Al fine di cogliere l’essenza del pensiero induista su questa essenziale, quanto
labile, traccia del sacrificio, occorre selezionare i testi rivelati e tramandati dalle
correnti filosofiche indiane. Il pensiero induista infatti, distingue
preliminarmente fra le opere rivelate dai Ṛs ̣i
2
, famiglie di bramini ritenute in
possesso di percepire, attraverso visioni, la śruti
3
, rivelazione divina; e le opere
della tradizione smr ̣ti
4
testi sacri frutto dell’interpretazione umana. Ai testi
rivelati appartengono le Samhitā, ˝collezioni˝
5
, comprendenti tutti gli scritti
raccolti all’interno dei quattro Veda
6
. Tre di questi, il Ṛgveda, lo Yajurveda e il
Sāmaveda, costituiscono la trayī vidyā, la triplice scienza
7
, la sezione di
informazioni riguardanti le dottrine indiane più antiche, accomunate dalla lingua
utilizzata, il sanscrito antico. Collocabili all’interno di un lasso temporale
particolarmente vasto, compreso fra il 1500 a.C. e il 600 a.C. , conosciuto con il
nome di periodo vedico
8
, i Veda, testi precedenti alla penetrazione degli Arî
nella penisola indiana, costituiscono la parte essenziale della cultura aria
9
. Fu
proprio il bisogno degli Arî di preservare la loro integrità culturale dal contatto
2
L’etimologia del termine è duplice: 1) la S ̣atapathabrāhmana (VI,1,1,1) attribuisce la nascita del
termine alla spossatezza (dal sanscrito –riş) arrecata dalla percezione dei Veda. 2) Malamoud, deriva la
parola dalla radice dŗs, tradotta come “vedere”. Cfr. C. Malamoud, Cuocere il mondo, Rito e pensiero
dell’India antica, a cura di Antonella Comba, Il ramo d’oro 25, Adelphi, Milano 1994 , p. 51 nota
3
Fra le traduzioni del termine: ˝1) ascolto; 2) notizia; 3) organo dell’udito; 4) conoscenza sacra; 5)
conoscenza trasmessa oralmente dai brāhmani di generazione in generazione; 6) Veda˝ ̀. T. Pontillo,
Sanscrito-Italiano Italiano-sanscrito, Garzanti S.p.a., Milano 1993. Tutti i significati sono collegati
all’idea che i testi furono donati oralmente dagli dei.
4
Dal verbo smŗ, il cui significato è ricordare, pensare. Il dizionario alla voce smŗti segna come
traduzione ˝corpo dei testi tramandati dagli uomini˝. Cfr. ivi.
5
Cfr. O. Botto, Letterature antiche dell’India, Vallardi, Milano 1969, p. 1.
6
˝Veda significa 'il sapere', il 'sapere per eccellenza', 'il sapere sacro'.˝ Cfr. ivi, p. 5.
7
Ivi, p.6.
8
Cfr. S. Radhakrishnan, La filosofia indiana, Volume primo, Āṣram Vidyā, Collezione Vidyā, Roma,
1993, p. 39.
9
Gli ariani, o arî, ˝(dal sanscrito, ārya, « nobili»)˝ Cfr. Ŗgveda, Le strofe della sapienza, a cura di
S.Sani, Marsilio, Milano 2000, p. 22.
4
con le credenze appartenenti alle popolazioni barbare, presenti all’interno del
territorio indiano, che impose la realizzazione delle raccolte vediche. Ogni Veda
è costituito da tre parti, i Mantra, i Brāhmana e le Upanis ̣ad, ognuna delle quali
con un compito differente. ˝La raccolta dei Mantra, o inni, è chiamata Samhitā. I
Brāhmana contengono i precetti e i doveri religiosi. Le Upanis ̣ad contengono la
base spirituale di tutto il successivo pensiero del Paese.˝
10
Il Ṛgveda
11
, il Veda
degli inni, il più antico scritto della trayī vidyā, contiene le invocazioni intonate
in onore delle divinità, con accenni a quella cosmogonia che non avrà mai un
suo specifico spazio. Gli inni vengono raccolti attorno al nome delle figure
divine invocate: la loro frequenza è di intensità direttamente proporzionale
all’importanza del dio. Il tema attorno a cui ruotano le strofe degli inni è
l’esaltazione della potenza del dio, sostenuta dalla presenza di eventi mitici che
descrivono, attraverso brevi immagini, le gesta della divinità. La pratica
sacrificale non possiede in questo periodo vedico, la forza espressiva capace di
onorare gli dei; l’unica offerta accreditata è la preghiera
12
. Si suppone che gli
ariani, nello spazio di tempo in cui viene redatto lo scritto, stanziati ai limiti della
giungla in villaggi, all’interno di principati gestiti da clan belligeranti
13
. Abili
nell’allevamento del bestiame e nell’arte della guerra, cominciano la loro
incursione addentrandosi nelle giungle dell’India Centrale, scontrandosi e
sottomettendo diverse popolazioni culturalmente inferiori. Riguardo alle
10
S. Radhakrishnan, La filosofia indiana, Volume primo, cit., p. 50.
11
Letteralmente Ŗgveda è composto da Ŗc, inno, e da Veda.
12
Cfr. S. Radhakrishnan, La filosofia indiana, Volume primo, cit., p. 52.
13
Cfr. O. Botto, Letterature antiche dell’India, cit., p. 11.
5
popolazioni vinte si possiedono maggiori notizie del ceppo conosciuto come
dāsa (o dasyu), in quanto il nemico viene rappresentato con particolare efficacia
e simboleggiato nei miti relativi agli eventi cosmogonici, nella feroce
controparte degli asura. I nemici del popolo ario vengono rappresentati dal
Ṛgveda come antagonisti demoniaci di Indra
14
, divinità le cui gesta
comprendono la presenza di inni più numerosa all’interno della raccolta.
L’impianto mitico del Veda ha come punto di partenza la descrizione di un
universo caotico, popolato da forze e figure misteriose. Prima della creazione del
sole, in un mondo indistinto e privo di determinazioni, tutto giaceva avvolto da
Vr ̣tra
15
, demone dalle fattezze ofidiche. Questa figura primordiale compare in
svariate mitologie: raffigurato nei tratti dell’Azhi nell’Avesta
16
, incarnazione dei
tratti naga
17
, riprodotto in Grecia attraverso il mito che narra la lotta fra l’idra di
Lerna e il semidio Ercole. La morte del demone per mano di Indra genera il
sensibile; svuotato dalle acque primordiali Vr ̣tra viene smembrato affinché le
sue parti possano concretizzarsi diventando parte del mondo. Nella simbologia
presente nella maggior parte delle culture, i tratti circolari del serpente, posizione
14
Il nome non possiede nessun significato particolare, indicando direttamente il signore delle piogge.
˝Indra è la divinità tutelare degli Ari˝ cfr. T. Pontillo, Sanscrito-Italiano Italiano-sanscrito cit. Il dio, la
cui purezza è tale da consentire la sua nascita attraverso il fianco della madre, in modo da non entrare
in contatto con le parti impure del corpo femminile, è uno degli dei maggiormente antropomorfizzati.
Dipinto in vari miti armato del vajra, la sua arma, le caratteristiche del re degli dei risultano
assimilabili a quelle del ben più famoso Giove Plinio. A differenza della controparte romana, Indra
racchiude in se elementi demoniaci, tanto da comparire all’interno dell’Avesta, libro sacro iranico,
avente fattezze infernali. Ŗgveda, cit., pp. 303-305
15
Il nome deriva dal verbo vrit, attorniare, arrotolarsi, giacere. La caratteristica sinuosità del serpente e
la sua capacità di raccogliere le prede fra le sue spire contribuiscono e fondano l’aspetto del demone.
16
Cfr. A.K. Coomaraswamy, La doctrine du sacrifice, Dervy-Livres, textes reunis et traduits de
l’anglais par Gerard Leconte, p. 42 nota 34.
17
Creature munite di testa umana e corpo di serpente, sono ritenuti capaci di nascondere la loro natura
demoniaca per mesmerizzare le loro vittime. La loro genesi viene spesso legata alle acque primordiali.
Cfr. ivi, p. 42
6
raggiunta dall’animale quando è avvolto intorno a qualcosa o su se stesso,
rappresentano la presenza di una continuità indifferenziata
18
, percepita in quella
matrice primordiale che Talete scorgeva nelle acque. La natura ofidica di Vr ̣tra
viene spesso associata a quella del dio Varun ̣a, con il quale condivide caratteri
coercitivi
19
. ˝Varun ̣a è il dio del cielo, il suo nome deriva dalla radice var- che
significa 'coprire' o 'circondare', e corrisponde esattamente al greco Urano e
all’Ahura Mazdā dell’Avesta˝
20
. Lungi dall’essere una spiegazione esaustiva,
occorre ricordare che la coppia composta da Mitra
21
e Varun ̣a incarna i tratti del
sattra, ˝session rituelle, type de cèrèmonies somiques, qui vont gènèral de 13 á
61 (ou 100) jours˝
22
connessa direttamente con la morte di Vr ̣tra. Il mito, che
raffigura la vittoria di Indra sul demone, introduce nel testo due figure divine,
Soma
23
e Agni
24
. La prima divinità, che nella maggior parte degli inni a lei
dedicati si manifesta priva di qualsiasi attributo antropomorfo, indica sia il nome
di una pianta dalle proprietà allucinogene, utilizzata come oblazione nei primi
sacrifici, sia la figura divina il cui sacrificio
25
fornirà ad Indra il fervore
26
18
Ivi, pp. 78-80.
19
L’origine etimologica dei due nomi, Vŗtra e Varun ̣a viene derivata da una radice comune, vri, il cui
significato comprende sempre l’idea di un velare, di un coprire. Ivi, p. 63.
20
S. Radhakrishnan, La filosofia indiana, Volume primo, cit., p. 61.
21
Mitra, divinità accomunata alla controparte iranica, Mithra, rappresenta la complementarità solare
propria della violenza manifesta in tutte le operazioni sacrificali. A riguardo risulta interessante
l’analisi di A.K. Coomaraswamy, La doctrine du sacrifice, cit., pp. 59-72.
22
Cfr. L. Renou, Vocabulaire du rituel vedique, collection de vocabulaires thechniques du sanskrit
dirigèe par L. Renou et J. Fillorat, Librairie C. Klincksieck, Paris 1954, p. 156.
23
Il nome possiede i significati di ˝1) plante sacrificielle; 2) jus pressurè de cette plante; 3) rite a base
de soma; 4) le roi Soma˝ Cfr. Ivi, p. 166.
24
Il termine (lat. ignis) indica sia il fuoco sacrificale, sia la controparte divina.
25
L’allusione è legata al filtraggio della pianta durante i processi che ne trasformano il succo nel
liquore utilizzato durante i rituali. C. Malamoud, Cuocere il mondo, cit., p. 48.
26
˝Vi è forse allusione al mito, per altro sviluppatosi più tardi, della punizione di Indra a seguito
dell’uccisione di Vŗtra. Anche gli eroi delle saghe nordiche erano, del resto, presi da debolezza e
7
necessario per vincere il nemico. La connessione fra il re degli dei e Soma,
uccisore di Br ̣ahspati
27
, viene avvalorata per certi versi dall’etimologia di Indra,
˝indu, goccia, altro termine per indicare il Soma˝
28
. Negare tratti umani al
dio/pianta è una tradizione collegata alle esperienze vissute durante gli stati
allucinogeni generati dal succo lattiginoso, fermentato fino a raggiungere
gradazione alcolica. Gli effetti generati dal soma ottundono i sensi al punto tale
che risulta ingiustificato generare un’immagine completa di quella pianta
29
posta
al limite fra due mondi. Le caratteristiche femminili attribuite all’arbusto sono
dettate dalla funzione che il soma detiene all’interno dei riti. Sua controparte
all’interno delle pratiche sacrificali, Agni, riveste all’interno della fede vedica il
ruolo di divoratore
30
, in opposizione al divorato Soma. Secondo gli inni del
Ṛgveda
31
il dio del fuoco nasce dalle nubi, con l’aspetto della vampa celeste, il
lampo. In merito a questa generazione gli viene attribuito il nome di Apām
Napāt
32
, ricordandone così l’origine demoniaca, connessione con l’universo
caotico precedente al creato. L’alleanza che Agni stringe con Indra ripropone
simbolicamente il legame esistente fra la funzione del fuoco, all’interno delle
torpore alla fine di un’impresa, una volta esaurito il loro furore guerresco (cfr. G. Dumèzil, Ventura e
sventura del guerriero, Aspetti mitici della funzione guerriera tra gli indoeuropei, Torino 1974) cfr.
Ŗgveda, cit., p. 299 nota 89. particolarmente interessante appare il parallelismo fra Indra e Siegfried,
l’eroe che uccise il drago Fafnir nella saga di Völsungar.
27
˝E’ il signore delle formule, rappresenta la potenza della parola.˝ Cfr. Upanişad, cit., p. 381.
28
Ŗgveda, cit., p. 305.
29
Le conoscenze sull’arbusto da cui veniva originariamente estratto il succo si persero parecchi secoli
fa. Ad ora nelle pratiche rituali vengono usate piante dalle proprietà analoghe.
30
"Le feu est aussi la force plastique qui dompte le mètaux" Cfr. F. Baudry, Etudes sur les Vèdas,
Auguste Durand, Librairie 7 rue des grès, 7, Paris 1855, p. 20. La forza emanata dal dio del fuoco
viene ricordata anche per l’uso che se ne fa nei periodi di caos; Agni distrugge direttamente e
indirettamente, attraverso le armi forgiate in lui.
31
Ŗgveda, cit., (II,35), p. 99.
32
˝Il figlio (napāt) delle Acque (apām) nella mitologia vedica, rappresenta la forma di Agni celeste˝
Cfr. Ivi, p. 258 nota 147.
8
pratiche domestiche, e l’egemonia necessaria per ricorrere al suo uso. Solo un
popolo in pace può accendere fuochi liberamente, senza il timore che questi
vengano avvistati. L’aspetto cardine del dio è la sua identificazione con il fuoco
rituale
33
; Agni è il tramite che gli dei hanno connesso agli uomini, è il messo in
virtù del quale ricevono le oblazioni che li sostengono. Correlazione diretta
viene posta fra l’aspetto del dio e la sua manifesta luminosità. Il termine che
segnala la potenza divina, deva
34
, ha come significato principale ˝l’essere
illuminato, colui che è illuminato˝. Etimologicamente il termine deriva dal verbo
drś, che annovera fra i suoi significati quelli di vedere, comprendere, avere
cura
35
. Deva indica dunque quelle categorie di fenomeni naturali e di condizioni
psicologiche legate alla capacità di fare differenza, di comprendere, di rendere
˝visibile˝ ogni realtà. La natura divina può essere applicata ai fenomeni descritti
solo dopo aver posto l’ordine (rta
36
) come fondamento del sensibile. Agni, così
come ricorda il suo mediatore, Indra, rappresenta l’elemento in grado di
assicurare agli dei, deva, la loro natura. Il mito da cui si origina questa
interpretazione
37
, narra la sconfitta ricevuta dagli asura e l’instaurazione
dell’ordine sotto il comando di Indra, capace di trasmutare la figura di
33
La posizione di Agni all’interno della cosmologia vedica si delinea attraverso il mito che vede Indra
richiamarlo dalla sua dimora demoniaca. Ivi, (X, 124) pp. 70-71.
34
E’ di facile osservazione l’assonanza che la parola possiede con termini come divā (cielo), dişta
(mostrato), dŗṣa (apparenza, sguardo).
35
T. Pontillo, Sanscrito-italiano Italiano-sanscrito, cit., p. 265.
36
Il termine viene derivato dalla commistione di Ŗ, muoversi, e ar, derivato indoeuropeo che indica il
modo corretto di comportarsi. Comunemente viene tradotto come ˝ordine cosmico˝. Cfr. Upanişad
vediche, cit., p. 393.
37
Ŗgveda, cit., L’instaurazione dell’ordine (X, 124) pp. 70-71.
9
Vr ̣tra/Varun ̣a
38
, affinché egli possa dividere il cielo dalla terra. Simbolicamente
efficace, l’inno contiene gli elementi che verranno utilizzati per descrivere la
ciclicità degli elementi naturali. Il passo ha una tale ricchezza di simboli da dare
luogo a diverse interpretazioni, tra le quali quella che lo fa risalire al periodo in
cui gli Ariani (Indra), sconfitti i dasyu (asura) affermano la loro supremazia
socio(Agni)/culturale(Soma) e fondano un nuovo ordine (rta). Un’altra
interpretazione può scaturire dall’idea di un ordine (rta) sorretto da quegli
elementi in grado di porre distinzione (deva) fra due diversi universi
interpretativi. La manifestazione di Agni, la luminescenza, in grado di favorire
l’ordine, identificata alla capacità di distinguere ciò che le ombre velano,
presenta notevoli assonanze con il mito della caverna platonico
39
.
L’assenza/presenza di luce, che rende l’uomo schiavo delle percezioni e privo di
capacità critica, varia dal buio della caverna (il caos, il Tutto indistinto),
attraverso la luce del fuoco (Agni
40
, generato dagli arani), fino al chiarore del
disco solare (Agni dalla triplice origine
41
), diventa la capacità di distinguere il
bene dal male. Gli asura, più forti degli dei, perdono la battaglia per il dominio
dell’esistente, perchè al di qua del bene e del male, in quanto incapaci di
sacrificarsi. L’essenza caotica che li plasma, considerata di origine demoniaca
38
[Indra:] ˝E tu Varuņa, ora amerai me. O re che sai distinguere l’ordine dal disordine, aderisci alla
nuova sovranità del mio regno!˝. Ivi, (X, 124, 5).
39
Cfr. Platone, La Repubblica, traduzione di B. Centrone, a cura di F. Sartori, Editori Laterza, 2006.
40
Ad Agni viene attribuita una nascita sulla terra, compiutasi grazie allo sfregamento degli arani, i due
legnetti dal cui sfregamento si genera il fuoco.
41
Ŗgveda, cit., pp. 290-291.
10
negli scritti successivi
42
, possiede lo scopo di indicare una stirpe di entità dotate
di forza e poteri sovrannaturali
43
, incapaci di abbandonare la loro natura
selvaggia e primordiale. Anche nei miti successivi, alcune figure divine, Agni e
Varun ̣a sono un esempio, manterranno epiteti di provenienza asurica, che ne
evidenziano la natura mutevole.
La seconda raccolta vedica in ordine cronologico è lo Yajurveda (Veda delle
formule sacrificali), composto quasi interamente da preghiere. Diviso fin dagli
inizi in Yajurveda bianco e Yajurveda nero, il secondo raggiunge il nostro tempo
attraverso le composizioni di quattro diverse recensioni: la Kāthakasamhitā, la
Maitrāyanisamhitā, la Taittirīsamhitā e la Kāpiṣţalakasamhitā
44
. ˝L’importanza
dello Yajurveda risiede nel contributo che esso da alla conoscenza della
evoluzione religiosa dell’India˝
45
. I mutamenti culturali generano le prime vere
differenze all’interno degli strati sociali, fino alla completa divisione in caste.
Sebbene J. H. Hutton
46
sottolinei la presenza di un numero elevatissimo di
sottocaste (ogni mestiere in India è direttamente legato ad una casta), la struttura
alla base, sviluppatasi durante il periodo vedico, rimarrà inalterata. Gli
appartenenti ai quattro varna
47
vengono divisi in brahmani
48
, la casta
42
Nell’Atharvaveda, l’aggiunta di racconti barbari alla cultura locale trasforma gli asura in veri e
propri demoni.
43
La prima distinzione compiuta fra dei e titani, viene posta come differenza fra chi è in possesso di
caratteristiche divine (sura), e chi non ne ha (a-sura).
44
O. Botto, Letterature antiche dell’India, cit., p. 22.
45
Cfr. Ivi, p. 23.
46
J. H. Hutton, Les castes de l’Inde ,Nature. Fonction. Origines. Tradution de Maurice Planiol, Payot,
Paris 1949, pp. 58-80.
47
Il dizionario traduce il termine varna fornendo i significati di casta, colore, abito. T. Pontillo,
Sanscrito-italiano Italiano-sanscrito, cit., p. 410.
11
sacerdotale, kśatriya, guerrieri e regnanti, vaysa, comprendente tutti coloro che
per sostentarsi hanno bisogno di produrre o di negoziare, e i śūdra, al servizio
dei tre varna superiori
49
. Le specializzazioni createsi all’interno della casta
sacerdotale cominciano a formalizzare il sacrificio attraverso l’utilizzo di
simbolismi rituali e pratiche in grado di placare gli spiriti dei Mani
50
. Le
modifiche in campo sociale si ripercuotono anche sul pantheon vedico. La
gerarchia divina subisce delle modifiche; figure come Indra perdono importanza.
In un’epoca in cui la pace e l’affermarsi della casta sacerdotale prendono il
sopravvento all’interno del sociale, alcune immagini mitiche sfumano, perdono
importanza. Aumenta invece la visibilità di alcune figure, come Prajapati
51
, la
cui importanza raggiungerà l’apice durante l’epoca successiva.
Terza e ultima raccolta della trayī vidyā, il Sāmaveda raggiunge la nostra epoca
attraverso tre ˝recensioni˝. Composto da 1810 strofe, il Veda delle melodie ha la
funzione di raccogliere tutti i canti necessari allo svolgimento dei rituali
presieduti dal sacerdote udgātar, addetto all’esecuzione delle melodie presenti
all’interno dei sacrifici. Di natura completamente differente, il Veda dedicato
alle formule magiche, l’Atharvaveda
52
, viene ricordato per la caratteristica
necessità di fondere elementi religiosi risalenti al passato, appartenuti
48
˝La première de quatre anciennes «couleurs» (varnas) dont le mètier traditionell est le sacerdote e
qui en gènèral a le pas sur toutes le autres classes de la societè hindoue˝ Cfr. Ivi, p. 272
49
Esclusi dai varna si trovano gli Intoccabili, considerati sommamente impuri, sono destinati ad una
vita di stenti.
50
Il termine con cui vengono chiamati gli spiriti ancestrali. Il nome deriva da Manu, il primo uomo.
51
Creatore di tutti gli esseri viventi, viene descritto come l’unione del creato. Il suo corpo, secondo le
leggende, risulta mortale per metà. Molti miti fonderanno la sua figura con quella del Purusa, l’uomo
cosmico.
52
In sanscrito, le formule magiche vengono indicate con il nome di atharvan.
12