1 –Il marino come risorsa
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dalla legge 28 genanaio 2009 n. 2, sta finalmente favoriscono a qualificare il marino come
risorsa.
L’utilizzo di questo materiale infatti è una risorsa sia di tipo economico per il cantiere
stesso in quanto riduce l’acquisto di materiale da terzi, consentendo eventualmente la
vendita del surplus scavato e sia di tipo ambientale abbattendo gli impatti sul territorio,
riducendo il ricorso a cave di materiali alluvionali, diminuendo gli impatti derivanti dal
trasporto di materiale necessario al cantiere e riducendo considerevolmente la quantità di
prodotto da lasciare in deposito.
Il riutilizzo del materiale è dunque una problematica tutto sommato recente e quindi con
ampi sbocchi di studio per possibili soluzioni.
Nei paragrafi successivi verranno descritti i riferimenti normativi italiani riguardanti le
rocce e le terre provenienti da scavo e un caso di ottimizzazione del riutilizzo del materiale
scavato da una galleria profonda di tipo ferroviaria: il Gottardo
1.2 Inquadramento normativo sulle terre e rocce da scavo
L’utilizzo di terre e rocce provenienti dallo scavo di una galleria come materiale per scopi
edili, è normato dal D.Lgs 152 del 3 aprile 2006 nella sua parte quarta. L’ art. 186, come
modificato dal D.Lgs 4/2008 fornisce la definizione di sottoprodotto come quelle sostanze
e materiali dei quali il produttore non intende disfarsi e che soddisfino i seguenti
criteri,requisiti e condizioni:
- siano originati da un processo non direttamente destinato alla loro produzione;
- il loro impiego sia certo, sin dalla fase di produzione, integrale ed avvenga
direttamente nel corso del processo di produzione o di utilizzazione
preventivamente individuato e definito;
- soddisfino requisiti merceologici e di qualità ambientale idonei a garantire che il
loro impiego non dia luogo ad emissioni e ad impatti ambientali qualitativamente e
quantitativamente diversi da quelli autorizzati per l’impianto dove sono destinati ad
essere utilizzati;
- non debbano essere sottoposti a trattamenti preventivi o a trasformazioni
preliminari per soddisfare i requisiti merceologici e di qualità ambientale di cui al
punto 3, ma posseggano tali requisiti sin dalla fase della produzione;
- abbiano un valore economico di mercato.
Le terre e rocce da scavo, sempre secondo tale articolo, sono costituite da materiale
proveniente dallo scavo di terreni vergini cioè privi di rifiuti o comunque di materiale di
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origine antropica e possono essere gestite o come rifiuto (vedasi art. 183 comma 1 lett. A)
o come sottoprodotto (art. 186) .
Qualora le terre e le rocce siano svincolati dalla definizione di rifiuti, la normativa indica
come possibili riutilizzi i reinterri, i riempimenti, le rimodellazioni e i rilevati purchè
soddisfino le seguenti condizioni:
1. l’opera o l’intervento in cui vengono utilizzate devono essere preventivamente
individuate e definite;
2. l’impiego all’interno delle suddette opere od interventi deve essere diretto;
3. già in fase di produzione deve esserci certezza di utilizzo integrale;
4. si dimostri l’utilizzo integrale;
5. non devono essere necessari trattamenti preventivi o trasformazioni preliminari per
raggiungere requisiti merceologici e di qualità ambientale idonei a garantire che il
loro impiego non dia luogo ad emissioni e, più in generale, ad impatti ambientali
qualitativamente e quantitativamente diversi da quelli ordinariamente consentiti ed
autorizzati per il sito dove sono destinate ed utilizzate;
6. l’utilizzo deve garantire un elevato livello di tutela ambientale;
7. lo smarino non deve provenire da un sito contaminato o da un sito sottoposto ad
interventi di bonifica ai sensi della Parte 4 – Titolo V del D.Lgs. 152/06;
8. le caratteristiche chimico/fisiche del marino devono essere tali che il loro utilizzo
nel sito prescelto non determini:
• rischi per la salute;
• rischi per la qualità delle matrici ambientali interessate;
avvenga nel rispetto delle norme di tutela:
• delle acque superficiali;
• delle acque sotterranee;
• della flora;
• della fauna;
• degli habitat;
• delle aree naturali protette.
9. il materiale da utilizzare non deve essere contaminato con riferimento alla
destinazione d’uso del medesimo;
10. il materiale deve essere compatibile con il sito di destinazione.
La norma indica inoltre che se il marino viene utilizzato, sempre non ricadendo nella
definizione di rifiuto, come sottoprodotto nei processi industriali in sostituzione dei
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materiali di cava deve rispettare le condizioni da 1 a 7, a cui però si aggiungono altri
requisiti da verificare preliminarmente all’ambito del procedimento di autorizzazione
dell’intervento che determina lo scavo.
L’art. 186 prevede tre casi in cui l’opera o l’intervento produca terre e/o rocce da scavo:
1) Opera o intervento soggetto a VIA o ad Autorizzazione Ambientale Integrata
(AIA).
In questo caso deve essere redatto un apposito progetto che deve contenere la
sussistenza dei sette o dieci requisiti a seconda che l’utilizzo sia per reinterri,
riempimenti, rimodellazioni e rilevati oppure per l’utilizzo in processi industriali come
sottoprodotto. Inoltre deve esplicitare i tempi dell’eventuale deposito del materiale in
attesa del suo utilizzo che di norma non possono superare un anno se l’utilizzo del
materiale è per attività diverse dal progetto stesso oppure i tempi di realizzazione della
messa in deposito che comunque non possono superare i tre anni per il riutilizzo del
materiale nell’ambito del progetto stesso.
Deve essere approvato dall’autorità titolare del relativo procedimento.
2) Opere o attività soggette a permesso di costruire o a denuncia di inizio attività
(DIA) a diverse da quelle relative al punto precedente.
In questo caso occorre dimostrare e verificare nell’ambito della procedura per il
permesso di costruire se necessario, oppure secondo la modalità di DIA.
Come nel punto precedente, il materiale deve soddisfare i sette o i dieci requisiti a
seconda del suo utilizzo, ma in questo caso i tempi dell’eventuale deposito del
materiale in attesa di essere utilizzato non possono superare di norma un anno.
3) Nel corso di lavori pubblici non soggetti a VIA e a permesso di costruzione o DIA.
In questo caso il materiale, oltre ad avere la sussistenza dei sette o dieci requisiti in
funzione del suo utilizzo, deve risultare nell’ambito di un idoneo allegato al progetto
dell’opera sottoscritto dal progettista.
I tempi dell’eventuale deposito del materiale in attesa dell’utilizzo non possono
superare di norma un anno se l’utilizzo del materiale è per attività diverse dal progetto
stesso o i tempi di realizzazione del progetto in ogni caso tre anni per il riuso
nell’ambito del progetto stesso.
Con l’approvazione della legge 28 gennaio 2009 n.2, si è convertito in legge il decreto
legge 185/2008 che stabilisce che le terre e le rocce da scavo derivanti da attività di
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costruzione utilizzate nel loro stato naturale e nello stesso sito sono state escluse dalla
disciplina dei rifiuti di cui all’art. 185, comma 1, D.Lgs. 152/06.
Infatti è stato inserito il punto c-bis) “il suolo non contaminato e altro materiale allo stato
naturale escavato nel corso dell’attività di costruzione, ove sia certo che il materiale sarà
utilizzato a fini di costruzione allo stato naturale nello stesso sito.
La nuova norma ha ripreso quanto previsto nella direttiva europea sui rifiuti, ed è
finalizzata a semplificare la gestione di questi materiali.
Il materiale di risulta da uno scavo deve essere sottoposto a 5 differenti operazioni, le quali
si rimettono sia alla fase di progettazione ( fin dal momento della produzione del materiale
da scavo,l’identificazione del sottoprodotto e la sua destinazione devono essere stabilite, in
quanto diversamente si tratterebbe di un rifiuto),sia alle fasi successive alla produzione (la
qualifica di sottoprodotto deve essere mantenuta fino al completo riutilizzo dei materiali).
Le indicazioni che si daranno in seguito sono valide per la gestione operativa dei materiali
che derivano da una qualunque attività di scavo di gallerie autostradali, ferroviarie od
idrofluviali.
In qualsiasi caso, infatti, un materiale di scavo che viene considerato come sottoprodotto,
in sede di progettazione e di esecuzione dell’opera, deve essere:
1) identificato;
2) qualificato;
3) trattato;
4) destinato;
5) quantificato.
1.3 La marchiatura CE degli aggregati
Allo scopo di creare un mercato unico europeo, costituito da più stati membri con diverse
norme, l’Unione Europea ha affrontato il problema di armonizzare le normative tecniche
per la caratterizzazione e la classificazione dei materiali commercializzabili concentrando
l’attenzione nella creazione di norme comuni agli stati membri sui seguenti punti:
- definizione dei requisiti essenziali cui i prodotti devono conformarsi;
- predisposizione di norme europee armonizzate al fine di trasformare i requisiti
essenziali in requisiti di prestazione;
- attestazione di conformità di ciascun prodotto alla sua norma specifica attraverso
un sistema di marcatura: il marchio CE.
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Per quanto riguarda la categoria dei prodotti da costruzione, il processo di armonizzazione
della normativa tecnica ha previsto l’emanazione, nel 1989, della Direttiva 89/106/CEE.
Secondo questa direttiva i prodotti da costruzione possono essere immessi sul mercato solo
se contrassegnati dalla marcatura CE, ovvero solo se presentano caratteristiche tali che le
opere in cui devono essere inglobati, montati, applicati o installati possano, se
adeguatamente progettate e costruite, soddisfare i seguenti requisiti essenziali:
- resistenza meccanica;
- sicurezza in caso di incendio;
- igiene, salute ed ambiente;
- sicurezza nell’impiego;
- protezione contro il rumore;
- risparmio energetico e ritenzione di calore.
L’attività di predisposizione di norme armonizzate vere e proprie è svolta dal CEN
(Comitato Europeo Normalizzazione) che agisce sulla base di un preciso Mandato, emesso
dalla Commissione Europea, attraverso il quale si stabiliscono le caratteristiche di
prestazione per ogni prodotto ed il sistema di attestazione di conformità relativo.
Nel caso degli inerti la Direttiva 89/106 ha dato vita al mandato M125, nell’ambito del
quale il CEN ha individuato, nella norma relativa ad ogni famiglia di prodotti, le
caratteristiche essenziali per quei tipi particolari di aggregati, non tenendo in
considerazione le proprietà prestazionali irrilevanti.
Tutto questo a livello nazionale è regolato da 2 norme:
- il DPR 21 aprile 1993, n. 246, di attuazione della direttiva 89/106/CEE relativa ai
prodotti da costruzione;
- il DPR 10 dicembre 1997, n. 499, “Regolamento recante norme di attuazione
della direttiva 93/68/CEE per la parte che modifica la direttiva 89/106/CEE in
materia di prodotti da costruzione”.
Il CEN ha individuato come rilevanti, ai fini del rispetto dei requisiti essenziali, le seguenti
proprietà per gli aggregati:
- dimensione, forma e massa delle particelle;
- resistenza alla frammentazione/frantumazione;
- pulizia;
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- resistenza alla levigabilità/abrasione/usura;
- composizione chimica;
- stabilità volumetrica;
- assorbimento d’acqua;
- sostanze pericolose;
- durabilità al gelo;
- durabilità contro la reazione alkali-aggregato.
In base alle proprietà essenziali suddette ed al Mandato ricevuto, il CEN ha elaborato le
seguenti norme armonizzate:
EN 12620 Aggregati per il calcestruzzo
EN 13043 Aggregati per miscele bituminose
EN 13055-0 Aggregati leggeri per calcestruzzi e malte
EN 13055-2 Aggregati leggeri per miscele bituminose
EN 13139 Aggregati per malta
EN 13242 Aggregati per materiali non legati e legati con leganti
idraulici per l’impiego in opere di ingegneria civile
EN 13383 Aggregati per opere di protezione
EN 13450 Aggregati per massicciate ferroviarie
Tale normativa è stata redatta tenendo conto delle esigenze, delle condizioni ambientali e
della pratica d’uso delle diverse nazioni europee. Inoltre, nel pieno rispetto dell’ultimo
punto, non si esclude che, a livello nazionale, siano emanate, con un provvedimento
ministeriale, delle istruzioni complementari allo scopo di adeguare alcune parti della
norma alla pratica d’uso consolidata e valida ove gli aggregati sono impiegati.
1.4 Il Sistema AlpTransit
Il progetto AlpTransit prevede la costruzione di due nuove linee ferroviarie che includono
circa 100kM di galleria per un quantitativo stimato di 42 milioni di tonnellate di materiale
scavato, pari alla richiesta annuale di aggregati della Svizzera.
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Figura 1-1 Progetto AlpTransit con le linee ferroviarie del Gottardo e del Lotshberg. In giallo le
gallerie.
Per quanto riguarda il Tunnel del Gottardo sono stimate 24 milioni di tonnellate di
prodotto scavato e a livello di progettazione, AlpTransit si è posto tre obiettivi chiave
riguardante questa enorme quantità di materiale:
- massimizzazione del suo riutilizzo;
- ottimizzazione a livello economico dei trattamenti necessari;
- minimizzazione degli impatti ambientali.
E’ stato stimato che il 30% del materiale scavato possa essere riutilizzato di cui 5 milioni
di tonnellate come inerte per il calcestruzzo. E’ previsto inoltre che un ulteriore 30% del
marino prodotto sarà poi in un secondo tempo immesso sul mercato come materiale da
costruzione per soggetti terzi mentre il materiale di qualità scadente verrà utilizzato per il
ripristino di cave esistenti.
La valutazione sulla possibilità del riutilizzo del materiale e sulle sue quantità, allo scopo
di elaborare un buon programma di gestione è stata fatta già in fase di progettazione, in
quanto queste valutazioni hanno influito la logistica e la composizione di macchinari
presenti in cantiere, oltreché la previsione di depositi e contratti d’appalto.
Queste valutazioni sono però ovviamente soggette a notevoli oscillazioni, per cui notevole
importanza è stata data ad analisi preliminari a livello di prospezioni e previsioni
geologiche.
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In genere, per le gallerie, tali prospezioni si basano su sondaggi di perforazione che però
danno informazioni di tipo puntuale per cui le previsioni geologiche di vaste aree di
progetto sono soggette ad una certa incertezza.
In fase di scavo, inoltre, si possono incontrare frequenti variazioni della qualità del
materiale e spesso, in una stessa sezione di galleria possono essere presenti materiali sia di
buona qualità che di tipo scadente a causa degli strati geologici che raramente sono
perpendicolari all’asse della galleria. Spesso la resistenza del materiale “in situ” risulta poi
essere molto differente da quella del materiale scavato soprattutto in quegli ammassi
rocciosi in cui sono presenti forti tensioni laterali ed alte coperture, per cui la resistenza del
materiale finale risulta essere molto minore di quella del materiale all’interno
dell’ammasso.
Detto questo è evidente che una previsione veramente attendibile sul possibile riutilizzo
del materiale, a fronte anche di intense attività di indagine preliminare, la decisione
definitiva sul riutilizzo può dunque essere presa solo sul materiale effettivamente scavato.
Per quanto riguarda il marino del Gottardo, questo viene suddiviso in tre classi:
1) inerte per il calcestruzzo;
2) materiale di riporto;
3) materiale non idoneo per la costruzione.
Per il materiale scavato dal tunnel Lotschberg una sua quota parte pari al 15% del totale è
stato identificato come materiale con caratteristiche tali per essere utilizzato come inerte
per il calcestruzzo.
1.4.1 Sistema di test/controllo qualità in AlpTransit
La valutazione finale del marino per il suo utilizzo come inerte per il calcestruzzo viene
effettuata direttamente sul materiale scavato, questa valutazione ha due scopi: il primo è
quello di verificarne l’appartenenza ad una delle tre classi citate precedentemente, e
successivamente come controllo della qualità dello scavo.
Allo scopo di tale valutazione, nel progetto AlpTransit sono stati adottati test con le
seguenti specifiche:
- conducibili in modo rapido ed economico ( i primi risultati ottenibili in 1 – 2 ore);
- caratterizzati da alta rappresentatività e riproducibilità;
- non condizionanti l’avanzamento dello scavo;
- utilizzabili per il marino generato sia con metodo tradizionale sia con macchine
di scavo.
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Per effettuare queste prove,è necessaria l’installazione di un piccolo laboratorio
all’imbocco della galleria. I criteri di prova si basano prevalentemente sulla durezza e sulla
composizione petrografica delle rocce.
Una caratteristica importante per gli inerti da calcestruzzo è una sufficiente resistenza,
attualmente è richiesta una resistenza a compressione monoassiale di almeno 100 N/mm2
per gli aggregati da calcestruzzo ma dopo una serie di più di 200 test di laboratorio e in
sito, il requisito minimo per essere utilizzato all’interno del progetto è stato ridotto a
75Nn/mm2 per avere un calcestruzzo di classe B40/30 ( 40N/ mm2 dopo 28 giorni).
L’indice di Los Angeles testa indirettamente la resistenza in accordo con le prescrizioni
della norma UNI 1097-2. Un test simile ma molto più rapido ( durata 5 minuti) è LCPC
Breakability Index ( Normativa francese AFNOR P18-579) il quale fornisce inoltre un
indice di abrasività ABR. Il test consiste nell’inserire 500g di pietrisco della frazione
granulometrica 4/6,3mm in un contenitore cilindrico metallico nel quale una piastra di
metallo ruota per 5 minuti ad una velocità di 4500rpm. Alla fine della prova viene misurata
la percentuale di campione ridotta a dimensioni inferiore di 1,6mm per valutare la
resistenza della roccia e la perdita di peso della barretta metallica per valutare l’effetto
abrasivo della roccia sull’utensile.
Figura 1-2 Esempio di apparecchiatura LCPC.
E’ stata provata una correlazione lineare tra i risultati di tale test e l’indice L.A. ( vedi
figura 1.3), per cui il test rapido è utilizzato per verificare la qualità del materiale, mentre
la prova Los Angeles viene effettuata per calibrare il metodo.
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Figura 1-3 Comparazione tra l’indice di Los Angeles ( L.A.) con l’indice Breakability Index (BR)
(Thalmann-Suter C.N. ,1999).
L’indice ricavabile dal Point Load Test ( che valuta indirettamente la resistenza a taglio)
normalmente utilizzato per valutare la durezza della roccia di opere in sotterraneo è
utilizzato per valutare la durezza della roccia.
Figura 1-4 Apparecchiatura Point Load con materiale proveniente da scavo con TBM.
Queste prove sono economiche, rapide e utilizzabili sia per il materiale derivante dallo
scavo tradizionale che con TBM, anche se bisogna ricordare che nascono essenzialmente
per verificare materiale di forma generalmente cubica o campioni derivati da carote, per
cui il materiale proveniente da scavo con TBM, dalla classica forma a scaglie,
generalmente restituisce valori generalmente in eccesso a quelli reali oltreché non essere in
completo accordo con gli standard richiesti dall’ISRM.
E’ stato però verificato che una corretta preparazione del materiale o una modifica della
formulazione del Point Load Test, minimizzano l’effetto geometrico determinato dalla
forma dei campioni provenienti dallo scavo meccanizzato.
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In figura 1.5 è rappresentato un grafico in cui viene evidenziata la zona in cui il materiale
scavato soddisfa i requisiti richiesti da AlpTransit in funzione dell’indice Point Load e
dall’indice Breackability agli inerti per produrre un calcestruzzo di classe B 40/30.
Figura 1-5 Determinazione della durezza della roccia in funzione del Point Load Test e del
Breackability Index. In azzuro la zona che soddisfa pienamente i requisiti per un calcestruzzo di classe
B 40/30 ( Thalmann-Suter C.N. ,1999).
Per quanto riguarda l’analisi petrografica, è sufficiente una visione macroscopica della
roccia come stabilito dalla norma UNI 932-3.
Nel caso del tunnel del Gottardo, scavato in una regione Alpina con presenza consistente
di rocce cristalline, sono spesso presenti lamelle di mica di diametro inferiore ai 2mm le
quali hanno influenza negativa sul calcestruzzo.
Test di laboratorio hanno però dimostrato che le lamelle di mica di dimensione minore di
0,125mm accrescono la resistenza al taglio.
La valutazione del quantitativo di mica nella sabbia ( frazione granulometrica 0-4mm) è
un’analisi che richiede un certo quantitativo di tempo. Da una serie di test si è verificato
che il quantitativo di tale minerale può essere fatta sulla sub-frazione granulometrica
0,125/0,5mm che è comunque rappresentativa di tutta la frazione granulometrica sabbia
come mostrato in figura 1.6.
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Figura 1-6 Contenuto di mica nella sub-frazione 0,125/0,5mm comparata col contenuto della frazione
sabbia 0/4mm ( Thalmann-Suter C.N. ,1999)..
AlpTransit considera accettabile una concentrazione di mica nella sabbia fino al 14%, il
che significa che il massimo contenuto di questo materiale allo stato libero nella sub-
frazione 0,25/0,5mm deve essere inferiore al 35%.
Le condizioni climatiche dei progetti in sotterraneo quali alte temperature ed umidità
favoriscono notevolmente le reazioni alcaliniche degli aggregati.
La più conosciuta è la reazione alcali-silice (ASR) che crea fessurazioni irregolari o
espulsioni localizzate di materiale che possono pregiudicare la durabilità del calcestruzzo.
In alcune tratte geologiche attraversate dal tunnel del Gottardo, è anche potenzialmente
attivabile la reazione tra alcali ed aggregato. A tale scopo, ogni 1000 metri di galleria
scavata, il materiale viene testato secondo la procedura descritta dalle nome AFNOR P18-
588 e AFNOR P18-589 affinché il materiale non sia potenzialmente soggetto alle reazioni
alcaline.
Nella tabella 1.1 sono sintetizzati gli standard richiesti,relativi riferimenti normativi e
frequenza dei test utilizzati da AlpTransit per verificare l’idoneità del materiale scavato per
essere utilizzato come inerte per il calcestruzzo.
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Tabella 1-1 Durezza e requisiti petrografici del marino per il progetto AlpTransit (Thalmann-Suter
C.N. ,1999).
1.4.2 Preparazione di inerte idoneo derivante da scavo con TBM
Il materiale scavato con TBM necessita di accorgimenti maggiori rispetto a quello scavato
con tradizionale per essere utilizzato come aggregato.
Innanzitutto necessita di un lavaggio intensivo allo scopo di rimuovere i fini costituiti dalla
roccia polverizzata sotto i dischi di dimensione minore di 0,063mm e tale frazione può
raggiungere il 12% del totale.
Numerosi test hanno dimostrato che solo il materiale sopra gli 8mm, talvolta dai 12 ai
16mm deve essere passato ad un frantumatore, preferibilmente verticale in modo che la
frantumazione avvenga tra grani, affinché abbia le caratteristiche per essere utilizzato
come aggregato per calcestruzzo.
Il materiale scavato con TBM può essere riutilizzato per il circa il 35% come inerte per
calcestruzzo ( 0-32mm) e per una quota del 45% come inerte per spritz-beton ( 0 – 8mm).
Il sistema AlpTransit consiste in un frantumatore verticale o a barre, i quali non disgregano
le parti di roccia più piccole non producendo quindi troppa sabbia.
Allo scopo di levigare gli angoli delle particelle di materiali è prescritto un mulino ad
attrito così come un sistema di vagli.
Una filtropressa è stata spesso utilizzata per eliminare il fine.
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Figura 1-7 Scema semplificativo del sistema di lavorazione del marino per la produzione di aggregati
per il calcestruzzo (Thalmann-Suter C.N. ,1999).
Molti sforzi sono stati fatti da AlpTransit allo scopo di separare la mica in lastrine dalla
sabbia. Una serie di test hanno dimostrato che una separazione in controcorrente d’acqua
non è efficiente in quanto viene eliminata anche una parte consistente di sabbia fine.
Attualmente sono in corso dei test per la separazione mediante flottazione. I primi risultati
hanno dimostrato che i minerali di mica liberi presenti nella sabbia nelle frazioni
0,063/0,125mm e 0,125/0,25mm possono essere ridotti rispettivamente del 73% e del 90%
senza perdita importante di altri minerali quali quarzo e feldspati.