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le sentenze afferenti la tutela della salute sui luoghi di lavoro, così
avviene per il D. Lgs. 626/94 nei confronti del nuovo Testo Unico
di recente emanazione.
Un‟attenta disamina dei vari articoli della normativa sostituita ci
consentirà di osservare il “cosa è cambiato” e il “come è cambiata”
tutta l‟ossatura principale della disciplina in materia di tutela,
sicurezza e salute sui luoghi di lavoro.
Nel III capitolo si entrerà nel vivo della trattazione della
tematica oggetto del presente lavoro.
Si inizierà con l‟evidenziare coma la L. 123/2007, si sia posta
quale Legge Delega capace finalmente di “svegliare” e svecchiare la
produzione normativa, ormai sopita ed intrappolata nel torpore
ultradecennale del D. Lgs. 626/94 e di come sia, a tal fine, risultato
essenziale sia l‟art. 1, contenente la delega propriamente detta, sia
gli altri 11 articoli di cui la legge è composta, che, risultando di
immediata applicazione, hanno consentito al legislatore di
comprendere con esattezza dove intervenire per modificare la
suddetta “626”, tanto da essere pressoché integralmente trasfusi
nel nuovo D . Lgs. n. 81/2008.
Dopo aver affrontato tale evoluzione normativa si esaminerà il
nuovo Testo Unico con l‟intento, non di elencare pedessiquamente
tutti gli articoli che lo compongono, ma, piuttosto, perseguendo
l‟obiettivo di metterlo a confronto con la precedente normativa ed
analizzare gli intervenuti mutamenti stigmatizzando ciò che, a
modesto parere dello scrivente è stato troppo enfatizzato, (il
sistema sanzionatorio), e facendo attenzione sul controverso
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aspetto della responsabilità amministrativa. Un cenno, infine,
riguarderà la Legge 2 agosto 2008 n. 129, emanato principalmente
con lo scopo di procrastinare i termini previsti dal nuovo Testo
Unico.
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CAPITOLO I
I principi di riferimento
Par. 1 Le norme comunitarie
È doveroso iniziare la trattazione del presente lavoro facendo
riferimento alle norme comunitarie.
Le fonti comunitarie, di maggiore rilevanza per la sicurezza sui
luoghi di lavoro e per la tutela della salute, sono i regolamenti, le
direttive, le decisioni generali e le raccomandazioni.
L‟ordinamento italiano, recependo quanto disposto dall‟art. 189
del Trattato CE, prevede la diretta ed automatica applicabilità dei
Regolamenti; la Legge 9 marzo 1989 n. 86 stabilisce invece, per le
direttive e le decisioni, il relativo recepimento da parte
dell‟ordinamento nazionale che il governo attua mediante la
presentazione alle Camere, di un disegno di legge c.d. “legge
comunitaria”.
In generale le fonti comunitarie rivestono particolare rilievo
avendo valore prevalente sul diritto interno di ciascun Stato membro,
in applicazione del c.d. principio del primato comunitario. “Con questa
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espressione si intende quel principio per cui in caso di conflitto, di contraddizione o
di incompatibilità tra norme di diritto comunitario e norme nazionali, le prime
prevalgono sulle seconde”(1). Tale principio fu affermato per la prima volta
nella celebre sentenza 6/64 Costa c. Enel.
Inoltre, in più di un‟occasione, la Giurisprudenza ha statuito
che il giudice nazionale deve verificare la compatibilità del diritto
interno con quello comunitario, dando applicazione a quest‟ultimo
d‟ufficio laddove necessario(2). Tale concetto è ribadito anche in sede
di giurisdizione amministrativa che, con specifico riferimento alle c.d.
direttive self-executing, ha affermato che la Pubblica Amministrazione è
tenuta ad applicare la disciplina contenuta nella direttiva stessa,
disapplicando le disposizioni di diritto interno eventualmente
contrastanti con la fonte sovranazionale (3).
Resta inteso, comunque, che tale processo di disapplicazione
della norma interna a favore della norma comunitaria non è avvenuto
in maniera automatica ed indolore. Infatti è con l‟approvazione della
Legge 1643 del 6 dicembre 1962, ad opera del Parlamento italiano,
1
BORRIELLO R. GERLI S. ROSIELLO C. VECCHIONE M. VERRILLI A., Diritto dell’unione
uropea, EDIZIONI GIURIDICHE SIMONE, NapoliI, 2001, pag. 265
2
(
1
) Cass. Civ. 10 dicembre 2002 n. 17564
3
TAR PARMA, 21 NOVEMBRE 2002, n. 846 in ANGELONE C., Lineamenti di istituzioni di
diritto, Libreria dell’Università Pescara, 2006, pag. 17
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con la quale si provvedeva all‟istituzione dell‟Enel e dando
applicazione, per la prima volta all‟art. 43 della Costituzione, che le
diverse concezioni del diritto nazionale vengono a scontrarsi con
quelle del diritto comunitario, dando corpo alla già citata sentenza
Costa c. Enel proseguendo poi con la pronuncia del caso Simmenthal, del
9 marzo 1978, con la quale, la Corte di Giustizia Europea ribadiva che
la Comunità “costituisce un ordinamento giuridico di nuovo genere”
ribadendo il “principio della preminenza del diritto comunitario”
sancendo il “potere del giudice nazionale di disapplicare il proprio
diritto” e “di impedire la valida formazione di nuovi atti legislativi
nazionali, nella misura in cui questi fossero incompatibili con norme
comunitarie” per poi giungere alla sentenza, della Corte Costituzionale
italiana, n. 170 dell‟8 giugno 1984, del caso Granital, con la quale si
asseriva che nell‟ ”ipotesi in cui la disposizione della legge interna
confligge con la previgente normativa comunitaria la Corte è ora
dell‟avviso che il Regolamento Comunitario vada sempre applicato.”
In estrema sintesi, tutto l‟assetto normativo scaturente dalle
norme comunitarie in tema di salute e sicurezza negli ambienti di
lavoro, conforme, come vedremo, al Codice Civile italiano ed, in
seguito, integralmente riversato nel D. Lgs. n. 626/94, è diretto a
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sancire l‟obbligo da parte dell‟imprenditore di adottare non solo le
misure previste ed imposte dalla legge, ma anche ogni altra forma di
tutela dell‟integrità fisica del lavoratore.
Peraltro, prima di passare all‟analisi generale di tale assetto
normativo è doveroso osservare che esso ha dato rilevante impulso
all‟ordinamento interno, consentendo l‟introduzione di novità
significative nell‟ambito di una normativa che, come avremo modo di
dire nel successivo capitolo, era rimasta pressoché cristallizzata dopo
l‟emanazione del Codice Civile e di alcuni decreti degli anni ‟50-‟60.
Venendo all‟evoluzione del tema della sicurezza sul lavoro in
ambito comunitario, va osservato che lo stesso, già prevista dall‟art.
118 del Trattato istitutivo della CEE del 1957, acquista rilevanza con
l‟introduzione, nel medesimo trattato, dell‟ art. 118 A, entrato in
vigore il 1° gennaio 1987.
La norma prevede che gli Stati membri debbano promuovere il
miglioramento dell‟ambiente di lavoro per tutelare la sicurezza e la
salute di tale ambiente, ponendosi l‟obiettivo dell‟armonizzazione delle
relative condizioni, che appare necessaria al fine della realizzazione del
Mercato Unico Europeo e, in specie, a quello di evitare
differenziazioni di costi all‟interno dello stesso mercato.
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Fra le direttive, di maggior interesse, emanate per dare concreta
attuazione a tale armonizzazione vale la pena citare la n. 476 del 1977
sulla segnaletica di sicurezza sui luoghi di lavoro, la n. 610 del 1978
sulla protezione dei lavoratori esposti al cloruro di vinile monomero,
la n. 501 del 1982 sui rischi di incidenti rilevanti connessi con
determinate attività industriali, la n. 1107 del 1980 sulla protezione dei
lavoratori contro i rischi derivanti da esposizione ad agenti chimici,
fisici e biologici durante il lavoro, la n. 605 del 1982 sulla protezione
dei lavoratori contro i rischi connessi ad esposizione al piombo
metallico ed ai suoi composti ionici, la n. 477 del 1983 sulla protezione
dei lavoratori contro i rischi connessi all‟esposizione di amianto, la n.
188 del 1986 contro i rischi derivanti dall‟esposizione al rumore, la n.
364 del 1988 sulla protezione dei lavoratori mediante il divieto di
taluni agenti specifici e/o di talune attività.
Dagli inizi degli anni ‟70 alla fine dagli anni ‟80 del XX secolo si
assiste, dunque, ad una proliferazione di direttive senza precedenti.
Ma è con l‟emanazione della direttiva n. 391 del 1989,
concernente l‟attuazione di misure volte a promuovere il
miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il
11
lavoro, che si gettano le basi per quello che sarà, successivamente,
l‟impianto generale della normativa attualmente in vigore.
La citata direttiva 391/89 è, infatti, considerata la madre di tutte
le altre sette direttive che verranno emanate a seguire e che saranno
tutte recepite in quella che, nel gergo comune, verrà denominata la
“Legge sulla sicurezza nei luoghi di lavoro”, ossia il D. Lgs. 19
settembre 1994 n. 626, di cui si dirà più approfonditamente nei
capitoli successivi.
Allo stato attuale della trattazione ci limiteremo, invece, a
menzionare le sette direttive “figlie” che sono: la n. 654 del 1989
relativa alle prescrizioni minime di sicurezza e salute per i luoghi di
lavoro (prima direttiva), la n. 655 del 1989 relativa ai requisiti minimi
di sicurezza e di salute per l‟uso da attrezzature di lavoro da parte dei
lavoratori durante il lavoro (seconda direttiva), la n. 656 del 1989
relativa alle prescrizioni minime in materia di sicurezza e salute per
l‟uso da parte dei lavoratori di attrezzature di protezione individuale
durante il lavoro (terza direttiva), la n. 269 del 1990 relativa alle
prescrizioni minime di sicurezza e salute concernenti la
movimentazione manuale di carichi che comporta tra l‟altro rischi
dorso – lombari per i lavoratori (quarta direttiva), la n. 270 del 1990
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relativa alle prescrizioni minime in materia di sicurezza e di salute per
le attività lavorative svolte su attrezzature munite di videoterminali
(quinta direttiva), la n. 394 del 1990 sulla protezione dei lavoratori
contro i rischi derivanti da un‟esposizione da agenti cancerogeni
durante il lavoro (sesta direttiva), la n. 679 del 1990 sulla protezione
dei lavoratori contro i rischi derivanti da un‟esposizione ad agenti
biologici (settima direttiva)(4).
4
GALANTINO L.., La sicurezza del lavoro, Giuffrè Editore, Milano, 1995, pag. 12