1. PICCOLE E MEDIE IMPRESE
1.1 DEFINIZIONE CAMPO DI RICERCA ED EXCURSUS
STORICO
Per poter svolgere una ricerca metodologicamente corretta è necessario definire il
campo d’indagine e quindi fornire la definizione di Piccola e Media Impresa o PMI.
Quello di Piccola e Media Impresa risulta essere un concetto molto flessibile; ogni
autore che si sia interessato alla materia ha adottato una definizione più o meno
soggettiva o ha proposto più teorie. La motivazione di questa incertezza è spiegabile se
si pensa a cosa sia la PMI: un’impresa caratterizzata da dimensioni inferiori alla soglia
oltre cui insorgono quelle problematiche considerate tipiche della Grande Dimensione,
illustrate nella tabella seguente, e quindi la necessità di: Coordinamento, investimenti
nella Gestione del personale e Delega.
Tabella 1-Classificazione delle imprese
8
Considerando questa definizione, elaborata da Petri
1
, si comprende come oggi, che
la competizione è divenuta più complessa e ci si rivolge ad un mercato più ampio, la
definizione univoca di parametri quantitativi o qualitativi divenga un processo di
radicale astrazione; inoltre l’uso di variabili dimensionali presuppone la validità di
relazioni tra queste, ad esempio tra il numero di occupati ed il fatturato, che oggi non
sono più così obbligate.
Nella trattazione teorica del tema sono state proposte classificazioni qualitative
basate su parametri quali l’autonomia giuridico finanziaria, considerata come elemento
essenziale perché si possa parlare d’impresa. Altre classificazioni si basano su: processo
produttivo, struttura organizzativa, potere di mercato e potere finanziario; in base ai
livelli o attributi di queste variabili si classificano le varie forme e dimensioni d’impresa
dall’artigiana alla multinazionale. In genere, comunque, si predilige l’utilizzo di più di
una variabile, spesso il numero dei dipendenti e una misura del volume d’affari.
Per l’attuale trattazione riteniamo sia necessario ricorrere ad una definizione di
PMI che possa ottenere ampio consenso; per questo indichiamo la definizione entrata i
vigore a partire dal 1° gennaio 2005 a livello europeo.
1
PETRI P., L’organizzazione della piccola impresa nascita e sviluppo delle imprese minori, EGEA,Milano, 1991.
9
1.1.1 LA DEFINIZIONE DI PICCOLA E MEDIA IMPRESA
NELL’UE
Dal 1° gennaio 2005
2
è entrata in vigore la nuova definizione europea di Piccola
e Media Impresa (PMI). Essa mantiene le varie classi di effettivi che consentono di
definire le categorie delle micro imprese, delle piccole e delle medie imprese,
prevedendo però un aumento sostanziale dei tetti finanziari (volume d'affari e totale di
bilancio), risultante dall'inflazione e dalla crescita della produttività osservate dal 1996,
data della prima definizione comunitaria delle PMI. Varie disposizioni consentono di
riservare solo alle imprese aventi le caratteristiche di vere PMI (e quindi senza il potere
economico dei grandi gruppi) il beneficio di accedere ai meccanismi nazionali e ai
programmi europei di sostegno alle PMI. L'aggiornamento della definizione di PMI ha
lo scopo di agevolare la crescita, l'attività imprenditoriale, gli investimenti e
l'innovazione e di favorire la cooperazione e i raggruppamenti di imprese indipendenti
(clusters).
Definizione di micro imprese, piccole e medie imprese
Per essere riconosciuta come PMI l'impresa deve rispettare le soglie relative agli
effettivi e quelle relative al totale di bilancio oppure al volume d'affari.
Le medie imprese hanno effettivi compresi tra 50 e 249 persone. La soglia
relativa al volume d'affari sarà aumentata a 50 mil. di € e quella relativa al totale di
bilancio a 43 mil. di €.
Le piccole imprese hanno effettivi compresi tra 10 e 49 persone. La soglia
relativa al volume d'affari e al totale di bilancio saranno aumentate a 10 mil. di €.
2
(Raccomandazione 6 maggio 2003 n. 2003/361/CE)
10
Le microimprese hanno effettivi comprendenti meno di 10 persone. Sarà
introdotta una soglia di 2 mil. di € per il volume d'affari e per il totale di bilancio.
Categoria di impresa Numero di addetti Fatturato Totale del bilancio
Media impresa tra 50 e 249 50 milioni di € 43 milioni €
Piccola impresa tra 10 e 49 10 milioni di € 10 milioni di €
Micro impresa meno di 10 2 milioni di € 2 milioni di €
Tabella 2-Criteri di distinzione delle micro, piccole e medie imprese
Per quanto riguarda il metodo di calcolo delle soglie si procede nel modo
seguente:
- per un'impresa autonoma i dati finanziari e gli effettivi si basano unicamente sui
conti dell'impresa stessa;
- per un'impresa partner di altre imprese vengono cumulati i dati dell'impresa e quelli
delle imprese partner;
- per un'impresa collegata ad altre imprese si aggiungono ai dati dell'impresa tutti i
dati delle imprese alle quali essa è collegata.
La definizione di PMI distingue tre tipi di imprese (impresa autonoma, impresa
partner, impresa collegata) a seconda del tipo di relazione in cui si trovano rispetto ad
altre imprese in termini di partecipazione al capitale, diritti di voto o di esercitare un
influsso dominante.
Impresa autonoma
Si tratta della situazione più ricorrente, ovvero di tutte le imprese che non
appartengono a nessuno degli altri due tipi di imprese (partner o collegate). Un'impresa
si definisce autonoma se:
11
- non possiede partecipazioni del 25% o più in un'altra impresa;
- non è detenuta direttamente al 25% o più da un'impresa o da un organismo pubblico,
oppure congiuntamente da più imprese collegate o organismi pubblici, a parte talune
eccezioni;
- non elabora conti consolidati e non è ripresa nei conti di un'impresa che elabora
conti consolidati e quindi non è un'impresa collegata.
Un'impresa può comunque essere considerata autonoma, anche se la soglia del 25% è
raggiunta o superata, se si è in presenza delle seguenti categorie di investitori (a patto
che questi ultimi non siano collegati con l'impresa richiedente):
- società pubbliche di partecipazione, società di capitale di rischio, persone fisiche o
gruppi di persone fisiche che svolgono regolarmente un'attività di investimento in
capitale di rischio ("business angels"), che investono fondi propri in imprese non
quotate in borsa, a patto che il totale degli investimenti di tali "business angels" in
una stessa impresa non superi 1250000 €
- università o centri di ricerca senza scopo di lucro;
- investitori istituzionali, compresi i fondi di sviluppo regionale;
- amministrazioni locali autonome aventi un bilancio annuo inferiore a 10 milioni di €
e aventi meno di 5000 abitanti. (cfr. definizione, articolo 3, paragrafo 2, secondo
comma).
Impresa partner
Si tratta di imprese che intrattengono relazioni di partenariato finanziario
significative con altre imprese, senza che l'una eserciti un controllo effettivo diretto o
indiretto sull'altra. Si definiscono "partner" le imprese che non sono autonome, ma che
12
non sono nemmeno collegate fra loro. Un'impresa è definita "partner" di un'altra
impresa se:
- possiede una partecipazione compresa tra il 25% e meno del 50% in tale impresa;
- l'altra impresa detiene una partecipazione compresa tra il 25% e meno del 50%
nell'impresa richiedente;
- l'impresa richiedente non elabora conti consolidati che riprendono l'altra impresa e
non è ripresa tramite consolidamento nei conti di tale impresa o di un'impresa ad
essa collegata.
Impresa collegata
Le imprese collegate fanno economicamente parte di un gruppo che controlla
direttamente o indirettamente la maggioranza del capitale o dei diritti di voto (anche
grazie ad accordi o, in taluni casi, tramite persone fisiche azionisti), oppure ha la
capacità di esercitare un influsso dominante su un'impresa. Si tratta quindi di casi meno
frequenti e che si distinguono di solito in modo molto chiaro dai due tipi precedenti. Per
evitare alle imprese difficoltà di interpretazione la Commissione europea ha definito
questo tipo di imprese riprendendo, se esse sono adatte all'oggetto della definizione, le
condizioni indicate all'articolo 1 della direttiva 83/349/CEE
3
del Consiglio sui conti
consolidati, che si applica da vari anni. Di solito un'impresa sa subito di essere
"collegata", poiché è già tenuta a titolo di tale direttiva ad elaborare conti consolidati,
3
The new SME definition – User guide and model declaration
13
oppure è ripresa tramite consolidamento nei conti di un'impresa che è tenuta ad
elaborare conti consolidati.
14
1.1.2 DALLA “GOLDEN AGE” AI GIORNI NOSTRI
Qualsiasi analisi condotta sulla piccola e media impresa non può prescindere dal
contesto internazionale e dai mutamenti che hanno profondamente influito sulle
economie dei paesi industriali.
Alla fine degli anni Sessanta si esaurisce un modello di sviluppo industriale
fondato sull’ampliamento costante dei confini dell’impresa. Questo modello si fonda su
due perni: da un lato, la crescita del consumo di beni industriali; dall’altro, la stabilità
dei cambi, dei tassi d’interesse e delle aspettative di crescita che vengono garantiti da un
sistema internazionale che mette al riparo dalle speculazioni.
La crisi del sistema finanziario internazionale trasferisce sul settore privato il
rischio di cambio e con l’esplodere dell’inflazione pone il problema della variabilità dei
tassi d’interesse. In questo modo si apre la porta alla speculazione che determina una
fase di incertezza generalizzata.
Il nuovo quadro di incertezza e concorrenza spinge le aziende a mutare il loro
comportamento sia sul piano organizzativo costringendole ad un abbattimento dei costi
fissi (per fronteggiare l’incertezza), sia portandole ad abbandonare progressivamente
quelle attività per le quali esse non avessero una capacità competitiva adeguata (per
fronteggiare la concorrenza). Il primo fenomeno è alla base di una riduzione del grado
di integrazione verticale dell’impresa per liberare l’impresa da tutte quelle funzioni che
non le consentono di adeguarsi con rapidità alle esigenze del mercato; il secondo
conduce ad una riduzione del grado di integrazione conglomerale, ossia di tutte quelle
attività non basilari per la sopravvivenza dell’impresa in modo da consentirle di
concentrarsi su quelle attività in cui essa è già forte sul piano concorrenziale (in
generale queste attività coincidono con il suo core business).
15
Figura 1-Valore aggiunto in percentuale della produzione nei principali paesi europei,
trasformazione industriale (Medie semplici)
Figura 2-Valore aggiunto in percentuale della produzione in Italia sulla base di diverse
fonti statistiche, trasformazione industriale
16
Questo fenomeno è illustrato dai dati relativi all’andamento di lungo periodo del
grado di integrazione verticale dell’industria di trasformazione (si vedano Figura 1 e
Figura 2). Come si vede dalle figure sia in Europa che in Italia, il grado di integrazione
verticale tende costantemente a ridursi a partire dall’inizio degli anni Settanta. Ciò
implica che un numero crescente di soggetti sia disposta ad assumere su di sé il rischio
di gestire in proprio un’attività di mercato: si passa da un’economia “manageriale” ad
un’economia “imprenditoriale”.
Questo passaggio può essere osservato guardando alla numerosità delle imprese
presenti sul mercato in due diversi periodi, negli anni Sessanta (inclusa la coda delle
Golden age), e negli anni successivi fino agli anni Novanta.
Figura 3-Tasso di variazione del numero di imprese, anni ’60 (1ª fase) e ’70/’80 (2ª fase)
Come si vede dalla Figura 3 nella prima fase c’è una contrazione del numero di
soggetti presenti sul mercato, che poi aumentano nel secondo periodo. È interessante
notare che questo fenomeno riguarda tutti i paesi considerati.
17