In questo ci può aiutare il turismo sostenibile, un nuovo modo di fare turismo che rispetta
le ricchezze del luogo con il quale si entra in contatto. Il termine, nato negli anni Novanta
del secolo scorso, nel suo significato più ampio comprende la salvaguardia non solamente
dell’equilibrio ambientale, ma anche della popolazione locale e delle tradizioni che ne
fanno parte. Applicato al medio Brenta esso vuol dire protezione dell’ambiente e delle
ricchezze naturalistiche ma anche di tutte quelle pratiche tradizionali che sono ancora in
uso: i prati stabili, l’irrigazione per scorrimento, la fruizione ricreativa del fiume, la
balneazione fluviale ecc...
Un turismo di questo tipo permette molteplici ‘modi di vivere il territorio’: il turismo
equestre, il cicloturismo, le escursioni a piedi o con la canoa, ma anche con i pattini o lo
skateboard. Tutte pratiche includono in sé spostamenti non inquinanti, con una salutare
attività fisica che di questi tempi non può che far bene all’interno di una vita che si
caratterizza sempre più all’insegna della sedentarietà.
Dopo essere venuta a conoscenza di tutto ciò ed abitando in questi luoghi, ho pensato di
proporre degli itinerari ciclabili nell’immediato entroterra del medio Brenta, che facessero
riscoprire ai Padovani le loro origini e le ricchezze del territorio in cui vivono. Inoltre, essi
possono costituire un valido ed insolito approccio a quanti desiderano conoscere la
Regione Veneto e hanno piacere di farlo attraverso un inusuale punto di vista
1
.
Ho ideato degli itinerari il più possibile lontano dalle zone soggette a traffico motorizzato;
per questa ragione ho escluso di proposito il transito sui ponti di collegamento tra le
sponde del Brenta, andando ad individuare due itinerari: quello destra Brenta e quello
sinistra Brenta. Ho però ritenuto utile segnalare le strade per congiungerli in modo da
rendere possibile percorsi più brevi a chi lo desideri. Sono contenute, inoltre, indicazioni su
bed and breakfast e agriturismi della zona, così da poter rendere questo elaborato
direttamente spendibile sul territorio, magari in sella ad una bicicletta, in una giornata di
primavera.
1
La maggior parte di quanti visitano la nostra regione spende qui non più di 2-3 giorni, visitando Venezia,
Verona e forse qualche altra città ma sempre escludendo i territori circostanti, non meno ricchi di storia e
cultura.
7
8
1. IL TURISMO SOSTENIBILE: FORME APPLICABILI AL
CASO DEL MEDIO BRENTA
1.1. IL TURISMO SOSTENIBILE
1.1.1. L’uomo e l’ambiente
La storia del rapporto tra uomo e ambiente ha inizio nei secoli bui della preistoria, quando
l’uomo ha cominciato ad intervenire sull’ambiente per rendere la sua vita un po’ meno
difficoltosa e non più totalmente alla mercè della natura. Questo rapporto è sempre stato
caratterizzato da una profonda venerazione dell’uomo nei confronti della natura: si pensi,
ad esempio, ai culti naturali che erano praticati in quasi tutte le regioni del mondo e che
erano incentrati sugli elementi e sui fenomeni naturali. Con il miglioramento delle
condizioni di vita, che ha permesso all’uomo di avere del tempo da spendere per il proprio
divertimento, il rapporto con il paesaggio ha cominciato ad avere anche un aspetto ludico.
In Europa, Greci e Romani costruirono anfiteatri e circhi in stretta relazione con l’ambiente
circostante, ma se ci si sposta negli altri continenti le cose non erano molto diverse: i
Maya, per esempio, riservavano all’interno delle loro città delle aree dedicate al gioco della
pelota.
Con il passare degli anni l’uomo è diventato sempre più aggressivo nei confronti del
territorio: alla fine del Medioevo molte aree pianeggianti vennero private del manto
boschivo che le ricopriva, modificando del tutto l’habitat naturale che si era mantenuto
stabile fino a quel momento. La Rivoluzione Industriale e la tecnologia hanno
notevolmente accelerato questo processo, infliggendo alla natura cambiamenti a cui può
difficilmente far fronte da sola. Lo stesso è avvenuto per quei luoghi deputati allo svago,
sui quali si è intervenuti con la sola logica del massimo profitto ricavabile, soprattutto a
causa della diffusione del fenomeno turistico.
1.1.2. La necessità di un nuovo rapporto
Il turismo di massa ha avuto il suo sviluppo a partire dagli anni Cinquanta grazie al
progressivo aumento del reddito pro-capite, all’accresciuta mobilità e al maggiore tempo
libero a disposizione di ognuno. Sia il carattere esplosivo sia la grande quantità di denaro
che questo fenomeno ha portato con sé, hanno contribuito al compimento di grossi attentati
al territorio. Nelle aree maggiormente interessate dal turismo, infatti, si è avuto
9
un’edificazione selvaggia e indiscriminata a discapito del paesaggio, che ha visto
irrimediabilmente compromesse le sue ricchezze naturalistiche. La creazione di queste
cittadine turistiche ha poi riproposto e ripropone ancora oggi al turista il medesimo stile di
vita frustrante dal quale egli vuole allontanarsi. La scarsità d’aree ricreative vicine ai
luoghi di residenza contribuisce, inoltre, ad aggravare l’esodo di massa verso le spiagge,
che si ripete immancabilmente ad ogni festività comportando un forte carico di stress per i
pendolari della domenica e un pesante livello d’inquinamento per l’aria sempre più
minacciata dai gas di scarico. Al di là degli opposti schieramenti di chi vede il turismo
come una minaccia al patrimonio ambientale e chi, invece, lo considera la chiave di volta
di uno sviluppo economico del territorio, la società moderna non può più fare a meno di
questo momento di rottura dai quotidiani ritmi di vita. Il nucleo su cui dibattere non è
quindi l’eliminazione del fenomeno ma una sua diversa gestione. La creazione di una rete
turistica con un diversificato ventaglio di proposte deve incentrarsi allora su delle tipologie
di vacanze più naturali e sostenibili sia per l’uomo che per l’ambiente. Questo tipo di
turismo viene definito con molti termini: soft tourism, turismo sostenibile, ecoturismo,
turismo compatibile e turismo responsabile.
Le prime avvisaglie di questo nuovo fenomeno si notarono nel nord degli Stati Uniti
durante gli anni ’80 come conseguenza della moda dilagante in quegli anni di fare turismo
in luoghi pressoché selvaggi ( Aloj Totàro, 2001, p. 49). Ma perchè il turismo sostenibile
diventi una pratica ragionata, si devono attendere le conseguenze della conferenza tenutasi
a Rio de Janeiro nel 1992, durante la quale furono trattati molti argomenti riguardanti la
salvaguardia dell’ambiente e molti stati si impegnarono ad operare a favore di uno
sviluppo sostenibile. Questo termine era stato coniato qualche anno prima durante i lavori
della commissione Brundtland, dove venne definito come sviluppo in grado di soddisfare i
bisogni delle generazioni attuali, senza compromettere la capacità delle generazioni future
di soddisfare i propri. Da questa definizione, che sintetizza le riflessioni fatte negli anni
precedenti, deriva la nozione di turismo sostenibile come diretta applicazione di quel primo
concetto in campo turistico. Questo vuol dire che il turismo deve essere capace di
mantenersi nel tempo, garantendo un equo ritorno degli investimenti, soddisfando le
esigenze della popolazione locale e dei visitatori senza intaccare irrimediabilmente le
risorse naturali (deve cioè mantenere la compatibilità ecologica).
Prima di inoltrarsi nell’analisi del concetto e delle sue possibili applicazioni, è necessario
fare un passo indietro e definire chi sono i soggetti che si devono ritenere sottoposti alle
norme del turismo responsabile. Quando si parla di difesa ambientale generalmente si
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pensa che i soggetti interessati siano solamente gli enti pubblici e l’industria turistica; in
realtà non vi possono essere tutele ambientali se gli utilizzatori, per primi, non si fanno
carico della conservazione e del rispetto per il luogo che stanno visitando. Se, infatti, un
turista da solo non può far molto in difesa dell’ambiente in mancanza di leggi adeguate, è
altrettanto vero che anche in presenza di una specifica e adeguata normativa, il
comportamento degli utilizzatori rimane indispensabile per la buona riuscita della tutela.
Come per tutte le cose, anche l’educazione ambientale deve essere insegnata a tutti i livelli
e ad ogni età ed a questo proposito risultano molto sensibili sia i bambini che gli anziani.
Alcune associazioni che operano a livello locale hanno già capito questa grande verità e si
sono mosse al riguardo. Forniamo due esempi su tutti: Il Consorzio di Bonifica
Pedemontano Brenta organizza delle giornate di studio specifiche per le scuole, durante le
quali ai bambini viene fatto capire l’importanza di proteggere le risorse naturali sia
attraverso delle ore di lezione che con delle visite all’ambiente. Per quanto riguarda gli
anziani, invece, in molti paesi del medio Brenta sono stati istituiti dei corsi pomeridiani
studiati specificatamente per i pensionati, durante i quali sono trattati diversi argomenti
d’attualità. Queste organizzazioni, tra cui L’università degli Anziani di Carmignano di
Brenta, promuovono poi frequenti visite al territorio a supporto di quanto discusso in aula
(è stata ad esempio visitata la palude di Onara).
1.1.3. Il turismo sostenibile
Com’è già stato detto, il turismo sostenibile è una forma del turismo durevole, in quanto
deve poter essere sostenuta dall’ambiente in una prospettiva a lungo raggio. A questo
scopo ed in riferimento a quanto emerso dalla Conferenza di Rio del 1992, sono stati
definiti alcuni principi generali riguardanti il turismo sostenibile
(Morazzoni, 2003, p. 104) :
• I viaggi turistici devono essere organizzati al fine di perseguire una vita sana e
attiva, in armonia con la natura;
• Le gite e le escursioni devono contribuire alla conservazione, protezione e recupero
degli ecosistemi coinvolti;
• I viaggi devono essere organizzati attraverso modalità sostenibili sia per quanto
concerne la produzione, sia per quanto concerne il consumo;
• Le nazioni devono cooperare al fine di promuovere un mercato aperto, nel quale il
commercio internazionale dei servizi turistici sia improntato alla sostenibilità;
• Gli spostamenti turistici, la pace e la protezione della natura sono interdipendenti;
11
• La protezione ambientale deve costituire un elemento integrante di qualsiasi
processo di sviluppo turistico;
• I problemi relativi allo sviluppo turistico devono essere discussi e risolti con la
partecipazione delle comunità locali;
• La pianificazione turistica deve essere organizzata a livello locale;
• Le nazioni devono fornire informazioni in caso di catastrofe naturale che possa
incidere negativamente sulla pratica turistica e sulle regioni turistiche vicine;
• Il turismo deve curare lo sviluppo dell’occupazione presso le popolazioni locali e in
particolare presso le loro fasce più deboli;
• Lo sviluppo turistico deve riconoscere, appoggiare e favorite l’identità, la cultura e
gli interessi della comunità locale;
• Il settore turistico deve rispettare la legislazione internazionale relativa alla
protezione dell’ambiente naturale.
Su questi principi si sono più o meno strettamente basate le successive legislazioni
riguardanti la pratica turistica sia a livello nazionale che comunitario, dove dal 1992 in poi
molti Libri Verdi
2
hanno trattato tematiche concernenti lo sviluppo ed il turismo sostenibili
(europa.eu.int). Come è noto, il fenomeno turistico intreccia i suoi legami con molti settori
dell’economia e della produzione. Uno dei settori collegati al turismo e che maggiormente
influisce sull’ambiente è quello dei trasposti e delle infrastrutture, che molto spesso
risponde alle necessità del turismo di massa. Allo stesso modo, in un’ottica di turismo
ecocompatibile entrambi devono rispettare il carattere e la capacità di assorbimento
dell’ambiente (naturale e antropologico) sul quale si va ad intervenire.
Come tutte le cose anche il soft tourism ha dei limiti. Prima di tutto, proprio per il suo
basso impatto ambientale, è legato ad un esiguo numero di fruitori, il che si scontra con la
logica del mercato su ampia scala, imperante nell’economia delle società occidentali che si
basano sulla massima diffusione di un prodotto standardizzato. Per controbilanciare in
parte questo disagio, si deve proporre un’ampia gamma di offerte turistiche diversificate
sia per luoghi di destinazione che per tipologia, così da distribuire al meglio il numero di
turisti che ogni anno si spostano per le vacanze. Strettamente collegato al basso carico
turistico che l’ambiente può sostenere, vi è un altro problema di non facile soluzione: il
turismo di massa è attualmente fonte di una notevole quantità di denaro che finisce nelle
tasche di molti imprenditori, spesso collegati alle amministrazioni pubbliche. E’ necessario
2
Sono documenti di riflessione affrontati dalla Commissione Europea ed in alcuni casi costituiscono il primo
passo per successivi sviluppi legislativi.
12
specificare che, se questi guadagni si rapportassero con il consumo dell’ambiente e quindi
alla spesa pubblica necessaria per arginare il fenomeno e tamponare i disastri ambientali,
non siamo sicuri che la bilancia economica chiuderebbe ancora in positivo. Naturalmente
ciò non avviene, poiché chi beneficia dei guadagni turistici non è chiamato a rispondere dei
danni che il suo lavoro causa all’ambiente.
Anche la gestione di questa forma di turismo è più complicata perchè richiede una
maggiore collaborazione tra i settori interessati e presenta maggiori vincoli d’azione
rispetto al turismo così come era inteso fino a pochi anni fa. Infine, limite certamente più
lieve ma non di minore portata, il turismo compatibile restringe necessariamente la libertà
individuale visto che, a differenza del turismo di massa, dà la priorità agli aspetti di
conservazione ambientale sull’illimitata libertà dei visitatori. A questo proposito
l’educazione ambientale di cui si discuteva nel paragrafo precedente è decisiva: solo chi
conosce le conseguenze che i suoi atti hanno sull’ambiente e il valore di quest’ultimo,
accetta di avere dei limiti, anche severi, nei suoi momenti di svago.
1.1.4. Le forme del turismo sostenibile
Il turismo sostenibile, all’interno delle diverse modalità di ‘fare vacanza’, ha molteplici
applicazioni.
L’agriturismo è una delle forme prime di questo nuovo modo di intendere la vacanza. Per
prima cosa quest’attività mette il vacanziere a diretto contatto con la natura nel quale è
immerso, che molto spesso offre angoli quasi incontaminati. Alcune aziende agricole
danno, inoltre, la possibilità a chi lo desidera, di partecipare alle attività che in essa si
svolgono, aumentando così il grado di partecipazione del turista verso un mondo che in
molti casi gli è nuovo. E’ questa, infatti, una delle conseguenze della società e dello stile di
vita in cui viviamo: relegati in grandi aree urbane cittadine per la maggior parte dell’anno,
molto spesso non si fa altro che scegliere come meta turistica un’altra cittadina fortemente
urbanizzata, ma collocata lungo la costa o tra i monti. Appare così chiaro, che veramente
poche (per non dire nulle) sono le possibilità che un cittadino ha di vedere da vicino un
animale da fattoria. L’agriturismo è pienamente inserito nella pratica del turismo
compatibile con l’ambiente anche dal punto di vista della produzione, poiché in esso si
devono consumare solo cibi prodotti all’interno dell’azienda stessa o delle zone limitrofe.
Non ultimo, queste attività turistiche, proprio per la loro posizione sono il punto di
partenza ideale per escursioni a piedi, in bicicletta o a cavallo, contribuendo a diffondere
l’abitudine ad una salutare attività fisica svolta all’aria aperta. La pratica delle vacanze in
13
campagna è stata riscoperta in questi anni ma è un’attività di antica memoria, a
testimonianza della quale rimangono le numerose residenze di campagna che i nobili d’un
tempo si fecero costruire. I motivi che sono stati fin qui elencati stanno alla base della
scelta d’includere frequenti indicazioni su come raggiungere gli agriturismi, nei percorsi
che saranno esposti nel terzo capitolo.
Meno ovvia come pratica sostenibile è, invece, il turismo nelle aree dismesse, cioè in quei
siti un tempo adibiti ad attività produttive (miniere, fabbriche, mulini..). Esso nasce in
Inghilterra sulla scia dell’interesse per il patrimonio che si verifica in Inghilterra negli anni
’60 del XX secolo, a seguito delle trasformazioni che hanno interessato il settore
industriale. Da qui il fenomeno si diffonde in concomitanza con l’attenzione dell’opinione
pubblica verso la memoria storica dell’industria e del patrimonio architettonico industriale
(Morazzoni, 2003, p. 6). Riteniamo che questa pratica debba essere inclusa tra le attività
del turismo sostenibile perchè il riutilizzo a fini turistici delle aree dismesse generalmente
comporta la riqualificazione del luogo che occupano, troppo spesso lasciato degradare
proprio dallo stato di abbandono di queste zona, a seguito della chiusura delle attività
produttive. La riconversione, inoltre, riaccende l’interesse per tutte quelle pratiche
utilizzate nell’area dismessa, direttamente collegabili con la storia e la cultura delle
popolazioni locali. In quest’ottica la riqualificazione sarebbe il primo passo verso la
valorizzazione di quella cultura, contro la standardizzazione provocata dal turismo di
massa.
Tra le due forme turistiche sta la pratica del turismo enogastronomico inteso come
riscoperta, o approfondimento, della cultura delle società tradizionali. La sua pratica è
iscrivibile nel turismo sostenibile perchè incrementa l’interesse sia verso i prodotti
biologici molto spesso oggetto dell’offerta gastronomica (le cui coltivazioni sono a
bassissima incidenza ambientale) sia verso le produzioni tradizionali (prosciutto, formaggi,
vini, ecc... di produzione locale).
Anche cicloturismo, turismo equestre e turismo fluviale sono forme di turismo alternativo,
ma di esse si parlerà in maniera più particolareggiata nei prossimi paragrafi.
1.2. LE GREENWAYS
Fortemente interconnesso alla pratica del turismo sostenibile e soprattutto a quella del
cicloturismo, il concetto di greenways nasce in America nel 1992 con il libro “Greenways
for America”. Il neologismo è composto dalla contrazione di due parole: greenbelt (cintura
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verde) e parkway (strada parco). Il primo è concetto d’antica memoria e indica la cintura
verde che si trova, o di cui si auspica la creazione, attorno ad una città. Il termine parkway,
invece, vede la sua formulazione nel 1868 come percorso viario che tiene separate le
diverse tipologie di traffico ed è costantemente interconnesso con gli spazi verdi. Negli
anni Quaranta del Novecento quest’ultimo diviene addirittura più ampio del termine
greenway, poiché inteso come creazione di una rete di mobilità dolce dalla quale l’auto
non è necessariamente esclusa (Toccolini et al., 2004, p. 11-46). Si ricordi a questo
proposito che solo dopo la Seconda Guerra Mondiale l’uso dell’auto non è più stato un
piacere, visto il vertiginoso aumento del numero dei veicoli e del traffico lungo le strade e
in città. Nel termine odierno, soprattutto com’è inteso in Europa, le greenways sono invece
definite come “sistema di percorsi dedicati ad una circolazione non motorizzata in grado di
connettere le popolazioni con le risorse del territorio (naturali, agricole, paesaggistiche,
storico-culturali) e con i "centri di vita" degli insediamenti urbanistici, sia nelle città sia
nelle aree rurali”. Questa è la definizione che ne dà l’Associazione Italiana Greenways
(A.I.G.).
E’ importante rilevare che rientrano in questa definizione i percorsi pedonali all’interno
delle singole città, che permettono la scoperta delle bellezze storico artistiche presenti al
loro interno. Non si può, invece, assolutamente parlare di greenways in presenza di mere
piste ciclabili che costeggiano strade ad alta frequenza, specie se completamente scollegate
al paesaggio che attraversano. E’ doveroso tenere presente questi aspetti, poiché troppo
spesso le amministrazioni comunali hanno voluto mascherare il loro poco interesse per la
mobilità lenta con povere sezioni stradali adibite a piste ciclabili, tra le altre cose assai
poco salutari per gli utilizzatori.
Le modalità d’utilizzo dei percorsi verdi possono essere molteplici e non ristrette al solo
utilizzo ciclistico, ma anche a piedi, a cavallo, con i pattini e con qualunque mezzo non
motorizzato. Non necessariamente, inoltre, i percorsi si devono tenere separati; basta essere
a conoscenza delle diverse categorie d’utilizzatori e avere un po’ di rispetto nei confronti
degli altri
3
. Per quanto riguarda le greenways lungo le vie d’acqua, la loro creazione
avrebbe delle ripercussioni positive, perchè verrebbe a creare una zona cuscinetto di
carattere vegetale a protezione dell’ambiente acquatico. La vegetazione ripariale, infatti,
oltre a portar una maggior regolarità nella portata del fiume, fornirebbe un’eventuale
“cassa d’espansione” per le esondazioni (Toccolini et al., 2004). Senza contare che le
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I percorsi integrati bicicletta- cavallo sono un nodo molto delicato della questione (vedi “turismo equestre
nel medio Brenta”)
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