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Ho anche potuto apprendere, in particolare dalla letteratura inglese, americana e tedesca (3-13-11-
12-14), che questo termine viene usato anche in Medicina Veterinaria con l’intento di individuare
un insieme di “servizi “ rivolti al cliente, proprietario di animali da compagnia, al fine di prevenire
e/o correggere e/o curare problematiche comportamentali animali .
Mi sono chiesta che cosa del “counselling ”, di cui si parla in ambito umano, possa essere
applicabile anche dal Medico Veterinario che si occupa di Medicina Comportamentale ed in
particolare, se sia possibile condividerne la teoria di riferimento, il modello di intervento e la
specifica formazione personale, con il fine di facilitare la creazione di una relazione efficace con il
proprietario di animali, primo nostro interlocutore in un qualsiasi programma comportamentale.
Con questa tesi mi propongo di rispondere a questa domanda, in linea con quanto suggerito da B.
Alessio (1), quando invita a riflettere sulla teoria di riferimento e sul metodo ad essa conseguente
per la conduzione della prima visita comportamentale veterinaria, in particolare relativamente alla
gestione del setting .
Ho diviso, a questo fine, il lavoro in due parti iniziali e nella conclusione finale :
- nella prima parte illustro i fondamenti teorici ed i paradigmi di riferimento del counselling così
come è stato concettualizzato in ambito umano, definendo poi le sue caratteristiche e gli ambiti di
applicazione e successivamente ne esploro il processo, mettendo in luce le “qualita’” del counsellor
e la tecnica del colloquio;
- nella seconda parte individuo che cosa si intende per “servizio di counselling di Medicina
Comportamentale Veterinaria”, in particolare quali sono le caratteristiche della visita
comportamentale veterinaria, proposte dai vari autori del campo, osservando in particolare la
struttura del colloquio o dell’intervista e, ove presente, la cura della relazione con il cliente. In
questo contesto mi occupo di quale sia il ruolo del veterinario all’interno della conduzione del
colloquio, ossia di quali siano le necessarie competenze e abilita’ del professionista, cosi’ come
sono attualmente suggerite dai vari autori;
- nella conclusione, sulla base dell’attuale modalita’ applicativa del counselling in campo umano e
della bibliografia che ho analizzato, porto la mia opinione sul “counselling” in ambito veterinario,
evidenziando quello che personalmente sto facendo, integrando le mie conoscenze del counselling
nella visita comportamentale veterinaria .
Dunque la risposta alla domanda che mi sono posta sopra, è secondo me, positiva. Spero venga
condivisa dal punto di vista operativo e che possa essere di aiuto soprattutto al fine del successo
terapeutico, valutando anche la possibilita’ di studiarne l’efficacia attraverso la ricerca futura
nella medicina comportamentale veterinaria .
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2. Il counselling in ambito umano
Nella presentazione al lettore italiano del testo di Rogers ”La terapia centrata sul cliente”, Augusto
Polmonari dice che le idee di Rogers possono avere delle implicazioni per una trasformazione
radicale di alcune tra le piu’ comuni professioni di “servizio sociale”.
In particolare commenta come nella professione medica, ormai da tempo, venga sottostimata
l’esigenza di un atteggiamento che privilegi il rapporto medico - paziente come momento cruciale
dell’intervento terapeutico. Non vi è aiuto quando non vi è un rapporto diretto da persona a persona.
Mi chiedo: potra’ forse valere anche per il medico veterinario questa riflessione?
2.1 Da dove provengono le idee del counselling?
Le teorie e le filosofie che hanno ispirato i diversi pensatori hanno origini antiche . Le attuali idee
del counselling che esaminerò provengono da contributi essenziali, che risalgono circa a cento
anni fa, a partire dal lavoro di Sigmund Freud, padre fondatore della Psicoanalisi.
I più autorevoli approcci alla psicologia del disagio mentale umano sono cinque .Ogni approccio ha
avuto il suo fondatore influenzato dalle teorie antiche, ma anche dal pensiero presente nel proprio
momento storico e contesto sociale. I numerosi approcci piu’ recenti all’assistenza hanno risentito
dell’influenza diretta o indiretta di queste scuole di pensiero.
La mia formazione personale si è mossa nell’alveo dell’approccio umanistico ed è su questo che ho
operato le mie riflessioni.
Gli Approcci Umanistici vennero elaborati da un gruppo di psicologi americani negli anni 50. Per
cio’ che concerne il counselling, la personalita’ di maggior rilievo è stata quella di C.Rogers (1902-
1987) fondatore dell’ “Approccio Centrato sulla Persona”. Altri influenti psicologi umanisti,
contemporanei di Rogers, sono Maslow (1900-1970) e Rollo May . Le idee di Rogers hanno giocato
un ruolo importante nel counselling e nella psicologia. Molti approcci moderni all’assistenza e
all’educazione includono attualmente le sue idee e si presentano come centrati sulla persona o sullo
studente. Secondo questo approccio tutti gli esseri umani possiedono la capacita’ innata di
sviluppare e conseguire il loro pieno potenziale in un processo che è definito “attualizzazione”. Se
la tendenza all’attualizzazione potesse essere messa a pieno regime, gli esseri umani potrebbero
anche risolvere i propri problemi e sanare le propri ferite. L’attualizzazione avviene in modo del
tutto naturale se vi sono le condizioni giuste. Il terapeuta fornisce le condizioni in cui poter
esplorare le esperienze e questo contribuisce a rafforzare la personalita’ e la tensione verso l’
“attualizzazione”, ossia a sviluppare e conseguire il pieno potenziale del cliente.(10)
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Dice Anna Maria Di Fabio che l’impostazione di Rogers, animata da una profonda filosofia
positiva, riconosce al cliente le potenzialita’ necessarie per risolvere i propri problemi, dopo averne
maturato la piena consapevolezza. E’ la fiducia attribuita all’individuo di sapersi potenzialmente
autodirigere. Questo soggetto attivo sara’ in grado pertanto, una volta compreso il problema, di
gestirlo responsabilmente.
La prima innovazione fondamentale consiste, appunto, nel ribaltare l’impostazione tradizionale
volta ad intendere l’aiuto come una elargizione al soggetto di tutto tranne che della fiducia nelle sue
possibilita’ e nelle sue capacita’. L’attenzione, prima concentrata sull’operatore/esperto ora si
sposta sul cliente/ persona e l’aiuto consiste in uno strumento di liberta’, attraverso il quale
determinare il dispiegarsi delle energie possedute dalla persona.
La relazione di aiuto non consiste piu’ nel proporre soluzioni, ma al contrario, nel facilitare nel
soggetto il processo di decisione responsabile, attraverso risposte di comprensione / facilitazione da
parte del counselor, nel pieno rispetto dei sentimenti, vissuto, tempi e decisioni della persona. E’ un
percorso volto all’autonomia del soggetto, che acquisisce cosi’ una graduale consapevolezza di se’.
Da questo deriva un altro aspetto importante che riguarda il ruolo rivestito dall’aspetto tecnico
nella relazione di aiuto. Il saper essere dell’operatore d’aiuto diventa prioritario rispetto al saper
fare e fondante rispetto alla validita’ dell’intervento stesso.
Le abilita’ tecnico – procedurali sono ritenute importanti, ma a patto che siano detenute da un
individuo dotato preventivamente di qualita’ umane (sensibile, genuino, accettante e non giudicante,
flessibile, creativo, profondo, paziente, disponibile, autonomo), altrimenti le capacita’ tecniche
possono costituire un arroccamento difensivo che determinerebbe un aggravamento delle carenze
interiori dell’operatore e l’inadeguatezza operativa.
Le concrete abilita’ di relazione umana indicate da Rogers, sottolineano l’importanza attribuita alla
ricchezza interiore dell’operatore, da intendersi come percorso di crescita personale in una
dimensione non di staticita’, ma di potenzialita’ individuale in continuo affinamento formativo.
L’uso del Se’ è ritenuto un fattore fondamentale nel processo di aiuto Rogersiano ed ha
conseguentemente un posto in primo piano, costituendo il focus della formazione.
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2.2 Counselling: definizioni ed ambiti di applicazione
Dunque, il counselling ha le sue radici nel mondo anglo - americano, ma si sta attualmente
diffondendo anche in Europa.(8)
Rollo May (6), celebre medico con dottorato in psicologia, analista didatta e supervisore,
considerato il padre della psicologia esistenzialista americana, nel suo testo “L’Arte del
counselling”, dice che il counselling risponde ai bisogni di conoscenza su come trattare
adeguatamente le persone. Lo ritiene adeguato per chi è attivo in ambiti educativi, medici, religiosi,
sociali, legali o lavorativi in ampio senso, in quanto permette di conoscere come essere di aiuto agli
altri. E’ indicato insomma per coloro si trovano professionalmente in condizione di condurre
colloqui che coinvolgono temi personali, privati ed emotivamente significativi per l’interlocutore,
senza essere psicoterapeuti.
Per questo autore è indispensabile, nel percorso di formazione al counselling, comprendere che cosa
sia un essere umano ed in particolare che cosa significa “ personalità sana “. In sintesi, dice che la
personalita’ sana si manifesta nel realizzarsi del processo della vita in un individuo libero
(consapevolezza /riunificazione di quello che si è , con possibilita’di espressione della propria
volonta’ creativa), socialmente integrato e psicologicamente consapevole (in grado di gestire i
propri conflitti interiori). L’autore ricorda che le personalita’ non equilibrate mostrano solitamente
dei sintomi, come imbarazzo, timidezza, ritrosia, ansia, preoccupazioni continue, paura di fallire nel
proprio lavoro, incapacita’ a concentrarsi. Queste personalita’ sono di solito in disaccordo con se
stesse o anche mostrano veri e propri sintomi fisici. Il lavoro del counsellor è aiutare queste
persone a riequilibrarsi, ridando loro la possibilita’ di crescere, svilupparsi, realizzare le proprie
potenzialita’.(6)
Contraddistinguono il counselling :
- l’impostazione solitamente (9) non direttiva, che postula modalita’ di intervento volte
all’autonomia ed alla responsabilizzazione del soggetto attraverso un aumento della sua
consapevolezza e maturazione personale;
- la caratteristica di intervento breve, in cui avviene l’uso del colloquio come modalita’ di
comprensione - chiarificazione in relazione ad un soggetto, cliente attivo, attore in prima
persona;
- nel colloquio, da un punto di vista operativo vi sono finalita’, abilita’, metodologie
solitamente riferite ad una situazione duale ma a volte anche di gruppo;
- la particolare attenzione al versante comunicativo - relazionale, che investe il terapeuta della
importanza prioritaria di essere esperto di comunicazione e di relazione, in particolare di
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possedere una competenza in comunicazione verbale e non verbale, di essere possessore di
conoscenze approfondite sulle dinamiche relazionali e di possedere le abilita’ necessarie
nel creare un clima relazionale efficace divenendo quindi un facilitatore del processo di
autoconsapevolezza dell’interlocutore;
- l’attenzione alla necessita’ che il terapeuta ha del “sapere essere” se stesso e della sua
congruenza operativa raggiunta attraverso un training di formazione personale.
L’etimologia di counselling ci conduce al verbo “consulo” nel suo valore di “avere cura di”, di
venire in aiuto, non significa quindi dare consigli, consigliare, ma offrire alla persona che fruisce
dell’intervento l’opportunita’ di esplorare, scoprire, rendere chiari gli schemi di pensiero e di
azione, aumentando il livello della sua consapevolezza (io sento, io penso, io agisco). Questo
permetterà alla persona di vivere piu’ congruentemente, facendo un uso migliore delle proprie
risorse rispetto ai propri bisogni e desideri, al fine di pervenire ad un grado maggiore di benessere.
Nel testo di Anna Maria di Fabio “Counselling”, viene ripercorso lo sviluppo storico del
counselling. Riporto alcune definizioni di “counselling” date dagli autori e dalle associazioni di
categoria da lei citati:
Burnett, nel 1977, dice che il counselling consiste nell’abilitare il cliente a prendere una decisione
riguardo a scelte di carattere personale (come ad esempio scegliere un lavoro, un corso di studi o
come affrontare problemi o difficolta’ speciali) che lo riguardano direttamente.
Folgheraiter, nel 1983, dice che se una persona si trova in difficolta’ il modo migliore di venirle in
aiuto, non è di dirle che cosa fare ( facendo attenzione al contenuto razionale di tale consiglio, ossia
che sia realmente sensato rispetto alla situazione) quanto, piuttosto, quello di aiutarla a
comprendere la sua situazione e a gestire il problema, prendendo da sola e pienamente, le
responsabilita’ delle scelte eventuali .
Nel 1985 la BAC ( Associazione Britannica di Counselling) dice che si realizza un intervento di
counselling quando una persona, che riveste temporaneamente o regolarmente il ruolo di counsellor,
offre o concorda esplicitamente di offrire tempo, attenzione o rispetto ad un’altra persona o
persone, temporaneamente nel ruolo di cliente/i. Compito del counselling è di dare al cliente una
possibilita’ di esplorare, scoprire e chiarire dei modi di vivere piu’ fruttuosi e miranti ad un piu’
elevato livello di benessere.
Reddy, nel 1987, definisce il counselling come un insieme di tecniche, abilita’ ed atteggiamenti per
aiutare le persone a gestire i loro problemi utilizzando le loro risorse personali.
Feltham e Dryden nel 1993 dicono che il counselling è una relazione fondata su principi e
caratterizzata dall’applicazione di una o piu’ teorie psicologiche e di un insieme riconosciuto di