Metodologia di ricerca
Tracciare il quadro storico di una patologia psichiatrica non è un compito
cui si possa attendere con leggerezza.
In primo luogo si deve tener conto che la psichiatria vede continuamente
mutare il proprio oggetto, dal momento che il modo di intendere la malattia
mentale e il suo ruolo è sempre cambiato nel corso del tempo (a questo proposito
è magistrale l’opera di Foucault-1963, “Storia della follia nell’età classica”
1
).
Da ciò discende che, mentre la definizione di diverse patologie organiche,
come la tubercolosi scoperta da Koch, è rimasta sostanzialmente la stessa fin
dalle prime formulazioni, la medesima cosa non si può dire per le malattie
psichiche.
Tra l’altro non si deve dimenticare che determinati comportamenti, a
seconda del contesto e del periodo in cui si sono verificati, sono stati considerati
in alcuni casi frutto di normali inclinazioni, in altri frutto di distorsioni
patologiche e, in tal caso, la causa della malattia era percepita ora come
biologica, ora come psichica.
1
Foucault M. (1963), Histoire de la folie à l’âge classique, Tr. It. 1963, Storia della follia nell’età
classica, Rizzoli, Milano.
4
Di conseguenza un’indagine storiografica non può essere limitata ad una
somma di vecchie e nuove nosografie e teorie riguardanti una certa patologia.
Consapevole di queste premesse, il mio intento è stato quello di dar vita al
quadro storico di una patologia quale l’anoressia mentale, che ci viene descritta e
presentata come sindrome “coulture bound”, ossia legata ad un preciso ambito
culturale e storico, quello della civiltà occidentale contemporanea.
Sull’argomento della storia dell’anoressia sono apparsi diversi lavori,
elaborati lungo direttive metodologiche distinte fra loro, seppur riconducibili in
generale a tre linee di pensiero.
L’ipotesi della continuità storica ha portato alcuni autori (es. Bell-1985
2
),
ad intendere comportamenti alimentari simili nel corso del tempo come simili o
equivalenti sul piano della struttura psicopatologica; questo atteggiamento ha
permesso di evidenziare una continuità fra casi clinici e casi storici, ponendo a
posteriori diagnosi di anoressia mentale.
Al contrario, l’ipotesi della discontinuità ha portato studiosi come
Habermas (1992)
3
a ritenere che la diagnosi di anoressia mentale sia legata allo
2
Bell R. (1985), Holy anorexia, University of Chicago Press, Chicago.
3
Habermas T. (1992), Historical continuites and dicontinuites between religious and medical
interpretations of extreme fasting. The background to Giovanni Brugnoli’s description of two cases of
anorexia nervosa in 1875., Journal of the History of Psychiatry 3, 431-455.
5
specifico di un preciso contesto culturale e, dunque, che la nascita di questa
patologia non possa certamente datarsi prima del XVIII secolo.
Dal canto mio, sulla scia di una terza ipotesi di lavoro, della quale si
fanno portavoce Vandereyken e Van Deth (1994)
4
, ho cercato di raccogliere una
quantità di materiale sufficiente a spaziare in ambiti diversi della vita sociale e
culturale, dal sacro al profano, dal mito alla scienza, al fine di evidenziare gli
antecedenti socio-culturali dell’anoressia mentale, nonché gli elementi di
continuità, discontinuità, eventuale parallelismo, fra alcuni comportamenti
alimentari nel corso del tempo (soprattutto il digiuno), i fondamenti di certi
quadri sindromici presenti in testi scientifici e letterari di ogni tempo e la
definizione e l’inquadramento della moderna anoressia mentale.
La questione, infine, non è stata tanto quella di porre a posteriori diagnosi
o meno di anoressia, ma anche di capire con che modalità il digiuno sia entrato
progressivamente nel linguaggio medico e nella clinica psichiatrica, definendosi,
quindi, come una sindrome specifica.
4
Vandereycken W., Van Deth R. (1994), From fasting Saints to Anorexic Girls, Tr. It. 1994, Dalle sante
ascetiche alle ragazze anoressiche, Raffaello Cortina Editore, Milano.
6
Cap. 1 – COMPORTAMENTI ANORESSICI E DIGIUNO
NELLA MITOLOGIA E NELLE SOCIETA’ ANTICHE
7
1.1 Anoressia e mitologia
Per cominciare l’analisi della storia della patologia anoressica, ho creduto
opportuno rivolgere uno sguardo in primo luogo ad una forma di sapere
tradizionale come la mitologia, poiché essa spesso cela una visione profonda e
non definibile razionalmente dell’essere umano.
Il riferimento al mito non mi è sembrato inutile, in quanto ho creduto
importante porre il discorso sulla scia dell’insegnamento junghiano che proprio
nei miti, (così come nel simbolismo onirico, nelle manifestazioni nevrotiche e
psicotiche), rintraccia i contenuti archetipici, atemporali e universali
dell’inconscio collettivo.
Rifacendosi alla psicologia di Jung (1980)
5
ci si rende conto che il
racconto mitico, se certo non spiega gli eventi, consente però di comprenderli e
di produrne nuove visioni.
Un principio, questo, che avvicina alla concezione che della
psicopatologia aveva Jaspers (1913)
6
, il quale, nell’opera “Psicopatologia
Generale”, in polemica con l’utilizzo esasperato e ingiustificato della
5
Jung C. G. (1980), Gli archetipi e l’inconscio collettivo, Boringhieri, Torino.
6
Jaspers K. (1913), Allgemeine Psychopatologie, Springer, Berlin.
8
neurofisiologia in materia psicologica, ricorda opportunamente che non è solo la
spiegazione causale a produrre conoscenza, ma anche la comprensione
psicologica, nel senso che la seconda diventa interpretazione della prima, senza
rinunciare al principio epistemologico per il quel vi è autentica scienza solo
quando la comprensione e l’interpretazione si aggiungono alla spiegazione
causale, mai in caso contrario.
Fatte queste premesse, è possibile passare all’analisi di documenti letterari
e studi che saranno d’aiuto in questo particolare approccio al discorso mitico.
Da Omero, Tucidide e Livio
7
, si ha testimonianza che la morte per fame
fosse, per il greco, la sorte peggiore che potesse toccare all’uomo.
Ciononostante mitologia e letteratura presentano casi di scelte ascetiche,
rifiuto volontario del cibo e presa di distanza rispetto al mondo esterno.
Un primo mito nel quale si riscontra un comportamento di tipo anoressico
è quello di Eco e Narciso nella versione elaborata da Ovidio.
Eco, punita da Era perché con le sue chiacchiere la intratteneva
proteggendo gli amori di Zeus con le ninfe della montagna, fu condannata a non
poter più servirsi della propria voce se non per ripetere le ultime parole gridate
da qualcun altro.
7
Homerus, Od., XII 342; Tucidide., 3, 59, 3; Livio, XII 41, 11; Id., XXVII 44, 8.
9
Così, innamoratasi di Narciso, le fu impossibile manifestare il suo amore.
Decise allora di smettere di mangiare e fece morire il suo corpo di
consunzione: di lei rimase solo la voce ecoica.
Nel frattempo lo stesso Narciso, scorgendo la sua immagine riflessa
nell’acqua di una fonte, se ne innamorò perdutamente.
Da quel momento si struggerà di un amore senza speranza di essere
corrisposto (proprio perché riconosce se stesso nell’oggetto del proprio
desiderio), sino ad astenersi totalmente dal cibo e a morirne, per poi trasformarsi
in un fiore.
In questo mito emerge una figura di frequente riscontro nei casi delle
anoressiche contemporanee, ossia quella della Grande Madre (Era), che
impedisce alla figlia la possibilità di espressione del proprio pensiero individuale
e non la educa ad instaurare un rapporto comunicativo con l’altro sesso,
facendole incontrare grosse difficoltà nel trovare relazioni soddisfacenti.
Rimanendo all’interno del problematico rapporto madre/figlia anoressica,
Stroud
8
ha stabilito dei parallelismi fra questo tema e il racconto mitico di
Demetra e Persefone.
8
Stroud J. (1980), Anorexia nervosa and the Puer archetype, Lapis, 6, 1980.
10
Il signore degli inferi, Ade, rapisce Persefone, figlia di Demetra, per farne
la sua sposa.
Quest’ultima, in preda all’ira e al dolore, impedisce alle messi di crescere.
Zeus decide allora che Persefone passerà un terzo dell’anno negli inferi e
due terzi alla luce del sole. Al ritorno di questa dalla madre, la terra si copre di
frutti, mentre la sua scomparsa corrisponde all’avvicendamento stagionale
dell’inverno dopo la fioritura primaverile e il raccolto estivo.
Proprio nelle vesti di Persefone è individuata l’anoressica che vive troppo
strettamente legata alla madre, fino a che si rivolta contro la crescita, la fertilità,
il cibo offertole da Demetra e fugge nell’isolamento del mondo infero.
Ancora, Stroud (1980) evidenzia le affinità tra l’anoressica e Artemide, in
quanto entrambe rifiutano coinvolgimenti di tipo sessuale (Artemide viene
chiamata con l’appellativo “hague”, che significa “sacro, puro”).
Ma si possono comunque citare diverse altre identificazioni di questo
tipo.
B. Shorter (1980)
9
e M. Wodman (1980)
10
si ricollegano alle figure
9
Shorter B. (1980), The concealed body language of anorexia nervosa, Atti del congresso internazionale
della I.A.A.P., S. Francisco, 1980.
10
Woodman M. (1980), The owl was a baker’s daughter, Inner City Books, Toronto.
11
mitiche di Atena, Demetra, Dionisio; C. Robinson (1980)
11
a Persefone e
Dionisio e S. Spignesi (1983)
12
a Gea, Demetra, Persefone e lo Zolfo alchemico.
Tra le fonti letterarie si annoverano in particolar modo le tragedie di
Euripide e Sofocle.
Nell’“Ippolytos Stephanephòros” (Ippolito incoronato) di Euripide, spicca
la figura di Fedra, donna soggiogata dall’amore per il figliastro Ippolito, istillato
prepotentemente in lei da Afrodite, irritata perché il giovane, dedito al culto di
Artemide, si è votato alla castità.
L’orrore per l’incesto duole a Fedra almeno quanto la consapevolezza che
il suo sentimento non può essere ricambiato.
La donna vorrebbe annichilirsi nello strazio del proprio cuore e così, nel
deperimento del corpo, nella mortificazione degli istinti primari (sui quali trionfa
la fame), ricerca purezza e un corpo non contaminato dall’altro (demas agòn; v.
138), desiderando ottenere il controllo della mente sul corpo.
Il suo obiettivo primario è evitare che la passione diventi nota ed alla lo
persegue utilizzando vari mezzi: l’anoressia, ossia la ricerca di un corpo
asessuato; il desiderio di kryptein (coprirsi, celare); l’imposizione del sigé
11
Robinson C. (1980), Anorexia nervosa. An underworld trief., Atti del congresso internazionale della
I.A.A.P. , S.Francisco, 1980.
12
Spignesi A. (1983), Starving Woman, Spring Pubblications, Dallas.
12
(silenzio) quasi a negare l’esistenza dell’amore adultero e incestuoso.
La malattia di Fedra è l’amore, la cura è l’anoressia.
Sarà poi in un delirio dei sensi attribuito ad Afrodite, ( ma che oggi, su
fondate basi cliniche, gli psichiatri attribuirebbero proprio all’inedia
dell’anoressica) che Fedra, dopo aver vagheggiato una vita pura tra i boschi,
confesserà alla nutrice la sua empia passione e darà il via a tutta una serie di
eventi che condurranno verso la tragica conclusione finale.
Episodi di digiuno volontario si riscontrano anche nello “Oréstes”
(Oreste) e nelle “Hikétides” (Supplici): in quest’ultima si ritrova il personaggio
di Ifi che, dopo la morte del figlio Eteoclo e della figlia Evadne, auspica d’essere
sepolto nelle tenebre per consumare nel buio il suo vecchio corpo.
Anche il personaggio di Antigone è stato interpretato come figura avente
caratteristiche anoressiche.
Nell’omonima tragedia sofoclea Creonte, re di Tebe, ha imposto, pena la
morte, il divieto di dare sepoltura al cadavere di Polinice, colpevole di essersi
armato contro la patria.
Ma Antigone non tiene conto dell’ordine, né dei consigli della sorella
Isméne, bensì, obbedendo all’impulso dell’amore fraterno, rende una sepoltura
simbolica a Polinice, gettando sul suo corpo un pugno di terra.
13
Arrestata e condotta al cospetto di Creonte, si difende contrapponendo
alle leggi dello stato quelle non scritte ed eterne degli dei.
La fanciulla è condannata ad essere rinchiusa in un antro sotterraneo e a
morire di fame.
Quando Creonte, convinto anche dal figlio Emone, innamorato di
Antigone, si ravvede, è troppo tardi: Antigone si è impiccata e, dopo aver
ricevuto la funesta notizia, anche Emone si ucciderà.
L’esame di questa figura tragica del teatro greco fornisce un’interessante
modello che può essere avvicinato a quello dell’anoressica.
Sia Antigone, sia l’anoressica, condividono l’ostinazione nel perseguire i
propri obiettivi nonostante i richiami all’intelligenza e al buon senso, i ricatti, la
violenza o la seduzione.
Entrambe le figure rifiutano di aprirsi all’altro e, di conseguenza, rifiutano
qualsiasi coinvolgimento con la sfera della sessualità.
Antigone, così, rinuncia drasticamente all’amore per Emone: allo stesso
modo le anoressiche vivono la magrezza segno di purezza e modo per difendersi
da intrusioni affettive e sessuali da parte maschile.
Infine, è degna di nota la storia, fortemente intrisa di elementi letterari, di
14
fonti, sarebbe caduto in uno stato di melankonia (depressione) dopo essersi
invaghito della matrigna Stratonike.
Consumato dal suo illecito sentimento amoroso, il giovane credette di
dover scontare una pena.
Così, secondo la fonte plutarchea
13
:
“Accadde che Antioco, tormentato dalla passione, dopo aver provato a
sconfiggerla in molti modi, alla fine, rimproverando a se stesso la terribile
bramosia che provava, per il morbo incurabile e per la follia che dominava la sua
mente, cercò un modo per sbarazzarsi della vita. A poco a poco si lasciò andare,
non curò più il proprio corpo e si astenne dal cibo, con il pretesto di una
qualsiasi malattia.”
Sarà poi il medico di corte, Erasistrato, ad intuire che la malattia di
Antioco non aveva un’origine organica, ma era determinata dal profondo senso
di colpa che questi avvertiva a causa del suo amore per Stratonike.
Il medico alessandrino, così, consigliò a Seleuco di ripudiare la moglie
per permettere al figlio di sposarla e guarirlo dal suo male.
Anche questo episodio sottolinea lo stretto legame tra fame e sesso, che
oggi così spesso si riscontra nella sindrome dell’anoressia mentale, sebbene il
13
Plutarco., Demetr., 38, 2.
15
rifiuto della sessualità non sia citato dal DSM IV tra i sintomi di riferimento per
la definizione di questo disturbo.
Un legame che, in ogni modo, si riscontra in qualche modo già
nell’Odissea, dove si legge: “Niente è più cane del ventre odioso”, cui segue,
sempre nello stesso testo, la frase: “Nessun’altra cosa è più terribile della
donna”; due espressioni, queste, che mettono in corrispondenza il bisogno
alimentare con quello sessuale ed interpretano entrambi in senso negativo, in
quanto elementi che sottolineano la triste condizione umana, sempre dipendente
dal mondo esterno.
1.2 L’anoressia nel pensiero scientifico antico
Nonostante l’anoressia sia considerata un “male moderno”, se ci si
sofferma sull’esame di alcune opere mediche antiche, è possibile ritrovare
descrizioni di stati di forte dimagrimento in presenza anche di avversione nei
confronti del cibo.
16
Consultando il “Greek-English lexicon”
14
, si viene a conoscenza che il
termine “anorexia” fu usato per la prima volta in un testo medico da Areteo di
Cappadocia
15
(30-90 d.C.), che ci ha fornito la descrizione più completa e
moderna delle malattie mentali.
Nella sua opera egli indica tra i segnali di aggravamento delle malattie
psichiche, (in particolar modo nei malati di frenite), la nausea, l’insonnia ed
anche episodi di fame incontrollabile (“Boulimìa”).
Ora, la frenite per Areteo era un’alterazione del sistema nervoso, dunque
egli può essere certamente considerato come il primo autore ad aver registrato
abnormi comportamenti alimentari aventi origine nervosa.
Prima di Areteo, il medico alessandrino Erasistrato
16
(oltre ad essere
legato al caso, già citato, di Antioco figlio del re siriano Seleuco I), descrisse un
caso di “asitìa” (anoressia) involontaria, causata da una contrazione allo stomaco
come quella che gli Sciti si procuravano volontariamente stringendo l’addome
con una cintura.
Il termine “anoressia” non compare mai nell’opera del primo grande
14
Liddle H.G., Scott R. (1996) “Greek-english lexicon with a revised supplement”. Clarendon Press,
Oxford.
15
Areteo di Cappadocia (II sec.), The Extant Works of Aretaeus, the Cappadocian, Sydenham Society,
London, 1856
16
Erodoto, IV 10
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