6
Vailati nacque a Crema nel 1863. Compì i suoi studi universitari a Torino laureandosi
in ingegneria e in matematica pura. Divenne assistente di G. Peano alla cattedra di calcolo
infinitesimale nel 1892. Partecipò alla redazione del Formulario di Matematica, dizionario
delle più importanti proposizioni matematiche, espresse e dimostrate solo mediante simboli
logici.
In questo periodo fu a contatto con lo psicologo G. C. Ferrari3 e con L. Einaudi, di cui
condivideva la polemica antimonopolistica e antiprotezionistica.
Ben presto la sua attenzione si rivolse alla dimensione storica ed alle implicazioni
filosofiche delle moderne tecniche simboliche e della scienza in generale. Quasi inevitabile
arriva la decisione di lasciare la carica di assistente per intraprendere ricerche storiche. Da
queste ricerche nasceranno i tre corsi liberi di storia della meccanica tenuti all’Università di
Torino.
Il volontario abbandono della carriera universitaria per passare all’insegnamento liceale
dimostra, in verità, un’intransigente onestà intellettuale:
Agevol cosa gli sarebbe stata, con la cultura che possedeva e data la stima
di cui già a quell’epoca godeva conquistare una cattedra universitaria. Ma per la sua
modestia, e pel suo desiderio di libertà intellettuale, egli ebbe sempre un’invincibile
ripugnanza per quella che in gergo universitario si chiama “la fabbricazione dei
titoli”... alla forma del volume preferì sempre la forma dell’opuscolo, della nota,
dell’articolo di rivista, della recensione. Inoltre la sua tendenza a lavorare nei campi
più svariati metteva nell’imbarazzo coloro (e non mancavano certo) che ben
volentieri gli avrebbero dato una cattedra, ma non sapevano quale.4
Gli interventi al Congresso internazionale di filosofia del 1900 a Parigi, a quelli di storia
a Roma e a Ginevra del 1904 e di Heidelberg del 1908, la partecipazione a molteplici
convegni di studiosi italiani ed europei, dimostrano, attraverso relazioni con la forma concisa
degli appunti, quanto Vailati volesse rendere ragione delle diverse posizioni intellettuali: “Egli
viveva, con la misura e la pacatezza, che lo facevano assomigliare a un saggio antico, la
2Le riflessioni di Vailati furono affidate ad articoli, recensioni e prolusioni per corsi universitari, raccolti
dopo la sua morte. Il progetto di un’opera organica, in collaborazione con Mario Calderoni, restò
incompiuto a causa della sua prematura scomparsa nel 1909 [cfr. Vailati (1916)].
3
“quello che forse in altri era ricerca dell’evasione irrazionalistica, è in Vailati un rigoroso atteggiamento
scientifico che tende a sottoporre all’indagine conoscitiva anche quei settori dell’esperienza umana che
più ne sembrano lontani” [Dal Pra, “Introduzione” a Vailati (1971), p. XLVII].
4Calderoni (1909), p. 423.
7
complessa vicenda del pensiero post-romantico e lo scacco delle grandi metafisiche
ottocentesche”.5
Insegnò matematica e fisica, ma nonostante il suo carattere schivo, non si sottrasse mai
ai pubblici impegni, come l’invito da parte dell’Accademia dei Lincei a fare da editore alle
opere di Torricelli.
E una delle attività che più impegnò Vailati negli ultimi anni, con evidenti riflessi nei suoi
scritti, fu la partecipazione alla Commissione Bianchi:6oltre a cercare di far accogliere alcune
idee guida, come il superamento della separazione tra insegnamento filosofico e scientifico,
Vailati redasse il questionario da inviare agli insegnanti e i programmi di matematica e fisica da
adottarsi nella scuola secondaria.
Certo ci sono anche ombre e silenzi: un’ombra è, innanzitutto, la collaborazione con
Papini e Prezzolini al Leonardo.7 La collaborazione, durata fino al 1906 e di cui si è molto
discusso, non nacque solo dalla simpatia personale, o dal comune sfondo pragmatistico, ma
soprattutto fu un atto di reazione contro ogni forma di accademismo, in particolar modo contro
quel nuovo tipo di accademismo che cresceva attorno a La Critica.
Eppure gli accenni di Vailati a Croce sono rarissimi. Anche di fronte alla teorizzazione
crociana della netta separazione tra speculazione filosofica e metodo scientifico, Vailati preferì
tacere: un confronto implicava un discorso complessivo e un approfondimento che egli non si
sentiva ancora in grado di fare.
Con la fine dell’esperienza leonardiana Vailati comprese, allora, di essere isolato:
“difficile mi riesce di trovare anche tra i miei migliori amici degli alleati o dei compagni
d’arme”.8
Si devono poi aggiungere le tre recensioni dedicate a Otto Effertz; il silenzio sulla
polemica tra Croce e Vacca;9 il silenzio sulle teorie einsteiniane e (soprattutto vista
5Santucci (1963), p. 188.
6Nel 1905 il ministro alla Pubblica Istruzione Leonardo Bianchi insediò una Commissione Reale per indagare
sulla scuola secondaria e per formulare proposte di riforma.
7
Il Leonardo nacque a Firenze nel gennaio del 1903, ma solo in aprile Vailati ne lesse un fascicolo. La sua
collaborazione iniziò nel giugno 1904.
8
”Lettera a Prezzolini del 3 giugno 1908” in Vailati (1971).
8
la familiarità con Volterra)10 sull’analisi funzionale.
E infine una critica più generale: Vailati fu quasi sempre restio ad aggredire i grandi
problemi, anche epistemologici e preferì utilizzare la propria vasta cultura e il proprio acume
analitico in un lavoro di critica (prezioso) che richiama, nello stile sobrio e rigoroso, i modelli di
Peano e Mach.
Le parole di Micheli, in questo senso, colgono la questione in modo preciso:
Vailati fu, indubbiamente, un personaggio di secondo piano, e la sua
presenza è stata oggettivamente limitata...
Si è visto in Vailati uno storico serio e un filosofo acuto, autore di saggi
molto penetranti, e si è cercato di favorire un recupero e uno sviluppo dei risultati
cui era pervenuta la sua ricerca... Ma non pare che la lezione di Vailati abbia molto
influito sulla condizione degli odierni studi storici e filosofici. Gli è che i limiti di
Vailati sono obiettivi, intrinseci e strutturali...
Sia che si occupi di argomenti di filosofia del linguaggio, di storia della
scienza, di metodologia o di economia, egli studia ogni singola questione in modo
isolato, la vede e la analizza in sé, senza cercare di situarla in un contesto più
ampio.11 La sua riflessione procede quasi sempre per esempi, per indicazioni
staccate fra di loro, per osservazioni non correlate... non si è preoccupato di
cogliere le implicazioni e gli sviluppi che contenevano.
Le asserzioni acute e penetranti di Vailati rimangono delle brillanti
intuizioni.12
L’unico merito di Vailati e del suo tentativo di partecipare al dibattito sulla scienza sui
suoi fondamenti e la sua storia, è stato, per Micheli, quello di contribuire a snazionalizzare la
cultura italiana.
Anche le critiche ai suoi scritti di matematica si incentrano sul loro “esclusivo carattere
logico-metodologico, non dunque di creazione di nuove diramazioni della nostra scienza”.13
9Anche se si può dire profetica la lettera a Papini del 1908:“Ho l’impressione che per una quantità di
ragioni, tra le quali è da contare, oltre all’ingegno e alla cultura di Croce, anche la mancanza di tali qualità
nei difensori che presiedono e costituiscono la guarnizione dei castelli filosofici italiani, il Croce
conquisterà l’Italia filosofica ufficiale rapidamente e “senza colpe ferire”” [in Vailati (1971)].
10
I primi contributi di Volterra appaiono sul finire del secolo scorso.
11
“Vailati può essere definito un pensatore galileiano... Si pensi all’interesse di Vailati per i fenomeni
metapsichici ai quali è particolarmente attento e desideroso che siano bene accertati, essendo
l’accertamento e la classificazione il punto di partenza, mentre ogni interpretazione teorica prematura
potrebbe nuocere <dando una direzione unilaterale alle ricerche e dando occasione a sviare
inconsciamente i fatti per adattarli a delle idee preconcette> [“Lettera a Premoli del 30 giugno 1895” nel
Fondo Vailati]” [Binanti (1979), p. 61-2].
12Micheli (1980), p. 647 e sgg.
13Severi (1957), p. 1.
9
Ma, come sottolinea Guerraggio,14 l’introduzione di un distinto e specifico livello
metateorico non è storicamente corretto e non è la chiave di lettura migliore per comprendere
la filosofia di Vailati. Separare, ad esempio, la matematica dalla logica, dalla filosofia e così
via, è la negazione di uno dei maggiori capisaldi vailatiani:
E’certamente da annoverare tra i più gravi drawbacks della sempre
crescente divisione del lavoro nel campo scientifico, questo graduale dissolversi del
senso di solidarietà che legava i cultori di ogni ramo della scienza, e questo continuo
indebolirsi, in ogni singolo scienziato, della coscienza e del chiaro concetto della
propria funzione nella comune lotta contro l’ignoto e nella comune impresa diretta
ad accrescere nell’uomo la previsione e il controllo sulle forze naturali.15
Il problema è che “si guarda al significato della sua opera [di Vailati] ricercando in
essa la proposta non certo di un sistema, ma quanto meno di una via originale in filosofia”.16
Una comprensione adeguata del pensiero di Vailati si può avere solo andando
pazientemente a ricostruire il discorso nascosto nel materiale degli Scritti.
Da ciò si deduce che la limitata originalità, per esempio in matematica, è frutto di una
precisa scelta e a favore di un impegno più culturale: “Anche chi ordina, inventa; infatti
inventa l’ordine (ordo est res non minus quam res ordinanda)”.17
Logica, metodologia, studio del linguaggio, storia del sapere, valore strumentale delle
teorie, esigenza di semplificazione e di efficacia nell’indagine, ma soprattutto sua utilizzabilità:
questi i temi del pragmatismo di Vailati, cioè filosofia utile e metodo positivo.18
Mentre si opponeva al dogmatismo scientista e alla sua pretesa di assolutizzare modelli
concettuali relativi ad un determinato stadio della storia del sapere scientifico, Vailati si batteva
anche per una effettiva integrazione tra la cultura umanistica e quella scientifica.
14
”Il pensiero matematico di G. Vailati” in Vailati (1987).
15
”Lettera ad Amato Pojero dell’8 agosto 1899” in Vailati (1971).
16Milanesi (1979), p. 9.
17
”Lettera a Vacca del 13 agosto 1905” in Vailati (1971).
18
“Considerare questo pragmatismo, o positivismo critico, secondo quello che, in sede metodologica, è
oggi l’operazionismo, risulta evidente quando si leggano queste affermazioni: <La maggior parte dei fatti,
che noi diciamo esistere, esiste soltanto nel senso che noi li aspettiamo o crediamo di poterli realizzare in
date circostanze; così la maggior parte di quelle che noi chiamiamo proprietà di un corpo, per esempio, la
sua durezza, la sua massa, la sua elasticità, ecc., si riferisce non a degli aspetti del corpo direttamente
osservabili, ma a delle reazioni a cui i corpi stessi danno luogo quando siano sottoposti a un dato
trattamento> [“Uno zoologo pragmatista” in Vailati (1911), p. 731]” [Binanti (1979), p. 31].
10
Per Vailati la filosofia è riflessione sui processi reali delle varie scienze allo scopo di
confrontare metodi e risultati. L’equilibrio tra queste due esigenze, l’autosufficienza della
scienza e la permanenza del momento filosofico, è certo instabile, soprattutto da un punto di
vista teoretico; secondo, però, la prospettiva vailatiana, da un punto di vista pratico, è una
felice contraddizione che bisogna vivere.19
Già nel 1911 Giovanni Amendola scriveva:
la data dei suoi scritti ci avverte che per lui non è mai esistita quella
equazione di ritardo propria della cultura italiana fino a pochi anni or sono...
Vailati invece stabilì presto i suoi contatti con la cultura internazionale e fu
spesso il primo a parlare di cose che si discutevano altrove, senza tuttavia darsi
l’aria di far rivelazioni.20
Come viene sottolineato da Quaranta: “Vailati può essere considerato insieme a...
Groppali... Ferrari e pochi altri, uno dei grandi recensori del primo Novecento”.21
Ciò che lo spinse a questa attività fu la persuasione che uno dei compiti culturali
principali dell’intellettuale è quello di fornire alla cultura una esauriente conoscenza dei risultati
più importanti e innovativi raggiunti nei diversi campi del sapere; “E non c’è dubbio che la sua
azione... abbia contribuito efficacemente a collegare la cultura italiana con i filoni validi della
ricerca epistemologica e filosofica”.22
Scopo del presente lavoro è, dunque, rilevare il particolare rapporto che Vailati ebbe
con la cultura del suo tempo e l’interpretazione che ne diede.
In particolare, si vogliono analizzare i contributi che Vailati ha presentato nell’ambito
della ricerca logica, facendone, insieme alla nuova mentalità matematica e scientifica, uno degli
assi portanti di una nuova visione culturale ampia, differenziata, ma tendenzialmente unitaria. E’
necessario, allora, allargare il più possibile i confini della ragione, non più intendendola in senso
statico e predeterminato. Di conseguenza, la logica deve essere studiata non in “se stessa ma
per ciò che essa può e deve significare per il pensiero in generale”. 23
19
“Ce n’è abbastanza per parlare, più esattamente che talora non si sia fatto, di una posizione filosofica di
Vailati”[Santucci (1963), p. 210].
20G. Amendola (1911), p. 77.
21
In Vailati (1987), I vol., p. XXXVII.
22
Ibidem.
23L. Geymonat (1963), p. 413.
11
Per fare questo è opportuno sottolineare l’importanza dell’analisi che Vailati fa del
problema del linguaggio e della soluzione, da lui trovata grazie all’affermazione del
pragmatismo logico.
Ciò che, però, qui più interessa è l’analisi del confronto con la filosofia matematica di
Bertrand Russell.
Lo sviluppo di questo contatto tra Vailati e la cultura internazionale viene analizzato in
modo più puntuale partendo dalla lettura di alcuni brani tratti dallo scritto vailatiano “La più
recente definizione della matematica” e dal saggio di Russell The Principles of Mathematics.
Vengono, poi, messe in relazione le soluzioni date da questi due autori a tre problemi
fondamentali: il rapporto tra logica e matematica, il problema dell’ordine e quello dello spazio.
Punti di contatto iniziale saranno: la rivalutazione del pensiero di Leibniz iniziata con
l’opera di Louis Couturat a livello internazionale e di Giovanni Vacca a livello nazionale; e il
rapporto di Vailati e Russell con la figura di Giuseppe Peano e la sua scuola.
Questo discorso permetterà di sottolineare l’importanza del pensiero di Vailati. E ciò
nonostante la frammentarietà dei suoi interessi, e dunque dei suoi scritti, e il giudizio negativo di
molti studiosi (uno per tutti quello di Gentile: “indegno di qualunque posto nella storia del
pensiero filosofico”), dovuto, secondo Guerraggio, ad una grossolana sottovalutazione del
movimento scientifico italiano nel primo Novecento italiano e ad un superficiale atteggiamento
di superiorità verso le scelte operate da Vailati:
Con i suoi scritti egli aveva delineato un concreto modello di analisi
filosofica concepita come integrazione critica all’indagine scientifica e storiografica.
Un modello certo emendabile, che non mortificava però la ricerca entro schemi
prefissati o imposti dall’esterno e sollecitava invece una fertile solidarietà
interdisciplinare. Anche per questo le limpide pagine di Vailati, a chi torni oggi ad
accostarle, lasciano l’impressione non già di un pensiero ormai lontano, esaurito nel
suo orizzonte storico, ma di un’esperienza filosofica tuttora aperta, ricca di fermenti
e di stimoli che attendono ancora le scandaglio e le illuminazioni del lettore
contemporaneo.24
24Lanaro “Introduzione” a Vailati (1972), p. 31-2.
12
2. CENNI SULLA FILOSOFIA DI VAILATI.
Il pensiero di Giovanni Vailati si dispiega nel primo decennio del secolo. La sua azione
parte da diversi ambiti per giungere al progetto di rinnovamento della cultura italiana: un
progetto tipico degli intellettuali italiani dell’età giolittiana, persuasi di creare un grande
mutamento civile e un effettivo progresso sociale e culturale.
Delineando una nuova immagine della scienza e una storia del pensiero filosofico e
scientifico originale nel metodo e nei risultati, Vailati può essere considerato uno degli
intellettuali italiani più vitali di inizio secolo. Questo traspare molto bene nel suo impegno per i
congressi internazionali: di qualunque disciplina fossero, Vailati li considerò il momento in cui
diversi studiosi possono confrontarsi e procedere insieme per il progresso della ricerca.
Per questa sua vitalità, la filosofia di Vailati si collega al pensiero filosofico e scientifico
internazionale del primo Novecento, in contrasto con un positivismo ormai tramontante e in
cauta collaborazione con alcuni aspetti del nascente neo-idealismo.
Di conseguenza Vailati, approfondendo diversi problemi con indipendenza di giudizio e
delicato sense of humour, anticipò posizioni di pensiero che si sarebbero diffuse e affermate
più avanti con il nome di positivismo logico, empirismo scientifico, strumentalismo, filosofia
analitica, analisi del linguaggio, operativismo.
13
Il ricco Epistolario1 permette di capire lo spessore della sua filosofia: pur così restio
alla pubblicazione, Vailati affronta sempre con rigore e precisione i grandi problemi (ma anche
quelli di minor rilievo) nello scambio di idee con i suoi contemporanei.
Vailati comprese, tra i primi, l’importanza delle concezioni di C. S. Peirce, la cui
impostazione logica fu da lui giudicata il punto di riferimento più rigoroso per la fondazione del
pragmatismo; e dei lavori di E. Mach, con cui discusse di problemi di storia della meccanica e
di cui cercò di far tradurre gli scritti in lingua italiana; oltre a ben valutare, in anticipo sui tempi,
le idee di F. Brentano, sulla funzione della deduzione, sulle caratteristiche degli assiomi, sulla
distinzione tra proposizioni analitiche e sintetiche, sui vari tipi di argomentazione; di Lady
Welby, su problemi di filosofia del linguaggio e sulla più recente letteratura inglese su questo
argomento. Segnalò, poi, le opere dei filosofi italiani orientati in senso antimetafisico (quelli
della seconda generazione di positivisti: Enriques, Juvalta, Calderoni, Groppali...). Attraverso
le sue recensioni fece conoscere e discutere quelle proposte spesso ignorate dalla cultura
accademica italiana, per inserirle nel suo progetto di aggiornamento e rinnovamento.
Nell’elogio a Locke e nelle sue simpatie per Hume, per Berkeley e infine per Mach, si
può ravvisare una generale prospettiva empiristica, contrapposta all’indirizzo, per lui sterile, del
criticismo kantiano, considerato anzi un ostacolo per lo sviluppo scientifico.
Eppure, la sua filosofia, pur essendo attività critica, legata all’idealismo, al positivismo e
ad altre correnti, ne è, allo stesso tempo, indipendente. E’ elaborazione originale della
metodologia del pragmatismo attraverso il quale egli analizza gli aspetti strumentali, i processi
di ricerca e la portata pratica di ogni filosofia, aiutato in questo dallo studio storico dello
sviluppo della ricerca scientifica.
Per Vailati, “... leibniziano... antikantiano e, in più lockiano...”2, la filosofia deve
riguardare la connessione di morale, logica e antropologia (o psicologia come aspetto di
questa). E già qui si rivela nonostante tutto il suo debito verso Kant.
L’apporto teorico di Vailati è stato, dunque, quello di aver “rivelato il fervido contatto
spirituale esistente tra la filosofia pragmatistica e la logica matematica della scuola di Peano”,3
1Cfr. Vailati (1971).
14
soprattutto per l’interesse di entrambe per la storia delle scienze. Per questo si può parlare di
pragmatismo logico.4
Vailati non può essere ridotto, però, a mero epistemologo anche se lo è stato in modo
acuto e anticipatore:
Giovanni Vailati non formulò in modo soddisfacente tutte le sue tesi, né
riuscì a organizzarle in pieno. Eppure il suo pragmatismo... pose... uno dei problemi
essenziali della riflessione contemporanea: reagire contro l’intellettualismo senza
sacrificare i diritti della ragione, costruendo una filosofia che sia veramente il
commento continuo di ogni attività umana, opponendosi così alle degenerazioni
dell’attivismo, mettendo in luce i limiti della logica, da doversi legare al concreto, e i
problemi del linguaggio.5
“Vailati fa filosofia della scienza, ma sempre per fare filosofia dalla scienza”.6 Questo
significa che la filosofia ha il suo oggetto specifico, nonostante questo sia difficile da scoprire
perché immerso nella marea del comune, del connubio con le scienze e con le altre attività
dello spirito.
Vailati è, dunque, filosofo nel significato ordinario del linguaggio comune: quello
socratico, persino Gentile riconobbe che “era animato dal più vivo interesse per i problemi
filosofici”.7
E, questo, è un significato da non sottovalutare, secondo l’insegnamento di
Wittgenstein: è il significato che si coglie nelle domande di Kant: cosa posso sapere? cosa
devo fare? cosa mi è consentito sperare? cos’è l’uomo?8
Per Vailati la filosofia è impegno morale in questo senso, in questo interrogare
incessante sul problema antropologico, che rifugge soluzioni; ma compito del filosofo è
ipotizzare risposte, approssimare la verità.
Si può, allora, comprendere la problematica vailatiana, anche se l’interesse di Vailati è
centrato non “sulle scienza dell’uomo.. quanto sull’uomo delle scienze”,9 cioè le scienze del
2Brancaforte in Vailati (1993), p. V.
3Geymonat (1931), p. 40.
4Brancaforte, cit., parla di pragmalogicismo per sottolineare la prevalenza del logicismo.
5Garin (1946), p. 153.
6Brancaforte cit., p. III.
7Gentile (1924), p. 57.
8Cfr. Kant (1957).
9Brancaforte cit., p. VIII.
15
mondo per l’uomo e dell’uomo per se stesso; di modo che cade, in Vailati prima di altri, la
separazione tra scienze della natura e scienze dello spirito.
In questo senso, Vailati concepisce un rapporto di non esclusione tra scienza e
religione, seguendo lo sforzo di Fogazzaro teso, da un lato a “rendere la fede tradizionale più
degna di essere creduta e dall’altro a rendere la scienza più meritevole di non essere
ignorata”.10
Qui si colloca, anche, la critica all’assolutismo metafisico del positivismo: non bisogna
venerare la scienza come qualcosa di assolutamente vero. Anche la scienza ha i suoi limiti.
Accanto alla scienza deve porsi un’altra disciplina che aiuti l’uomo a fare buon uso di quella.
La filosofia è critica in quanto “filosofia della filosofia” (Dilthey). E qui ancora si può
cogliere il debito verso Kant.
La critica diventa, però, capacità di disincanto di fronte alle pretese della scienza e
dunque perfezionamento nell’uso degli strumenti di analisi, assunzione del compito di
unificazione del sapere non tramite forme a priori di stampo idealistico o classificazione
positivistica, ma grazie a un lavoro di ricerca di somiglianze, opposizione e differenze tra
diverse discipline.
E viene in mente un passo di Croce:
La classificazione delle scienze non solo è dipendente da un sistema
filosofico, ma è questo sistema stesso. La filosofia classifica se stessa e tutto il
sapere. Altrimenti non sarebbe filosofia. Filosofia è indagine della realtà ultima e
cioè dell’attività spirituale; e poiché lo spirito fa l’arte, la storia, la psicologia... e tutte
le scienze e discipline, la filosofia intende, e colloca quindi al loro posto, ciascuna di
queste scienze e discipline. Che cosa altro è classificare in senso filosofico? Che
cosa è collocare al posto dovuto se non intendere i nessi e le genesi? 11
Certo non si può parlare di una dimensione metafisica in Vailati.
La critica alla metafisica e ai suoi concetti fondamentali, come quello di causa, gli
deriva dall’empirismo britannico, soprattutto da Locke, in modo particolare per la sua pars
destruens:
E’ a lui [Locke], mille volte più che a Kant, che fa capo quello che, per
brevità, si può indicare come l’indirizzo critico della filosofia moderna:
10Dal Pra in Vailati (1971), p. IX.
11Croce (1905), p. 179.
16
quell’indirizzo , che nei suoi migliori rappresentanti, si manifesta come mirante a
emancipare la mente umana da ogni vincolo che essa non si sia consciamente e
deliberatamente imposto, da ogni vincolo di cui essa non vede la ragione, lo scopo, la
funzione, la giustificazione, da ogni vincolo che provenga da un’inabile Lenkung
della sua attività. Egli non si è accontentato di dire che la mente è attiva
nell’acquisto delle sue cognizioni: ma si è domandato in che cosa consistesse la
sua attività, e quali fossero le operazioni da essa effettuate sul materiale che
l’esperienza... le fornisce. Tali operazioni e gli strumenti che ad esse servono, egli
ha sottoposto ad analisi, ha notomizzati, ha vivisezionati. Tu dirai che talvolta li ha,
perciò appunto, dovuti ammazzare. E ti rispondo che ha fatto benissimo. I concetti
per esempio di ‘causa’ e di ‘sostanza’ dopo essere stati analizzati e decomposti da
Locke nei loro elementi, dopo essere stati da lui smascherati e fatti riconoscere
meglio per quel che sono e per quel che dovrebbero essere, non hanno perduto ma
al contrario acquisita attitudine a servirci, per quanto abbiano perduta l’attitudine di
serva-padrona che prima li contraddistingueva e li rendeva insopportabili...
Nessun filosofo, dai Greci in poi, ha avuto più chiara coscienza di Locke delle
insidie del linguaggio e delle possibilità di evitarle mediante l’appello al concreto ,
all’individuale , al particolare, di cui l’astratto, il generale non devono essere
riguardati che dei recipienti.12
Costante è la critica alla metafisica che, per Vailati, tende ad andare oltre i limiti
remunerativi della scienza e del senso comune, generando solo problemi insolubili:13
Mi sembra -dice in una lettera a Lady Welby14- che l’attività del filosofo,
quando si svolge in questa direzione, possa essere paragonata a quella di un
bambino che, poiché ha imparato a girare la vite di un binocolo da teatro, per
cercare di adattarlo alla sua vista, continua a girarla anche quando ha raggiunto il
punto della visione distinta, credendo così di veder ancor più chiaro.
E’ un proseguire l’insegnamento kantiano non pedissequamente ma in modo originale, quindi
nonostante la negazione della soluzione kantiana ad alcune problematiche particolari. L’aver
interpretato le condizioni universali di Kant come artifici di rappresentazione e le
categorie come schemi astratti ed artificiali (il problema dello spazio come intuizione
formale e il connesso problema dello schematismo trascendentale non vengono neppure
accennati) e il non aver esaminato il problema dell’oggettività spingeranno Vailati verso una
12
”Elogio di Locke” in Vailati (19112), pp. 138-9.
13
“Finché i paralogismi, le ingenuità, i preconcetti, che hanno dato luogo a malintesi di questo genere, non
vengono attaccati direttamente alla loro radice, finché la forma stessa del linguaggio tecnico non cessa di
prestarsi a dar asilo e a coprire del manto di una illusoria evidenza intuitiva le concezioni più grossolane,
rendendo estremamente difficile qualsiasi chiara distinzione tra ciò che è fatto e ciò che è ipotesi, tra ciò
che è descrizione e ciò che è interpretazione dei risultati delle osservazioni o degli esperimenti, tra ciò che
è modo di rappresentazione e ciò che è modo di spiegare, è vano immaginarsi che l’èra delle speculazioni
oziose, delle costruzioni fantastiche, dei dogmatismi ciechi, delle dispute bizantine sia chiusa
definitivamente. Si avrà un bel mettere la ‘metafisica’ alla porta: essa rientrerà per la finestra...; e l’averle
chiusa la porta in faccia non farà che render più difficile il cacciarla fuori un’altra volta” in Vailati (1911), p.
361.
14
In Vailati (1971).
17
posizione leibniziana per quel che riguarda l’impostazione di problemi logici e matematici, e
verso il pragmatismo peirceano per il problema della conoscenza della realtà.
La filosofia è in stretto contatto con i reali processi conoscitivi delle diverse scienze.
Queste prospettiva tende, però, a superare quella necessariamente particolaristica della
distinzione tra filosofo e scienziato.
Il requisito fondamentale per fare filosofia sarà quello della comunione di due aspetti:
quello di competenza dello scienziato e quello di competenza del letterato.
L’impostazione di Vailati, contraria a suddivisioni rigide, diventa contraria, allora, a
ogni separazione tra le due culture; e, all’interno di quella scientifica, a ogni unilateralità di
obiettivo, sia esso il rigore o l’immediata utilità.
Per questo è necessario, però, un grado di conoscenza del proprio tempo sempre più
impossibile (a questo si aggancia l’accusa di dilettantismo). E’ pretendere un po’ troppo:
anche Peirce e Mach sono scienziati e filosofi, ma conoscono in modo specifico una sola
scienza.
Si potrebbe fare della filosofia un sistema, ma Vailati ha ereditato da Kant
(coscientemente) la consapevolezza dell’inconsistenza della metafisica che altro non è che una
“scienza inverificabile dell’invisibile”.15
Vailati è soprattutto un filosofo. Anzi, secondo Brancaforte, è l’ultimo filosofo italiano
che ha cercato di ridurre a unità le scienze cercando di cogliere le dipendenze e le connessioni
reciproche in modo critico, non semplicemente classificandole, ma integrando analisi e sintesi.
Il problema che gli si pone è allora quello della multidisciplinarità16, cioè della
“moltiplicabilità potenzialmente infinita della scienze”, che disintegra l’uomo in frammenti ed è
di ostacolo alla ricerca di una risposta alla questione antropologica.
Qui il problema morale e il problema del sapere scientifico si connettono e si
confondono. La soluzione è quella della interdisciplinarità, termine non di Vailati ma da lui
chiarito:
15Brancaforte cit., p. II.
16Queste tesi sono state avanzate da Brancaforte stesso.
18
Fu appunto una tendenza caratteristica del Vailati quella di scorgere le
affinità di metodo e di soggetto fra indagini apparentemente eterogenee e di servirsi
delle une per chiarire le altre.17
L’interdisciplinarità può essere raggiunta grazie a una nuova disciplina, scoperta da
Vailati stesso, l’ontologia ipofisica, come liquidazione dell’ontologia metafisica e base, allo
stesso tempo solida e problematica, della concezione della logica come unità differenziale,
praticando cioè la fenomenologia pragmatica.
In altri termini il deduttivismo di Peano si interseca con la lezione di Mill e l’economia
di pensiero di Mach: da cui risulta un argine contro la metafisica fattualistica del positivismo più
grossolano, e un’apertura filosofica innovativa nei confronti di Peano, nella direzione di una
“fenomenologia delle strutture deduttive della scienza”,18 che trova il suo modello di
integrazione filosofica nel sano metodo di filosofia di Mill.
Ma non ci può essere interdisciplinarità senza riconoscere la transdisciplinarità della
filosofia, che parte dalla riflessione critica sulla logica attraverso la storia delle scienze.
Grazie alla collaborazione alla scuola di Peano, Vailati comprese che la logica non è
solo matematica, ma è anche una questione di linguaggio: pur conservando la sua identità,
subisce variazioni secondo i fenomeni cui viene applicata.
La filosofia per Vailati ha allora due scopi: a) la riflessione critica sulla logica; b) la
determinazione della morale.
La filosofia insieme alle altre scienze, e tramite la logica, deve tornare al suo lavoro
antico: lo studio dell’esistere.19
17Curatori di Vailati (1911), p. XXV.
18Barone in Terracini (a cura di) (1955), p. 85.
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Il miglior riassunto della filosofia morale di Vailati, lo si può trovare in una lettera all’amico Premoli: “La
frequente esitazione che tu noti in me a esprimere nel modo più deciso ed esplicito quello che mi sembra il
miglior partito da prendere nelle grandi questioni che toccano la religione e la morale trova la sua
spiegazione, oltre che nell’effettiva indecisione e irresolutezza del mio opinare in tali materie, anche in due
altre ragioni, che sono le seguenti: 1) Io non sono un uomo d’azione e la mia natura mi porta più ad
esercitare il mio ufficio di critico verso ogni sorta di opinioni mie e altrui, che non a rinunciare (come
devono necessariamente fare tutti quelli che si dedicano all’agire) a questa mia tendenza in favore di un
determinato gruppo di credenze da adottare definitivamente come guida per scegliere la via da prendere; le
persone con cui operare, il criterio con cui giudicare sé e gli altri: Quella che chiamiamo intolleranza non è
una qualità speciale delle persone che hanno forti credenze religiose; essa, e l’esperienza me ne convince
sempre più, è comune, sebbene in grado diverso, a tutti quelli che a una certa epoca della vita dicono a se
stessi : ora abbiamo pensato abbastanza; cominciamo ad agire secondo le conclusioni a cui siamo giunti e
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La filosofia deve tornare a essere la base, la radice delle scienze, grazie anche ad un
profondo mutamento dell’istituzione scolastica.
2.1. L’importanza della storia delle scienze.
E’ nella prolusione “Sull’importanza delle ricerche relative alla storia delle scienze” che
Vailati sostiene apertamente l’insufficienza della conoscenza scientifica solamente teoretica,
separata dalla base storica che la condiziona: le teorie scientifiche sono sempre in una
situazione di divenire, e il loro senso dipende da determinazioni antecedenti.20
Questo non deve portare a una posizione scettica, poiché ogni riforma scientifica non
nega quanto è stato fatto. La validità della scienza di oggi non è una validità assoluta, ma è una
validità apprezzabile, appunto in relazione a quanto è stato fatto prima.
La storia della scienza è, quindi, un processo epigenetico dal tracciato prevalentemente
lineare. Viene, in questo modo, confermata la presenza di una componente positivistica,
poggiante du un solido ottimismo di stampo illuministico: da qui derivano le inevitabili citazioni
di Leibniz, per il quale il presente è figlio del passato e gravido del futuro, e di Pascal, per
la sua sublime metafora dell’uomo che raccoglie in sé le esperienze e le conoscenze
successive dei singoli.
accettiamo questa in buona fede come indiscutibili, onde la nostra vita non trapassi in una sterile caccia di
certezze irraggiungibili. 2) Oltre alla suddetta v’è anche una seconda ragione in quella che si potrebbe
chiamare la mia indifferenza per le opinioni degli altri (comprese tra queste anche le persone che mi sono
più care), e questa è la mia persuasione che, trascorsa la prima parte della vita nella quale il carattere si
forma e la personalità si determina, poca è l’influenza che possono esercitare su di noi le diverse opinioni o
credenze che possiamo avere o acquistare. Le nostre qualità, il nostro modo di agire, la nostra felicità
dipendono assai più da ciò che siamo che non da ciò che sappiamo o crediamo; e quello che importa di più
è il volere e l’agire in una direzione piuttosto che in un’altra, che non l’ordinare le proprie opinioni
speculative piuttosto in uno schema che in un altro” [“Lettera a Premoli” del 21 febbraio 1898 in Vailati
(1971)].
20Vailati sottolinea anche come ad accrescere l’interesse per gli studi di storia della scienza abbiano
contribuito in modo particolare le teorie evoluzionistiche di Darwin. [Cfr. Vailati (1911), pp. 64-78].