematura in un
contesto culturale inadatto ha suscitato una serie di trasformazioni e modifiche
da parte degli abitanti, che mettono in evidenza il contrasto tra la
sperimentazione di avanguardia e la cultura dell'abitazione radicata nelle
pratiche dell'utenza.
Nel 1933, per un programma di abitazioni destinate alla mano d'opera ausiliaria
di Barcellona, Le Corbusier utilizza la casa a schiera di tre piani come alternativa
provvisoria ai grandi edifici multipiano improponibili in quel contesto tecnico.
Per trovare una densità molto alta, equivalente a quella definitiva dei quartieri
da costruire più tardi informa di "Ville Radieuse ", gli alloggi sono uniti schiena
contro schiena, assicurando la ventilazione attraverso i portici e i vani scala,
aperti in alto per aspirare l'aria "come dei camini".
Se a Pessac il tessuto urbano è progettato sul tema dell'isolato e della strada
come nei quartieri giardino britannici, a Barcellona l'altissima densità produce
un tessuto omogeneo e compatto dove il modulo della casa a fronte stretto,
(3,50 x 10,50 metri) diviene l'unità di misura del piano. Le strade sono larghe
tre-quattro moduli, i vicoli uno, le piazze fino a sette così, scrive Le Corbusier
"la lottizzazione è estremamente variata".
Edilizia a schiera nei programmi della ricostruzione del secondo
dopoguerra
Con la fine della seconda guerra mondiale si apre un periodo di intensa attività
edilizia caratterizzato da una profonda riorganizzazione del settore pubblico.
Certi paesi prendono iniziative localmente efficaci, ma non coordinate avviando
una molteplicità d’interventi gestiti ai vari livelli dagli organi centrali e periferici
dell’amministrazione statale. Altri adottano con maggiore rapidità ed efficacia,
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dovute alle precedenti esperienze, una
politica sociale a favore degli strati
sociali che non possono accedere al
mercato libero delle abitazioni. Altri
infine si mettono rapidamente in
condizione di poter guidare il mercato,
assicurando in tutto il paese il pieno
utilizzo del patrimonio edilizio esistente
e la disponibilità di alloggi adeguati alle
esigenze dei diversi gruppi sociali. In tutti i casi l’azione dello Stato agisce in
profondità sulla produzione di edilizia residenziale e ne condiziona i risultati
quantitativi e qualitativi. Le caratteristiche degli alloggi popolari, discusse prima
della guerra ai CIAM di Francoforte e Bruxelles a fronte delle esperienze delle
grandi città europee (Vienna, Berlino, Francoforte, Amburgo, Rotterdam,
Amsterdam) vengono ora definite a scala nazionale con l’adozione di normative
tecniche che introducono nuovi standards dimensionali. Si pubblicano i primi
repertori tipologici e si diffonde una nuova manualistica sulla residenza che
divulga i risultati delle ricerche dell’avanguardia adattandoli ai diversi contesti
tecnici e sociali. Il ruolo dell’edilizia
unifamiliare nei programmi pubblici della
ricostruzione e nel successivo periodo
d’intensa attività edilizia che raggiunge le
punte massime dopo il 1960, rimane di
secondo piano, anche se non mancano gli
esempi di alto livello. La casa a schiera
con il giardino viene introdotta nei
repertori tipologici del settore pubblico
come l’alloggio più idoneo per una fascia limitata di utenza (famiglie numerose,
anziani, etc.) che richieda un numero di vani superiore alla media o
un’abitazione a contatto col suolo. Vengono così abbandonati i tentativi di
risolvere con l’edilizia orizzontale la necessaria varietà di alloggi richiesta dalla
nuova scala dei programmi. I tipi edilizi multipiano, soprattutto le case in linea,
sono considerati i più idonei a rispondere ad una molteplicità di esigenze e
Dortmund (D): Studio K. Marek, 1963 (planimetria)
Dortmund (D): Studio K. Marek, 1963 (prospetto)