4
Nel passato precoloniale, per quattro secoli, l’Africa diede le sue
forze migliori, giovani e sane, fornendo manodopera gratuita al mondo
sotto forma di schiavi. Si calcola che durante la "tratta dei neri" oltre
dodici milioni di africani giunsero vivi sulle coste del Nuovo Continente,
senza contare le migliaia di uomini e donne che morirono ammassati
nelle stive delle navi negriere. Appunto per trasportare questi schiavi da
un continente all’altro, si creò una sorta di triangolo, una “rotta atlantica”,
gestita soprattutto dagli inglesi che partivano da Liverpool o Bristol e si
recavano nel golfo di Guinea, poi in America o nei Caraibi, sbarcavano
gli schiavi e imbarcavano i prodotti ottenuti dal loro lavoro (come il
cotone).
Furono gli stessi colonizzatori inglesi a dare il nome allo stato
attuale della Nigeria. Questa nazione comprende più di 250 popolazioni,
di cui tre gruppi etnici hanno maggiore importanza: gli Igbo o Ibo che
popolano soprattutto il sud-est della Nigeria; gli Yoruba prevalenti nel
sud-ovest, che sono anche l’etnia a cui appartiene Wole Soyinka; gli
Hausa/Fulani stanziati soprattutto a nord. Questi ultimi sono islamici
ortodossi, mentre i primi due sono cristiano-animisti. Ibo e Yoruba
furono convertiti al cristianesimo dai colonizzatori, ma la nuova
religione fu a sua volta influenzata dall’animismo tipicamente africano.
Gli Ibo avevano una società di villaggio, fondata su comunità
indipendenti, in cui le decisioni sociali, politiche e giuridiche che
riguardavano il villaggio erano prese dagli anziani. Si trattava dunque di
una società di tipo patriarcale, che però non aveva istituzioni centralizzate
o guide nella figura di capi o re.
Diversamente dagli Ibo, gli Yoruba avevano una struttura
piramidale e quindi gerarchica. Ottenuta l’indipendenza, gli Ibo
riuscirono in quei lavori che richiedevano più capacità di iniziativa,
5
diventando i cosiddetti “colletti bianchi”, coloro che svolgevano lavori di
dirigenza nel nuovo stato nazionale.
Nel 1967 ci furono forti tensioni interne alla federazione nigeriana
che portarono ad un tentativo di secessione del Biafra una regione
orientale a maggioranza Ibo. Ne conseguì un conflitto civile molto
cruento scoppiato il 6 luglio 1967 e che terminò tra il 7 e l’11 gennaio
1970 con la sconfitta dei secessionisti biafrani.
La Nigeria fu governata dai militari a partire dal 1983, dopo un
colpo di stato che istituì il Consiglio Militare Supremo come nuovo
organo di governo per il paese. Inoltre, quando le elezioni del 1993
vennero cancellate dal governo militare, il Generale Sani Abacha prese il
potere. Quando, nel 1998, morì improvvisamente il Capo dello Stato,
Abdulsalam Abubakar divenne egli leader del Consiglio Governante
Provvisorio. Abacha riconfermò l'autorità della costituzione del 1979 e,
nel 1999, la Nigeria elesse Olusegun Obasanjo alla carica di Presidente
Federale nelle prime elezioni libere che si tenevano nei sedici anni di
governo militare. Dal 1999 la Nigeria è stata classificata tra le
democrazie emergenti in virtù delle elezioni libere svolte in quell’anno.
Obasanjo e il suo partito sono riusciti inoltre a farsi riconfermare
vincendo le turbolente elezioni nel 2003
1
.
Durante l’epoca coloniale la letteratura era soprattutto scritta dai
colonizzatori. Per circa un secolo molti autori bianchi scrissero romanzi
sull’Africa. Tra questi vanno ricordati autori come Rider Haggard, che
nelle sue opere (come King Solomon’s Mines) combinò l’apprensione
della degenerazione sociale con la paura della rivolta del nativo, e questa
paura venne utilizzata nella propaganda anti-schiavitù del primo decennio
del secolo per promuovere la cristianizzazione del continente; fu una
campagna che dipingeva il selvaggio come primitivo e impuro
2
. Un altro
1
Grande Enciclopedia De Agostini, Novara, Istituto Geografico De Agostini, 1995, v. 15, pp. 466-472.
2
Elleke Boehmer, Colonial and Postcolonial Literature, Oxford, Oxford University Press, 1995, p. 83.
6
nome importante è quello di Joseph Conrad, che in “Heart of Darkness”
espresse la sua consapevolezza delle dannose perdite avvenute all’interno
dell’impero, definendo appunto l’Africa un “cuore di tenebra”
3
.
Con l’Indipendenza si sviluppa in tutta l’Africa una letteratura
scritta dai nativi nella lingua europea dei colonizzatori. Questi nuovi
scrittori impiegano le loro opere per ricostruire il proprio passato, per far
sentire la loro voce e per creare una loro identità. La Nigeria è uno dei
paesi africani che ha prodotto una letteratura in lingua inglese di grande
valore. Tra i “padri” di questa letteratura africana moderna in lingua
inglese vi è Chinua Achebe. In un noto saggio contro Conrad, "An Image
of Africa: Racism in Conrad's Heart of Darkness", Achebe mosse delle
accuse allo scrittore britannico, criticandolo per aver sostenuto
l’ideologia del colonialismo e per essere stato prevenuto nei confronti
dell’Africa
4
.
Contro questo modello “importato”, Achebe si sforza di dare vita
ad una propria letteratura. Scrive nel 1958 Things Fall Apart, il quale era
una prima testimonianza di questa letteratura nuova cercata dagli africani.
Ma i giovani scrittori si trovarono a dover risolvere due problemi
fondamentali:
- il genere: la letteratura africana tradizionale era caratterizzata
dall’oralità. Se alcuni mettono per iscritto questo patrimonio per
preservarlo, altri desiderano creare una letteratura nuova. Così il primo
genere a svilupparsi fu il romanzo, soprattutto quelli storico e realistico;
questo genere poteva esprimere meglio la realtà della nuova nazione,
quasi in modo documentaristico. Il romanzo era principalmente un mezzo
3
Ibid., p. 33.
4
“ ‘Heart of Darkness’ projects the image of Africa as “the other world”, the antithesis of Europe and
therefore of civilisation, place where man’s vaunted intelligence and refinement are finally mocked by
triumphant bestiality. […] The point of my observations should be quite clear by now, namely that Joseph
Conrad was a thoroughgoing racist.”. Chinua Achebe, “An Image of Africa: Racism in Conrad’s Heart of
Darkness”, in Heart of Darkness, An Authoritative Text, Background and Sources, Criticism, ed. Robert
Kimbrough, London, W. Norton and Co., 1988, pp. 251-261, cit. p. 251.
7
di critica nei confronti dei colonizzatori. Ma, parallelamente, si diffusero
nella nuova letteratura africana anche la poesia, il racconto e il teatro.
- la lingua: in Africa la questione linguistica divenne oggetto di
intensi dibattiti. Nonostante i vari atteggiamenti pro e contro la lingua dei
colonizzatori, erano l’inglese o le altre lingue europee (come il francese o
il portoghese) le lingue privilegiate. Alcuni scrittori, ad esempio Ngugi
wa Thiong’o in Kenya, erano contro l’uso dell’inglese. Ngugi scrisse le
sue prime opere nella lingua del Kenya e le tradusse in seguito in lingua
inglese. Tra quelli che hanno scelto l’inglese come lingua principale ci
sono due diverse posizioni: alcuni scelgono l’inglese britannico, mentre
altri sperimentano con un nuovo tipo di inglese. Un esempio è l’uso del
pidgin English, una lingua parlata tra le classi più povere. Scrivendo i
loro romanzi in pidgin gli autori cercano di esprimere la realtà della vita
quotidiana e di presentare i molti problemi che affliggono la loro società.
Chinua Achebe compie un altro tipo di sperimentazione ed adatta
l’inglese alla sua lingua nativa, utilizzandolo insieme all’Ibo. Achebe e la
sua generazione, negli anni ’60 e ’70, scrivevano romanzi realistici e
storici. Quella di Achebe fu la generazione dell’indipendenza: gli anni
Sessanta videro la liberazione degli stati, con i problemi che ne
derivarono; per questo molti autori sentirono la necessità di portare avanti
il loro impegno all’interno del tessuto sociale, denunciando la corruzione
e le responsabilità della nuova elite africana.
Anche Wole Soyinka appartiene a questa generazione che
promosse una difesa dei valori tradizionali. Il suo tema preferito, da
sempre, è la difesa della dignità individuale e collettiva, quella dignità
che viene negata da chi ambisce ad esercitare il potere e conservarlo a
tutti i costi. Le opere di Soyinka celebrano la vita nelle sue molteplici
forme, disapprova la repressione politica e sociale, e condanna la guerra
come un’inutile dispersione di energie. Un tema di minore importanza
8
che ricorre nelle sue opere è la rovina delle potenzialità umane: la
distruzione dell’ambiente da parte dell’uomo stesso. La vita umana è
fatta di scelte e cambiamenti costanti, e l’uomo deve percorrere la sua
strada prendendo decisioni quando gli si presentano varie alternative.
Questo è il tipo di pellegrinaggio a cui, per Soyinka, bisogna dedicarsi,
attraverso tutte le opportunità e gli azzardi della vita
5
. Soyinka tratta
anche il tema dell’isolation di tutti gli individui, ed anche per questo nei
suoi scritti è possibile individuare spesso la tecnica dello stream of
consciousness, che enfatizza la natura unica ed isolata di ciascun
individuo.
Minoritaria, ma non trascurabile, è la produzione letteraria
femminile sulla condizione della donna in una società patriarcale che
ancora oggi ammette la poligamia e tende a ridurre le libertà femminili.
Molte scrittrici scrivono a favore delle donne rivendicando maggiori
diritti. Un nome importante è quello di Flora Nwapa. In due suoi
romanzi, Efuru e Idu, Nwapa descrive soprattutto i rituali e la vita
giornaliera delle donne della comunità Ibo, dopo l’indipendenza
dall’Inghilterra
6
.
La nuova generazione, quella di Ben Okri, non scrive più secondo
le norme di quella precedente: i loro romanzi non sono esclusivamente
realistici, ma tendono a sviluppare tecniche post-moderne o sperimentali.
Il loro è una sorta di realismo magico, che descrive una realtà cruda ma
inserisce anche un’atmosfera più spirituale. Il termine magical realism
originariamente stava ad indicare una particolare tradizione della
letteratura dell’America Latina e viene utilizzato in seguito per descrivere
opere non occidentali. Gli scrittori della nuova generazione utilizzano
dunque una forma mista tra novel (realistico) e romance (magico, fittizio,
5
Eldred Durosimi Jones, The Writing of Wole Soyinka, London, Heinemann Educational Books, 1973, pp.
12-13.
6
Elleke Boehmer, op. cit., p. 227.