3
prevalentemente in campo musicale e cinematografico e incorrendo in quel
processo di rivalutazione a posteriori comune a molti movimenti innovatori o
anticipatori. David Bowie
2
, leggenda vivente del rock e camaleontico musicista
che si è mantenuto sempre al di fuori di ogni classificazione, di recente ha
affermato che se avesse dovuto scegliere una scena di cui far parte avrebbe
sicuramente optato per la scena No Wave.
Il primo capitolo di questa trattazione si propone di offrire le basi sociologiche
per uno studio e un’analisi delle sottoculture musicali, partendo da una
definizione del concetto di modernità si procede con un’analisi delle fasi e delle
caratteristiche della stessa mettendo in luce tutte le contraddizioni che essa via
via ha comportato per infine approdare aduna riflessione sulla condizione
dell’uomo moderno e tardo-moderno. La trattazione prosegue poi con un
excursus storico sulla città di New York che intende raccontare le vicende
salienti che la metropoli ha vissuto e che risulta fondamentale per comprendere
l’ambiente in cui nel corso degli anni settanta nascerà e si svilupperà la scena
artistico musicale underground di cui la sottocultura presa in esame è parte
integrante. Il terzo e ultimo capitolo è infine dedicato ad un’analisi più
approfondita della breve parabola della No Wave e parte da implicazioni
prettamente sociologiche per poi giungere ad una visione di insieme che
abbraccia considerazioni di natura più squisitamente artistica e musicale.
2
Cit. D. Bowie in Moore, T. – Coley, B., No Wave: Post-Punk. Underground. New York 1976-1980, New
York, Abrams Image, 2008
4
CAP. 1 – UN EXCURSUS SOCIOLOGICO
1. Modernità e crisi dell’individuo
1.1 La modernità
“La modernità è il transitorio, il fuggitivo, il contingente, la metà dell’arte, di cui l’altra metà è
l’eterno e l’immutabile.”
3
Parlare di ‘modernità’ (termine che deriva da una forma del latino tardo,
modernum, col valore di ‘attuale’,‘recente’) in maniera univoca è estremamente
difficile: tutte le epoche della storia umana, a loro modo, si sono sentite
‘moderne’ nella misura in cui hanno rappresentato un momento di cesura e
innovazione nei confronti di ciò che le aveva precedute, come affermava Walter
Benjamin “ogni epoca si presenta irrimediabilmente moderna”
4
. Da qui dunque
la necessità di adottare di volta in volta un paradigma che faccia appello ad una
tradizione diversa del sapere umano che ci permetta di chiarire cosa si possa
intendere con questo concetto. Tre dunque sono gli approcci principali all’idea di
modernità: il primo è il filone di studi storico che considera la modernità come
un’epoca della storia umana; un secondo approccio è quello della tradizione
filosofica che considera l’atteggiamento ‘moderno’ ed infine vi è un terzo
contributo di natura sociologica che parla di ‘modernità’ come di un processo.
Analizzando la modernità dal punto di vista esclusivamente storico, si vedrà che
con questo termine ci si riferisce convenzionalmente ad un periodo che si protrae
dall’epoca rinascimentale fino agli ultimi decenni del Novecento, un periodo
estremamente lungo e contraddistinto da una serie di innovazioni e scoperte così
dirompenti da rappresentare un momento di forte cesura con un passato
3
C.Baudelaire, Le Peintre de la vie moderne, 1863, trad. it.
Il pittore della vita moderna
4
Cfr. W. Benjamin, Das Passagen-Werk, Frankfurt a. M., 1982, trad.it. Parigi. Capitale del XIX secolo,
Torino, Einaudi, 1986
5
contraddistinto da buio e ignoranza. Epoca di cambiamenti fondamentali per
l’evoluzione del pensiero e della storia umani, prima fra tutte la Rivoluzione
francese, periodo che ha visto la nascita e l’affermazione degli Stati nazionali,
della società capitalistica, della differenziazione e della mobilità sociali. È per
eccellenza l’epoca dell’uomo“artefice del proprio destino”.
La tradizione filosofica vede piuttosto nella modernità un atteggiamento tipico di
ogni epoca storica e di nessuna in particolare: laddove siano stati messi in dubbio
i precedenti dogmi e siano state sollevate istanze critiche si può parlare di
modernità. Istanze moderne possono allora essere ravvisate già nell’antica Grecia
nell’atteggiamento critico ed antidogmatico di alcune scuole di pensiero come, ad
esempio, la scuola cinica. Come affermava Foucault nel suo Discorso e verità
nella Grecia Antica, “fondamentale non è dire cose vere, ma che ci sia chi dice
cose vere”
5
.
Dal punto di vista squisitamente sociologico, modernità invece è un processo nel
quale si ha il progressivo affermarsi della razionalità negli ambiti del sociale.
Quello della modernità è un “progetto” la cui origine può essere ravvisata proprio
nell’illuminismo e nella volontà dei grandi pensatori di quell’epoca di
“sviluppare una scienza obiettiva, una morale e un diritto universali e un’arte
autonoma secondo le rispettive logiche interne”
6
. Modernità è la graduale
affermazione della razionalità nella sfera sociale che, come ogni processo di
grande portata, nel bene e nel male ha implicato e continua ad implicare profonde
trasformazioni. Se il processo di modernizzazione può essere interpretato in
maniera estremamente ottimistica come un progresso destinato a non concludersi
mai, esso può altrettanto prestarsi ad interpretazioni opposte che vedono questo
processo come un progressivo ripiegare dell’uomo verso il nichilismo. Da una
ragione garante di benessere, libertà e progresso ad una ragione eccessivamente
soggettivizzata che conduce all’autodistruzione.
5
Cfr. M.Foucault, Discorso e verità nella Grecia Antica, Roma, Donzelli, 1996
6
Cfr. J. Habermas, Theorie des kommunikativen Handelns. Frankfurt: Suhrkamp, 1982, trad. it. Teoria
dell’agire comunicativo, Bologna, Il Mulino, 1986
6
1.2 Critica della modernità
“Essere moderni vuol dire trovarsi in un ambiente che ci promette avventura, potere, gioia,
trasformazione di noi stessi e del mondo; e che, al contempo, minaccia di distruggere tutto ciò
che abbiamo, tutto ciò che conosciamo, tutto ciò che siamo.”
7
La modernità è stata oggetto di studi da parte di filosofi, sociologi, pensatori nel
corso dei secoli. Agli albori della storia moderna si parlava di quella che, secoli
dopo, Alain Touraine definirà la “modernità trionfante”
8
che comportava grandi
cambiamenti di natura socio-politica e garantiva un generale processo di
civilizzazione. Non c’è da meravigliarsi allora se negli scritti di autori della
prima modernità quali Hobbes e Locke la modernità viene celebrata con
ottimismo e con un certa dose di ingenuità come un processo in grado di salvare
l’uomo dalla barbarie primitiva, per dirla con le parole di Hobbes
9
, da quello
“stato di natura” in cui “l’uomo diviene lupo per l’altro uomo”
10
. La ragione, che
guida il processo di civilizzazione umana, si oppone così alla superstizione ed è
in grado di guidare l’umanità verso un futuro di pace e benessere.
Tuttavia le due anime che, condividendo una comune avversione al passato,
coesistevano all’interno del processo di modernizzazione, ovvero la
razionalizzazione e la soggettivizzazione, solo a seguito della rivoluzione
francese e di quella industriale sembrarono per la prima volta far pesare il loro
conflitto generando quella che verrà definita, sempre nelle parole di Touraine,
“modernità in crisi”
11
ovvero l’idea di modernità del XX secolo, smontata e
messa in crisi da Freud e Nietzsche che, assieme a Karl Marx, non a caso
vennero definiti da Paul Ricoeur in un suo autorevole saggio “maestri del
7
Cfr. M. Berman, L’esperienza della modernità, Bologna, Il Mulino, 1982
8
Cfr. Alain Touraine, Critica della modernità, tr. it. F. Sircana, Milano, Il Saggiatore, 1993
9
Cfr. T. Hobbes, Leviathan The Matter, Forme and Power of a Common Wealth Ecclesiasticall and Civil,
1651, trad. it. Leviatano
10
“homo homini lupus”, espressione latina che esprime un’amara concezione della condizione umana e
che fu ripresa dal filosofo inglese Thomas Hobbes nelle sue riflessioni sullo “stato di natura”
11
Cfr. Alain Touraine, Critica della modernità, tr. it. F. Sircana, Milano, Il Saggiatore, 1993
7
sospetto”.
12
Questi tre pensatori hanno infatti rivoluzionato il pensiero occidentale
mettendo per la prima volta in dubbio le certezze cartesiane e l’assolutezza della
filosofia del Cogito.
13
Con la loro opera viene per la prima volta ridefinita l’idea
di soggetto: l’uomo non è più un semplice individuo sociale ma è portatore di
una propria individualità, verso il cui studio si sposterà la loro analisi.
Nietzsche vuole mettere in discussione tutto ciò che lo ha preceduto, realtà e
dogmatismi presentati nel corso dei secoli come nobili e veri ma che secondo lui
in realtà sono solo “umani, troppo umani”. Ne La Gaia Scienza egli afferma che
“Dio è morto”
14
insinuando il dubbio in secoli e secoli di pensiero occidentale ed
esprimendo, come nessun altro prima, la profonda crisi di ideali e valori a cui è
soggetto l’uomo moderno.
Freud, con la sua analisi, ha condotto la distruzione dell’Io alle sue estreme
conseguenze; Touraine, nel suo volume sulla critica della modernità, si riferisce
all’opera del padre della psicoanalisi in questi termini:
“La sua opera è il più sistematico attacco mai condotto contro l’ideologia della
modernità. All’unità dell’attore e del sistema, della razionalità del mondo tecnico e
della moralità personale, egli sostituisce la rottura tra individuo e sociale. Da un lato
il piacere, dall’altro la legge, mondi così completamente contrapposti l’uno all’altro
che è impossibile pensarli insieme”.
15
Se Freud e Nietzsche hanno focalizzato la loro attenzione soprattutto sulla
dimensione culturale della modernità, ovvero sull’ambito del vissuto e
dell’esperienza individuale, l’idea di modernità è stata messa in crisi da Marx
nella sua dimensione sociale con una complessa analisi delle sue strutture
organizzative economiche e con particolare riferimento al “modo di produzione
12
Cfr. P. Ricoeur, Dell’interpretazione. Saggio su Freud, trad.it 1965
13
“Cogito ergo sum” (letteralmente "Penso dunque sono") è l'espressione con cui Cartesio esprime la
certezza indubitabile che l'uomo ha di sé stesso in quanto soggetto pensante (Principia philosophiae 1, 7 e
10)
14
Cfr. F. Nietzsche, La Gaia Scienza, 1882
15
Cfr. Alain Touraine, Critica della modernità, Milano, Il Saggiatore, 1993
8
capitalistico”, tipica espressione della moderna “società borghese”
16
.
Quest’ultima viene considerata come un mondo destinato all’autoalienazione nel
quale operano logiche di interesse e di mantenimento del guadagno da parte di
una classe dominante, la borghesia, ai danni di una classe subalterna, il
proletariato. Tuttavia questa situazione è vista da Marx, con spirito abbastanza
ottimista, come transitoria e sovvertibile proprio grazie al mutamento sociale che
contraddistingue la modernità. Dunque una visione, quella di Marx. che se risulta
inizialmente pessimista nei confronti del moderno sistema di produzione
capitalistica tuttavia non vede in esso il permanere di una condizione destinata a
durare in eterno e senza alcuna possibilità di cambiamento.
Il sociologo Weber, teorico di una sociologia dell’agire individuale, muove
anch’egli la sua analisi da un’osservazione della dimensione sociale moderna
riconoscendo però nell’affermarsi dello spirito capitalistico occidentale, a
differenza di Marx, l’affermarsi di una mentalità estremamente razionale che
investe tutti i campi sociali dell’agire umano. Questo processo di
razionalizzazione, le cui origini possono essere rintracciate nello sviluppo della
società industrializzata, procede parallelamente ad un processo di
“disincantamento”
17
del mondo: l’uomo moderno abbandona tutte le visioni del
mondo legate al mitico e alla sacralità per abbracciare un’ottica totalmente
rinnovata ed esclusivamente utilitaristica. Tuttavia, proprio questo processo di
razionalizzazione finalizzata-strumentale esteso a tutti gli ambiti sociali, presenta
un minaccioso rovescio della medaglia nell’inevitabile spersonalizzazione della
società. L’intera società si ritroverà dunque all’interno di una “gabbia
d’acciaio”
18
di razionalità dalla quale non si può fuggire. Una visione apocalittica
sul futuro dell’umanità dunque quella offerta dal sociologo di Erfurt, a cui però
va riconosciuto il merito di aver messo in luce per la prima volta tutti i possibili
sviluppi, positivi e negativi, di un futuro in cui la razionalità guidi
l’organizzazione sociale. Accanto agli indiscutibili benefici che essa comporta,
16
Cfr. K. Marx, Das Kapital , 1867, trad.it. Il Capitale, Torino, UTET, 1886
17
Cfr. M. Weber
18
Cfr. M. Weber
9
riducendo al minimo gli sforzi degli individui in vista di massimi rendimenti,
l’eccessiva razionalizzazione della società esige però come contraccambio che gli
stessi individui facenti parte della società cedano parte della loro libertà e si
prestino ad un controllo maggiore da parte di organismi di potere attraverso
l’inevitabile processo di burocratizzazione verso cui la società moderna va
incontro.
Si può affermare che la visione di Weber anticipi perciò per alcuni versi, anche
se in maniera meno radicale, le prospettive critiche delle analisi di lì a venire dei
teorici di Francoforte.
1.3 La Scuola di Francoforte e la Teoria Critica
“Chi, di fronte alla potenza della monotonia, dubita ancora, è un pazzo.”
19
È con i teorici della Scuola di Francoforte che l’idea positivista di modernità , già
intaccata da i tre “maestri del sospetto”, viene completamente disgregata. Nel
1923 a Francoforte viene fondato l’Institut für Sozialforschung (Istituto per la
ricerca sociale) attorno alle figure di eminenti studiosi come Max Horheimer,
Theodor W. Adorno, Leo Lowenthal, Herbert Marcuse, Walter Benjamin, Erich
Fromm e che vedrà l’elaborazione di uno dei più importanti ed influenti sistemi
teorici della sociologia del XX secolo: la Teoria Critica. L’Istituto per la ricerca
sociale di Francoforte era contraddistinto da uno spiccato senso di
interdisciplinarità e, di fatto, fortemente influenzato dal pensiero di Marx,
seppure in una forma riveduta e adattata. La Scuola di Francoforte vivrà in prima
persona gli orrori del secondo conflitto mondiale e si troverà ad operare in un
19
Cfr. Horkheimer, M. - Adorno, T.W., “Dialettica dell'illuminismo”, Torino, Einaudi, 1966