7
Bungakukai. Con Shiiku (“L’animale d’allevamento”, 1958), Ōe viene
insignito del premio Akutagawa, ancora oggi un importante
riconoscimento per giovani scrittori in Giappone, e prosegue la carriera
letteraria con numerose pubblicazioni, spaziando dalla narrativa, alla
saggistica, al giornalismo e alla critica, con molteplici riferimenti a
esperienze personali, nonché a storia, attualità, politica e problemi
sociali. Dal primo romanzo, Memushiri kouchi (“Strappare i germogli e
abbattere i bambini”, 1958), alla “saga di Hikari”, come vengono definiti
i lavori, scritti a partire dal 1964, che hanno a che fare con la nascita del
suo primogenito, affetto da una grave malformazione cerebrale, fino alle
più pretenziose creazioni della maturità, da Dōjidai gēmu (“Il gioco della
contemporaneità”, 1979), a Atarashii hito yo mezameyo (“Svegliatevi, o
Giovani della Nuova Era!”, 1983) e Natsukashii toshi e no tegami (“Gli
anni della nostalgia”, 1987), la produzione letteraria di Ōe propone una
vasta gamma di contenuti che operano un taglio netto con la precedente
generazione di scrittori, ancora legati a convenzioni del vecchio
Giappone sebbene di fronte ad una più complessa realtà. Il distacco è
offerto da situazioni in evidente contrasto con ideali convenzionali di
equilibrio e misura, proposte con uno stile e una sintassi innovativi
quanto provocatori. Il suo modo di scrivere – in molti parlano addirittura
8
di Ōe-go (lingua alla Ōe) – risulta spesso stridente, difficile, da alcuni
ritenuto persino impenetrabile, un “ ‛negarsi’ a una facilità di lettura”
che ha contribuito a tenerlo lontano dal grande pubblico.
2
L’alternativa letteraria che Ōe prospetta, e che è teorizzata dal pensiero
filosofico di Jean-Paul Sartre in Qu’est-ce que la littérature?,
3
è porsi
come “intellettuale impegnato”, figura che diviene mezzo per
capovolgere la nozione del ruolo che la letteratura è tenuta a rivestire
nella società odierna, e che corrisponde all’intenzione di “[…] creare un
modello di un’età contemporanea che avvolga passato e futuro e il
modello umano che vive in quell’età.”
4
Un tale orientamento focalizza
l’attenzione sulla letteratura come valore universale, in antitesi con
l’“esotismo” puramente giapponese, simbolizzato in epoca moderna, qui
da noi in Occidente, dalle opere di Kawabata Yasunari (1899-1972). Il
Giappone, in questa nuova prospettiva letteraria, risulta ricollocato in un
discorso internazionale, come parte della letteratura mondiale, e
l’attenzione si focalizza sul modo in cui la società giapponese si
confronta con problemi e contrasti non solo tipicamente giapponesi,
2
Cfr. A. Boscaro, “Introduzione”, in Ōe Premio Nobel 1994, Torino, UTET, 1999, p. X.
3
Qu’est-ce que la littérature?, in Situations – II, Parigi, Gallimard, 1948.
4
Ōe Kenzaburō, “Japan’s Dual Identity: A Writer’s Dilemma”, World Literature Today, 62,
no. 3 (Summer 1988), 359–369.
9
quanto piuttosto comuni all’umanità intera.
5
In tal senso sono da
considerare i rapporti che Ōe ha intrattenuto e continua a intrattenere con
scrittori ed intellettuali di fama internazionale, quali Günter Grass,
Nadine Gordimer, Edward Said, Noam Chomsky, Amos Oz, Susan
Sontag, nonostante di fatto egli si consideri uno scrittore “periferico” ed
estraneo all’internazionalizzazione della letteratura del suo paese, e,
pertanto, profondamente impegnato nel rivolgersi ai giapponesi, in
particolare a quelli della sua stessa generazione, che hanno avuto le sue
stesse esperienze.
6
I lavori di Ōe lo hanno portato, comunque, a un
pubblico mondiale e hanno concretizzato la sua speranza di divenire un
mediatore tra la generazione di scrittori giapponesi di cui fa parte e la
cultura europea postmoderna.
7
Nato nel 1935 a Ose, piccolo villaggio nella prefettura di Ehime
sull’isola di Shikoku, e trasferitosi a Tōkyō per portare avanti gli studi
universitari, Ōe conserva nelle opere il legame con i luoghi d’infanzia,
pervasi da un’aura di mitica terra perduta, in conflitto con la fervida
dissonanza delle metropoli urbane. I suoi primi lavori, in particolare,
“[…] traggono forza dal contrasto tra l’educazione di Ōe ai margini della
5
Cfr. Katō Shūichi, “Kawabata Yasunari kara Ōe Kenzaburō he”, Asahi Shinbun, 20 Ottobre
1994, p. 15.
6
Cfr. A. Boscaro, cit, p. IX.
7
Cfr. Richard Dyer, “The Scribe of the Soul”, The Boston Globe, 6 giugno 1995, p. 25.
10
cultura giapponese e la sua presenza nel mezzo della cultura urbana e
sofisticata di Tōkyō”.
8
L’attività di saggista e romanziere appartiene, come egli stesso ha
dichiarato, all’età postbellica giapponese, iniziata successivamente alla
Guerra del Pacifico e, secondo alcuni, terminata con il drammatico
suicidio di Mishima Yukio nel 1970. La disposizione degli autori del
dopoguerra continua, in modi e forme diversi, a interessare i lavori dei
contemporanei, ed è difficile stabilire, pertanto, quando esattamente si
sia conclusa. Di essa fanno parte Abe Kōbō, considerato da Ōe maestro
inimitabile,
9
e diversi scrittori attivi negli anni successivi alla guerra e in
quelli a seguire, i quali hanno continuato a produrre i propri lavori anche
all’interno di altre correnti letterarie. Ōe annovera tra questi Ōoka
Shōhei, Takeda Taijun, Mishima Yukio, Noma Hiroshi, Shimao Toshio.
Gli autori del dopoguerra condividono la frustrazione causata dagli anni
8
Ibidem.
9
“Il legame tra Abe Kōbō e Ōe Kenzaburō è evidente dalle osservazioni di quest’ultimo nella
sua introduzione alla raccolta di opere di Abe:
‛Quando ho cominciato a scrivere romanzi, non c’era altro per me che imitare Abe
Kōbō. Ho provato al meglio a imitare il suo modo di pensare, ma naturalmente non ho mai
raggiunto la chiarezza caratteristica del mondo che egli ha creato. Ho smesso subito di
imitarlo […]
Abe Kōbō è stato per me molto importante per cominciare la mia carriera di scrittore.
Ciò è vero ancora adesso che posso parlare faccia a faccia con lui.’ ”
Yamanouchi Hisaaki, “Abe Kōbō and Ōe Kenzaburō: The Search for Identity in
Contemporary Japanese Literature”, in W. G. Beasley edited, Modern Japan: Aspects of History,
Literature and Society, Tōkyō, Tuttle, 1976, pp. 173-174.
11
del militarismo prebellico e del conflitto, nonché “[…] la spinta a
formare la loro identità di intellettuali,”
10
che spesso si traduce in
narrativa in una naturale inclinazione a trattare il problema dell’identità.
Una simile disposizione è presente anche in Ōe, inseritosi nel gruppo
posteriormente, ma che già dal suo esordio ha segnato profondamente un
nuovo modo di fare letteratura, che spazia dall’esistenziale, al realistico,
al grottesco, al favolistico, con spunti e creazioni di rara incisività,
spesso volutamente portati a limiti estremi.
L’esperienza personale di Ōe fa da sfondo alla produzione artistica e
quasi la compenetra, non per questo esaurendone l’immaginario tipico di
un atteggiamento volto al provocatorio, che presenta tinte così forti tanto
da guadagnarsi una posizione preminente nell’ambito di quella che è
stata definita dalla critica shūaku no bi, “l’estetica della
sgradevolezza”.
11
Questa individua una nuova sensibilità che negli anni
sessanta vide la diffusione in Giappone di nuove ed audaci
sperimentazioni non solo in campo letterario, ma anche nel cinema con
Ōshima Naghisa, nella musica di Takemitsu Tōru o nella grafica con
Yokoo Tadanori, dando vita a un nuovo tipo di estetica che preferiva
10
Ōe Kenzaburō, “Japan’s Dual Identity: A Writer’s Dilemma”, art. cit., p. 361.
11
Cfr. G. Amitrano, “L’estetica della sgradevolezza”, La Rivista dei Libri, novembre 1996.
12
“[…] colori sgargianti, scene altamente erotiche, note angoscianti”,
12
rifiutando l’ideale di bellezza consacrato dalla tradizione, in linea con
una volontà di dissenso e di denuncia della “[…] società snaturata e
aggressiva che si nascondeva dietro la facciata di un Giappone ricco,
pacificato e democratico.”
13
L’universo letterario di Ōe è vivacemente costruito secondo le norme
del realismo grottesco, così come è stato teorizzato da Michail Bachtin a
proposito del romanzo di Rabelais,
14
autore che Ōe ha avuto modo di
conoscere e apprezzare attraverso la mediazione dello studioso e
professore Watanabe Kazuo, suo maestro di Rinascimento francese,
nonché traduttore di Rabelais in giapponese. Lo sgradevole e il
provocatorio rappresentano in Ōe, pertanto, l’esasperazione di
un’esteriorità narrativa che ha come scopo una diversa prospettiva di
analisi della realtà contemporanea. Il “sistema di immagini del realismo
grottesco” consiste nell’eccedere realistico in descrizioni e particolari
volutamente bizzarri, paradossali o poco credibili, e teorizza
l’importanza dei principi materiali e fisici, della concreta corporeità
umana attraverso cui “[…] il restante mondo acquista un nuovo senso e
12
A. Boscaro, cit, p. XIII.
13
G. Amitrano, “L’estetica della sgradevolezza”, art. cit., p. 28.
14
Cfr. Michail Bachtin, Estetica e romanzo, Torino, Einaudi, 1979, pp. 313-354.
13
una concreta realtà e materialità e stabilisce un contatto non simbolico,
ma materiale, spazio-temporale con l’uomo”.
15
Attraverso i modi del
realismo grottesco si ambisce a rappresentare un nuovo quadro del
mondo, in antitesi con eccessive idealizzazioni, false o ipocrite, falsi
legami tra cose e idee, e affermare una nuova autenticità della natura
umana, che per Ōe diviene “[…] la contiguità dei vari elementi cosmici,
sociali e fisici, la sovrapposizione della morte e del sentimento di
rinascita, infine la risata che sovverte ogni gerarchia.”
16
L’arma di Ōe è
deridere addirittura se stesso, producendo un forte impatto cognitivo sul
lettore consapevole del progetto umano, se non a volte politico,
dell’autore. La legittimazione della politica in letteratura è, infatti, altro
elemento caratterizzante dell’immaginario collettivo degli autori del
dopoguerra, così come la liberazione dell’eros e la sublimazione degli
istinti sessuali come metodologia narrativa.
17
I personaggi di Ōe spesso
affrontano situazioni in cui quello che da loro è avvertito come un debito
con la società viene pagato attraverso la soddisfazione di impulsi
anomali, deviati, e la formazione interiore sovente passa attraverso fasi
15
Ibidem, p. 317.
16
Ōe Kenzaburō, “Io e il mio ambiguo Giappone” (trad. C. Ceci), in Il figlio dell’Imperatore,
Venezia, Marsilio, 1997, p. 160.
17
Cfr. Michiko Wilson, The Marginal World of Ōe Kenzaburō, A Study in Themes and
Techniques, New York, M.E. Sharpe Inc., 1986.
14
di maturazione sessuale, dove lo stile dell’autore acutamente realistico,
più volte tendente al grottesco, fa in modo che si possa comprendere lo
stato sociale dell’individuo attraverso la realizzazione dei comportamenti
sessuali.
L’idea bacthiniana di romanzo come forma aperta e in continuo
divenire rende l’autore consapevole delle innumerevoli possibilità di
presentare le sue tematiche, sintetizzabili in alcuni elementi chiave. Il
villaggio, soprattutto, inteso come kyōdōtai, “comunità”, meglio definita
come “comunità antica” di villaggio, che nella realtà personale di Ōe,
laddove questa coincide, come spesso accade, con la finzione narrativa, è
un ritorno alla propria comunità di villaggio nello Shikoku; più in
generale, in un discorso collettivo, essa è la sopravvivenza di un’“eredità
arcaica”, in opposizione alle metropoli urbane e alla modernizzazione
incontrollata. L’accettazione e la convivenza con un figlio cerebroleso,
quindi, da cui partono le alternative possibili con cui Ōe si confronta in
romanzi e racconti che ruotano in maniera multiforme attorno al tema.
Hiroshima e il problema del nucleare, strettamente connesso, insieme
all’impegno e alla sensibilità che Ōe dimostra per i portatori di handicap,
alla questione dei diritti umani.
15
Sono da ricordare, inoltre, le memorie del secondo conflitto mondiale,
della resa incondizionata del Giappone, l’opposizione al Trattato di
sicurezza nippo-americano e il problema del riarmo in un momento
storico di difficile equilibrio tra opinione pubblica, governo, gruppi
estremisti e movimenti studenteschi. A tal proposito sono noti la
sollecitudine e l’attivismo pacifista che attualmente Ōe continua a
dimostrare nella salvaguardia del principio costituzionale di non
belligeranza del Giappone, che lo ha visto promotore di un’associazione
di intellettuali, tutti sopravvissuti della seconda guerra mondiale, contrari
a spinte revisioniste dell’articolo 9 della Costituzione giapponese in cui è
sancita la rinuncia del paese alla guerra.
Ai temi tipici della produzione artistica di Ōe si aggiungono il leitmotiv
dell’alienazione, l’isolamento dell’individuo nell’ambiente sociale, e gli
sforzi per entrare in contatto con un mondo in cui sembra avere senso
una logica di distruzione, unitamente a una prospettiva di analisi della
realtà postbellica che non tralascia morte, suicidio, violenze, instabilità
mentale, atteggiamenti estremi, affrontati con lo sguardo critico di
“intellettuale impegnato”.
16
Alla “terra perduta” e desolata che Ōe sembra descrivere nelle sue
opere,
18
è contrapposto un sentimento di rinascita, simbolizzato da
personaggi e figure che vanno delineandosi con maggior intensità man
mano che si procede verso i lavori più recenti, e che è stato teorizzato e
approfondito da Ōe stesso nel discorso tenuto a Stoccolma in occasione
del conferimento del premio Nobel per la letteratura nel 1994. Lì l’autore
ha posto l’accento su di un altro elemento fondamentale per la
comprensione del suo modo personale di mettere in relazione esperienze
private, esistenzialismo postbellico e temi universali: la funzione
riparatrice dell’arte, il valore di “cura” che egli attribuisce al processo di
creazione artistica e all’opera d’arte in sé. Ōe auspica, infatti, che il
lavoro di romanziere “[…] serva a guarire dal dolore individuale e di
un’intera epoca sia coloro i quali si esprimono attraverso le parole, sia il
loro pubblico, e che serva a curare le ferite della loro anima”
19
così come
tramite la forza della letteratura egli stesso sostiene di aver curato le
proprie. Similmente Ōe propone il modello di suo figlio Hikari, il quale,
malgrado l’handicap, ha trovato nella musica e nella composizione la
18
Cfr. Susan J. Napier, Escape from the Wasteland: Romanticism and Realism in the Fiction of
Mishima Yukio and Ōe Kenzaburō, Harvard University Press, 1995.
19
Ōe Kenzaburō, “Io e il mio ambiguo Giappone”, ed. cit., p. 161.
17
strada per curare quel «groviglio di tetra tristezza», e le cui opere sono
considerate «terapeutiche» per gli ascoltatori.
Un racconto pubblicato in Giappone nel 1969, e che dà il titolo a una
raccolta di racconti, propone la traduzione in giapponese di un verso da
Commentary del poeta inglese W. H. Auden: Insegnaci a superare la
nostra pazzia.
20
Di questa espressione, che risuona fortemente
sentenziosa ed epocale, Nadine Gordimer ha proposto un commento:
“Kenzaburō, lei non sapeva fino a che punto le sue parole si addicessero
alla fine del nostro millennio quando una volta scrisse: Insegnaci a
superare la nostra pazzia.”
21
L’universalismo è la prospettiva che Ōe individua, infine, e che
propone nei suoi lavori, sostenendo la ricerca della relazione tra
circostanze specifiche e una visione più ampia della realtà attraverso cui
“[…] il mondo individuale, concreto, specifico si apre a un orizzonte
universale”,
22
che includa solidarietà e partecipazione di tutto il genere
umano.
20
Ōe Kenzaburō, Insegnaci a superare la nostra pazzia (trad. N. Spadavecchia), Milano,
Garzanti, 2000. Il titolo originale del racconto è Warera no kyōki o ikinobiru michi o oshieyo, Tōkyō,
Shinchōsha, 1969.
21
Nadine Gordimer, Vivere nella speranza e nella storia (trad. M. L. Cantarelli), Milano,
Feltrinelli, 1999, p. 91.
22
Katō Shūichi, “Kawabata Yasunari kara Ōe Kenzaburō he”, art. cit, p. 15.