è nuovamente intervenuto sul
comportamento omissivo della P.A. nel
2000 (legge n.205) e nel 2005 (legge n.15 e
legge n.80 di riforma alla legge 241\1990
sul procedimento amministrativo) ponendo
le basi per una nuova stagione di rapporti
tra cittadino e autorità amministrative.
Sulla base delle suddette premesse, questa
indagine descriverà le varie tipologie di
silenzio della P.A.
1
e tutele ivi previste,
con un accenno ai contributi dottrinali e
giurisprudenziali offerti in materia, e le
susseguenti novità applicate al tessuto
normativo di riferimento.
1
Precisamente i silenzi della P.A. sono scorporabili
in quattro tipi: il silenzio-assenso e il silenzio-
diniego, quest’ultimi anche detti (silenzi
significativi o provvedimentali), il silenzio-rifiuto o
inadempimento, e infine il silenzio rigetto.
6
CAPITOLO I
L’evoluzione della normativa in tema di silenzio
della P.A.
SOMMARIO: 1.1 Il problema dell’inerzia della P.A.
nelle prime storiche pronunce del Consiglio di Stato.
1.2 Il Supremo Consesso del 1978 e il superamento
dell’originaria unità dell’istituto del silenzio. 1.3
Dall’art.25 del T.U. degli impiegati civili dello Stato
del 1957 alla riforma del 2005 della legge 241/1990 sul
procedimento amministrativo.
1.1 Il problema dell’inerzia della P.A. nelle
prime storiche pronunce del Consiglio di Stato.
7
Il primo importante contributo della giurisprudenza
amministrativa per la realizzazione di un efficace tutela
giurisdizionale nei riguardi del comportamento inerte
della Pubblica Amministrazione, è rinvenibile in una
decisione del Consiglio di Stato risalente al 1902 ( il
caso Longo)
2
.
In tale pronuncia, concernente l’impugnativa di un
impiegato del Ministero della Giustizia ( alunno di
cancelleria ) avverso un provvedimento disciplinare
irrogato dal capo dell’ufficio in cui prestava servizio
( primo Presidente della Corte d’Appello di Napoli ).
Il Consiglio di Stato dichiarò ricevibile il ricorso
giurisdizionale allorquando non fosse ancora definito il
ricorso gerarchico, precedentemente proposto dal
medesimo impiegato all’autorità gerarchicamente
superiore ( Ministro Guardasigilli ).
2
G. B. GARRONE, in Digesto delle discipline pubblicistiche, il
silenzio della P.A. ( Ricorso giurisdizionale amministrativo ),Torino,
1998, pagg. 192- 195.
8
Disattendendo le eccezioni formulate dall’Avvocatura
Erariale, che dubitava dell’ammissibilità del ricorso in
sede giurisdizionale sul rilievo che il provvedimento
impugnato non potesse considerarsi definitivo, il Giudice
Amministrativo degli inizi del novecento dichiarò che, a
seguito di esperimento del ricorso gerarchico e di
ripetuti inviti all’autorità di seconda istanza a
provvedere rimasti senza risposta, << non potrebbe non
riconoscersi nel prolungato silenzio dell’autorità
superiore la determinazione di far proprio il
provvedimento contro il quale fu invano a essa proposto
reclamo>>.
3
Per tale via, il Consiglio di Stato, ha per la prima volta
attribuito spessore giuridico all’inerzia
dell’amministrazione riconoscendo l’equivalenza fra
silenzio e rigetto del ricorso gerarchico, anche se al solo
fine processuale di ritenere ammissibile il ricorso
3
Consiglio di Stato, Sezione IV, decisione 22 agosto 1902, n. 429, in
Le grandi decisioni del Consiglio di Stato, a cura di G. PASQUINI a
A. SANDULLI, Giuffrè, 2001, pagg. 62-69.
9
giurisdizionale avverso un provvedimento formale non
definitivo a causa della pendenza del ricorso gerarchico.
Giova rammentare che la citata decisione del 1902 ha
consentito il superamento di un grave inconveniente
della giustizia amministrativa dell’epoca, che operava
esclusivamente nei confronti dei provvedimenti definitivi
e presupponeva, perciò, l’esaurirsi del ricorso
amministrativo, problema che è stato poi superato con la
riforma introdotta dalla legge 6 ottobre 1971 n.1034, la
quale ha esteso la tutela giurisdizionale anche nei
confronti dei provvedimenti non definitivi.
È importante ricordare come in questo periodo fino agli
anni sessanta,
4
vi era il dogma della struttura
necessariamente impugnatoria-caducatoria del processo
amministrativo italiano, che di conseguenza poteva avere
come oggetto solo un atto, concezione che scema, e che
4
F. CARINGELLA, Manuale di diritto amministrativo, Giuffrè,
Milano, III Edizione, pagg. 978 – 980.
Poiché è solo negli anni sessanta, precisamente con la sentenza n.8
del 1960 dell’Adunanza Plenaria, che sparisce tale dogma
caducatorio-impugnatorio del processo amministrativo.
10
consentirà di vedere come oggetto dei ricorsi
giurisdizionali verso il silenzio non più un atto ma un
fatto.
Proprio per questi motivi la giurisprudenza
amministrativa qualificava le inerzie non significative
della P.A. come rigetto dell’istanza del privato, trattando
cosi il silenzio alla stregua di un provvedimento
amministrativo di rigetto. Tale constatazione spiega
perché con gli anni la giurisprudenza abbia sempre
parlato di silenzio-rifiuto, a differenza della dottrina che
ha sempre intravisto il silenzio della P.A. come
inadempimento dell’obbligo di provvedere sull’istanza
del privato, e quindi etichettandolo come silenzio-
inadempimento.
5
5
Quest’ultima concezione della dottrina sovviene soprattutto quando
l’inerzia della P.A. viene interpretata come un mero comportamento
omissivo.
11
1.2 Il Supremo Consesso del 1978 e il
superamento dell’originaria unità dell’istituto
del silenzio.
Storicamente molto significativa è anche la decisione
dell’Adunanza Plenaria del 10 Marzo del 1978 ( c.d. caso
O.R.M.A. ) che interviene in una cornice normativa
radicalmente diversa rispetto al passato.
6
Essa è fondamentale poiché ha affrontato il problema del
silenzio nella giustizia amministrativa precisando alcune
caratteristiche e problemi applicativi dell’istituto,
prendendo atto del superamento dell’originaria e arcaica
unità dell’istituto del silenzio, affermando con ciò la
diversa qualificazione giuridica dei due più importanti
6
Si fa riferimento in particolare alle riforme intervenute agli inizi
degli anni settanta , la legge 24 novembre del 1971 n.1199, e la legge
6 dicembre del 1971 n.1034. Da questo momento in poi le due figure
principali di silenzio ( silenzio-rigetto sui ricorsi amministrativi e
silenzio-rifiuto ) seguiranno procedure, discipline, evoluzioni,
completamente diverse.
Si riporta la sent. 10 marzo 1978 sopra citata: << se si va alla
sostanza delle vicende non si può dubitare della profonda diversità
esistente fra un caso in cui, essendosi in fase di riesame, sia già
intervenuta una determinazione amministrativa, ed un altro in cui
manchi qualsiasi presa di posizione dell’amministrazione sull’assetto
degli interessi che sono messi in gioco >>.
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fenomeni di silenzio amministrativo ( silenzio sui ricorsi
amministrativi c.d. silenzio rigetto, in contrapposizione
al silenzio inadempimento dell’obbligo di provvedere ).
A tal punto si è resa necessaria l’individuazione di
modalità procedimentali nuove e differenziate.
1.3 Dall’art.25 del T.U. degli impiegati civili
dello Stato del 1957 alla riforma del 2005 della
legge 241\1990 sul procedimento amministrativo.
Concentrando per un attimo la nostra attenzione sul
silenzio-rifiuto o inadempimento e tralasciando la figura
del silenzio-rigetto, che vedremo in seguito, fu sempre
l’ingegno della giurisprudenza amministrativa, in questo
caso, ancora con l’Adunanza Plenaria del 1978, ha
colmare una lacuna normativa presente nel silenzio-
inadempimento.
13
Infatti quest’ultimo non era dotato di un’apposita
disciplina dell’azione amministrativa, che nacque solo
grazie ai giudici di Palazzo Spada, con l’applicazione di
una norma contenuta nell’art.25 del T.U. degli impiegati
civili dello Stato approvato con Decreto del Presidente
della Repubblica n.3 del 1957,
7
dando cosi vita al famoso
meccanismo della diffida e messa in mora della P.A. in
caso d’inerzia della stessa sull’istanza di un privato a
fronte di un obbligo dell’amministrazione competente di
7
Si riporta qui di seguito la norma in esame: “(Diffida) 1.
L'omissione di atti o di operazioni, al cui compimento l'impiegato sia
tenuto per legge o per regolamento, deve essere fatta constare da chi
vi ha interesse mediante diffida notificata all'impiegato e
all'Amministrazione a mezzo di ufficiale giudiziario. 2. Quando si
tratti di atti o di operazioni da compiersi ad istanza dell'interessato,
la diffida è inefficace se non siano trascorsi sessanta giorni dalla
data di presentazione dell'istanza stessa. 3. Qualora l'atto o
l'operazione faccia parte di un procedimento amministrativo, la
diffida è inefficace se non siano trascorsi sessanta giorni dalla data
di compimento dell'atto od operazione precedente ovvero, qualora si
tratti di atti od operazioni di competenza di più uffici, dalla data in
cui l'atto precedente, oppure la relazione o il verbale della
precedente operazione, trasmesso dall'ufficio che ha provveduto, sia
pervenuto all'ufficio che deve attendere agli ulteriori incombenti. 4.
Se le leggi ed i regolamenti amministrativi, ovvero i capitolati
generali o speciali e i disciplinari di concessione, stabiliscono per il
compimento di determinati atti od operazioni termini più brevi o più
ampi di quelli previsti nei commi precedenti la diffida è efficace se
notificata dopo la scadenza del termine entro il quale gli atti o le
operazioni debbono essere compiuti, secondo la specifica norma che
li concerne. 5. Decorsi inutilmente trenta giorni dalla notificazione
della diffida, l'interessato può proporre l'azione di risarcimento,
senza pregiudizio del diritto alla riparazione dei danni che si siano
già verificati in conseguenza dell'omissione o del ritardo”.
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provvedere, una procedura che farà parte del nostro
ordinamento anche con la famosa legge 241\1990 sul
procedimento amministrativo,
8
e che scomparirà solo con
la riforma del 2005 di modifica a quest’ultima.
8
G. MORBIDELLI , Il procedimento amministrativo, a cura di L.
MAZZAROLLI, G. PERICU, A. ROMANO, F.A. ROVERSI MONACO, F.G.
SCOCA, Monduzzi, Bologna, 1998, Volume I-II, pagg. 724 – 728.
A. TRAVI, Lezioni di giustizia amministrativa, Giappichelli, Torino,
VI Edizione, pagg 161- 164.
B. TONOLETTI, Silenzio della P.A., Digesto delle discipline
pubblicistiche, Torino, 1998, Utet, pagg. 156- 191.
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CAPITOLO II
Il silenzio rifiuto o inadempimento.
SOMMARIO: 2.1 Osservazioni generali. 2.2 La
diffida: da passaggio necessario per ricorrere contro il
silenzio della P.A. a strumento facoltativo nelle mani
del cittadino. 2.3 I termini per impugnare l’inerzia
della P.A. 2.4 Le incertezze sul potere del G.A. di
conoscere della fondatezza della pretesa. 2.5 Il rito
speciale contro il silenzio. 2.6 Ulteriori problematiche
legate al ricorso contro il silenzio, in particolare: il
perdurare dell’inerzia e il provvedimento
amministrativo tardivo ed aspetti in tema di
giurisdizione. 2.7 Ancora con il problema dei
controinteressati e il danno da ritardo.
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