1. Introduzione
nessuno si è focalizzato sul caso specifico delle giovani imprese ad alta tecnologia.
Questa tesi vuole contribuire a colmare questa lacuna, sviluppando l’analisi delle
determinanti locali dei tassi di natalità e mortalità per il caso specifico delle NTBF.
In particolare, si intende esaminare come la presenza di capitale umano
qualificato e la dotazione infrastrutturale di un territorio influenzino l’entrata e
l’uscita dal mercato delle giovani imprese ad alta tecnologia. Infatti, le abilità, le
competenze e il capitale intellettuale dei lavoratori sono presupposti essenziali nelle
prime fasi di vita di ogni azienda (Peña, 2002) e la loro importanza è ancora
maggiore nei settori ad alta tecnologia (Cooper e Bruno, 1977; Feeser e Willard,
1990; Colombo e Grilli, 2005). Oltre a queste competenze interne, una giovane
azienda ad alta tecnologia deve poi essere in grado di catturare, in maniera
tempestiva ed efficace, competenze e conoscenze esterne. A tal fine l’impresa dovrà
creare contatti e instaurare rapporti con altre organizzazioni e altri attori. Si ritiene
pertanto che la disponibilità di capitale umano – da coinvolgere nell’attività
imprenditoriale – e di un’adeguata dotazione infrastrutturale – che faciliti e
intensifichi i contatti fra attori diversi – costituiscano un requisito essenziale per la
nascita di nuove imprese e per la loro competitività nei settori high-tech (per una
visione analoga, si veda Peña, 2002).
Infine, è interessante notare che la maggior parte della letteratura si è
concentrata solo sui tassi di entrata delle nuove imprese, trascurando quindi di
investigare le determinanti dei tassi di mortalità. Questa tesi, invece, metterà in
relazione le caratteristiche del territorio anche ai tassi di uscita delle NTBF, andando
ad indagare un’area di ricerca poco esplorata e fornendo un quadro più completo
sulle dinamiche che caratterizzano la popolazione delle giovani aziende ad alta
tecnologia.
1.2 LA STRUTTURA DEL LAVORO
Il lavoro si articola come segue. Il capitolo 2 è dedicato alla presentazione della
letteratura esistente sull’analisi territoriale dei tassi di natalità e di mortalità delle
imprese: sono introdotti i possibili approcci per la misurazione dei tassi di natalità e
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Le determinanti di entrata e uscita delle giovani imprese italiane ad alta tecnologia: gli
effetti del capitale umano e infrastrutturale locale
mortalità e sono discusse le principali determinanti analizzate negli studi effettuati
fino ad oggi. Il capitolo 3 presenta le caratteristiche generali delle giovani imprese ad
alta tecnologia, mettendone in risalto l’importanza per un moderno sistema
economico e descrivendone le principali necessità. Nel seguito del capitolo sono poi
descritte e motivate le due determinanti dell’entrata e dell’uscita delle NTBF su cui si
concentrerà questa tesi: il capitale umano e la dotazione infrastrutturale. Il capitolo
4 è dedicato alla presentazione dei dati utilizzati nell’analisi: sono qui introdotte le
fonti a cui si è fatto riferimento e l’approccio utilizzato per la costruzione delle
variabili dipendenti. In capitolo 4 presenta inoltre alcune statistiche descrittive sui
tassi di natalità e di mortalità delle NTBF, sulla dotazione di capitale umano e sulla
dotazione infrastrutturale delle province italiane. Il capitolo 5 presenta il framework
metodologico su cui si basa l’analisi, formalizzando i modelli econometrici utilizzati
e presentando le variabili esplicative e di controllo. I risultati dell’analisi sono poi
discussi nel capitolo 6. Il capitolo 7 conclude il lavoro, riassumendone i principali
contributi alla letteratura economica esistente e traendone alcune rilevanti
implicazioni di policy.
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2. Le determinanti locali dell’entrata e dell’uscita delle imprese: lo stato dell’arte
2 LE DETERMINANTI LOCALI DELL’ENTRATA E DELL’USCITA
DELLE IMPRESE: LO STATO DELL’ARTE
Gli studi sulle determinanti locali dell’entrata e dell’uscita delle imprese
costituiscono un insieme piuttosto eterogeneo: lavori diversi misurano le variabili
dipendenti con approcci differenti e analizzano differenti tipologie di variabili
esplicative (Armington e Acs, 2002).
La sezione 2.1 presenta i possibili approcci per la misurazione dei tassi di
natalità e mortalità delle imprese. Le sezioni successive sono invece dedicate alla
descrizione delle principali determinanti analizzate negli studi effettuati, ad oggi, in
questa area di ricerca.
2.1 LA MISURAZIONE DEI TASSI DI ENTRATA E DI USCITA: GLI
APPROCCI
Per la misurazione della natalità e della mortalità delle aziende non è possibile
utilizzare, semplicemente, il numero di imprese fondate e il numero di imprese
scomparse (per fallimento o per acquisizione) in un’area definita. Le differenti aree
geografiche hanno, infatti, dimensioni diverse (in termini di mercato, di
popolazione, di imprese attive) e, pertanto, i valori assoluti di natalità e mortalità
delle imprese non sono confrontabili.
È quindi necessario standardizzare i valori misurati, rendendo così possibile
il confronto fra le diverse aree. A tal fine, è possibile adottare due approcci.
Il primo approccio, caratteristico della letteratura sull’organizzazione
industriale, consiste nello standardizzare le aziende entranti ed uscenti rispetto al
numero di imprese già attive all’inizio del periodo considerato. Tale approccio è
stato definito come “ecologico” (Audretsch e Fritsch, 1994), in quanto, analogamente
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Le determinanti di entrata e uscita delle giovani imprese italiane ad alta tecnologia: gli
effetti del capitale umano e infrastrutturale locale
a quanto avviene negli studi di biologia, i tassi di natalità e di mortalità sono ottenuti
standardizzando il numero dei soggetti (che, in questo caso, sono le imprese) nati e
morti in un determinato periodo rispetto al numero totale dei soggetti esistenti nel
periodo.
L’approccio ecologico è stato criticato in quanto sembra implicare un certo
nesso di causa fra le imprese esistenti e la nascita di nuove aziende, “come se le
imprese esistenti ne generassero automaticamente di nuove” (Garofoli, 1992).
Inoltre, l’approccio ecologico non consente di modellare fenomeni di fertilizzazione
intersettoriale, ovvero quei casi in cui lavoratori di un determinato settore fondano
imprese operanti in un settore differente (Ashcroft, et al., 1991). Tale fenomeno pare
comunque essere limitato, ragione per cui molti lavori empirici continuano ad
utilizzarlo. Per comprendere meglio l’entità della fertilizzazione settoriale, può
essere d’aiuto l’analisi di Vivarelli (1991), secondo cui il 68,8 % delle nuove imprese
sono fondate da individui provenienti dallo stesso settore.
Inoltre, Garofoli (1992 e 1994) sostiene che, da un punto di vista tecnico,
standardizzare le nuove imprese per lo stock di aziende attive può introdurre una
distorsione nelle stime, sovrastimando i tassi di natalità che hanno meno imprese
attive, ma di più grandi dimensioni. Questa distorsione è, però, quasi sempre
trascurabile negli studi territoriali in cui la granularità dell’analisi è sufficientemente
piccola (Fotopoulos e Spence, 2001).
Il secondo approccio, caratteristico delle analisi sull’imprenditorialità e sul
capitale umano, è detto “labour market” (Audretsch e Fritsch, 1994), in quanto parte
dal presupposto che sono le persone – e non le imprese già esistenti – a generare
nuove aziende. In quest’ottica, il numero delle imprese nate e morte, in un
determinato periodo, viene standardizzato rispetto alla dimensione media della
forza lavoro nel periodo. Un possibile limite di questo approccio è che esso assume
implicitamente che le nuove aziende di un territorio siano fondate da imprenditori
provenienti dalla stessa area geografica (Acs e Armington, 2002).
Ad oggi, non è possibile definire, in termini assoluti, quale sia l’approccio
migliore. Una discriminante può essere, comunque, quella del punto di vista
dell’analisi. Quando ci si focalizza sulla struttura industriale – e, pertanto, si vuole
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2. Le determinanti locali dell’entrata e dell’uscita delle imprese: lo stato dell’arte
analizzare il comportamento delle imprese – l’approccio ecologico, che standardizza
rispetto alle imprese, è solitamente preferito. Analogamente, quando ci si focalizza
sul capitale umano e sulla scelta imprenditoriale, l’approccio labour market, che
standardizza rispetto alla forza lavoro, appare essere più adeguato.
2.2 LE TIPOLOGIE DI DETERMINANTI
Il set di determinanti delle differenze territoriali dei tassi di entrata ed uscita di
nuove imprese analizzate in letteratura è molto numeroso ed eterogeneo. È possibile
comunque individuare quattro distinte categorie:
dotazione locale di capitale umano;
caratteristiche della domanda locale;
caratteristiche del contesto industriale locale;
caratteristiche delle misure di policy (locali e nazionali) a sostegno delle
imprese.
Queste categorie ben rappresentano i differenti fattori che concorrono a
determinare la nascita e la sopravvivenza di un’impresa.
Innanzitutto, affinché venga costituita una nuova azienda, è importante che
vi sia disponibilità di capitale umano, sia in termini di nuovi imprenditori, sia in
termini di lavoratori con competenze adatte ad essere utilizzate nell’impresa. La
dotazione locale di capitale umano definisce quindi quanti sono questi individui,
quali sono i loro incentivi e qual è il bagaglio di competenze, sia tecniche che
gestionali, di cui dispongono. Allo stesso modo, la qualità del capitale umano di una
data area geografica determinerà le possibilità di sopravvivenza delle imprese.
I fattori di domanda locale sono proxy della profittabilità e della grandezza
del potenziale mercato e influenzano la nascita delle imprese in quanto,
evidentemente, i potenziali imprenditori sono alla ricerca di un business
profittevole. Questi fattori influenzano anche la sopravvivenza delle aziende: livelli
di domanda elevati e in espansione disincentivano l’uscita delle imprese.
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Le determinanti di entrata e uscita delle giovani imprese italiane ad alta tecnologia: gli
effetti del capitale umano e infrastrutturale locale
Un altro importante elemento valutato da un potenziale entrante è il contesto
industriale in cui la sua nuova impresa andrà ad inserirsi. Un ambiente innovativo,
con molti spillover e contatti fra le imprese, avrà un’influenza positiva sui tassi di
nascita e aumenterà le probabilità di sopravvivenza delle imprese.
Le caratteristiche delle misure di policy, infine, indicano il livello di supporto
– sia di natura finanziaria che in termini di conoscenza – che un imprenditore può
ottenere dalle autorità locali.
Nel seguito di questo capitolo, ogni singola categoria di determinanti sarà
descritta nel dettaglio.
2.3 LA DOTAZIONE DI CAPITALE UMANO
La presenza di potenziali imprenditori e di lavoratori con competenze adeguate è un
requisito essenziale per la nascita e la sopravvivenza di un’impresa. Inoltre, come
teorizzato da Lucas (1988), Romer (1990) e Krugman (1991) l’influenza del capitale
umano ha un’estensione geografica limitata, aspetto che rende di particolare
interesse un’analisi territoriale di questo tipo di determinanti. Le principali
grandezze considerate sono il tasso di disoccupazione, che influenza la quantità di
nuovi imprenditori, e il livello di istruzione, che ne rappresenta il bagaglio di
competenze.
2.3.1 IL TASSO DI DISOCCUPAZIONE
I primi importanti studi sulla relazione fra la disoccupazione e la nascita di nuove
imprese sono quelli di Knight (1921). Egli teorizza che, ad ogni istante, un individuo
si trovi a dover decidere come impiegare il proprio tempo e le proprie abilità. Questa
decisone comporta la scelta fra tre diverse alternative: la disoccupazione, il lavoro
dipendente, o l’avvio di una propria attività autonoma.
Knight suggerisce che la scelta sia determinata dai prezzi relativi delle tre
alternative e che la disoccupazione sia generalmente considerata come l’alternativa
meno desiderabile. Per questa ragione, alti livelli di disoccupazione spingeranno
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2. Le determinanti locali dell’entrata e dell’uscita delle imprese: lo stato dell’arte
parte della popolazione ad intraprendere una propria attività, con un conseguente
legame positivo fra disoccupazione e nascita di nuove imprese. Tale effetto è
chiamato “unemployment push”.
Studi recenti hanno poi identificato un rapporto molto più complesso e
articolato fra disoccupazione e imprenditorialità (Audretsch, et al., 2005),
individuando una duplice relazione fra i tassi di disoccupazione e la nascita di nuove
imprese.
Innanzitutto, coerentemente con l’ipotesi di unemployment push, le persone
disoccupate sono più incentivate a fondare una nuova impresa, in quanto il costo
differenziale, rispetto alla disoccupazione, è ridotto (Evans e Leighton, 1990).
Parallelamente, però, alti tassi di disoccupazione possono essere il sintomo di
una difficile situazione economica, con una conseguente carenza di opportunità di
business e di fonti di finanziamento. Alla luce di questo ragionamento, la
disoccupazione dovrebbe deprimere l’imprenditorialità.
Numerosi studi empirici hanno provato a verificare le ipotesi qui illustrate in
un’analisi territoriale, per determinare quale effetto fosse più rilevante. In tali studi,
i tassi di disoccupazione sono stati generalmente considerati in termini assoluti
(Storey, 1991; Audretsch e Fritsch, 1994; Garofoli, 1994; Guesnier, 1994; Davidsson,
et al., 1994; Reynolds, et al., 1995; Audretsch e Fritsch, 1999; Armington e Acs,
2002; Fritsch e Falck, 2003; Okamuro e Kobayashi, 2006; Fritsch e Mueller, 2004 e
Carree et al., 2008). Più raramente, al tasso di disoccupazione è stata affiancata
anche la sua variazione percentuale annua (Sutaria e Hicks, 2004 e Nyström, 2007).
I risultati sono stati discordanti. Storey (1991) ha mostrato che un’analisi di
tipo time series tende ad identificare una relazione positiva fra disoccupazione ed
imprenditorialità, mentre modelli cross section sembrano evidenziare una relazione
negativa. La maggior parte degli studi effettuati è di tipo cross section o panel, ed
effettivamente ha rilevato un effetto depressivo della disoccupazione sulla nascita di
nuove imprese. Tra questi, si ricordano Audretsch e Fritsch (1994), Guesnier (1994),
Garofoli (1994), Davidsson et al. (1994), Reynolds et al. (1995), Fritsch e Falck
(2003), Sutaria e Hicks (2004), Okamuro (2006) e Nyström (2007).