6
Si analizza qui l'apporto di quella forma teatrale molto particolare
costituita dal teatro di burattini e marionette. Dalle prime esperienze
compiute negli anni Trenta, l'interesse per ciò che che i burattini e le
marionette possono offrire ad un lavoro nell'ambito del disagio si è così
intensificato da produrre, nel 1976, la creazione di una associazione,
Marionnette et Thérapie, nata come organo dell'UNIMA - l'Unione
internazionale dei marionettisti - con lo scopo di mettere a confronto le
esperienze di utilizzo dellla marionetta come strumento di cura, di
rieducazione e di reinserimento sociale. Il teatro di burattini sembra
infatti adattarsi in modo naturale alle esigenze di persone sofferenti per
disturbi psichici. Se il teatro della nostra tradizione, basato sulla parola,
perde il proprio senso laddove non sia possibile instaurare una
comunicazione verbale, e se d'altra parte il lavoro sul corpo,
indubbiamente salutare, non sempre risulta applicabile in quanto può
generare dei rifiuti dovuti anche al timore di esporsi, la mediazione
dell'oggetto offre la possibilità di un approccio delicato perchè indiretto
oltre a consentire il superamento della barriera verbale. Il burattino,
secondo tutte le testimonianze, funziona da tramite che consente un
contatto; non solo, ma sembra rivolgersi a zone molto profonde della
persona, permettendo di superare barriere apparentemente invalicabili.
Ci si chiede quindi quale sia lo specifico del linguaggio del teatro di
burattini; se e perché esso si possa indicare come tramite di linguaggio
profondo. Si ha intenzione di verificare se è vero che il burattino sia in
grado di facilitare una comunicazione, anche al di là dell'uso della
parola, ripristinando un contatto tra il soggetto e il mondo, e quali sono
le caratteristiche che permettono che ciò avvenga. Si crede che, se la
conoscenza dei burattini può essere importante a fini terapeutici,
conoscere le possibilità dei burattini nell'ambito del disagio mentale
possa forse aiutare anche chi li consideri da un punto di vista
esclusivamente teatrale a capire meglio e più profondamente il loro
linguaqgio, e possa condurre forse alla rivalutazione di una forma
teatrale nobile e antica, oggi decaduta a divertimento unicamente per
bambini o vista dagli adulti troppo spesso con interesse puramente
filologico o antiquario.
Per poter indagare il linguaggio della marionetta si è ritenuto
opportuno partire da un'analisi dell'essenza del burattino - cos'è e quali
sono le sue origini - e delle modalità comunicative, del tutto
particolari,che nel teatro di burattini si attivano. Al burattino infatti è
connaturato uno sdoppiamento, un effetto di straniamento che
determina, in colui che lo manipola così come nello spettatore,
l'impossibilità di una completa identificazione: sulle conseguenze di tale
fenomeno - la possibilità di delegare ad un altro il proprio messaggio e
contemporaneamente il facilitare una presa di coscienza di sé rispetto al
mondo - si basa gran parte dell'uso psicoterapeutico dei burattini.
Basandosi su studi di carattere psicanalitico, si è verificato come al
teatro di burattini pertengano fenomeni attivi in una fase prelogica di
pensiero e come essi, di conseguenza, siano in grado di risvegliare, in
colui che li guarda così come nell'animatore, fenomeni dalle radici
7
profonde. Si è poi indagato come il teatro di burattini possa ripristinare
il gioco là dove esso non può aver luogo, e come ciò sia fondamentale
per un approccio creativo alla realtà e per instaurare una
comunicazione, così come per restaurare o per rinforzare un'immagine
di sé. In questo senso si è sottolineato come un'attività di burattini
possa avere un valore intrinseco, al di là delle applicazioni che se ne
possono fare in diversi tipi di psicoterapia.
Si è infine ritenuto opportuno documentare la teoria operando una
ricognizione storica delle esperienze di uso dei burattini nell'ambito
trattato; si tratta di una rassegna che, pur non avendo pretese di
esaustività, pare necessaria a dar conto della molteplicità di metodologie
applicabili. Il modo di usare i burattini varia infatti a seconda
dell'indirizzo e degli scopi della terapia o dell'attività ma soprattutto in
funzione della situazione dei pazienti, delle loro potenzialità e della loro
struttura mentale. Le esperienze esposte sono state scelte tra le meglio
documentate: in alcuni casi, esse sono state conosciute personalmente.
In Italia i primi impieghi dei burattini in ambito psichiatrico sono
stati effettuati in tempi piuttosto recenti; si tratta di un'attività che va
diffondendosi, e tuttavia ancora poche sono le esperienze continuative e
specializzate - è stato quindi possibile conoscerle direttamente. Nella
prima appendice vengono riportate le interviste effettuate durante gli
incontri con tre burattinai che hanno operato in ambito psichiatrico.
Si dà infine conto di un'esperienza personale - ancora in corso -
iniziata nell'ottobre 1991 presso l'ospedale psichiatrico Paolo Pini. Una
ricerca di questo genere richiede concretezza e ha provocato, ad un
certo punto, l'esigenza di fare. E' stato così possibile verificare
personalmente e comprendere più a fondo l'efficacia comunicativa dello
strumento studiato, così come le difficoltà che il suo uso può porre.
8
CAPITOLO PRIMO: L'OGGETTO BURATTINO E IL SUO STATUTO
TEATRALE
I.0 Introduzione
Sembra essenziale, prima di introdurre il discorso sulle possibilità
offerte dai burattini ad un lavoro di animazione nell'ambito del disagio
mentale, chiarire cosa sia il burattino, quale sia la sua origine, quali
siano le sue modalità d'esistenza: approfondire la conoscenza dello
strumento è indispensabile a chiarire la sua efficacia.
Innanzitutto, è parso necessario compiere una ricognizione
panoramica sulla tradizione europea di teatro d'animazione, mettendo
in luce la differenza esistente tra burattini, marionette e pupi -
differenza non solo tecnica ma anche storica e sociale. Se il riferimento
alla tradizione europea è importante per mettere in luce alcune qualità
relative alle tecniche - mostrando ad esempio come tecnica, modalità
d'espressione e contenuti espressi siano strettamente interrelati -
occorre constatare che nella realtà teatrale contemporanea burattini e
marionette hanno uno statuto molto diverso rispetto alla tradizione;
sono apparsi pupazzi manipolati in modo nuovo e sempre più spesso,
sulla scia di alcune esperienze innovative, vengono "animati" sulla
scena oggetti di uso comune. Si avverte quindi l'esigenza di trovare una
definizione nuova di pupazzo animato, una accezione più generale del
termine burattino che possa comprendere, oltre alle tecniche
tradizionali, anche quelle, innumerevoli, recentemente sperimentate,
così come quelle che verranno sperimentate in futuro, sottolineando
come, qualunque sia la forma del burattino e la tecnica con cui viene
animato, esso abbia una funzione e una modalità d'esistenza che lo
distinguono da ogni altro oggetto, e sia strumento di una forma teatrale
diversa da ogni altra.
Per arrivare, come si desidera, a mettere in luce quale sia l'essenza
del burattino bisogna risalire alle sue origini, cercare di immaginare
quali sia stata la sua nascita, quale il bisogno che l'ha prodotto. E' stato
importante a questo punto raccogliere testimonianze di luoghi molto
diversi e lontani fra loro, scoprendo come il burattino sia stato prodotto,
in modo autonomo, da quasi ogni popolo - come se esso rispondesse ad
un bisogno profondo dell'essere umano.
Non esistono documenti risolutivi che possano dare una risposta
chiara alla questione della nascita del burattino - se essa sia legata al
rito sacro o al gioco -; tuttavia, forse di maggiore interesse è conoscere,
tramite le antiche testimonianze, il processo evolutivo che il burattino
ha subito: quando, e per quali vie, è arrivato al teatro. Non è discutibile
infatti che la natura del burattino sia teatrale: esso ha sempre avuto un
senso - anche nelle sue origini arcaiche, rituali - solo in presenza di
spettatori. Anzi, sono molti gli storici che sostengono che il teatro dei
burattini abbia preceduto cronologicamente quello d'attore.
9
La seconda parte del capitolo riguarda lo statuto del teatro di
burattini: ai fini della presente ricerca risultano soprattutto interessanti
le modalità comunicative che in esso si instaurano. Viene approfondito
il rapporto che il burattino stabilisce da una parte con il burattinaio,
dall'altra con lo spettatore: si potrà riscontrare come lo straniamento sia
una modalità connaturale a questo tipo di teatro e come proprio lo
scarto rispetto alla realtà attuato dal burattino, che consente al
burattinaio una maggiore libertà d'espressione rispetto a quella di cui
gode l'attore, sia alla base della valenza trasgressiva tante volte
manifestatasi nel teatro dei burattini.
La necessità dello straniamento e la conseguente rinuncia del
teatro dei burattini all'illusionismo hanno spinto molti teorici a vedere
nel teatro di burattini una delle forme "meno velleitarie" di teatro
alternativo.
10
I.1. Burattini, marionette, pupi: la tradizione europea
La tradizione europea di teatro di burattini e marionette ha per
molti versi l'Italia come culla. E' quindi comprensibile che la nostra
lingua abbia una terminologia molto precisa riguardo a questo genere di
teatro. Nella maggior parte delle altre lingue esiste un termine generico
che designa tutte le tecniche di animazione: ad esempio, la parola
inglese puppet e quella francese marionnette indicano sia pupazzi mossi
dall'alto che quelli manovrati dal basso - il francese usa il termine
guignol per indicare i burattini a guanto solo dove voglia sottolineare la
specificità della tecnica.
L'italiano invece distingue rigorosamente tra burattini, marionette
e pupi: si tratta di una distinzione che ha la sua ragion d'essere
nell'ambito di un discorso sulla tradizione europea. Tuttavia sarà
necessario rendere più elastica tale distinzione per consentire di
includervi anche le tecniche di recente invenzione o importate in questo
secolo dall'Oriente e per consentire una trattazione generale, che
vorrebbe affrontare l'essenza del pupazzo animato a prescindere dalle
tecniche con cui è mosso.
Un'espressione riassuntiva, utile a questo scopo, sarebbe quella di
conio tedesco di teatro di figura; contro di essa si scaglia però
violentemente, e forse non a torto, il fondatore del Bread and Puppet
Theatre, Peter Schumann, accusandola di odorare di snobismo: "i
moderni interpreti tedeschi dei burattini hanno trovato una soluzione
grandiosa al problema dello status sociale del teatro dei burattini,
ribattezzandolo Figurentheater, così che nessuno li troverà colpevoli di
complicità con Kasper, Punch e Petruschka. Per fortuna l'antica arte dei
burattini è di gran lunga troppo vecchia per essere intaccata da stupidi
sotterfugi di questo genere..."
2
.
Il metodo seguito nelle pagine successive a questo paragrafo sarà
quindi quello adottato comunemente, per cui il termine marionetta e
burattino verranno usati in modo pressoché equivalente: una
terminologia più precisa verrà usata dove si voglia sottolineare
l'importanza della tecnica specifica.
Mariano Dolci propone uno schema piuttosto efficace per
suddividere in categorie le diverse tecniche: distingue infatti tra pupazzi
mossi dall'alto, dal basso e da dietro
3
.
2
P.SCHUMANN, The Radicality of the Puppet Theater, Bread & Puppet,
Vermont 1990, p.3.
3
M.DOLCI, La mano e il burattino, F.lli Fabbri Editori, Milano 1977,
pp.16-37.
11
Comunque, sembra qui opportuno trattare più approfonditamente,
seppur in breve, ciascuna delle tre categorie di pupazzi della tradizione,
secondo la distinzione operata nella lingua italiana, mettendo in luce
come a differenze formali corrispondano effettivamente una diversa
storia e diverse modalità di diffusione sociale.
I.1.1. Il burattino
Con il termine burattino viene indicato un pupazzo mosso dal
basso; generalmente si tratta di una mezza figura ma non è escluso che
possa essere dotato di gambe. Il burattino della tradizione europea è a
guanto. Il burattinaio lo anima infilando la mano nella veste del
burattino: il dito indice sorregge la testa, mentre il pollice e il medio(o le
tre dita insieme) muovono le braccia.
In questo secolo è stato importato dall'Oriente, attraverso la
Russia, il burattino a bastone
4
: la testa del pupazzo è retta da una
stecca di legno, mentre le braccia possono essere controllate da due
stecche esterne alla veste, mosse internamente dalla mano del
burattinaio come nel burattino a guanto o lasciate senza controllo
5
.
Diverse sono le spiegazioni circa l'origine del nome burattino.
Alcuni vogliono che esso derivi dalla stoffa di cui è fatta la veste interna
del fantoccio, detta buratto ; originariamente questo tessuto serviva a
separare la farina dalla crusca
6
. Altri sostengono che il termine derivi
dal fantoccio - chiamato Buratto - che veniva colpito dai cavalieri
durante il palio di Arezzo
7
. Sembra certo inoltre che Burattino fosse il
nome di un agile e vispo attore della Commedia dell'Arte attivo intorno
al 1620
8
; non è però chiaro se egli abbia dato il nome al fantoccio o se
non lo abbia piuttosto ricevuto.
Alcuni storici francesi, interpretando un passo della Repubblica di
Platone, vi leggono la prima testimonianza dell'esistenza dei burattini a
guanto
9
: bisogna però ammettere che, al riguardo, il brano di Platone
non è molto chiaro e, d'altra parte, si tratterebbe di una testimonianza
isolata.
4
B.BAIRD, Le marionette. Storia di uno spettacolo, Mondadori, Milano
1967, p.162 e 168. Il primo ad usare i burattini a bastone in Europa
fu, secondo Baird il viennese R.Teschner, a partire dal 1911.
5
In francese esiste un termine per questa forma di burattini:
marotte. Con questo termine si indicavano originariamente i bastoni a
sonagli, ornati da una testa, dei buffoni di corte.
6
D.EUSEBIETTI, Piccola storia dei burattini e delle maschere, SEI,
Torino 1966, p.49.
7
BAIRD, op.cit., pp.69-71.
8
EUSEBIETTI, op.cit, p.49.
9
BAIRD, op.cit., p.49.
12
I burattini a guanto esistono fin da tempi molto antichi anche in
Cina. Per quanto riguarda la tradizione europea, i primi burattini di
questo tipo nacquero in Italia intorno al '600 e, utilizzando il repertorio
della Commedia dell'Arte, si diffusero in tutta Europa, dando vita a
tradizioni come quella di Punch in Inghilterra e del Théàtre Guignol in
Francia.
Luoghi deputati per gli spettacoli del teatro dei burattini erano le
fiere e i mercati, le osterie, le strade e le piazze. I burattini sono infatti
per tradizione strumento di teatro popolare e il loro repertorio ha
sempre interpretato i sentimenti dei ceti popolari. Forse proprio questo
è il motivo che ha attirato su di loro frequenti interdizioni da parte delle
autorità, che invece non hanno colpito le "aristocratiche" marionette.
Scrive Roberto Leydi, autore di un'importante ricerca sul repertorio
del teatro di burattini e marionette italiano:
"Non è solo la pratica quasi obbligatoria della recita
all'improvviso a mettere i burattinai sulla strada della
licenziosità del linguaggio, dell'irrispettosità verso i potenti,
della satira politica, E' la natura stessa del loro pubblico a fare
dei burattinai gli interpreti "necessari" di sentimenti, bisogni,
rabbie, aspirazioni della classi popolari
10
".
Al contrario, il teatro della marionette ha spesso divertito i nobili ed
è stato ospitato in palazzi e regge. Si può osservare come la basilare
diversità di fruizione sociale corrisponda, e probabilmente derivi, dalla
diversità formale delle due forme di spettacolo. A causa dalla loro stessa
conformazione i burattini non hanno alcuna possibilità di apparire
"veri" e di stupire per l'agilità e l'eleganza delle loro azioni; hanno quindi
dovuto staccarsi dal teatro vivo, alla cui imitazione le marionette sono
rimaste ancorate, e cercare un proprio linguaggio.
"I burattini - scrive R.Leydi - si trovano condannati a
cercare una diversa (e loro) verità rappresentativa lungo la
strada di un teatro davvero diverso ed altro"
11
.
Questo nuovo linguaggio ha spesso assunto una qualificazione
onirica: i burattini sono diventati strumenti per l'espressione dei
desideri non esprimibili. Ecco allora Pulcinella o il suo corrispondente
inglese Punch, definito da uno dei suoi grandi interpreti "l'eterno
anarchico"
12
, prendere a bastonate e uccidere tutti coloro che
desiderano riportarlo al rispetto delle regole sociali.
10
R:LEYDI, Ragioni di una mostra, in A.A.V.V., Burattini, Marionette,
Pupi -Catalogo della mostra di Palazzo Reale, Milano 25 giugno - 2
novembre 1980 , Silvana Editoriale, Milano 1980, p.15.
11
Ibidem
12
J.STYLES, The Appeal of mr. Punch in L.R.KOMINZ e M.LEVENSON (a
cura di), The Language of the Puppet, Pacific Puppetry Center Press,
Vancouver/Washington 1990, p.81.
13
E' probabilmente proprio la forma del burattino, il suo essere quasi
parte del corpo dell'attore a determinare una delle caratteristiche
fondamentali di questo teatro, la spontaneità. Dolci sostiene che nel
burattino a guanto la personalità del burattino sia parte di quella del
manipolatore
13
; A.G.Woltmann, un pioniere dell'uso dei burattini in
psicoterapia, scrive che l'efficacia dei burattini a guanto deriva dall'aver
in sè qualcosa di vivo, la mano del burattinaio
14
.
Proprio per questa contiguità tra burattinaio e corpo dell'attore
Fritz Eichler avvicina il teatro dei burattini al mimo, da cui il primo
avrebbe tratto i suoi personaggi archetipici e il carattere di spontaneità
e sostiene che il teatro dei burattini non è un'arte di stile, anzi è
volgare, pieno di semplice, rozza vitalità: è arte popolare
15
.
Le osservazioni sul carattere di alterità di questo teatro, sul suo
potersi fare portavoce dei desideri non espressi, sul suo carattere di
spontaneità aiutano a comprendere perché il burattino a guanto sia, tra
le varie tecniche a disposizione, la prediletta da chi opera in ambito
psicoterapeutico o di animazione nel disagio mentale.
13
DOLCI, op.cit., p.15.
14
A.G.WOLTMANN, The use of puppetry as aprojective method in therapy,
in H.H.ANDERSON,An introduction to projective techniques, Prentice
Hall, New York 1951, pp.609 - 610.
15
F.EICHLER, Das Wesen des Handpuppen und Marionettenspiels,
Emsdetten 1937, citato da H.JURKOWSKI, Aspects of Puppet Theatre,
Puppetry Centre Trust, London 1988, p.22.
14
I.1.2. La marionetta
Per marionetta di intende un pupazzo a figura intera più o meno
snodabile, mosso dall'alto per mezzo di fili raccolti in un bilancino. La
marionetta è probabilmente il pupazzo animato più antico e diffuso nel
mondo: si hanno testimonianze dell'uso di marionette a fili nell'antico
Egitto
16
e tra gli Indiani d'America
17
; inoltre le marionette a fili
appartengono alla tradizione dell'India e della Cina
18
.
Come per il termine burattino anche l'origine del termine
marionetta non trova tutti d'accordo: secondo alcuni deriva dalle statue
lignee animate nelle rappresentazioni medievali francesi della
Natività
19
, secondo altri trae origine da una cerimonia veneziana del
Medioevo, durante la quale venivano portate in processione delle statue
muliebri denominate Marie di legno. Marionette sarebbero state le
figurine che venivano vendute per ricordo della cerimonia
20
.
Comunque sia, le marionette rinascono nella tradizione europea a
partire dal XVII secolo, quando vengono inserite nelle produzioni
musicali; nel Settecento vengono ospitate nei palazzi signorili e nei
primi teatri pubblici e diventano protagoniste di produzioni di grande
impegno, in aperta emulazione del teatro vivo. Le marionette hanno
infatti sempre seguito da vicino o si sono addirittura messe in
competizione con il teatro d'attore. Il loro momento d'oro è stato
l'Ottocento: le marionette sono spesso apparse come interpreti ideali per
il melodramma.
Nel XIX sec., d'altronde, le marionette tendono a inurbarsi e
imborghesirsi: di questo periodo è l'apertura di molti teatri stabili di
marionette
21
.
Caratteristica del teatro delle marionette è l'aspirazione al
massimo del realismo e della verosimiglianza da una parte, dall'altra
alle vette del virtuosismo. In questo senso, il teatro delle marionette vive
di un paradosso.
16
BAIRD, op.cit., p.37.
17
Ivi, p.31.
18
Ivi, pp. 66-67.
19
Ivi, pp. 46-56.
20
EUSEBIETTI, op.cit., p.49.
21
LEYDI, op.cit., p.15.
15
I marionettisti hanno infatti sempre avuto come punto d'onore che
le loro marionette riproducessero in modo assolutamente fedele gli
esseri umani, dotandole ad esempio di veri merletti, di busti e sottovesti
- sembra addirittura che a Parigi nel Settecento la gente andasse al
teatro della marionette anche per essere informata sulle ultime
tendenze della moda
22
.
Dall'altra, le marionette vengono ammirate proprio perché possono
fare cose impossibili all'uomo. Famose sono le considerazioni sulle
marionette di H.von Kleist; esse, non soggette alla legge di gravità come
gli uomini e prive di coscienza di sè, possono danzare con una grazia
irraggiungibile da un ballerino umano, perché prive di affettazione
23
.
Osserva M.Dolci:
"E' un fatto che il pubblico che si allontana da uno
spettacolo di burattini parla di ciò che hanno detto i piccoli
personaggi, mentre quello che ha assistito ad uno spettacolo
di marionette rievoca soprattutto quello che esse hanno
fatto"
24
.
Come già osservato a proposito dei burattini si ha l'impressione
che sia stata la tecnica ad influenzare il modo d'essere di questa forma
di teatro. La distanza delle marionette rispetto al corpo dell'animatore,
la mediazione dei fili e del bilancino costringono il marionettista ad un
controllo continuo, impediscono l'improvvisazione o qualsiasi forma di
spontaneità. Come osserva Fritz Eichler
25
, la marionetta è un
objectum: separata dal corpo dell'animatore, con leggi meccaniche sue
proprie implica, rispetto all'animatore, anche una separazione psichica.
M.Dolci ritiene che la marionetta possa esprimere ciò che
l'animatore vorrebbe essere, i
suoi desideri idealizzati
26
. Un processo di idealizzazione è riscontrabile
nella connotazione psicologica dei personaggi rappresentati dalle
marionette: anche il teatro delle marionette ha infatti usato per lungo
tempo le maschere della Commedia dell'Arte, tuttavia ha sentito la
necessità di ingentilirle. Nota R.Leydi : "le maschere delle marionette
sono maschere goldoniane, mentre quelle burattinesche sono ancora
rozze e aggressive maschere della Commedia dell'Arte"
27
.
22
DOLCI, op.cit., p.17. Per rendersi conto di quanta cura i
marionettisti prestavano al realismo nei costumi, basterebbe visitare
i magazzini della compagnia Carlo Colla di Milano, dove vengono
conservate casse di accessori di vestiario; molti indumenti, come la
biancheria intima sono del tutto irrilevanti al fine di ciò che appare
nello spettacolo.
23
H.VON KLEIST, Sul teatro di marionette,in L.TRAVERSO (a cura di),
Morale del giocattolo, Stampa Alternativa, Roma 1991, pp.49-62.
24
DOLCI, op.cit., p.18.
25
citato da JURKOWSKI, op.cit., p.22.
26
DOLCI, op.cit., p.15.
27
LEYDI, op.cit., p.15.
16
La gentilezza e la raffinatezza del teatro delle marionette si sposano
bene con le esigenze di divertimento delle classi elevate. Si noti tra
l'altro che alle marionette, più che a qualsiasi altro genere di pupazzo,
sono state dedicati testi e composizioni musicali da parte di grandi
Autori
28
.
Sembra opportuno citare qui l'osservazione di R.Leydi, avvertendo
tuttavia che si tratta di una visione dalla forte connotazione ideologica
29
:
"i marionettisti agiscono all'interno del sistema di
egemonia(...).Quando le marionette infrangono le regole, in
realtà non propongono, con rischio, l'irruzione di una cultura
"altra" e contestativa, ma piuttosto partecipano,
consapevolmente, al gioco delle contraddizioni interne del
sistema dominante, proprio come il teatro maggiore".
28
DOLCI, op.cit., p.15.
29
LEYDI, op.cit., p.17.
17
I.1.3. Il pupo
Con il termine pupo si indica un pupazzo manipolato dall'alto per
mezzo di una stecca, solitamente di ferro; le braccia possono venire
mosse in vari modi. I pupi di Liegi hanno braccia e gambe ciondolanti,
senza controllo; in quelli siciliani il braccio destro viene mosso tramite
un'asta di ferro, mentre quello sinistro è controllato da un cordino. Tutti
possono inoltre avere fili supplementari per funzioni specifiche (ad
esempio sguainare una spada o porgere un'offerta
30
). Le dimensioni dei
pupi sono spesso notevoli: quelli catanesi arrivano ad un'altezza di 1,2m
con un peso di 35Kg. Caratteristica comune sia ai pupi siciliani che a
quelli delle Fiandre è che la grandezza dei personaggi è direttamente
proporzionale alla loro importanza sociale.
Nella tradizione occidentale il pupo è probabilmente il pupazzo
animato più antico. Pupus era infatti il termine latino per indicare le
marionette in genere
31
; sembra inoltre che i pupi romani fossero molto
simili a quelli siciliani: erano alti circa un metro, sostenuti da una
bacchetta uncinata fissata alla testa e manovrati da uno o due fili legati
alle mani
32
. Nella tradizione europea i pupi sono sopravvissuti solo
nelle Fiandre - in particolare a Liegi - , in Piccardia e nell'Italia
meridionale - in Sicilia, in Campania e in Puglia
33
.
Secondo Antonio Pasqualino i pupi compaiono nella tradizione
moderna intorno alla prima metà dell'Ottocento , quando il popolo si
impossessa del teatro delle marionette, trasformandone sia le tecniche
che il repertorio
34
.
Anche in questo caso quindi tecnica e esigenze di comunicazione
corrispondono. L'uso della stecca, dice M.Dolci
35
comporta un
movimento più diretto e deciso, meno lezioso rispetto all'animazione con
i fili. L'animus delle marionette a stecca è adatto al pubblico ed a temi
popolari.
Alla stessa esigenza rispondono i pupi di Liegi, nati nell'800 come
divertimento per i minatori: sono pupazzi semplicissimi che tuttavia,
quando animati, possono essere sorprendentemente convincenti.
Secondo Dolci ciò in parte deriva dal rumore che fanno sbattendo i piedi
quando vengono fatti camminare
36
.
30
DOLCI, op.cit., p.17.
31
EUSEBIETTI, op.cit., p.15. L'Autrice nota che il prof. N.Padellaro
ha messo per primo in evidenza (al Festival Internazionale Burattini
Marionette di Roma-Frascati-L'Aquila 1961) come i Siciliani abbiano
conservato fedelmente la voce presa dal latino.
32
BAIRD, op.cit., p.41.
33
DOLCI, op.cit., p.19.
34
A.PASQUALINO, Il teatro delle marionette nell'Italia
settentrionale, in A.A.V.V., Burattini, Marionette, Pupi, cit., p.232
35
DOLCI, op.cit., p.20.
36
Ibidem
18
Il repertorio di pupi è in genere religioso e cavalleresco - tema
favorito dei pupi siciliani sono le storie dei paladini di Francia - ma può
anche comprendere storie di banditi, avvenimenti storici, trame
shakespeariane o farse. A Napoli veniva ad esempio messo in scena il
ciclo della camorra o dei "guappi". E' successo così che molti teatri dei
Pupi sono stati chiusi perché ritenuti nocivi all'autorità
37
.
Generalmente si tratta di cicli di episodi che vengono rappresentati
in molte serate consecutive - per vedere l'intera storia dei Paladini di
Francia occorrono circa tre anni.
La partecipazione del pubblico - tradizionalmente maschile - è
molto intensa: Antonio Pasqualino racconta di aver visto personalmente
uno spettatore avvicinarsi al malvagio Gano di Maganza, che aveva
appena ucciso Ruggiero e colpirlo ripetutamente e con violenza con una
scarpa, nonostante le proteste del puparo
38
.
I pupi siciliani, d'altronde, amano gli effetti forti - schizzi di sangue,
teste che volano, ecc.. Pasqualino definisce l'Opera dei Pupi "un rito di
passione, di morte e di vendetta". I suoi personaggi divengono emblema
di una visione del mondo a tinte forti e contrasti decisi. Una sera dopo
l'altra, scrive Pasqualino, "gli eroi positivi accumulano titoli all'amore
del pubblico, quelli negativi all'odio e al disprezzo." E Gano, il malvagio
per eccellenza,
"non è solo un capro espiatorio che accumula su di sè
tutto il male e tutte le colpe fino a quando sarà condannato ad
essere squartato da quattro cavalli ma, piccolo e vestito di
nero, è la morte"
39
.
37
Ibidem
38
A.PASQUALINO, op.cit., p.233.
39
Ibidem
19
I.2. Un'accezione più vasta del termine burattino
Alcune esperienze del '900 hanno dimostrato che il burattino (o
pupazzo animato) non è solo il fantoccio che riproduce in modo più o
meno realistico la figura umana, ma che quasi ogni oggetto può
ricoprirne le funzioni quando viene mosso sulla scena in modo
significativo.
Uno dei padri fondatori del teatro contemporaneo delle marionette,
Sergej Obraztov
40
, ha toccato il vertice della sua ricerca sulle possibilità
di stilizzazione dei burattini quando ha messo in scena il dialogo e il
corteggiamento tra due sfere bianche 'calzate' dalle sue mani nude.
Un altro pioniere, il francese Yves Joly
41
, ha eliminato totalmente
l'oggetto e ha messo in scena le proprie mani, divenute personaggi,
protagoniste di balletti, melodrammi e satire. Il pubblico visualizza il
personaggio grazie al movimento: il lavoro dello scultore viene ad essere
sostituito dal lavoro immaginativo di burattinaio e pubblico.
Il francese Georges Lafaye ha invece inventato quello che verrà
definito teatro su nero: oggetti fluttuanti nella luce, in modo
apparentemente autonomo. Gli oggetti vengono quindi caricati di
sentimenti, diventano personaggi: uno degli episodi più celebri di Lafaye
è Johm e Marsha, in cui un cappello a cilindro e un boa di struzzo
ballano un amoroso pas-de-deux nell'aria
42
.
E' qui evidente la necessità di una nuova definizione dell'oggetto-
burattino.
La definizione più completa appare quella data da R.D.Bensky,
autore di un importante saggio sull'estetica del teatro dei burattini:
"Une marionette est, au sens propre, un object mobile,
non-dérivé, d'interprétation dramatique, mu soit visiblement,
soit invisiblement, à l'aide de n'importe quel moyen inventé
par son manipolateur. Son utilisation est l'occasion d'un jeu
théatral"
43
.
40
cfr.S.OBRASZTOV, Il mestiere di burattinaio, Laterza, Bari 1956,
pp.179-208.
41
BAIRD, op.cit., pp.189-191.
42
Ibidem
43
R.BENSKY, Recherches surles Structures e la Symbolique de la
Marionnette, Nizet, Paris 1971, p.22.