tradizione mitologica, espressione della vera, primordiale identità russa e
dopo la parentesi pietroburghese è ritornata ad essere capitale del nuovo
Stato Socialista e per questo trasformata in vetrina della grandezza e
potenza del potere.
Quando ho iniziato la mia ricerca sono partita con l’idea che la
questione dei toponimi fosse un mezzo di propaganda del partito,
un’espressione del culto delle personalità tipica dell’ideologia socialista,
tesi sostenuta anche dagli esperti in toponomastica, e dunque per trovare
una conferma o una smentita a questa idea di partenza ho deciso di
affrontare il problema da un punto di vista che non fosse quello
strettamente linguistico-etimologico, ma storico. Nel primo dei quattro
capitoli in cui sarà strutturato il mio lavoro, esaminerò il cambiamento del
ruolo rivestito dalla città e più specificamente dalla strada in seguito al
passaggio da un periodo storico, quello dell’imperialismo ad un nuovo
periodo, quello dell’era socialista.
Dedicherò il secondo capitolo ad una analisi storica della città
condotta parallelamente a quella dei toponimi in modo da individuarne la
natura e poterla poi paragonare a quella dei toponimi sovietici.
Il terzo capitolo, invece, si concentrerà interamente sui nuovi nomi
assegnati alle vie a partire dalla Rivoluzione d’Ottobre al fine di
individuarne la quantità e la qualità. Questa analisi sarà condotta sulla base
di una mia precedente schedatura (vedi allegato) di tutti i nomi delle vie,
piazze, vicoli, passaggi, boulevard, lungofiumi e vicoli ciechi a partire dal
1917 fino al termine degli anni trenta. Quest’arco di tempo comprende tre
importanti momenti: il periodo del governo di Lenin, la NEP (Nuova
Politica Economica) e il periodo staliniano. Ho scelto di estendere la mia
analisi a questi tre periodi per abbracciare diversi momenti
dell’affermazione del pensiero socialista in modo da analizzare
II
l’andamento del processo di rinominazione dei toponimi e capirne meglio
la natura. Mi sono spinta fino a tutti gli anni trenta perché questi sono stati
anni decisivi; è proprio l’inizio di questa decade che segna il passaggio di
testimone fra i due leader con le loro diverse personalità, idee,
comportamenti e politica, qui intesa non come scienza ma come linea di
condotta; è proprio sul finire degli anni venti che termina ufficialmente la
NEP, che si da avvio al Primo Piano Quinquennale e che si consolida il
potere di Stalin; è la fine dell’utopia e l’inizio del culto della personalità e
di quello che sviluppandosi diverrà il realismo socialista.
Infine il quarto capitolo sarà dedicato all’analisi degli effetti di
questo fenomeno di rinominazione sulla geografia e soprattutto sulla
società russa.
III
CAPITOLO PRIMO
DAI SALON ALLA STRADA: DALL’IMPERIALISMO AL
SOCIALISMO
Ogni periodo storico, ogni movimento culturale possiede un luogo
preferito, un luogo che meglio di ogni altro sia in grado di rappresentare
appieno, grazie alle sue qualità architettoniche, ai suoi riscontri storici e
simbolici, le idee e le caratteristiche di tali movimenti. Un luogo che sia
una sorgente di continuo interesse e attrazione, che sprigioni una forza
particolare quale mito collettivo.
André Breton, il leader dei surrealisti francesi, riflettendo su questo
tema si impegnò in una analisi dei racconti gotici inglesi prestando grande
attenzione al luogo da loro preferito, il castello. Egli dunque si chiede
Are there places predestined for the accomplishment of the particular form of
mental transmission (médiumnité) that manifests itself in such a case?
1
1
E la sua stessa risposta è
Yes, there must exist observatories of the inner sky. I mean, naturally,
observatories already exsisting in the outer world.
2
Anche per il partito comunista e dunque durante il periodo dominato
dall’ideologia socialista esisteva un luogo preferito e questo sembra essere
la città. La città era diventata da qualche decennio la nuova dimensione
abitativa a seguito della fine della cultura contadina causata
dall’industrializzazione e quindi dalle migrazioni sempre più massicce
dalle campagne alle zone urbane. Nel periodo del regime comunista, però,
la città aveva assunto un ruolo particolare, dopotutto la Rivoluzione era
avvenuta proprio per le strade di una città, la classe favorita dal nuovo
governo era il proletariato urbano; inoltre l’ideologia socialista l’aveva
investita di un particolare ruolo, quello di essere la nuova vetrina della
potenza e del rinnovamento apportato dal nuovo partito guida. La città
quindi si trasforma in città socialista, una città dove la vita disordinata e
caotica delle epoche passate doveva lasciare il posto ad una vita armoniosa,
più giusta per tutti, dominata dal progresso, dall’ordine, dalla prosperità e
felicità di tutto il popolo. Per questo venne rimodellata su misura di quello
che doveva essere il nuovo cittadino sovietico depurandola assolutamente
da tutti gli emblemi del regime imperiale, dalle statue degli eroi zaristi, una
città in cui le chiese dovevano essere devastate, le biblioteche bruciate e
frantumate opere d’arte di valore inestimabile e dove, infine, gli antichi
nomi delle vie dovevano in breve essere rimpiazzati. Il rifiuto violento di
tutto quanto era connesso con la vecchia civiltà fu un fattore integrante
1
Devo la citazione a S. R. Suleiman, Between the street and the salon: the surrealist politics in the
1930’s, in Visual Anthropology Review, Spring 1991, VII, 1, p. 40.
2
Ibidem.
2
della Grande Rivoluzione. La città socialista come simbolo di un bene
espropriato, conquistato alla collettività, che sembrava ormai costituire non
tanto l’oggetto quanto il campo dello scontro di classe, un insieme fisico di
servizi a disposizione da convertire a nuovo modo d’uso, in cui il
proletariato poteva insediarsi scegliendo le zone e le fasce centrali,
sostituendosi alla borghesia da quelle zone definitivamente espulsa ed in
cui il potere intravedeva la possibilità di fondare uno stile di vita totalmente
rinnovato. Così l’architettura venne investita in pieno dall’ideologia della
rivoluzione e la produzione di quegli anni era dominata dalla ricerca sui
temi tipici dello žiznestroenie (costruzione della vita quotidiana), piuttosto
che dell’intervento sulla città in quanto struttura.
Mosca nel marzo del 1918 torna a rivestire il ruolo di capitale in
seguito alla fuga da Pietrogrado del governo sovietico con a capo Lenin per
paura che la città potesse essere presa dai bianchi. L’urgenza dei problemi
urbanistici e questo grande entusiasmo ideologico post-rivoluzionario
diedero vita ad un periodo di intenso dibattito architettonico per
trasformare Mosca in un terreno di prova per la realizzazione di questa città
socialista. La portata dei cambiamenti fu enorme ed immediata, si
intensificò poi negli anni venti e raggiunse il culmine negli anni trenta fino
ad arrivare ad alterare completamente la fisionomia della città e quindi
dell’intero Paese.
Il più spettacolare sventramento della città di Mosca, non solo dal
punto di vista della toponimia, avvenne proprio negli anni trenta, quando fu
varato il piano urbanistico per farne la capitale modello del nuovo mondo.
La via centrale, la via Tverskaja, l’antica strada di Tver', già ribattezzata via
Gor'kij, venne allargata spostando i palazzi, senza badare a distruzioni, per
farne un'arteria di proporzioni grandiose. L'antico monastero di Simonov
che si affacciava sulla via e che diede il suo nome alla strada lungo la
3
Moscova, a due vicoli e un vicolo cieco, venne abbattuto per far posto ad
una fabbrica di automobili. Nel centro vennero costruiti edifici di altezza
molto superiore a quelli circostanti, deturpando così il tradizionale profilo
della città. Venne abbattuta anche la chiesa del Cristo Salvatore, innalzata
per celebrare la vittoria su Napoleone del 1812; era stata costruita vicino al
Cremlino, sulle rive della Moscova. Proprio qui Stalin volle far sorgere il
palazzo dei Soviet, che avrebbe dovuto sovrastare tutta la città e stupire il
mondo intero. La leggenda vuole che la paludosità del terreno rese molto
ardua la realizzazione del folle progetto, che nel dopoguerra venne
abbandonato. Ormai però il terreno era già stato scavato, uno squarcio era
stato aperto e quindi fu costruita una piscina all'aperto riempita con acqua
calda per poter essere usata anche nei mesi invernali. Stalin avrebbe potuto
risparmiare, come si suol dire, tempo e denaro scoprendo in anticipo la
presenza del terreno paludoso. Ma come sarebbe stato possibile?
Semplicemente capendo e rispettando l'importanza dei nomi delle vie: lì
vicino passano le vie Mochovaja (del muschio) e Bolotnaja (palustre)!
La città dunque a differenza del castello per gli scrittori gotici, non
era un luogo mistico, fonte di ispirazione, ma era il luogo più adatto ad
accogliere l’ideologia socialista, il luogo prescelto ma da trasformare, uno
spazio a piena discrezione del potere che non badava alla storia,
all’architettura, all’urbanistica, alla geografia, alle tradizioni o all’arte pur
di soddisfare le proprie esigenze.
Dopo l'Ottobre molte cose cambiarono dal punto di vista politico,
sociale e storico; era iniziata una nuova era, l'era socialista, l'era delle
grandi illusioni, ed era iniziata con grandi speranze e grande entusiasmo. Il
potere si era quasi sostituito a Dio e come Dio ha creato l'uomo a sua
immagine e somiglianza, così il potere voleva creare il suo homo sovieticus
plasmando il mondo, o per lo meno il proprio paese, facendogli prendere la
4
forma a lui congeniale secondo un suo grande progetto e insinuandosi non
solo nella vita economica, sociale, ma persino nella vita quotidiana. E
questo lo faceva attraverso tutte le vie possibili, facendo imparare al suo
popolo, che doveva essere mantenuto nell'ignoranza, la lezione
dell'ideologia socialista il cui stile era caratterizzato dall'omogeneità in tutte
le sfere della vita sociale e anche culturale.
La dottrina marxista della sovrastruttura nega, come è noto, la
possibilità di mutare la natura del proprio pensiero senza un mutamento
della base sociale che determina tale pensiero, cioè un mutamento
dell’organizzazione della società in cui vive colui che pensa. E questo è ciò
che intendevano realizzare Lenin e in modo ancor più rigido Stalin.
Entrambi però andarono oltre questa idea marxista mutando radicalmente
ogni aspetto materiale e spirituale della vita. Infatti in questa nuova città i
cittadini vivevano secondo le regole dettate dal partito e occupavano
persino gli spazi dettati dal partito; vivevano nelle famose kommunalka,
ovvero quegli appartamenti che dopo la Rivoluzione furono espropriati alla
classe borghese e sistemate per accogliere più famiglie del nuovo
proletariato urbano; era questo il nuovo modo di vivere secondo i principi
comunitari e di distruzione della banalità borghese propri dell’ideologia
socialista, ma suonavano tanto di termini eufemistici per dire che si doveva
condividere il corridoio, il bagno, la cucina. Un appartamento, termine che
da quel momento in poi sarà abolito perché sinonimo di borghese, prima
abitato da una solo nucleo familiare veniva diviso matematicamente e
burocraticamente: dieci metri quadrati per persona e tredici per famiglia. In
realtà questi appartamenti comuni dove la vita privata era ridotta ai minimi
termini, erano diventati, soprattutto nel periodo staliniano, un metodo di
controllo sociale e di costante sorveglianza. Una volta usciti dalle loro case,
i cittadini sovietici si ritrovavano a camminare per strade che parlavano
5
dall’alto delle loro targhette; erano strade nuove, asfaltate, illuminate
dall’energia elettrica dei lampioni. Le strade erano ancor più della città
stessa amate dalla Rivoluzione. I Surrealisti, che appoggiavano l’idea di
una rivoluzione fatta dal popolo e che erano vicini alle idee economiche
marxiste, sentivano nelle strade una forza particolare, le reputavano l’unico
luogo al mondo in cui potessero essere risolte le crisi sociali, l’unico luogo
in cui le masse potevano unirsi per protestare e combattere contro un
regime che volevano spodestare.
La strada da sempre ha rivestito un ruolo importante nella cultura
russa, se solo si pensa alle grandi distanze del Paese. Tralascio la sua
versione un po’ più antica, pre-industriale, il sentiero, con tutti i suoi
risvolti simbolici legati all’erranza.
Il sentiero porta con sé la paura dell’erranza. L’ombra di questa paura si deve
esser posata sui capi dei popoli nomadi. Tutt’ora chiunque si avventura in
solitudine per un sentiero, dinnanzi alle sue svolte e alle decisioni imprevedibili,
percepisce il potere che gli antichi indizi avevano sulle orde nomadi.
3
Mi soffermo, invece sulla sua evoluzione, la versione industriale,
urbana del sentiero, ovvero la strada, la via, il boulevard.
Chi percorre una strada, invece, apparentemente non ha bisogno di alcuna
indicazione e guida. Sulla strada l’uomo non è in preda all’erranza, ma soggiace
al fascino della striscia d’asfalto che si svolge monotona.
4
A Mosca poi, città dall’aspetto molto kupečeskij (mercantesco) la
vita da strada era parte della quotidianità, della città, del suo stile di vita,
3
W. Benjamin, Parigi, capitale del XIX secolo, Torino 1986, p. 670.
4
Ibidem.
6
del suo ritmo, della sua identità. E qui allora la strada è affollata, piena di
gente
A Mosca ci sono almeno tre quattro punti in cui non è possibile andare avanti
senza quella particolare strategia fatta di spintoni e mosse serpentine della cui
tecnica ci si impadronisce nella prima settimana
5
la merce esposta trabocca dappertutto, la si vede sulle siepi, sugli steccati,
sul selciato; ogni due passi si incontrano donne che tengono in mano merce
di ogni genere, dal vaso alle sigarette, dai dolci alla frutta; e poi bancarelle,
chioschi, gente che vende gente che compra, che contratta, venditori
abusivi, venditori ambulanti
Qui si manifesta la funzione architettonica della merce: panni e stoffe formano
pilastri e colonne; scarpe, valinki, appesi in fila a dei cordoni sopra il banco,
finiscono per crearvi sopra un baldacchino; grandi garmoški (fisarmoniche)
formano delle pareti sonore capaci di canto come la statua di Mennone.
6
Dopo la Rivoluzione d’Ottobre la vita privata era diventata un lusso,
anzi è meglio dire che veniva completamente negata, tutto doveva avvenire
alla luce del sole, tutto doveva essere in evidenza per poter essere
controllato e gestito dal potere. Così anche la vita della strada cambia
soprattutto in relazione alle nuove leggi sulla famiglia e sul matrimonio,
sull’idea stessa di famiglia, di vita privata che doveva assolutamente
trasformarsi in vita comunitaria.
5
W. Beniamin, Mosca, in Immagini di città, Torino 1971, p. 8.
6
Ibid., p. 14.
7