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lgs. 22 settembre 1988, n. 447 ha voluto rimediare a tante questioni rimaste inattuate
nel previgente codice.
Si è voluta escludere, in modo netto, la possibilità della creazione di un apposito
corpo di polizia giudiziaria alle dipendenze esclusive della magistratura e, nel
contempo, in conformità alla volontà del legislatore delegante, di porre gli organi che
svolgono continuamente ed in via esclusiva funzioni di polizia giudiziaria alle
effettive dipendenze, sia pure funzionali, della magistratura ed in particolare agli
uffici del p.m., gestori delle indagini preliminari‖ (Rel. pro. prel. c.p.p.).
Si è proceduto ad un ridisegno organizzativo su tre livelli: sezioni, servizi e altri
organi ed in particolare precisando il ruolo e le funzioni della polizia giudiziaria nel
processo di parti.
Per quanto riguarda l‘ultimo aspetto, la Costituzione impone al legislatore, nella
disciplina del processo penale, di garantire la celebrazione del ―giusto processo‖, ove
siano rispettate le garanzie difensive dell‘indagato/imputato ed ove la decisione sia
affidata ad un giudice assolutamente neutrale tra le parti. Per realizzare tale finalità è
assolutamente necessario garantire quindi la imparzialità del giudice, rimuovendo
tutte le cause che potrebbero vulnerarla. La previsione di ipotesi di incompatibilità,
così come gli istituti della ricusazione, astensione e rimessione, consente, pertanto,
di garantire la gestione del (giusto) processo da parte di un giudice terzo.
Il principio del giusto processo si è tradotto sul piano costituzionale con la L.23-11-
1999, n.2. Alla riforma costituzionale è stata data concreta attuazione nel codice di
rito, con la legge 1-3-2001, n.63 che ha inciso in modo rilevante su numerosi istituti,
riconducendo il codice alla sua originaria vocazione accusatoria.
In particolare la riforma ha introdotto nell‘art.111 della Cost. cinque nuovi commi
che consacrano i principi del giusto processo. Principi che, in parte, sono pervenuti a
seguito dei continui richiami e condanne al nostro Paese, per reiterata violazione agli
artt. 6 della Convenzione dei diritti dell‘uomo e art.14 del Patto internazionale del
diritti civili e politici.
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In particolare i commi. 3 e 4 si occupano del nuovo e diverso assetto della polizia
giudiziaria che, attraverso il suo esercizio istituzionale, deve svolgersi secondo
condizioni di equità, di parità (rispetto all‘accusatore) oltre che di opportunità
rispettando i principi di civiltà e delle garanzia di giurisdizione attuata mediante il
principio del contraddittorio nella formazione della prova.
Per quanto concerne i rapporti tra polizia giudiziaria e magistratura, alla luce del
dettato costituzionale e del codice vigente, la separazione fra la fase delle
indagini preliminari e quella del giudizio è una delle principali caratteristiche del
vigente sistema processuale, ispirato ai principi dell‘accusorietà.
Abolito il giudice istruttore, il nuovo iter colloca la fase anteriore al dibattimento su
indagini preliminari condotte dalla polizia giudiziaria e dal magistrato del p.m.,
entrambi nella figura di parte, ed entrambi incapaci di formare la prova oltre ad essere
privati di ogni potere coercitivo, salvo i casi di urgenza.
L‘art.327, nell‘attribuire al magistrato del p.m. la direzione delle indagini, afferma lo
specifico ruolo di tale organo, distinguendolo nettamente dal ruolo del giudice.
Peraltro, nell‘impianto originario del nuovo codice si è voluto evitare che i poteri-
doveri conferitigli potessero essere ostacolati dal rapporto gerarchico con gli organi
amministrativi di appartenenza. Pertanto si è sancito chiaramente oltre al principio
costituzionale dell‘art.109 Cost. (già trafuso nell‘art.59) della diretta disponibilità
della polizia giudiziaria all‘autorità giudiziaria, individuando quest‘ultima nel
magistrato del p.m., cui è affidata la ―direzione delle indagini‖ e rispetto al quale il
rapporto di dipendenza ha carattere esclusivo e permanente, nel senso che la
polizia giudiziaria è soggetta a quest‘ultimo anche prima del perfezionamento del
meccanismo di comunicazione della notizia criminis.
Altre differenze riguardano l‘eliminazione dell‘interrogatorio della persona
sottoposta alle indagini e i confronti con la medesima.
La novità più evidente è l‘eliminazione del cd. ―interrogatorio di polizia‖, ossia di
quel potere per gli ufficiali di polizia giudiziaria, esercitabile quando vi fosse
fragranza ed urgenza di raccogliere le prove del reato, di procedere, fra i vari atti
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previsti dall‘225 c.p.p. abr., a ―sommario interrogatorio dell‘arrestato‖, che è venuto
meno.
Nel codice vigente, la polizia giudiziaria non interroga più l‘indiziato, o meglio non
interroga più‖ la persona nei cui confronti vengono svolte le ―indagini‖ (salvo delega
conferita ex art.370 c. 1°). Oggi la polizia giudiziaria si limita ad assumere da essa
quelle ―sommarie informazioni‖ (art.350), ―notizie e indicazioni‖ da utilizzarsi in
una prospettiva puramente investigativa.
Con il nuovo codice il processo che si instaura è un processo di parti dove accusa e
difesa si fronteggiano su posizioni contrapposte ma di parità, ed in cui il giudice
svolge la funzione di arbitro super partes.
Nel dettaglio del capitolo II, verranno analizzati i concetti di disponibilità e
dipendenza (gerarchica e funzionale) mentre nel cap.III tra disponibilità e
subordinazione. Concetti necessari per spiegare, in modo esauriente, i rapporti
intercorrenti tra la polizia giudiziaria e l‘autorità giudiziaria.
Per la realizzazione di un efficace sistema investigativo, è necessaria una struttura
organizzativa ed efficiente che si articola su tre livelli con differenti gradi di
disponibilità e di subordinazione indispensabili per ―garantire una costante ed
efficace utilizzazione da parte del magistrato‖.
Le sezioni rappresentano il maggior grado di dipendenza funzionale e organizzativa
(intesa come struttura organizzativa in relazione all‘attività svolta dalla polizia
giudiziaria).
I servizi rappresentano il grado intermedio. Riguardano tutti gli uffici e le unità ai
quali è affidato dalla legge il compito di svolgere in via prioritaria e continuativa le
funzioni indicate dall‘art.56 (art.12 disp.att.e coord.). Differiscono dalle sezioni per la
diversa ubicazione e per il diverso rapporto con l‘autorità giudiziaria.
Vengono considerati servizi quelli indicati nell‘art.17 L. 1° aprile 1981 n.121; i sevizi
centralizzati, distinti in D.I.A., i servizi speciali (centrali ed interprovinciali)
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costituiti presso ogni forza di polizia quali: SCO per la polizia di Stato, i ROS per
l‘Arma dei carabinieri e il GICO per il corpo della Guardia di finanza.
Per meglio utilizzare tali strutture sono stati emanati due decreti del Ministero
dell‘interno con i quali sono state impartite speciali direttive affinché servizi
centralizzati e interprovinciali, si occupino, mediante la divisione dei compiti,
rispettivamente di investigazione e di analisi e raccordo.
Infine, con altri organi di polizia giudiziaria si intende una categoria residuale molto
ampia, essa investe: Ufficiali sanitari, Ispettori del lavoro, Vigili del fuoco sino a
giungere al privato cittadino che procede all‘arresto in flagranza di reato (art.383
c.p.p.).
La composizione della polizia giudiziaria, in servizi e sezioni, facilita la
comprensione dei rapporti di disponibilità e subordinazione all‘autorità giudiziaria.
Riprendiamo i tre concetti e partiamo da quello che comprende il successivo:
dipendenza, subordinazione, disponibilità. Della dipendenza abbiamo escluso, per
ovvi motivi, la collocazione della polizia giudiziaria all‘interno dell‘autorità
giudiziaria e tutto al più abbiamo inteso una sola dipendenza funzionale. Analizziamo
come l‘insieme della subordinazione includa il sottoinsieme della disponibilità.
Subordinazione evoca un concetto gerarchico, del prestatore al datore con potere
direttivo e disciplinare del secondo verso il primo. Si tratta di un rapporto di
dipendenza.
Disponibilità significa mettersi a disposizione verso un impegno, libero da altre
occupazioni e legami, alle richieste impartite dal prestatore.
Ora riportiamo i due concetti in relazione ai due soggetti che ci riguardano da vicino
ossia: l‘autorità giudiziaria e polizia giudiziaria.
L‘art.59 subordinazione della polizia giudiziaria al 1° c. precisa‖ Le sezioni di
polizia giudiziaria dipendono dai magistrati che dirigono gli uffici presso i quali sono
istituiti.
Con tale disposizione si formalizza attraverso un costante rapporto operativo tra
organi della magistratura e organi di polizia giudiziaria. Si tratta del nesso che lega la
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polizia giudiziaria all‘autorità giudiziaria nesso che è solo di dipendenza funzionale
escludendo ogni possibile rapporto di dipendenza gerarchica che si manifesta, in
tutti i suoi aspetti solo ed esclusivamente nei confronti delle amministrazioni di
appartenenza.
Per quanto riguarda i servizi, il 2° c. riferisce: L‘ufficiale preposto ai servizi è
responsabile verso il procuratore […]. Il rapporto di subordinazione interessa solo
l‘operato degli ufficiali preposto ai servizi e non degli ufficiali o agenti da lui
dipendenti, sanzionabili solo dal punto di vista disciplinare (il cui referente è il
procuratore della Repubblica e quando i servizi sono istituiti in ambito più vasto del
circondario dal procuratore generale del distretto).
Quindi, la subordinazione è limitativa rispetto al termine di accezione di più vasta
portata della dipendenza. In questo modo non appare inclusivo il concetto di
dipendenza a differenza di quello di disponibilità.
In definitiva la dipendenza, anche funzionale, assorbe sia la subordinazione che la
disponibilità.
Nel dettaglio del capitolo IV verranno analizzati attraverso gli organigrammi i
molteplici aspetti operativi dei compiti ed attività della polizia giudiziaria.
Infine, si è precisata l‘attività autonoma di polizia giudiziaria prima e dopo
l’intervento del magistrato del p.m..(all‘art.55).
Nella parte intitolata ―conclusioni‖ sono riportati, in rapida rassegna, gli argomenti
oggetto del presente lavoro con l‘aggiunta di alcune riflessioni pratiche. Riflessioni
che, personalmente, proprio per il vissuto ampio e determinato, il sottoscritto
desidera esternare.
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Cap. I. La Polizia giudiziaria nella Costituzione.
Sommario: 1) Considerazioni introduttive;
2) L’attuazione dell’art. 109 Cost. nel codice Rocco;
3) Il Principio costituzionale della disponibilità della polizia
giudiziaria da parte della autorità giudiziaria;
4) Dipendenza funzionale e dipendenza burocratica.
Par. 1) Considerazioni introduttive.
Fino al 1989 il nostro diritto processuale risentiva della impostazione del codice
Rocco del 1930, caratterizzato da una forte concezione autoritaria che prescindeva
dai consacrati principi costituzionali. Principi che sono stati, poi, trasfusi nel nuovo
codice anche in conseguenza della Convenzione europea per la salvaguardia dei
diritti dell‘uomo e del Patto dei diritti civili e politici.
Lo schema del previgente processo si articolava nelle fasi cronologicamente distinte:
quella preliminare all‘istruzione e quella successiva del giudizio regolato dal
dibattimento.
La fase istruttoria poteva essere sommaria, se condotta dal procuratore della
Repubblica o dal pretore, oppure formale se condotta dal giudice istruttore.
La seconda fase del dibattimento poteva svolgersi attraverso i giudizi di primo grado
o se si proponeva impugnazione attraverso i gradi di appello ed eventualmente in
cassazione.
Il dato rilevante che scaturiva dalla pregressa legislazione era la completa
acquisizione del materiale raccolto che poteva essere posto a fondamento della
sentenza conclusiva del dibattimento, e ciò in conseguenza del fatto che alla polizia
giudiziaria, come al magistrato del p.m e al giudice istruttore, era attribuito un potere
di compiere atti formativi di prova.
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Par. 2) L’attuazione dell’art.109 Cost. nel codice Rocco.
Ai fini della presente analisi converrà muovere una rapida ricognizione dei lavori
dell‘Assemblea costituente che condussero al varo del testo definitivo dell‘art. 109
Cost.
La Commissione dei 75 era convinta della necessità di garantire l‘indipendenza della
magistratura contro il possibile rischio di collegamenti, ingerenze o interferenze,
provenienti soprattutto dal potere esecutivo, di creare un corpo di polizia giudiziaria
totalmente privo di vincoli con il potere medesimo e posto, perciò, alle dipendenze
del solo potere dell‘autorità giudiziaria.
Vi erano tre progetti: quello Leone che scartando l‘ipotesi dell‘istituzione di un corpo
di polizia giudiziaria apposito, mirava, sul punto, a introdurre il principio secondo cui
―la polizia è sotto la direzione del pubblico ministero‖; il progetto Calamandrei
proponeva, invece, il varo di una norma secondo cui ―la polizia giudiziaria, che ha
per compito la prevenzione, l‘accertamento e la repressione dei reati, è posta alla
dipendenza esclusiva e diretta dell‘autorità giudiziaria‖. Più estremistico si
presentava il progetto Patricolo che inseriva la ―polizia giudiziaria‖ tra gli organi del
potere giudiziario‖ insieme alla ―magistratura sia requirente che giudicante‖ e -
addirittura- all‘‖amministrazione degli istituti di prevenzione e pena‖ (1).
Al termine del primo dibattito, la Commissione dei 75, scartata l‘ipotesi della
costituzione di un apposito corpo di polizia giudiziaria posto alle dirette ed esclusive
dipendenze dell‘autorità giudiziaria, legiferò un testo dal tenore evanescente,
indistinto e sfumato: ‖l‘autorità giudiziaria può disporre direttamente dell‘opera
della polizia giudiziaria‖.
Il dibattito proseguì in Assemblea plenaria, nella seduta del 26 novembre 1947, a
fronte della presentazione di molteplici emendamenti. In quella sede l‘on. Leone,
relatore della Commissione, formulò parere contrario in ordine agli emendamenti
volti alla creazione di un corpo autonomo di polizia giudiziaria alle dirette
dipendenze dell‘autorità giudiziaria, facendone oggetto di un auspicio per il futuro.
Augurava che: ― l‘Italia si trovasse in condizioni, anche sotto l‘aspetto economico, di
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poter istituire un corpo di polizia speciale autonomo e dipendente soltanto
dall‘autorità giudiziaria, senza l‘interferenza di nessun organo amministrativo. Ma, in
questo momento non sembra possa inserirsi nella Costituzione una siffatta formula a
meno che non si voglia inserire una formula inattuale‖.
Nel corso del dibattito si dette rilevanza al principio della ―diretta dipendenza‖ della
polizia giudiziaria dall‘autorità giudiziaria, con la condizione che i vari corpi di
polizia fossero rimasti alle dipendenze dei rispettivi ministeri per ogni funzione al di
fuori dell‘area della polizia giudiziaria. Questo avrebbe comportato che l‘autorità
giudiziaria non avrebbe avuto alcun potere disciplinare sugli organi di polizia sia pure
limitato allo specifico svolgimento delle funzioni di polizia giudiziaria.
Seguì una proposta presentata dall‘on. Ulberti secondo cui ―L’autorità giudiziaria
dispone direttamente dell’opera della polizia giudiziaria‖, che, pur contrapposta
alla proposta fatta propria dalla Commissione (che asseriva:‖ la polizia giudiziaria
dipende direttamente dall‘autorità giudiziaria‖), fu sorprendentemente votata a
maggioranza, così diventando- con un esile ritocco operato dal Comitato di redazione
l‘art.109: ‖L’autorità giudiziaria dispone direttamente della polizia giudiziaria‖).
Tutto questo per affermare che la prerogativa di autonomia e indipendenza
dell‘autorità giudiziaria necessita di presidi di organi ausiliari: ―la polizia
giudiziaria‖. L‘art.109 della Costituzione statuisce con una regola ferrea che non
lasciava spazi di riflessione e valutazione.
Questo è stato il percorso che ha segnato la collocazione definitiva del ruolo della
polizia giudiziaria ad un ruolo servente all‘autorità giudiziaria, oltre al fatto di essere
una composizione eterogenea in quanto composta da diverse forze di polizia.
Ritorniamo all‘idea del corpo autonomo speciale alle dirette dipendenze dell‘autorità
giudiziaria, progetto auspicato anche dall‘Associazione Nazionale Magistrati. In
proposito la Corte costituzionale con sentenzan.122/1971, riguardo l‘istituzione di un
nuovo corpo speciale si esprime in modo propositivo ma in termini di un lontano
futuro tanto da essere riguardato come uno dei più significativi arresti di
giurisprudenza in materia: ―Non può […] non auspicarsi che i nuclei specializzati di
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polizia giudiziaria siano formati in modo tale da garantire in ogni momento, sia per il
numero e sia per la qualità degli addetti, una loro costante efficace utilizzazione da
parte del magistrato inquirente e che quindi gli allontanamenti temporanei dei
dirigenti siano ridotti al minimo e sia sempre assicurata la supplenza con altro
personale idoneo‖. Sembra cogliere nel segno – autorevole dottrina - che notava:
―ancora nel pieno vigore del codice Rocco, la materia della polizia giudiziaria par
quasi destinata a vivere, di decennio in decennio, di reiterati auspici‖.
Approfondiamo la questione: ―del perché la composizione della polizia giudiziaria è
costituita da diverse forze di appartenenza ‖.
Divide et impera era la massima su cui è stato costruito e retto l‘impero Romano,
dividili e li potrai governare era il senso della citazione. In effetti, in ogni politica,
anche dispotica, se si vuole impedire una possibile destabilizzazione o spaccatura tra
forze di polizia è necessario che queste continuino ad avere interessi divergenti.
Questa è la migliore strategia per assicurarsi che non si uniscano perseguendoli con
maggiore forza nei confronti delle Istituzioni, e della Politica di conseguenza.
Dividere le forze di polizia giudiziaria in tre o più corpi consente di frammentare ed
assicurare il rischio che unioni di potere potessero diventare obiettivi contrastanti
riguardo il potere centrale.
La citazione può meglio essere espressa nel significato di ―crea divisioni e comanda‖.
Indica il comportamento del leader che trarrebbe vantaggio dalle spaccature e dai
contrasti, da lui stesso alimentati, non solo fra gli avversari ma anche fra coloro che
stanno dalla sua parte, allo scopo di mantenere più facilmente il controllo della
situazione.
Ci domandiamo perché una composizione a tre delle forze di polizia giudiziaria nei
riguardi dell‗organo giudiziario da cui funzionalmente dipendono. A prescindere da
quanto statuito dall‘art.57, che si occupa specificatamente della divisione dei compiti
che, devono essere differenziati a secondo della specialità richiesta e che non investe
solamente le tre forze istituzionalizzate; la composizione di polizia giudiziaria
interessa una più diffusa e capillare specializzazione in ogni ambito di attività. Quindi
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divisione sicuramente operativa ma anche preveduta ed opportuna che insieme
costituiscono un collegamento coordinato. Collegamento che, con caratteristiche solo
in parte differenti, rappresenta un sicuro presidio di garanzia e tutela dell‘ordine
democratico.
Se non vi fosse questa suddivisione e vi fosse un unico corpo, naturalmente con
compiti e specializzazioni diversi, sarebbe possibile un altrettanto efficace intervento
su richiesta del magistrato del p.m.? La risposta, dopo una prima sommaria
valutazione, dovrebbe propendere per una soluzione negativa perché al potere forte
del magistrato del p. m. o del giudice si contrapporrebbe quello unico esercitato dalla
polizia giudiziaria. Quindi la suddivisione interna è un presidio all‘insorgere di
possibili devianze.
Tutto questo vale in generale per ogni finalità rivolta al mantenimento di un territorio
e /o popolazione dividendo e frantumando il potere di una qualche opposizione in
modo che non possa riunirsi o contrastare contro un obiettivo comune che è quello
del mantenimento dell‘ ordine costituito. Infine, la citazione latina ha trovato,
puntuale riscontro in epoche assai distanti che addirittura vengono fatte risalire
all‘impero Romano ed ancora prima a Filippo il Macedone. Quindi un esperienza
passata che si trasmette, puntualmente quasi inalterata, nel corso dei tempi.