La crisi dell’ONU ha raggiunto il suo culmine all’inizio del 2003, quando la
base sociale dell’ONU si è divisa sulla guerra in Iraq. Il Palazzo di Vetro
non è riuscito né a impedire l’azione militare anglo-statunitense, né a
legittimarla, fallendo in tal modo tanto agli occhi dei pacifisti, quando a
quelli degli interventisti. Come se non bastasse, a tutto ciò si è aggiunta
l’inchiesta sulla gestione del programma “Petrolio per Cibo” (Oil for Food),
ritenuta da alcuni una manovra politica dei conservatori americani per far
pagare al Segretario generale Kofi Annan l’opposizione alla guerra, ma che
secondo altri dimostra davvero i limiti operativi delle Nazioni Unite.
Questi gravi problemi hanno esposto l’Organizzazione di New York a un
sequenza di critiche.
Critiche che hanno spinto diversi esperti di politica estera, negli ambienti
neoconservatori americani, ma non solo, a lanciare una campagna per
“chiudere” il Palazzo di Vetro. Secondo la loro visione, le Nazioni Unite
sono inutili, quando non risultano decisamente dannose. Quindi
bisognerebbe sostituirle con un’alleanza delle democrazie, aperta solo ai
Paesi che condividono i principi e i valori della forma di governo
rappresentativa.
Aldilà del merito di tutte le critiche e di tutte le proposte, è chiaro che
l’ONU è vittima di un grave equivoco. In certi casi si tratta di un errore
commesso in buona fede, in altri di una manovra ideologica condotta
deliberatamente per affossarla. Il Palazzo di Vetro, infatti, non è
l’onnipotente supergoverno del mondo, con poteri autonomi di intervento e
soluzione delle crisi. E’ soprattutto un punto d’incontro dove 191 Paesi del
pianeta discutono, e possibilmente risolvono, i loro problemi. L’ONU non
ha un potere esecutivo simile agli Stati, non possiede un esercito, e
nemmeno risorse economiche indipendenti.
Il Segretario generale possiede una certa autonomia quando decide di usare
la sua autorità morale per iniziative diplomatiche, ma non può mandare
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caschi blu in giro per il mondo a piacimento, e alla fine dipende comunque
dalle decisioni dei Paesi membri.
Il Consiglio di sicurezza ha invece il potere di approvare risoluzioni
vincolanti sul piano giuridico, che possono includere l’uso della forza per
imporne l’applicazione. Ma il Consiglio è formato dagli Stati membri, che
quindi hanno l’ultima parola su tutte le decisioni operative. Le risoluzioni
sono documenti importanti perché la loro legittimità deriva dal carattere
universale dell’Organizzazione, ma per costruire il consenso necessario ad
approvarla bisogna pagare il prezzo politico della mediazione, del dibattito e
del compromesso. Il loro rispetto, poi, si regge su due fattori: le disponibilità
degli Stati interessati ad accertarle e la determinazione di tutti gli altri Paesi
a usare la forza per applicarle, quando è prevista. Ma queste decisioni, come
è successo nel caso della Somalia, della Bosnia del Ruanda e anche
dell’Iraq, vengono assunte nelle capitali, non nei corridoi del Palazzo di
Vetro.
L’ONU, in sostanza, è uno specchio del mondo. Ha la forza che i Paesi
membri decidono di darle, e può essere efficace, nella prevenzione dei
conflitti, così come negli interventi umanitari quale il soccorso alle regioni
colpite dallo tsunami. Spetta agli Stati membri il compito di investirla di
questi compiti fornendo anche gli strumenti politici, militari, ed economici
di cui ha bisogno per portarli a termine. Finchè non si chiarirà questo
equivoco, a volte creato in buona fede, altre volte in maniera strumentale, il
Palazzo di Vetro continuerà a deludere e a mancare i nobili obiettivi per cui
era stato fondato alla fine della Seconda Guerra Mondiale.
Il consenso sulla necessità di riformare l’ONU per adeguarla ai cambiamenti
degli ultimi sessant’anni, curare i suoi difetti strutturali e rimediare ai molti
errori della burocrazia interna, è praticamente universale. Il problema è
l’onestà intellettuale con cui si affronta il dibattito, e quindi i suoi veri scopi
finali. Forse lo ha detto meglio di tutti il generale Brent Scowcroft,
consigliere per la sicurezza nazionale nell’amministrazione di Bush senior:
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“Le Nazioni Unite siamo noi. Possono essere buone ed efficaci solo nella
misura in cui i loro membri, specialmente quelli primari, vogliono che lo
siano. Se decidiamo di rendere efficiente il Palazzo di Vetro, possiamo
farlo”.
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CAPITOLO PRIMO
ASPETTI GENERALI
1.1 Le Nazioni Unite
I primi disegni di una nuova organizzazione internazionale, ai quali si
ricollega la fondazione delle Nazioni Unite, si possono far risalire ai principi
stabiliti nella Carta Atlantica del 1941. Il Presidente degli Stati Uniti
Roosevelt ed il Primo Ministro inglese Churchill, si resero conto che c'era la
necessità di dar vita ad un sistema di sicurezza collettiva in grado almeno di
scoraggiare le aggressioni. Oltre a ciò, si pensò anche di dover fare qualcosa
per promuovere il progresso sociale ed un più elevato tenore di vita in una
più ampia libertà. Questi principi vennero messi sulla carta il 1° gennaio
1942 da ventisei Stati belligeranti: in quell'occasione fu firmata una
Dichiarazione che prese il nome del luogo dove fu firmata, la
“Dichiarazione di Washington”, alla quale solo successivamente aderirono
altri venti Stati. Il complesso di tali Stati si diedero la denominazione di
"Nazioni Unite". Ma l'organizzazione vera e propria fu prevista in occasione
della Conferenza di Mosca nell'ottobre del 1943, dove le quattro Potenze
promotrici (Stati Uniti, Unione Sovietica, Regno Unito e Cina) della futura
organizzazione gettarono le basi per quella che sarà l'Organizzazione delle
Nazioni Unite (ONU).
Non bisogna dimenticare l’esperienza deludente della Società delle Nazioni,
dovuta alla grave crisi economica che investì tutti i Paesi nel periodo tra le
due guerre mondiali e alla mancata adesione degli Stati Uniti, Potenza di
rilievo mondiale. Ciò impedì alla SdN di raggiungere gli ambiziosi obiettivi
fissati nel documento istitutivo: mantenimento della pace, disarmo, tutela
dell’indipendenza politica e dell’integrità territoriale dei Paesi membri. Gli
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scarsi risultati ottenuti, rafforzarono governanti e nell’opinione pubblica,
l’idea che fosse necessario impegnarsi ancora di più per creare una
organizzazione internazionale a carattere universale.
La nascita delle Nazioni Unite fu caratterizzata da 4 tappe fondamentali:
- la “Dichiarazione delle Nazioni Unite”, il cui progetto originario era
stato preparato dal Dipartimento di Stato americano, fu firmata il 1°
gennaio del 1942 da 26 Nazioni;
- la “Conferenza di Mosca” (ottobre 1943). Per la prima volta, URSS,
USA e Gran Bretagna facevano esplicitamente riferimento alla nascita di
una nuova organizzazione internazionale che avrebbe raccolto l’eredità
della SdN, pur superandone i limiti e i difetti;
- la “Conferenza di Dumbarton Oaks” (settembre 1944). Giuristi degli
Stati Uniti, dell’Unione Sovietica, della Gran Bretagna e della Cina
elaborarono le basi giuridiche ed istituzionali della nuova
organizzazione. Si stabilì che i 4 Stati presenti a Dumbarton, più la
Francia, sarebbero stati membri permanenti del Consiglio ed avrebbero
goduto del diritto di veto;
- la “Conferenza di San Francisco” (aprile 1945), l’URSS, gli USA, la
Gran Bretagna e la Cina (la Francia rifiutò di essere una Potenza
invitante) invitarono le Nazioni pacifiche del mondo ai lavori della
Conferenza che avrebbero condotto alla firma dello Statuto dell’ONU.
Il testo fu adottato il 26 giugno 1945; le 30 ratifiche richieste furono subito
ottenute e la Carta entrò in vigore il 24 ottobre 1945.
Gli inizi delle Nazioni Unite, la cui sede fu stabilita a New York, non furono
certo incoraggianti. La diversità del punto di vista americano e sovietico
circa il modo di organizzare la pace portò, a poco più di un anno dalla fine
della guerra, alla nascita di due campi contrapposti. Questa contrapposizione
non poté che ripercuotersi all’interno dell’ONU, che divenne ben presto la
cassa di risonanza delle rivendicazioni reciproche, così, nel gennaio 1946 il
delegato iraniano (sostenuto da Gran Bretagna e USA) protestava contro
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l’URSS le cui truppe stazionavano ancora in Azerbaigian; di risposta il
delegato sovietico protestava, alla fine dello stesso mese, contro la presenza
di truppe britanniche in Grecia e in Indonesia.
Il mancato accordo fra le due superpotenze, bloccò qualsiasi azione del
Consiglio per il mantenimento della pace, con la conseguenza che le
decisioni in questo settore furono prese nelle tradizionali sedi politiche e
diplomatiche. Ad assicurare la pace generale fu la logica dei due blocchi
(entrambi in possesso delle armi nucleari), piuttosto che il sistema di
sicurezza delle Nazioni Unite, paralizzato dall’esercizio del diritto di veto.
Con la fine della divisione del mondo in due blocchi contrapposti, seguita
dalla dissoluzione dell’Unione Sovietica, l’ONU sembra finalmente in grado
di giocare un ruolo concreto per il mantenimento della pace.
Passando ora ad analizzare i contenuti normativi della Carta dell’ONU,
bisogna premettere che si tratta di una organizzazione internazionale a
vocazione universale e a competenza generale, fondata sul principio
dell’uguaglianza sovrana di tutti gli Stati.
Il trattato istitutivo riconosce all’Organizzazione:
- la qualifica di soggetto di diritto internazionale, distinta da quella degli
Stati membri;
- la capacità giuridica di diritto interno nei Paesi membri, ovvero la
capacità di stipulare contratti di diritto privato, di vendere o di acquistare
beni;
- un valore giuridico particolare agli obblighi statutari, infatti, in caso di
contrasto fra gli obblighi contratti dai membri delle Nazioni Unite con la
Carta e obblighi da essi assunti in base a qualsiasi altro accordo
internazionale, prevarranno quelli derivanti dallo Statuto (art. 103 della
Carta dell’ONU)
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.
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art. 103: In caso di contrasto tra gli obblighi contratti dai Membri delle Nazioni Unite con
il presente Statuto e gli obblighi da essi assunti in base a qualsiasi altro accordo
internazionale prevarranno gli obblighi derivanti dal presente Statuto.
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L’ONU è una organizzazione internazionale a carattere universale, aperta
cioè a tutti gli Stati che presentino le condizioni richieste per l’ammissione.
Attualmente l’organizzazione comprende la quasi totalità degli Stati
esistenti, tra i quali è possibile operare una distinzione tra membri originari
e membri ammessi.
L’art. 3 della Carta individua i membri originali nei 50 Stati che
parteciparono alla Conferenza di San Francisco e che successivamente
hanno firmato e ratificato la Carta, negli Stati che firmarono la
Dichiarazione delle NU nel 1942 e che poi hanno sottoscritto e ratificato lo
Statuto dell’ONU.
I soggetti che intendono far parte dell’Organizzazione devono possedere
alcuni requisisti essenziali, indicati all’art. 4 della Carta:
- la qualifica di Stato (dove per Stato si intende un ente che esercita in
modo effettivo ed indipendente la sua autorità di governo su una
determinata comunità territoriale). Agli altri soggetti internazionali non
è invece concesso l’ingresso nelle Nazioni Unite, sebbene, nella prassi,
si sia riconosciuto ad organizzazioni internazionali, al Sovrano Militare
Ordine di Malta e a taluni movimenti di liberazione nazionale (OLP)
uno status di osservatore permanente che può comprendere anche il
diritto di partecipare attivamente al dibattito generale, ma non il diritto
di voto negli organi dell’ONU;
- l’essere amante della pace;
- l’adesione agli obblighi derivanti dallo Statuto;
- l’essere ritenuto capace di adempiere a tali obblighi.
La procedura di ammissione disciplinata dall’art. 4 della Carta e dagli
artt. 134 e 58 dei regolamenti dell’Assemblea generale e del Consiglio di
sicurezza, prevede che le domande degli Stati siano presentate al Segretario
generale, trasmesse al Consiglio di sicurezza che si pronuncia sulle stesse e
al quale spetta il vero potere di decidere sull’ammissione (è richiesto il voto
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